Febbraio 2007
 

LA LEGISLAZIONE INERENTE L’ACCOGLIENZA RESIDENZIALE DEI SOGGETTI INCAPACI

 

La questione dell’accoglienza residenziale dei soggetti incapaci di provvedere autonomamente alle loro esigenze fondamentali di vita era stata affrontata dal legislatore molti decenni fa.

Infatti, il regio decreto 19 novembre 1889 n. 6535 prevedeva all’articolo 2: «Sono considerate inabili a qualsiasi lavoro proficuo le persone dell’uno e dell’altro sesso le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistenza» e stabiliva che, nel caso in cui non vi fossero enti assistenziali che provvedevano ai soggetti di cui sopra, il ricovero fosse a carico dei Comuni di origine degli inabili al lavoro.

Le disposizioni del regio decreto 6535/1889 sono state inserite negli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”, la cui unica prestazione prevista per i minori, i soggetti con handicap e limitata o nulla autonomia e per gli anziani in gravi difficoltà, considerati “inabili al lavoro” è, purtroppo, solo il ricovero in istituto[1].

 

Procedura per l’attuazione degli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931

Qualora i Comuni non intendano predisporre gli interventi occorrenti per i minori,

per i soggetti con handicap, gli anziani in difficoltà privi dei mezzi necessari per vivere, comprese le prestazioni legate al “dopo di noi”, si può mettere in atto la procedura prevista dai regi decreti n. 773/1931, articoli 154 e 155, e n. 635/1940, articolo 278, procedura la cui inottemperanza da parte degli enti pubblici preposti dà luogo a responsabilità penali:

1. segnalazione (da parte di chiunque), da effettuare con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, all’autorità di pubblica sicurezza (Carabinieri o Polizia) che l’inabile al lavoro (minore, soggetto con handicap, anziano) signor ............ abitante in ......via............. n...., sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, necessita di assistenza, precisando l’intervento richiesto;

2. l’autorità di pubblica sicurezza deve, in base alle norme vigenti, diffidare i parenti tenuti agli alimenti affinché intervengano sul piano economico. I parenti possono ignorare la diffida senza subire conseguenze di qualsiasi genere;

3. l’autorità di pubblica sicurezza chiede all’Asl di attestare la condizione di inabilità del soggetto interessato. L’attestazione deve, di norma, essere redatta nel termine di cinque giorni;

4. l’autorità di pubblica sicurezza segnala la situazione al Sindaco del luogo in cui il soggetto si trova;

5. il Sindaco è obbligato a provvedere direttamente (ad esempio mediante il ricovero in una struttura disponibile) oppure tramite i servizi socio-assistenziali comunali o consortili;

6. la procedura suddetta può essere attivata anche quando l’inabile al lavoro può sostenere parzialmente le spese per il suo mantenimento.

 

La legge della Regione Piemonte n. 1/2004 riconosce diritti esigibili

Purtroppo tutte le leggi regionali riguardanti l’assistenza non riconoscono diritti esigibili ai soggetti impossibilitati a svolgere attività lavorativa proficua e privi dei mezzi necessari per vivere. Resta in ogni caso applicabile quanto stabilito dai sopra citati articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931[2].

Per quanto riguarda il Piemonte, la legge regionale 8 gennaio 2004 n. 1 stabilisce diritti effettivamente esigibili[3]. Infatti, il 1° comma dell’articolo 22 della legge suddetta prevede quanto segue: «La Regione identifica nel bisogno il criterio di accesso al sistema integrato di interventi e servizi sociali e riconosce a ciascun cittadino il diritto di esigere, secondo le modalità previste dall’ente gestore istituzionale, le prestazioni sociali di livello essenziale (...) previa valutazione dell'ente medesimo e secondo i criteri di priorità di cui al comma 3».

A rafforzare tale diritto è stabilito, inoltre, che «contro l’eventuale motivato diniego è esperibile il ricorso per opposizione allo stesso ente competente per l’erogazione della prestazione negata».

A sua volta il comma 3 dello stesso articolo 22 dispone che: «accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali» tutti i soggetti che si trovano in «condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, i minori, specie se in condizioni di disagio familiare»[4].

È inoltre previsto al comma 2 dell’articolo 39 che «l’organizzazione e l’erogazione degli interventi socio-assistenziali non differibili caratterizzati da motivi di urgenza sono effettuati dal Comune nel cui territorio il destinatario degli interventi stessi dimora; gli oneri relativi gravano sul Comune di residenza».

In merito alle finalità delle prestazioni, il primo comma dell’articolo 18 della legge 1/2004 così si esprime: «Il sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali fornisce risposte omogenee sul territorio finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) superamento delle carenze del reddito familiare e contrasto della povertà; b) mantenimento a domicilio delle persone e sviluppo della loro autonomia; c) soddisfacimento delle esigenze di tutela residenziale e semiresidenziale delle persone non autonome e non autosufficienti; d) sostegno e promozione dell’infanzia, della adolescenza e delle responsabilità familiari; e) tutela dei diritti del minore e della donna in difficoltà; f) piena integrazione dei soggetti disabili; g) superamento, per quanto di competenza, degli stati di disagio sociale derivanti da forme di dipendenza; h) informazione e consulenza corrette e complete alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi; i) garanzia di ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli di assistenza, secondo la legislazione vigente».

Per quanto concerne la copertura economica, l’articolo 35, comma 1 della legge piemontese prevede che «il sistema integrato degli interventi e servizi sociali» sia «finanziato dai Comuni, con il concorso della Regione e degli utenti, nonché dal fondo sanitario regionale per le attività integrate socio-sanitarie».

In merito alle dotazioni di natura economica che devono poter permettere l’erogazione delle prestazioni di livello essenziale più sopra elencate, è stabilito in maniera chiara che i Comuni «garantiscono risorse finanziarie» in maniera tale da assicurare «il raggiungimento di livelli di assistenza adeguati ai bisogni espressi dal proprio territorio» (articolo 35, comma 2).

In ogni caso «la Giunta regionale, di concerto con i Comuni singoli o associati, individua una quota capitaria sociale necessaria per assicurare i livelli essenziali e omogenei delle prestazioni».

Inoltre, aspetto molto positivo, è stabilito che «i Comuni che partecipano alla gestione associata dei servizi» (è il caso dei Consorzi) «sono tenuti ad iscrivere nel proprio bilancio le quote di finanziamento stabilite dall’organo associativo competente e ad operare i relativi trasferimenti in termini di cassa alle scadenze previste dagli enti gestori istituzionali» (articolo 35, comma 3).

 

Delibere dei Comuni singoli e associati

I Comuni singoli e associati possono ovviare alle carenze delle disposizioni nazionali e delle leggi regionali approvando appositi provvedimenti che precisino i diritti esigibili da parte delle persone e dei nuclei familiari in condizioni di disagio socio-economico.

Un esempio molto positivo è costituito dalla delibera del Consorzio tra i Comuni di Collegno e Grugliasco per l’individuazione dei diritti dei destinatari degli interventi socio-assistenziali[5].

 



[1] Cfr. l’articolo di Massimo Dogliotti, Magistrato della Corte di Cassazione e Docente di diritto di famiglia presso l’Università di Genova, “I minori, i soggetti con handicap, gli anziani in difficoltà….‛pericolosi per l’ordine pubblico’ hanno ancora diritto ad essere assistiti dai Comuni”, Prospettive assistenziali, n. 135, 2001.

[2] Diritti esigibili sono altresì previsti dalla legge 6 dicembre 1928 n. 2838 a favore dei minori figli di ignoti e dei fanciulli riconosciuti dalla sola madre.

[3] Cfr. Giuseppe D’Angelo, “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Prospettive assistenziali, n. 147, 2004.

[4] Per i soggetti colpiti da malattie acute o croniche deve intervenire in base alle leggi vigenti il Servizio sanitario nazionale.

[5] Il testo integrale della delibera è riportato sul n. 153, 2006 di Prospettive assistenziali.