Prospettive assistenziali, n. 157, gennaio - marzo 2007

 

 

È CORRETTO INCENTIVARE L’ASSISTENZA FAMILIARE “TOTALE” DEI SOGGETTI CON HANDICAP IN SITUAZIONE DI GRAVITà?

 

 

 

L’on. Bellillo e altri Parlamentari (1) hanno presentato alla Camera dei Deputati in data 8 novembre 2006 la proposta di legge n. 1902 concernente “Norme in materia previdenziale in favore di lavoratori e lavoratrici con a carico familiari gravemente disabili”, il cui testo è il seguente: «1. Il lavoro di cura e di assistenza a familiari invalidi, con totale e permanente inabilità lavorativa, che assume connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ai quali è riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, ai sensi di quanto previsto dalla tabella di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e che sono assistiti totalmente nell’ambito della famiglia, svolto da lavoratori e lavoratrici, è equiparato alle attività usuranti disciplinate dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, come da ultimo modificato dal comma 2 del presente articolo.

«2. Alla tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, è aggiunto, in fine, il seguente capoverso: “Lavoro di cura e di assistenza a familiari con una percentuale riconosciuta di invalidità pari al 100 per cento”».

Un disegno di legge (n. 1217), analogo a quello precedente, depositato al Senato il 15 dicembre 2006 dai Senatori Di Lello Finuoli, Russo Spena, Maria Luisa Boccia, Vano, Legnini e Valpiana (Ri­fon­dazione comunista), Palermi (Verdi), D’Ambrosio (Ulivo) e Giambrone (Gruppo misto), è composto dai seguenti articoli.

«Art. 1.

«1. Il lavoro di cura ed assistenza prestato, da parte di lavoratrici e lavoratori, a familiari con inabilità lavorativa permanente, la cui gravità sia conforme ai requisiti di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alle quali è riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, ai sensi della tabella di cui al decreto del Ministro della sanità del 5 febbraio 1992, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e che necessitano di assistenza continua, in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, è equiparato, ai fini del prepensionamento, alle attività usuranti di cui al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, qualora sia svolto con carattere di continuità ed in ambito familiare.

«2. Ai fini della presente legge, per “lavoratori e lavoratrici” cui è riconosciuta, ai sensi del comma 1 del presente articolo, l’equiparazione del lavoro di cura e assistenza, si intende uno solo dei parenti entro il quarto grado, o degli affini entro il quarto grado, della persona invalida assistita, ovvero chi con quest’ultima conviva stabilmente.

«3. L’equiparazione di cui al comma 1 attribuisce al beneficiario il diritto a due mesi di prepensionamento per ogni anno di convivenza con la persona disabile cui presti assistenza continuativa.

«Art. 2.

«1. Salvo che il fatto costituisca reato, nei confronti di colui che, avendo beneficiato del prepensionamento ai sensi dell’articolo 1 della presente legge, abbia senza giustificato motivo cessato la convivenza con la persona disabile, è disposta la riduzione del 30 per cento della pensione, a partire dalla data di cessazione della convivenza.

«Art. 3.

«1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale aggiunge, con proprio decreto, alla tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, la seguente voce: “Lavoro di cura ed assistenza a familiari con una percentuale riconosciuta di invalidità pari al 100 per cento”» (2).

 

Agevolazioni attuali

Attualmente sono previste le agevolazioni elencate dall’articolo 33 della legge 104/1992, che dispone quanto segue:

«1. La lavoratrice madre o in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minori con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

«2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita dei bambino.

«3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.

«4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all’articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all’ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

«5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito in altra sede, senza il suo consenso.

«6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

«7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità».

 

Priorità dei servizi di supporto alla domiciliarità

Mentre a prima vista le due proposte di legge possono sembrare positive, ad un esame più approfondito esse appaiono contrarie alle esigenze sia delle persone con handicap in situazione di gravità, sia dei loro congiunti.

A nostro avviso, ferma restando l’assoluta priorità delle prestazioni domiciliari (3), occorre agire con la massima determinazione affinché siano predisposti, come diritti esigibili e non in quanto semplici dichiarazioni prive di effetti concreti, i necessari servizi di sostegno dei soggetti con handicap e dei loro congiunti.

Sarebbe, infatti, assai grave se i congiunti dovessero provvedere ai loro figli con gravissimi handicap 24 ore su 24 con il rischio di cadere in condizioni di esasperato e insostenibile sovraccarico di responsabilità, di isolarli dal contesto sociale e di lasciarli senza alcuna prospettiva nei casi in cui per malattia o decesso non siano più in grado di provvedervi (4).

Com’è evidente, affinché la permanenza in famiglia sia positiva per i soggetti con handicap e per i loro congiunti, e si prolunghi in tutta la misura del possibile, occorre che siano garantiti i necessari sostegni a tutte le parti in causa, senza dimenticare l’importanza della socializzazione e dell’inserimento nel vivo del contesto sociale.

Dopo aver ottenuto a seguito di lotte durissime il diritto azionabile dei soggetti con handicap anche gravissimo alla frequenza degli asili nido, nonché delle scuole materne e dell’obbligo, occorre a nostro avviso esigere che gli Assessorati all’istruzione (e non quelli preposti ai servizi socio-assistenziali) predispongano con la massima urgenza servizi analoghi a quello in funzione presso il Comune di Torino dal 1984 che si fa carico dei bambini colpiti da handicap fin dalla nascita mediante attività di consulenza educativa domiciliare (servizio che non ha finalità assistenziali) fino all’inserimento del piccolo nell’asilo nido e poi nella scuola per l’infanzia (5).

 

Urge coprire i vuoti al termine dell’obbligo scolastico

Altra esigenza fondamentale da tradurre in una apposita legge riguarda la creazione obbligatoria da parte dei Comuni singoli e associati di centri diurni aperti almeno 40 ore settimanali rivolti ai soggetti con handicap intellettivo, impossibilitati a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche di svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua.

Questo provvedimento, che rientra nei poteri del Parlamento poiché riguarda «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» come stabilisce l’articolo 117 della Costituzione, è indispensabile in quanto vi è l’ovvia necessità che vengano garantiti anche i relativi finanziamenti per quanto concerne sia le spese di investimento che quelle di gestione (6).

Con riferimento al Piemonte, il Csa (Coordina­mento sanità e assistenza fra i movimenti di base) di Torino, ritiene che debba essere previsto un centro diurno (massimo venti posti) per i soggetti di cui sopra ogni 30 mila abitanti (7).

Lo stesso provvedimento legislativo dovrebbe prevedere l’obbligo da parte dei Comuni singoli e associati di predisporre comunità alloggio di dieci posti al massimo per i soggetti con handicap intellettivo e limitata o nulla autonomia che non possono continuare a vivere presso i loro congiunti, di cui due per i casi di pronto intervento.

Si tratta, in sostanza, di finanziare, sia pure con oltre 75 anni di ritardo, gli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 in base ai quali i Comuni sono obbligati a garantire il ricovero degli inabili al lavoro e quindi anche delle persone con handicap e limitata o nulla autonomia (8).

Anche in questo caso il fabbisogno è stato individuato dal Csa per il Piemonte in una comunità alloggio ogni 30 mila abitanti.

Poiché lo Stato ha incassato nel 2006 ben 37,1 miliardi di euro in più di quanto avesse previsto, ci sono certamente le risorse economiche necessarie per il provvedimento proposto.

Resta da vedere se, oltre alle dichiarazioni, spesso di comodo, sul valore della famiglia e sulla esigenza di sostenerla, c’è la volontà politica di sanare ingiustizie gravissime che durano da troppi anni.

Per quanto concerne le contribuzioni economiche relative ai centri diurni e alle comunità alloggio, ricordiamo nuovamente che essi devono essere calcolati esclusivamente sulla base delle risorse economiche personali del soggetto assistito.

 

Corsi prelavorativi

Com’è ovvio, il rispetto della dignità delle persone comporta l’assunzione da parte del Parlamento, del Governo, delle Regioni, delle Province e dei Comuni di iniziative volte a garantire una adeguata preparazione al lavoro anche dei soggetti con handicap intellettivo, in grado di svolgere attività lavorative proficue, sia pure con un rendimento inferiore alla media degli altri lavoratori, ma in misura accettabile per le aziende private e pubbliche.

In questo modo la persona con handicap si affranca dal condizionamento dell’assistenza, con evidenti vantaggi per la libertà sua e dei suoi congiunti e con enormi risparmi economici da parte dello Stato.

La Giunta della Regione Piemonte, su iniziativa del Csa, ha approvato in data 22 dicembre 1983 una delibera per l’istituzione di corsi prelavorativi per sog­getti con handicap intellettivo medio e medio lieve. Analogo provvedimento è stato assunto dal Con­siglio comunale di Torino in data 6 febbraio 1984 (9).

Altre misure dovrebbero essere assunte per consentire ai soggetti con handicap fisici gravi, in grado di svolgere attività lavorative proficue, di poter accedere a validi corsi di formazione professionale (fra l’altro rientranti nell’obbligo formativo), nonché a ricevere prestazioni volte ad assicurare una esistenza la più indipendente possibile, evitando che siano assistiti per tutta la vita soggetti in grado di assicurarsi il necessario per vivere mediante il loro pieno inserimento sociale e il lavoro (10).

 

Volontariato intrafamiliare

Un’altra iniziativa validissima è costituita dal riconoscimento del volontariato intrafamiliare, rivolto ai soggetti maggiorenni colpiti da gravi handicap e con limitata o nulla autonomia.

Ferma restando la necessità dei servizi di appoggio (in particolare la frequenza dei centri diurni), l’affido intrafamiliare, alternativo all’inserimento presso strutture residenziali, dovrebbe essere deliberato come prestazione esigibile, come è stato disposto dal Cisap, Consorzio intercomunale dei servizi alla persona dei Comuni di Collegno e Grugliasco (Torino) (11).

 

Conclusioni

Pur apprezzando le motivazioni che hanno spinto i Parlamentari a presentare le proposte di legge in oggetto, riteniamo assolutamente prioritaria l’approvazione di norme, caratterizzate come diritti esigibili, che favoriscano la permanenza in famiglia delle persone con handicap gravi e limitata o nulla autonomia, tenendo conto delle esigenze di socializzazione, evitando di sovraccaricare i congiunti e garantendo quindi un corretto “durante e dopo di noi”.

 

 

 

(1) La proposta di legge è stata sottoscritta dagli On. Bellillo, Cancrini, Cesini, Crapolicchio, De Angelis, Diliberto, Galante, Licandro, Napoletano, Pagliarini, Ferdinando Benito Pignataro, Sgobio, Soffritti, Tranfaglia, Vacca e Venier (Comunisti italiani); Angeli, Giulio Conti e Zacchera (Alleanza Nazionale); Palmieri (Forza Italia); Atttili, Bandoli, Baratella, Betta, Bianchi, Bucchino, Burtone, Calgaro, Carta, Castagnetti, Crisci, Dato, Fedi, Fogliardi, Cinzia Maria Fontana, Froner, Giulietti, Grassi, Laratta, Longhi, Lumia, Naccarato, Pertoldi, Piro, Ranieri, Rigoni, Ruggeri, Samperi, Sanna, Servodio e Squeglia (L’Ulivo); Turco (La Rosa nel pugno); Evangelisti, Leoluca Orlando, Palomba e Raiti (Italia dei valori); Ricardo Antonio Merlo (Gruppo misto); Lo Monte (Movimento per l’autonomia); Folena, Khalil e Rocchi (Rifondazione comunista); Ciocchetti, D’Alia, Forlani e Tucci (Unione dei democratici cristiani); D’Elpidio e Picano (Popolari Udeur); Boato, Cassola, Lion, Camillo Piazza, Poletti e Trepiccione (Verdi).

(2) A sostegno delle due proposte di legge il Coordinamento nazionale delle famiglie di disabili gravi e gravissimi ha indetto una raccolta di firme. Fra coloro che hanno ritenuto negative le iniziative legislative sopra riportate, citiamo la “Bottega del Possibile” di Torre Pellice (Torino).

(3) Concordiamo pienamente con quanto è riportato nella relazione della proposta di legge n. 1902 in cui viene affermato che «la famiglia costituisce, pertanto, il perno dell’assistenza e delle cure della malattia nonché della tutela della salute della persona disabile, ed è intorno alla famiglia che ruota tutta una serie di problemi», ritenendo tuttavia che le considerazioni sopra riportate valgano per tutti i nuclei familiari comunque costituiti e non solo per quelli fondati sul matrimonio.

(4) Francesco Belletti nell’editoriale del n. 10, ottobre 2003 della nota rivista Famiglia oggi, pubblicazione del Cisf (Centro internazionale studi famiglia) di cui è il direttore, dopo aver riaffermato «la centralità della famiglia come soggetto/risorsa di cura per i figli membri disabili», osserva giustamente che «quando il sistema familiare deve misurarsi con la condizione adulta del figlio disabile e con l’affievolirsi delle capacità di cura dei genitori», occorre che la questione del “dopo di noi” venga «avviata in anticipo rispetto all’emergenza del momento in cui i genitori non ce la fanno più». Allo scopo propone il «distanziamento come valore buono anche nei confronti di un figlio disabile» realizzabile mediante «l’attivazione di percorsi di accompagnamento alla famiglia nell’elaborare questo suo poter essere trampolino di lancio per l’uscita del figlio».

(5) Cfr. i seguenti articoli apparsi su Prospettive assistenziali: Marina Rudà, “Il servizio di consulenza domiciliare del Comune di Torino per i bambini handicappati”, n. 74, 1986; Enza Cavagna, “Consulenza educativa domiciliare: un servizio del Comune di Torino per i bambini handicappati”, n. 107, 1994 e “Consulenza educativa domiciliare: un servizio per la primissima infanzia colpita da handicap”, n. 142, 2003.

(6) Quale provvedimento di riferimento potrebbe essere assunta la legge 67/1988 in base alla quale il Parlamento stanziò non solo 20 mila miliardi delle ex lire per l’ammodernamento tecnologico degli ospedali, ma anche altri 10 mila miliardi per «la rea­lizzazione di 140 mila posti letto in strutture residenziali per anziani».

(7) Cfr. “Presentata alla Regione Piemonte la piattaforma del Csa”, Prospettive assistenziali, n. 153, 2006.

(8) Cfr. Massimo Dogliotti, “I minori, i soggetti con handicap, gli anziani in difficoltà …pericolosi per l’ordine pubblico’ hanno ancora diritto ad essere assistiti dai Comuni”, Ibidem, n. 135, 2001.

(9) Cfr. Francesco Santanera, “Esperienze in materia di formazione professionale e di inserimento lavorativo di handicappati”, Ibidem, n. 70, 1985.

(10) Si veda, ad esempio, Gianni Pellis, “L’assistenza personale autogestita: una realtà innovativa per le persone con handicap fisico molto grave”, Ibidem, n. 137, 2002. A questo proposito ricordiamo che la legge 162/1998, che ha modificato l’articolo 39 della legge 104/1992, stabilisce che «le Regioni possono provvedere (…) nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio (…) a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione della loro autonomia personale allo svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici, le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia».

(11) Cfr. Mauro Perino, “Volontariato intrafamiliare: dalla sperimentazione alla regolamentazione definitiva”, Prospettive assistenziali, n. 144, 2003. si vedano inoltre sulla stessa rivista gli articoli “Proposta di delibera sul volontariato intrafamiliare”, n. 123, 1998; “Seconda proposta di delibera sul volontariato intrafamiliare rivolto ai congiunti colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza”, n. 124, 1998 e “Approvata la prima delibera sul volontariato intrafamiliare”, n. 133, 2001.

 

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