nn. 3-4 / 1968

ADOZIONE SPECIALE, DIRITTO DI FAMIGLIA E ADOZIONE

 PROSPETTIVE ASSISTENZIALI

 

Editoriali

 





Fino all'anno scorso, tutte le previsioni normative che regolavano i rapporti giuridici tra genitori e figli, tendevano, nella sostanza, a tutelare prevalentemente l'interesse degli adulti: non vi era un solo articolo del codice civile in cui, esclusi gli aspetti patrimoniali, il minore fosse considerato soggetto di diritti (1).

Con l'istituzione dell'adozione speciale (L. 5 giugno 1967 n. 431) la concezione tradizionale è stata sovvertita con l'introduzione del principio del prevalente interesse del minore.

A ragione, l'On. Bertè parlò di «rivoluzione copernicana» nel senso che veniva posto al centro del diritto l'adottato privo di assistenza
familiare e non l'adottante privo di discendenti.

La «rivoluzione copernicana», tuttavia, non è avvenuta e non avviene senza scosse.

Vero è che tutti i magistrati hanno ormai abbandonato il sistema di numerare progressivamente le domande di adozione e le dichiarazioni degli stati di adottabilità, procedendo poi meccanicamente al loro abbinamento numerico (bambino n. 1 con
coniugi n. 1 ecc.).

Vero è che certi «abbinamenti» in massa, come quello avvenuto con la convocazione di 19 coppie di coniugi e la indiscriminata
presentazione di altrettanti bambini adottabili, cui nella mente del tribunale che organizzò l’incontro avrebbero dovuto seguire
immediati affidamenti, appartengono alla storia del passato.

Ma purtroppo molti minori continuano ad essere affidati senza tener conto del loro «preminente interesse», più volte richiamato
dal legislatore.

Così ad esempio, il presidente del tribunale per i minorenni di X. continua imperterrito e soddisfatto di sé ad inviare i coniugi al
locale brefotrofio, dopo aver loro fornito il nominativo di 4 o 5 bambini, perchè scelgano quello che ad essi riesce più simpatico.

Egualmente molti ufficiali dello stato civile procedono tuttora ad affidare al momento della denunzia di nascita i neonati figli di
ignoti a persone di cui non sono in grado di accertare l'idoneità educativa.

E' avvenuto anche che una bambina non riconosciuta, in violazione alle prescrizioni dell'ufficiale dello stato civile, non sia stata
consegnata all'Istituto Provinciale per l'Infanzia di Roma, ma affidata da intermediari ad una coppia il cui marito aveva sessantatre anni.
Ciò malgrado, il giudice tutelare, venuto a conoscenza del fatto (art. 345 c.c.), lo nominò tutore malgrado l'illiceità del rapporto e la sua età.

Speriamo solo che il tribunale per i minorenni di Roma non conceda l'adozione tradizionale all'affidatario-nonno, sottraendo il minore dalla procedura di adottabilità.

Ma vi sono anche altri gravi inconvenienti nell'esecuzione della legge.
Per esempio, la circolare del Ministero di grazia e giustizia (Direzione generale degli affari civili, uff. IV, prot. n. 4/876/61 del 23.4.68) dispone che le spese di pubblicazione su uno o più giornali degli avvisi di ricerca (art. 394/9 c.c.) dei genitori irreperibili, che hanno lasciato i loro nati in situazione di privazione di assistenza materiale e morale, vengano annotate a debito dei coniugi adottanti e così pure le spese sostenute dai consulenti tecnici per gli accertamenti sui minori e sui genitori.

Che le idee dei Ministeri non siano ancora chiare in materia di adozione speciale è dimostrato inoltre dall'affermazione contenuta nella circolare suddetta:
«presupposto necessario all'adozione, imposto dalla legge, è l'elevato stato di benessere economico dell'adottante» mentre l'articolo 314/2 c.c. pone come esclusiva condizione di carattere economico (e ci pare giusto!) che gli adottanti siano «in grado di mantenere i minori che intendono adottare».

E' deplorevole, infine, che tutto l'apparato dello Stato, pur essendo espressamente a ciò preposto, dopo l'approvazione di una
legge, non sia in grado di offrire i mezzi necessari per la sua applicazione, anche quelli più modesti di cui è indice sintomatico il rifiuto, giustificato dalla mancanza di fondi, del Ministero di grazia e giustizia di fornire al tribunale per i minorenni di Torino una scrivania e una sedia, costringendo i giudici a fare i turni per la mancanza di dette attrezzature.

* * *

L'adozione speciale ha dato pratica attuazione ad un principio che a noi pare essenziale: il bambino ha bisogno, per svilupparsi normalmente sul piano fisico, psichico, intellettuale, morale e sociale, di vivere in un contesto familiare.
Infatti, se i genitori d'origine o i parenti tenuti agli alimenti non provvedono al minore, viene ricercata un'altra famiglia in cui il minore stesso viene inserito con pienezza di diritti.
Accanto alfa famiglia legittima di sangue, abbiamo quindi - e sullo stesso piano - la famiglia legittima adottiva.
Ma vi è qualcosa di più. Il bambino adottabile con adozione speciale non può essere inserito in una famiglia qualsiasi, bensì in una che abbia particolari caratteristiche: stabilità del matrimonio (i coniugi non devono essere separati neppure di fatto), età valida (la differenza minima di età fra l'adottando e ciascun adottante deve essere almeno di venti anni, quella massima deve essere non superiore ai quarantacinque anni), capacità educative ed affettive («idonei ad educare ed istruire») e, infine, possibilità economiche («in grado di mantenere il minore»).

* * *

Anche la concezione del ruolo sociale della famiglia viene modificata.
La famiglia, che il legislatore del 1865 e del 1939 voleva chiusa in se stessa (2), può oggi avere figli di sangue e non di sangue con piena parità di diritti tra loro.
L'assunzione, poi, da parte dell'adottato dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei suoi rapporti con il nucleo familiare di origine (anche se legittimo), è il suggello giuridico del valore determinante dei fattori ambientali nello sviluppo della persona in contrapposizione alla concezione, fino ad oggi dominante, della prevalenza di quelli ereditari (3).
Ne consegue che la filiazione (legittima, naturale o adottiva) trova il suo fondamento non nei legami di sangue, ma nel rapporto affettivo ed educativo (reciprocamente formativo) fra genitori e figli.

Sottolineiamo, a questo riguardo, i tre distinti concetti di maternité (atto procreativo), maternage (insieme delle cure materiali, affettive ed educative per mezzo delle quali il bambino diventa figlio di una determinata donna, procreatrice e non), maternisation (insieme dei processi per mezzo dei quali il bambino rende la procreatrice o l'adottante una madre, sua madre) e corrispondentemente di paternité, paternage e paternisation (4).

Le basi etiche e scientifiche su cui si fonda l'istituto dell'adozione speciale hanno evidenziato la necessità di rinnovare ed adeguare anche altri campi della regolamentazione del diritto di famiglia.
Basti ricordare: le dichiarazioni giudiziali di paternità e maternità con le quali si fa divenire padre (o madre) il procreatore che non sole non ha avuto e non ha alcun rapporto con il minore ma che addirittura non vuole averne, la possibilità di procedere al riconoscimento della prole naturale in qualsiasi momento con conseguente assunzione della patria potestà anche quando si è ignorato per anni il minore, il divieto alla madre ed al figlio di iniziare l'azione per il disconoscimento di paternità.

* * *

Notevoli sono pure le ripercussioni dell'adozione speciale nel campo assistenziale.

In primo luogo la legge 431/67 demanda ai giudici tutelari un'azione di vigilanza su tutti i minori ricoverati in istituto. Oggi non sono più possibili equivoci su questo punto. Ci sembra che ciò debba essere ribadito a coloro che capziosamente sfuggono a quanto già disposto dalle norme sulla tutela vigenti fin dal 1939.
Esse prevedevano e prevedono, infatti, che i giudici tutelari soprintendano (art. 344 c.c.) alle tutele esercitate dagli istituti di assistenza sui minori ricoverati (art. 354 e 402 c.c.), indipendentemente dal fatto che siano non riconosciuti, riconosciuti o legittimi (art. 401 c.c.).

In secondo luogo è da osservare che i minori sono dichiarati in stato di adottabilità quando sono privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, anche se essi «sono ricoverati presso pubbliche o private istituzioni di protezione ed assistenza all'infanzia» (art. 314/4, 2° comma).
Il legislatore ha, anzi, ritenuto che il ricovero in istituti costituisca una fondata presunzione di privazione di assistenza materiale e morale, tanto che il 3° comma dell'art. 314/5 stabilisce: «Le istituzioni pubbliche o private di protezione o assistenza all'infanzia trasmettono trimestralmente al giudice tutelare del luogo ove hanno sede l'elenco dei ricoverati o assistiti» (5).
Fino a ieri si riteneva, invece, che il ricovero in istituto fosse una valida e definitiva soluzione assistenziale!

Infine l'applicazione della legge 431/67, anche se scarsa, anzi soprattutto perchè scarsa, ha evidenziato le paurose lacune del nostro sistema assistenziale: mancanza di una linea politica in materia, numero eccessivo degli enti, frazionamento delle competenze, assenza di controlli, ecc., il che confidiamo, solleciterà il Parlamento a procedere, finalmente, ad una sistematica e generale riforma dell'assistenza e del diritto di famiglia.


______________

(1) R. DELL'ANDRO, Relazione alla proposta di legge n. 1489 «Legittimazione per adozione dei minori in stato di abbandono»,
Camera dei Deputati, IV legislatura.

(2) L'adozione tradizionale era infatti vietata (e lo è tuttora) in presenza di figli legittimi e legittimati; l'affiliazione, che non prevede tale divieto, «non crea uno stato familiare ma si esaurisce nell'ambito del diritto sostanziale in finalità assistenziali del minore» (Corte di Cassazione, Sez. 1ª, 20-1-1961).

(3) Le constatazioni fatte sui «bambini-lupi» sono illuminanti sulla prevalenza dei fattori ambientali nello sviluppo della persona (vedasi: Singh and Zingg, Wolf Children and Fereal Man, Harpers and Brothers, New-York and London, 1942; A. Gesell, Wolf Child and Human Child; Harpers and Brothers, 1941; A. VIZIANO, La vera storia del ragazzo-lupo morto 14 anni dopo la cattura, La Stampa del 28 luglio 1968.

(4) PIERRE JOANNON, Maternage et nursing, in La Presse médicinale, 1960, 53, p. 2059; NICOLE QUEMADA, Maternage et adoption. Ed.Foulon, Paris. In italiano «Cure materne e adozione», in Maternità e Infanzia n. 1-3 del 66. Estratti presso l'Unione Italiana per la Promozione dei Diritti del Minore.

(5) Agli effetti della legge sull'adozione speciale viene considerato «assistito» il minore che è assistito da un ente con ricovero presso un istituto non da esso gestito.

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