n. 43/1978

ISTITUZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E RIFORMA DELL'ASSISTENZA

 PROSPETTIVE ASSISTENZIALI

 

Editoriali

 




La Camera dei deputati nella seduta del 22 giugno 1978 ha approvato il testo di legge rela­tivo alla istituzione del servizio sanitario nazio­nale, testo attualmente in discussione al Senato.

In data 17 maggio 1978 il Governo ha presen­tato alla Camera il disegno di legge n. 2196 «Riordinamento dell'assistenza sociale» (1). 

Riforma della sanità

Com'è noto la prestazioni sanitarie sono oggi fornite da una miriade di enti. Le Province assi­stono i malati mentali, l'INPS i colpiti da tuber­colosi, le mutue e casse mutue assistono i lavo­ratori, i Comuni i poveri, per arrivare all'assurdo per cui i componenti di una stessa famiglia pos­sono essere curati da enti diversi.

Ora gli obiettivi fondamentali del testo di leg­ge approvato dalla Camera dei deputati vengono così fissati:

- prestazioni uguali per tutti i cittadini;

- attribuzione delle competenze operative e­sclusivamente al Ministero della sanità, alle Regioni e soprattutto ai Comuni (Unità locali);

- soppressione di tutti gli enti settoriali;

- priorità della prevenzione e inscindibilità fra gli interventi preventivi, curativi e riabilita­tivi;

- razionalizzazione dell'attuale spesa sanita­ria con eliminazione degli sprechi;

- partecipazione delle forze sindacali e so­ciali e dei cittadini. 

Compiti delle Regioni

Vediamo qui di seguito quali sono le funzioni che dovranno essere esercitate dalle Regioni. Le Regioni (art. 11) «esercitano le funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera nel rispetto dei principi fondamen­tali stabiliti dalle leggi dello Stato e delle norme di cui alla presente legge ed esercitano le fun­zioni amministrative proprie e loro delegate.

«Le leggi regionali devono altresì conformar­si ai seguenti principi:

a) coordinare l'intervento sanitario con gli in­terventi negli altri settori economici, sociali e di organizzazione del territorio di competenza delle Regioni;

b) unificare l'organizzazione sanitaria su base territoriale e funzionale adeguando la normativa alle esigenze delle singole situazioni regionali.

«Le regioni svolgono la loro attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e della più ampia partecipazione democratica, in armonia con le rispettive norme statutarie. A tal fine, nell'ambito dei programmi regionali di svi­luppo, predispongono piani sanitari regionali, previa consultazione degli enti locali, delle uni­versità presenti nel territorio regionale, delle or­ganizzazioni maggiormente rappresentative del­le forze sociali e degli operatori della sanità, nonché degli organi della sanità militare terri­torialmente competenti.

«Le regioni, sentiti i Comuni interessati, de­terminano gli ambiti territoriali delle unità sani­tarie locali che debbono coincidere con gli am­biti territoriali di gestione dei servizi sociali.

«All'atto della determinazione degli ambiti di cui al comma precedente, le Regioni provvedo­no altresì ad adeguare la delimitazione dei di­stretti scolastici e di altre unità di servizio in modo che essi di regola coincidano». 

Unità sanitarie locali

L'organizzazione territoriale poggia sulle Unità sanitarie locali definite (art. 10) «il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni singoli o associati».

Le Unità sanitarie locali dovranno di regola articolarsi «in distretti sanitari di base per l'ero­gazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento» (2).

Compete alle Unità sanitarie locali (art. 14) «provvedere in particolare:

a) all'educazione sanitaria;

b) all'igiene dell'ambiente;

c) alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;

d) alla protezione sanitaria materno-infantile, all'assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;

e) all'igiene e medicina scolastica negli isti­tuti di istruzione pubblica e privata di ogni or­dine e grado;

f) all'igiene e medicina del lavoro, nonché al­la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;

g) alla medicina dello sport e alla tutela sani­taria delle attività sportive;

h) all'assistenza medico-generica e infermie­ristica, domiciliare e ambulatoriale;

i) all'assistenza medico-specialistica e infer­mieristica ambulatoriale e domiciliare per le ma­lattie fisiche e psichiche;

1) all'assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;

m) alla riabilitazione;

n) all'assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;

o) all'igiene della produzione, lavorazione, di­stribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;

p) alla profilassi e alla polizia veterinaria; al­la ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli ani­mali destinati ad alimentazione umana, sugli im­pianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili degli a­nimali all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario;

q) agli accertamenti sanitari necessari alle certificazioni di carattere medico-legale spettan­ti all'autorità sanitaria pubblica a norma della legislazione vigente, con esclusione di quelli di competenza delle autorità sanitarie militari».

Compete inoltre all'unità sanitaria in cui sono ubicati la gestione degli ospedali, compresi quel­li che (art. 18) «per le finalità specifiche perse­guite e per le caratteristiche tecniche e specia­listiche, svolgono attività prevalentemente rivol­te a territori la cui estensione includa più di una unità sanitaria locale».

Entro il 31 dicembre 1979 le unità locali sono delimitate dalle Regioni in base «a gruppi di po­polazione di regola compresi fra 50.000 a 200.000 abitanti».

Il numero degli abitanti può anche essere in­feriore «nel caso di aree di popolazione parti­colarmente sparsa» o superiore (il che ci sem­bra illogico) nelle zone con forte concentrazione di abitanti.

Per ogni Unità locale deve essere previsto (art. 15) un organo collegiale di gestione com­prendente anche le minoranze che deve essere espressione «del consiglio comunale, quando il territorio comunale coincide con quello della u­nità sanitaria locale; dei consigli dei comuni in­teressati, quando l'ambito dell'unità sanitaria lo­cale comprende il territorio di più comuni; del consiglio comunale e dei consigli circoscrizio­nali interessati, quando l'ambito dell'unità sani­taria locale corrisponde ad una parte del terri­torio comunale. Quando l'ambito dell'unità sani­taria locale corrisponde a quello di una comu­nità montana, alla gestione dell'unità sanitaria locale provvedono gli organi della comunità, fer­mo il principio della presenza della minoranza».

Mentre per l'organo di gestione delle unità lo­cali comprendente più Comuni o una Comunità montana non c'è nulla da obiettare, ci sembra grave che qualora l'unità sanitaria locale coin­cida con un Comune non possa essere gestita dal Comune stesso ma questi venga sostituito da un altro organo, isolando in tal modo la sanità dagli altri servizi.

Così ugualmente preoccupante è il caso del Comune quando esso comprenda più unità loca­li, per cui la gestione non può essere assicurata direttamente dai Consigli di quartiere, essendo prevista la costituzione di un altro organismo.

È inoltre molto strano che compaia ancora la denominazione «unità sanitaria locale» soprat­tutto dopo che il DPR 616 ha previsto la costitu­zione unità locali dei servizi sanitari e sociali per la loro gestione contestuale.

L'ultimo comma dell'art. 15 del testo di rifor­ma sanitaria non parla più di gestione «conte­stuale», ma recita: «La legge regionale stabili­sce altresì norme per la gestione coordinata ed unificata dei servizi dell'Unità sanitaria locale con i servizi sociali esistenti nel territorio».

Per quanto concerne il personale l'art. 47 pre­vede quanto segue:

«La gestione amministrativa del personale delle unità sanitarie locali è demandata all'orga­no di gestione delle stesse, dal quale il suddet­to personale dipende sotto il profilo funzionale, disciplinare e retributivo. Il Governo è delegato ad emanare, entro il 30 giugno 1979, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per di­sciplinare (...) lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali nel rispetto dei se­guenti principi e criteri direttivi:

1) assicurare un unico ordinamento del per­sonale in tutto il territorio nazionale;

2) disciplinare i ruoli del personale sanitario, tecnico e amministrativo secondo qualifiche fun­zionali con la specificazione dei profili di pro­fessionalità e delle mansioni;

3) definire le tabelle di equiparazione per il personale proveniente dagli enti e dalle ammi­nistrazioni le cui funzioni sono trasferite ai co­muni per essere esercitate mediante le unità sanitarie locali e provvedere a regolare i trat­tamenti di previdenza e di quiescenza, compresi gli eventuali trattamenti integrativi di cui all'ar­ticolo 14 della legge 20 marzo 1975, n. 70;

4) garantire con criteri uniformi il diritto all'esercizio della libera attività professionale per medici dipendenti delle unità sanitarie locali, degli istituti universitari e dei policlinici convenzionati e degli istituti scientifici di ricovero e cura di cui all'articolo 42. Con legge regionale sono stabiliti le modalità e i limiti per l'esercizio di tale attività;

5) prevedere misure rivolte a favorire, parti­colarmente per i medici a tempo pieno, l'eserci­zio delle attività didattiche e scientifiche e ad ottenere su richiesta, il comando per ragioni di aggiornamento tecnico scientifico;

6) fissare le modalità per l'aggiornamento ob­bligatorio professionale del personale;

7) prevedere disposizioni per rendere omoge­neo il trattamento economico complessivo e per equiparare gli istituti normativi aventi carattere economico del personale sanitario universitario operante nelle strutture convenzionate con quel­li del personale delle unità sanitarie locali».

In sostanza il testo di riforma sanitaria appro­vato dalla Camera:

- espropria praticamente i Comuni di ogni competenza, attribuendo le stesse alle unità lo­cali, che sono previste come organi totalmente autonomi rispetto ai Comuni (com'erano, ad e­sempio, gli ECA);

- separa il personale delle unità sanitarie lo­cali da quello dei Comuni (3). 

Disegno di legge di riforma dell'assistenza

Anche il giudizio sul disegno di legge presen­tato dal Governo in materia di assistenza non può che essere decisamente negativo sotto il profilo istituzionale.

Infatti:

- viene riconfermato l'assurdo legame fra assistenza e ordine pubblico. Restano infatti al Ministero dell'interno le competenze di indiriz­zo e coordinamento (formalmente attribuito allo Stato). Inoltre il Ministro dell'interno o un Sot­tosegretario da questi delegato presiede il Con­siglio nazionale per l'assistenza sociale;

- sono attribuite allo Stato e cioè ai Mini­steri dell'interno, di grazia e giustizia, della di­tesa, delle finanze e dell'agricoltura tutte le fun­zioni per le prestazioni assistenziali nei riguardi degli appartenenti alle forze armate, all'arma dei carabinieri, alla guardia di finanza, agli agen­ti di custodia, al corpo forestale, ai vigili del fuoco ed ai loro familiari, discriminando queste persone dagli altri cittadini;

- alle Province è affidato il compito di inter­venire nell'elaborazione dei piani regionali. Ad esse spetta inoltre l'approvazione dei program­mi di localizzazione dei presidi assistenziali. Det­te attribuzioni sono del tutto ingiustificate per un corretto funzionamento dei servizi potendo scatenare conflitti e provocare ritardi. Inoltre è data facoltà alle Regioni di delegare funzioni al­le Province (sottraendole alle Unità locali?);

- eccessivi spazi e poteri sono dati all'assi­stenza privata;

- in contrasto con le norme del D.P.R. 616, è previsto il trasferimento alle Regioni ed ai Co­muni solamente delle IPAB che non sono in gra­do di proseguire la loro attività. Viene stabilito invece che le altre IPAB, quasi tutte e cioè oltre 9.000, i cui patrimoni ammontano a centinaia di miliardi, siano trasformate in enti privati.

Oltre a presentare questa retriva proposta di legge il Governo ha violato le disposizioni del DPR 616 prorogando con il decreto legge 24 giu­gno 1978, n. 300 fino al 31 dicembre 1978 i finan­ziamenti agli enti in attesa di scioglimento, enti che dovevano essere soppressi entro il 1° aprile scorso (art. 113 del D.P.R. 616).

Nonostante che il decreto suddetto non sia stato convertito in legge dal Parlamento, il Go­verno ha ripresentato un altro decreto legge (n. 481 del 18 agosto 1978) il cui art. 1 ha l'identica formulazione del primo articolo del precedente.

Questo secondo decreto legge prevede inol­tre che è fatto divieto agli enti pubblici di cui alla tabella e del DPR 616, alle IPAB, nonché al­la disciolta AAI:

a) «di istituire nuovi posti in organico e di procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato che comportino un aumento com­plessivo del numero dei dipendenti comunque in servizio alla data del 1° luglio 1978; i provvedi­menti di inquadramento o promozione a qualifi­che superiori adottati dopo la medesima data non hanno effetto qualora non siano previsti da nor­me regolamentari o comportino valutazioni a ca­rattere discrezionale;

b) di procedere ad alienazioni o trasformazio­ni di beni immobili o di titoli, alla costituzione di diritti reali sugli stessi, alla stipulazione di contratti di affitto di durata superiore a quattro anni. Gli atti compiuti in violazione del divieto di cui al comma precedente sono nulli. Gli am­ministratori dell'ente e l'impiegato designato a sottoscrivere l'atto sono personalmente e soli­damente responsabili del danno conseguente al compimento degli atti predetti».

Inoltre il decreto legge n. 481 stabilisce che per l'ENAOLI e l'ONPI non si applica la procedu­ra di scioglimento degli enti di categoria di cui all'art. 114 del DPR 616. Pertanto essi non pos­sono essere trasformati in associazioni private.

  

(1) Il disegno di legge governativo è praticamente uguale a quello pubblicato sul n. 41 di Prospettive assistenziali.

(2) I distretti sanitari di base sono strutture tecniche fun­zionali dell'Unità sanitaria locale, rispetto alla quale non hanno alcuna autonomia giuridica.

Ad evitare confusioni fra i distretti scolastici e quelli sanitari, riteniamo che questi ultimi potrebbero essere chia­mati «compartimenti».

(3) Riserve devono essere anche avanzate sul testo di riforma sanitaria per i numerosi rinvii ad altre disposizioni che dovranno essere approvate con leggi o con decreti.

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Prospettive assistenziali
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