emoriale delle vittime dell'emarginazione sociale

stampa F. SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE: MILIARDI ILLEGITTIMAMENTE SOTTRATTI AI MALATI, SPRECHI INSENSATI, REGALI ANCHE MILIONARI A COLORO CHE PROVOCANO INFORTUNI E MALATTIE

 

1. Come è stato precisato da Giorgio Cavallero e da Rossella Zerbi nell’articolo “La Sanità piemontese da dieci anni è in credito. L’amara storia del Piano di rientro”, pubblicato sul n. 1/2017 di “Torino Medica”, rivista dell’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino, «una parte dei finanziamenti provenienti da Roma per la Sanità sono stati negli anni utilizzati come cassa per spese extra-sanitarie, come ammesso dall’Assessore al bilancio. Si tratterebbe di 4,3 miliardi di euro facenti parte della dotazione del Servizio sanitario nazionale destinati al Servizio sanitario regionale che sono stati utilizzati altrove».
Pertanto, a causa dell’illegittima sottrazione della rilevante somma sopra indicata, dal 2010 al 2016 sono stati imposti al Servizio sanitario piemontese «tagli a prestazioni e servizi sanitari, blocco del turnover e delle assunzioni nel servizio pubblico, ticket salati, code e liste d’attesa».
Purtroppo – aspetto assai preoccupante –non si hanno notizie di iniziative della Corte dei Conti e della Magistratura in merito ai 4,3 miliardi sottratti alla Sanità piemontese e alla loro illegittima destinazione ad attività scelte dal o dagli autori per finalità che dovevano e devono essere accertate, soprattutto per il fatto che le conseguenze più devastanti sono state subite da decine di migliaia di anziani malati cronici non autosufficienti e di persone colpite dalla demenza senile, di cui per tanti anni e ancora nel 2020 sono stati (e sono) confinati in crudeli liste di attesa ben 30mila (1) infermi, nonostante l’assoluta indifferibilità delle loro esigenze sanitarie (2).

2. Sconcertanti sono le conseguenze derivanti dalle gravi carenze (peraltro facilmente evitabili come verrà precisato anche in seguito) del Servizio sanitario: la mancata erogazione delle cure non solo viola le esigenze vitali degli infermi non autosufficienti, ma è anche la causa di impoverimenti assai numerosi e rovinosi.

3. Nonostante l’asserita mancanza di adeguate risorse economiche le Asl e le Aziende ospedaliere quasi mai assumono le semplicissime iniziative dirette ad ottenere il recupero delle spese vive – spesso consistenti – sostenute dal Servizio sanitario per interventi (trasporto, cura e riabilitazione di infermi) forniti dalle stesse Asl e/o dalle Aziende ospedaliere a seguito di eventi di varia natura (infortuni sul lavoro, malattie professionali, incidenti, risse, attività sportive e non svolte in zone vietate, ecc.) per i quali la Magistratura con sentenza definitiva ne ha attribuito la colpa grave ad aziende o persone per violazione di norme previste da leggi o da altri provvedimenti. Al riguardo si segnala che Mario Pirani nell’articolo “Sanità confusa fra urgenze e scelte impossibili”, pubblicato su “La Repubblica” del 23 dicembre 2013 aveva precisato che le spese attualmente sostenute dal Servizio sanitario per i «traumi dell’infortunistica stradale, sportiva, nel lavoro e la responsabilità di terzi che non rientrano nel “diritto alla salute”» erano valutabili in «circa 30 miliardi annui». Si fa altresì presente che la quota assegnata al Servizio sanitario dalle Società di assicurazione per le auto, che dovrebbe riguardare solo gli incidenti non attribuibili a colpa grave, è incredibilmente molto limitata. Ad esempio per un’assicurazione stipulata con la Società Cattolica di Assicurazioni per un’auto, importo complessivo di euro 420,00, al Servizio sanitario sono destinati solamente euro 33,04.

4. Vi sono Regioni che hanno stipulato convenzioni con le case di cura private senza precisare, ad esclusione del Direttore sanitario, la qualifica ed il numero del personale medico e non medico che deve essere presente in relazione al numero degli infermi curati. Si tratta di una omissione che danneggia i malati e consente profitti inammissibili.

5. Non risulta che vi siano Regioni che abbiano imposto alle case di cura private e alle Rsa, Residenze sanitarie assistenziali, convenzionate di condizionare il pagamento della retta a carico del Servizio sanitario alla presentazione della copia sia dei versamenti effettuati all’Inps e all’Inail per il personale dipendente, sia delle fatture rilasciate dagli operatori autonomi. Al riguardo si segnala che gli accertamenti sulla presenza del personale stabilito dalle convenzioni non possono certamente essere effettuati dalle Commissioni di vigilanza che, nelle migliori delle ipotesi, intervengono una o due volte all’anno.

6. C’è l’urgente necessità di assicurare le iniziative occorrenti per accertare se le Asl versano alle Rsa almeno il 50% della retta totale di ricovero, com’è previsto dalle leggi vigenti. Al riguardo si segnala che vi sono ricerche dalle quali risulterebbe che la Regione Lombardia versa meno del 50% caricando illegittimamente la differenza ai ricoverati e, nei casi di non copertura da parte dei degenti della quota ad essi spettante, ai Comuni.

7. Come avviene impunemente e incomprensibilmente da molti anni, la Regione Piemonte versa alle Rsa una quota superiore anche del 20% per ciascuno dei numerosi letti occupati da propri infermi, rispetto all’importo corrisposto dal singolo utente privato.

8. Da molti anni il Servizio sanitario nazionale, confinando in illegittime liste d’attesa anziani malati cronici non autosufficienti e persone con demenza senile nonostante siano tutti infermi aventi esigenze sanitarie assolutamente indifferibili, obbliga i loro congiunti alla copertura delle spese a carico della sanità. Al riguardo, nel VII Rapporto redatto da Rbm Assicurazione salute e dal Censis del 7 giugno 2017, viene evidenziato che «il 51,4% delle famiglie con un non autosufficiente che ha affrontato spese sanitarie di tasca propria ha avuto difficoltà nell’affrontarle: ne discende che chi ha più bisogno di cure soffre sul piano economico», che nell’area dei “saluteimpoveriti” (locuzione utilizzata da Rbm e dal Censis che non fa certo onore alla Sanità pubblica e privata) e cioè delle persone (1,8 milioni) che «sono entrate nell’area della povertà a causa di spese sanitarie che hanno dovuto affrontare di tasca propria» e che «ci sono finiti anche il 3,7% di persone con reddito medio, a testimonianza del fatto che la malattia può generare flussi di spesa tali da colpire duro anche chi si posiziona in livelli non bassi della piramide sociale».
Da tenere in attentissima considerazione che i preoccupanti dati sopra riportati sono quasi identici a quelli di venti anni fa. Infatti nel documento “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale, diffuso nell’ottobre 2000, viene segnalato che «nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie sono scese sotto la soglia della povertà a fronte del carico di spesa sostenuto per la “cura” di un componente affetto da non autosufficienza».

9. Sulla rivista “Prospettive assistenziali” che esce ininterrottamente dal 1968, oltre agli articoli concernenti le esigenze vitali ed i diritti esigibili dalle persone non autosufficienti (minori, adulti, anziani) sono state pubblicate notizie riguardanti abusi, sprechi e false informazioni, la cui conoscenza consente di avere riscontri sulla realtà allora presente e sui cambiamenti intervenuti. Di seguito riportiamo le relative notizie riportate dal 2000 al 2002. Sul sito www.fondazionepromozionesociale.it è reperibile il seguito. Ecco i titoli: “Perché il fisco è buono con chi evade?”, n. 132, 2000; “Ospedali che uccidono”, n. 133, 2000; “Devono essere assistiti anche i benestanti?” e “Privilegi immorali approvati dalla Regione Sicilia” n. 134, 2001; “La sinistra riforma delle Ipab: tolti ai poveri almeno 50 mila miliardi”, “Per quali motivi il Comune di Torino ha concesso all’Ente nazionale sordomuti parte della proprietà dell’ex Ipab Lorenzo Prinotti?”, “Il Cottolengo sa solo costruire istituti?”, “Sono ancora 285 gli enti inutili” e “Falsi poveri della Provincia di Enna”, n. 135, 2001; “Comunicato stampa dei Nas sui controlli eseguiti in campo nazionale alle strutture ricettive per anziani”, “Organi di bambini venduti in Inghilterra” e “La carità ai malati di Aids: uno schiaffo alla loro dignità”, n. 136, 2001; “La Regione Piemonte ha istituito una agenzia per le adozioni internazionali: una iniziativa inutile e costosa”, “Un’altra delibera illegittima e persecutoria del Comune di Firenze”, “Come mai in Lombardia bisogna pagare per curare a casa i propri congiunti malati di Alzheimer?”, “Dove vanno a finire i fondi raccolti dalla Croce Rossa Italiana?”, “Un esempio di malasanità piemontese”, “La bizzarra concezione sulla solidarietà dell’Assessore alla famiglia della Regione Lombardia” e “80mila decessi evitabili ogni anno in Italia”, n. 137, 2002; “Monito della Corte di Strasburgo ai Tribunali per i minorenni per una maggiore vigilanza sull’operato dei servizi sociali”, “Impiantate protesi d’anca difettose: chi le vendeva ne era al corrente, ma stava zitto”, “Perché la Caritas antoniana costruisce in Kenia un istituto per bambini?”, “Malati psichici bruciati vivi”, “Gravi abusi nei confronti di 40 ricoverati”, “Idee stravaganti del Ministro Sirchia sul volontariato” e “Nel 2000 l’evasione fiscale ha raggiunto 210 milioni di euro”, n. 138, 2002.

Note
(1) Cfr. l’articolo di Francesco Pallante “Le richieste di differenziazione della Regione Piemonte in materia di tutela della salute”, Il Piemonte delle Autonomie, n. 1, 2019.
(2) Nel documento del 6 luglio 2015 l’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino ha precisato che «gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone affette da demenza senile sono soggetti colpiti da gravi patologie che hanno avuto come esito la devastante compromissione della loro autosufficienza e pertanto hanno in tutti i casi esigenze sanitarie e socio-sanitarie indifferibili in relazione ai loro quadri clinici e patologici».
(3) Analoghi sono i dati forniti dai Rapporti redatti dal Ceis Sanità dell’Università di Tor Vergata di Roma.

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