PERCHÉ E
COME COMPLETARE IL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO SULL'INFANZIA E L'ADOLESCENZA
In data 19 febbraio 1997 il Governo ha presentato
alla Camera dei deputati il disegno di legge n. 3238 "Disposizioni per la
promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza",
di cui riportiamo l'articolato.
Anche se, in effetti, nel testo suddetto non è
previsto alcun nuovo diritto per i minori, l'iniziativa del Ministro per la
solidarietà sociale, On. Livia Turco, è sostanzialmente positiva.
Occorre però, a nostro avviso, che siano introdotte
alcune norme al fine di evitare che, data l'estrema arretratezza della
legislazione vigente, nella fase di attuazione si possano verificare
situazioni controproducenti.
Infatti, nel nostro ordinamento vi sono due enti
pubblici - i Comuni e le Province - che in molti casi sono competenti
addirittura nei confronti degli stessi minori.
Com'era stato puntualmente precisato nella proposta
di legge n. 2983 "Norme per la definitiva assegnazione ai Comuni delle
funzioni assistenziali già svolte dalle Province" (che la stessa On.
Livia Turco aveva presentato in data 27 luglio 1995 alla Camera dei deputati),
per quanto concerne i minori legittimi e quelli riconosciuti -anche o solo dal
padre «continua e sussistere I'irrisolto
e irrisolvibile conflitto, che permane dal 1925, anno di entrata in vigore
della legge istitutiva dell'Onmi» (1).
Pertanto da oltre 70 anni vi sono Comuni che non
assistono i suddetti minori asserendo che gli interventi spettano alle Province;
nello stesso tempo vi sono Amministrazioni provinciali che sostengono che le
prestazioni assistenziali devono essere fornite dai Comuni. II risultato è che
in molte zone del nostro Paese nessuno dei due sopraindicati enti programma e
organizza i servizi. In sostanza non sono presi in carico bambini, ragazzi e
adolescenti, che necessitano di aiuti psico-sociali spesso immediati.
Tenuto conto che il disegno di legge governativo
stanzia 127 miliardi per il 1997 e 322 per ciascuno degli anni 1998 e 1999, vi
è il gravissimo pericolo di una accentuazione dei conflitti fra Comuni e
Province, ancora una volta a danno dei minori.
L'On. Livia Turco nella citata proposta di legge del
1995, aveva, inoltre, scritto quanto segue: «Un
altro scontro di competenze è sorto con l'entrata in vigore del decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 il quale stabilisce all'articolo 23
che fra le funzioni assegnate ai Comuni sono comprese quelle relative agli
interventi a favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità
giudiziarie minorili nell'ambito della competenza amministrativa e civile. Al
riguardo vi sono interpretazioni diverse circa la competenza nei confronti dei
minori assistiti dalle Province nei casi in cui intervenga l'autorità giudiziaria
minorile. La competenza resta alle Province o passa ai Comuni in base alla
norma sempre citata?»
Infine,
ricordiamo che gli attuali compiti assistenziali delle Province concernono:
a) i bambini esposti e cioè quelli di cui non si
conoscono i genitori. Le prestazioni devono essere fornite dalle Province solo
fino al momento in cui vengono rintracciati i congiunti. Poi, la responsabilità
degli interventi può restare alle Province stesse oppure deve essere assunta
dai Comuni;
b)
i minori figli di ignoti;
c) i minori riconosciuti dalla sola madre, a
condizione che la prima richiesta di assistenza sia stata presentata
antecedentemente al compimento del sesto anno di vita del bambino. Nel caso di
riconoscimento da parte del padre, la competenza passa al Comune. Invece, nel
caso di disconoscimento paterno, le funzioni sono trasferite dai Comuni alle
Province.
In base a quanto abbiamo esposto in precedenza,
risulta evidente che si tratta di un caos istituzionale privo d'alcuna valida
ragione. Le conseguenze sui minori e sulle famiglie in difficoltà sono
deleterie: le persone sono considerate degli oggetti trasferibili da un ente
all'altro per motivi assolutamente burocratici. Ancora più sovente avviene che
non intervengono né i Comuni né le Province.
Stante questa situazione, riteniamo che il Ministro
per la solidarietà sociale dovrebbe integrare il disegno di legge governativo
con la già richiamata sua proposta di legge del 1995 il cui testo (da adeguare
per quanto riguarda le scadenze temporali) era il seguente:
Art 1 - 1.
Le funzioni assistenziali trasferite dalle Province ai Comuni ai sensi della
legge 8 giugno 1990, n. 142, e ritrasferite dai Comuni alle Province ai sensi
dell'articolo 5, del decretolegge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni,
dalla legge 18 marzo 1993, n. 67, sono definitivamente assegnate ai Comuni
entro il 31 dicembre 1996.
2. Ai Comuni sono trasferiti entro la
data di cui al comma 1:
a) il personale addetto ai servizi
assistenziali delle Province alla data del 30 giugno 1990; b) le strutture ed
attrezzature utilizzate per i suddetti servizi;
c) i finanziamenti relativi all'anno 1996.
Art. 2 - 1.
Entro il 31 dicembre 1996 le funzioni di assistenza sociale alle gestanti, alle
madri e ai loro nati sono trasferite ai Comuni capoluogo di provincia, i quali
le esercitano con riferimenti al territorio provinciale.
Altre proposte
1. L'art. 2 del disegno di legge governativo prevede
quanto segue: «Le Regioni nell'ambito
della programmazione regionale definiscono ogni tre anni gli ambiti di
intervento» relativi alle azioni ammesse al finanziamento statale, azioni
che sono elencate negli articoli 2 e 3.
Ma - ci chiediamo - che cosa significa «ambiti di
intervento»? Coincidono con i territori degli organismi (Comuni, Consorzi di
Comuni, Comunità montane, ecc.) preposti alla gestione dei servizi
socio-assistenziali? Oppure si tratta di altri livelli istituzionali,
individuati esclusivamente per l'attuazione degli interventi finanziari dal disegno
di legge governativo? Si sovrapporranno agli attuali enti titolari della
gestione dei servizi?
Ad esempio, fra le attività sovvenzionate (c r.
l'art. 4, lettera d) vi sono «gli
affidamenti familiari sia diurni che residenziali». Nei casi in cui le Regioni
non abbiano ancora delegato le funzioni socio-assistenziali, chi potrà, o
meglio dovrà, istituire il relativo servizio? Con quale personale? E se i
compiti sono stati assegnati a Comuni singoli o associati, saranno questi enti
a gestire gli affidamenti? L'ambito di intervento sarà quello di questi stessi
enti?
A nostro avviso il disegno di legge governativo
dovrebbe stabilire in modo esplicito che uno degli scopi concretamente
perseguiti è la promozione di organi stabili preposti alla programmazione e
gestione diretta o convenzionata dei servizi socio-assistenziali (2) e il loro
consolidamento per quanto riguarda l'organizzazione degli interventi,
soprattutto quelli alternativi al ricovero in istituto, e la qualificazione del
personale addetto.
2. II disegno di legge governativo prevede non solo
interventi socio-assistenziali (i già ricordati affidamenti familiari,
l'erogazione del minimo vitale, gli aiuti alle famiglie e ai minori, ecc.), ma
anche di natura educativa (innovazione e sperimentazione di servizi
socio-educativi per la prima infanzia, azioni di sostegno alla relazione genitori-figli,
attività di informazione e appoggio alle scelte di maternità e paternità,
ecc.).
Anche per queste prestazioni, che evidentemente non
appartengono alla sfera dell'assistenza sociale, si pone il problema della
individuazione degli organismi preposti alla programmazione e gestione dei
servizi e alla definizione dei relativi ambiti di intervento.
3. Nel disegno di legge governativo non vi sono
norme concernenti l'assunzione del personale da parte degli organismi preposti
alla programmazione dei servizi finanziati dallo Stato, alla gestione diretta
degli interventi non affidabili a terzi (com'è il caso, ad esempio,
dell'assistenza economica e dell'individuazione dei soggetti aventi diritto) e
al controllo delle attività e strutture delle organizzazioni private. È una
"semplice" dimenticanza?
4.
A nostro avviso sarebbero necessarie altre modifiche del disegno di legge n.
3238:
a) occorrerebbe precisare che la capienza massima delle
comunità di accoglienza (art. 4, lettera e) è di 8-10 posti e che è vietata la
creazione di anche solo due di queste strutture nello stesso edificio o nelle
immediate vicinanze;
b) i finanziamenti dovrebbero essere estesi alle
attività volte al reperimento dei minori in situazione di abbandono materiale
e morale, alla loro segnalazione all'autorità giudiziaria e alle altre
incombenze previste dalla legge 184/1983 sull'adozione e l'affidamento
familiare.
Conclusioni
È evidente la necessità e l'urgenza di riforme
strutturali per garantire condizioni di vita accettabili ai minori, alle loro
famiglie e alle altre persone in gravi difficoltà.
È, altresì, indubitabile che per una effettiva
prevenzione del disagio sociale devono agire in primo luogo gli organismi
preposti alla sanità, alla casa, alla scuola ed agli altri settori sociali:
Affinché il disegno di legge del Governo non resti un
tentativo pur encomiabile, ma con effetti solo transitori, occorre che sia
strutturato in modo da creare una base concreta e stabile per successivi
interventi nazionali, regionali e locali.
A nostro avviso, l'individuazione degli organi
preposti alla programmazione, gestione e controllo e la chiara definizione
delle competenze dei servizi (sanitari, scolastici, abitativi, culturali,
assistenziali, ecc.) sono due capisaldi ineludibili.
(1) Le funzioni spettanti all'ONMI in materia di assistenza dei minori
legittimi e dei fanciulli riconosciuti anche o solo dal padre sono state
trasferite alle Province con la legge 23 dicembre 1975 n. 698.
(2) Ricordiamo che l'art. 25 del DPR 616/1977 stabiliva quanto segue:
«Tutte le funzioni amministrative
relative all'organizzazione e all'erogazione dei servizi di assistenza e
beneficenza sono attribuite ai Comuni ai sensi dell'art. 118, primo comma,
della Costituzione. La Regione determina con legge, sentiti i Comuni
interessati, gli ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi
sociali e sanitari, promuovendo forme di cooperazione fra gli enti locali
territoriali e, se necessario, promuovendo ai sensi dell'ultimo comma
dell'art. 117 della Costituzione forme anche obbligatorie di associazione degli
stessi». Sono trascorsi più di 20
anni e in gran parte del territorio italiano le suddette disposizioni non
sono ancora state attuate!
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