Prospettive assistenziali, n. 118, aprile-giugno 1997

 

 

L'ATTIVITÀ PROMOZIONALE DELL'ANFAA, DELL'ULCES E DEL CSA: UN ISTRUTTIVO ERRORE DI IMPOSTAZIONE (*)

 

Molte sono ancora le organizzazioni di volon­tariato convinte che, operando all'interno dei centri residenziali di assistenza (istituti per mi­nori, case di riposo, ricoveri per handicappati, ecc.), sia possibile ottenere cambiamenti signifi­cativi nelle condizioni di vita degli utenti.

Se si vogliono introdurre solamente dei mi­glioramenti nella gestione (vitto più confacente alle esigenze dei ricoverati, attività di animazio­ne dirette a interrompere - anche se solo per qualche ora - la pesante atmosfera determinata dal vivere in strutture di assistenza e dal loro isolamento sociale, ecc.), l'attività dei volontari non solo è accettata dai dirigenti delle strutture stesse, ma spesso è favorita.

Ben diversa è la situazione nei casi in cui i vo­lontari operano per assicurare ai ricoverati il ri­conoscimento dei loro diritti fondamentali: rien­tro dei minori nella loro famiglia di origine; ado­zione o affidamento familiare a scopo educativo; inserimento scolastico, lavorativo e sociale dei soggetti con handicap; assegnazione di alloggi agli anziani autosufficienti; adeguate prestazioni sanitarie per i malati cronici non autosufficienti.

In questi casi, infatti, si incontra non solo IP op­posizione dei responsabili delle strutture di rico­vero, ma anche l'ostilità del personale e delle or­ganizzazioni sindacali che lo rappresentano, op­posizioni che determinano quasi sempre la ces­sazione delle attività da parte dei volontari.

È questa in sintesi l'esperienza acquisita dall'ANFAA (costituita nel 1962), dall'ULCES (funzionante dal 1965) e dal CSA (la cui attività ha avuto inizio nel 1970 (1).

 

La vertenza IRV

Negli anni '70 I'ULCES ha sperimentato un in­tervento nei confronti dell'IRV (Istituto di riposo per la vecchiaia) di Torino (2).

A seguito del convegno di Torino del 3 luglio 1971 sul tema "Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a tutti" (3) si era costituito un gruppo intersindacale (CGIL, CISL, UIL) e in­terassociativo (Associazione per la lotta contro le malattie mentali, Coordinamento dei Comitati spontanei di quartiere, ULCES) sui problemi dell'assistenza.

II gruppo aveva ravvisato la necessità di anco­rare l'azione per la riforma del settore assisten­ziale a concrete iniziative rivendicative. A questo fine aveva individuato alcuni temi generali (mi­nori istituzionalizzati, anziani ricoverati in struttu­re assistenziali, asili nido) rispetto ai quali esi­steva una sufficiente sensibilità in modo da farvi convergere le forze disponibili ed estendere le iniziative in modo coordinato e articolato, coin­volgendo gli utenti dei servizi, i dipendenti del settore, in primo luogo quelli addetti ai servizi più importanti.

Per quanto riguarda il problema degli anziani, già allora emergente, la scelta era caduta sull'IRV, in quanto i ricoverati, i loro familiari e gli operatori esprimevano da tempo un profondo malcontento circa il funzionamento dell'ente, le prestazioni fornite agli assistiti e le condizioni salariali e lavorative del personale.

L'IRV era gestito da un'IPAB (Istituzione pub­blica di assistenza e beneficenza) (4) il cui patri­monio immobiliare era estremamente consisten­te (5).

Nel 1970 gli anziani ricoverati (autosufficienti in tutto o in parte e cronici non autosufficienti) erano 1.556, di cui circa 200 (tutti autonomi) nella sede di via S. Marino 30; gli altri nel vec­chio fabbricato di corso Unione Sovietica 327 (a cento metri dalla struttura precedente); il perso­nale addetto superava le 500 unità.

In sintesi, la situazione era la seguente:

- ai ricoverati veniva fornita un'assistenza so­ciale molto scadente, mentre gli interventi sani­tari erano quasi inesistenti;

- gli anziani, compresi quelli pienamente au­tonomi, erano esclusi da qualsiasi forma orga­nizzata di relazione e di vita sociale;

- il personale addetto era gravemente insuffi­ciente sotto il profilo numerico e, ad esclusione di quello sanitario, quasi sempre privo di una pur minima preparazione professionale;

- la struttura edilizia era assolutamente ina­deguata rispetto alle esigenze dei ricoverati. Fra l'altro, vi erano ancora cameroni di 40 letti.

 

Una impostazione sbagliata

La vertenza "Anziani", incentrata sulle deplo­revoli condizioni di vita dei 1.500 anziani ricove­rati presso I'IRV, era stata assunta dall'ULCES nel convincimento che gli interessi degli utenti e dei loro familiari potessero coincidere sostan­zialmente o almeno essere compatibili con quelli del personale.

Partendo da tale ipotesi, il gruppo intersinda­cale e interassociativo aveva avanzato le se­guenti richieste:

- miglioramento delle condizioni di vita dei ri­coverati, con particolare riguardo agli aspetti curativi e riabilitativi;

- creazione di una commissione di controllo costituita da familiari di ricoverati e cittadini in­caricati di controllare il funzionamento dell'IRV (6);

- adeguamento quantitativo degli addetti alla cura (medici e infermieri) e all'assistenza dei ri­coverati;

- aumenti salariali a favore del personale e iniziative per la sua qualificazione professionale. Le proposte relative all'IRV erano state colle­gate ad una piattaforma sugli interventi di com­petenza del Comune di Torino in cui era rivendi­cata, fra l'altro, l'istituzione di servizi diretti a «fa­vorire la permanenza dell'utente nel proprio ambiente conservando i propri ruoli e responsabili­tà». Le prestazioni da effettuare erano precisate «in quelle di natura economica (garanzia, con sussidi differenziati, del minimo vitale), di natura sanitaria (cure riabilitative e infermieristiche, ecc.), di natura socio-assistenziale (pulizia della casa, aiuto nella preparazione dei pasti, svolgi­mento delle pratiche amministrative, ecc.)».

Per quanto concerne i cronici, la cura doveva «essere assicurata con sezioni per lungodegenti negli ospedali di zona» (7).

L'avvio della vertenza fu molto positivo. Infatti, di fronte al rifiuto del Consiglio di amministrazio­ne dell'IRV di assumere il personale mancante e di adeguare gli stipendi, scesero in sciopero i dipendenti appoggiati da numerosi manifesta­zioni (assemblee, volantinaggi, incontri con gli amministratori e le forze politiche, articoli su giornali e riviste, ecc.) promosse da CGIL-CISL­UIL e dalle organizzazioni di base (ULCES, Co­mitati spontanei di quartiere e relativo Coordina­mento cittadino, ecc.).

Dopo poche settimane tutte le rivendicazioni del personale furono praticamente accolte.

A questo punto il gruppo intersindacale e in­terassociatìvo chiese che il personale ed i sin­dacati di categoria appoggiassero le iniziative volte a migliorare le condizioni di vita dei ricove­rati.

Fra le richieste ve ne erano alcune che, a pri­ma vista, possono sembrare abbastanza margi­nali quali: lo spostamento dell'orario del pranzo dalle 11 alle 12 e della cena dalle 17,30 alle 19, il cambio più frequente della biancheria soprat­tutto per i ricoverati incontinenti, una maggiore attenzione alle esigenze personali e relazionali degli ospiti.

Le proposte sollevarono l'opposizione dei sin­dacati interni: gli incontri del personale con il gruppo intersindacale e interassociativo venne­ro rinviati all'ultimo momento, riconvocati dopo settimane di solleciti e successivamente disdet­tati. Si venne a sapere che alcuni dirigenti sin­dacali, che boicottavano le iniziative per il mi­glioramento delle condizioni di vita degli anziani ricoverati, avevano concordato con l'ammini­strazione dell'ente l'assunzione di loro congiunti e conoscenti.

Gli esponenti del sindacato che facevano par­te del gruppo, dopo aver inutilmente cercato di mediare fra le richieste delle organizzazioni so­ciali e la posizione sempre più rigida del perso­nale e dei loro rappresentanti, desistettero da ogni ulteriore iniziativa.

. A questo punto i movimenti di base intensifi­carono i rapporti con gli anziani autosufficienti e con i familiari dei ricoverati, ma i risultati furono deludenti: i loro interventi erano rivolti esclusiva­mente alle situazioni personali, in particolare al vitto e alla pulizia. AI riguardo vi furono conflitti, assai numerosi, fra i ricoverati (e a volte anche fra i loro congiunti) per questioni assolutamente banali.

Ne conseguì che I'ULCES e le altre organiz­zazioni sociali si trovarono nell'assoluta impos­sibilità di imporre al Consiglio di amministrazio­ne, forte dell'appoggio dei dipendenti e dei loro rappresentanti, l'assunzione di iniziative per il miglioramento della qualità della vita dei ricove­rati.

Parimenti pur facendo leva sulle deplorevoli condizioni degli anziani dell'IRV, non si riuscì ad ottenere dal settore sanitario il riconoscimento del diritto alle cure mediche, infermieristiche e riabilitative per i vecchi colpiti da cronicità e da non autosufficienza.

Da notare che tutte le iniziative assunte dal gruppo intersindacale e interassociativo furono boicottate dai giornali cittadini.

 

Conclusioni

A seguito dell'esperienza precedentemente descritta (convalidata da numerose altre iniziati­ve), I'ULCES (8) ha modificato sostanzialmente le proprie strategie di intervento. Invece di pun­tare, come nella vicenda IRV, sull'alleanza dell'utenza con il personale e le organizzazioni che lo rappresentano, le azioni sono state orien­tate sugli aventi diritto (soprattutto i minori in si­tuazione di abbandono o con gravi difficoltà per­sonali o familiari, gli handicappati intellettivi, gli adulti e gli anziani malati cronici non autosuffi­cienti) ed i loro congiunti.

Inoltre è stato stabilito di non concentrare il lavoro promozionale nelle strutture di ricovero assistenziale, ma nei luoghi in cui inizia il pro­cesso di emarginazione.

Per quanto riguarda gli anziani cronici non autosufficienti è stato quindi deciso di agire prioritariamente nei confronti dei servizi sanitari, in particolare degli ospedali e delle case di cura, al fine di evitare le dimissioni ingiustificate di soggetti malati e il loro conseguente ricovero presso istituti di assistenza/beneficenza. Non solo si è ottenuto il ritiro delle dimissioni per tutti coloro che si sono rivolti al CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, ma la Regione Piemonte e le USL sono state costrette ad au­mentare il numero dei posti letto in case di cura private convenzionate (oltre 200 posti letto negli ultimi cinque anni), dove a cura e spese del Ser­vizio sanitario nazionale sono stati ricoverati e curati anziani cronici non autosufficienti ivi tra­sferiti dagli ospedali.

Nel condurre le relative azioni, I'ULCES e il CSA hanno curato con la massima attenzione possibile i rapporti con il personale medico, in­fermieristico, riabilitativo, amministrativo, ecc. (9) senza però accettare condizionamenti di sorta per quanto concerne i contenuti, i metodi, i tempi, ecc.

Inoltre, dalle esperienze descritte in questo articolo, è emersa la necessità di provvedere al­la difesa dei casi personali, iniziativa che ha consentito ad alcune migliaia di persone di otte­nere il rispetto delle loro esigenze (10).

Finora, nonostante tutti i rilevanti sforzi com­piuti, non è stato possibile ottenere interventi non occasionali da parte delle organizzazioni di massa (sindacati dei lavoratori e dei pensionati, associazioni dei commercianti, degli artigiani, dei coltivatori diretti, ecc.) a difesa delle esigen­ze e dei diritti dei vecchi malati.

Questo disinteresse è molto preoccupante, in quanto non bastano la buona volontà e l'impe­gno del volontariato per ottenere risultati positivi sulle problematiche sociali.

 

 

 

(*) Sulle attività svolte dall'ANFAA, dall'ULCES e dal CSA sono stati pubblicati in Prospettive assistenziali i seguenti articoli: "Esperienze di volontariato promozionale", n. 79, lu­glio-settembre 1987; "Obiettivi, strumenti e criteri di inter­vento del volontariato promozionale attuato dall'ANFAA, dall'ULCES e dal CSA", n. 83, luglio-settembre 1988; "I com­portamenti delle istituzioni pubbliche nelle esperienze dell'ANFAA, dell'ULCES e del CSA", n. 88, ottobre-dicembre 1989; "Priorità delle iniziative culturali per un positivo con­fronto con le istituzioni alla luce delle esperienze dell'AN­FAA, dell'ULCES e del CSA", n. 89, gennaio-marzo 1990; "L'azione rivendicativa condotta dall'ANFAA, dalI'ULCES e dal CSA", n. 91, luglio-settembre 1990; "Le esperienze dell'ANFAA, dell'ULCES e del CSA in materia di attuazione di leggi e di deliberazioni: un esempio significativo in merito al­la legge 431/1967 sull'adozione speciale", n. 96, ottobre-di­cembre 1991; "I trucchi, l'inosservanza e la violazione di leg­gi da parte di politici e di amministratori contro le esigenze e i diritti dei più deboli: le esperienze del I'ANFAA, dell'ULCES e del CSA", n. 98, aprile-giugno 1992.

(1) La redazione di Prospettive assistenziali sarebbe lie­ta di pubblicare le esperienze di gruppi di volontariato e di altre organizzazioni sociali che, operando all'interno di strutture di ricovero, abbiano ottenuto cambiamenti signifi­cativi delle condizioni di vita degli assistiti (minori, anziani, handicappati intellettivi, ecc.).

(2) La vertenza IRV 8 documentata nel quaderno sinda­cale dei Comitati regionali piemontesi CGIL-CISL-UIL, Esperienze di lavoro e di lotta sui problemi dell'assistenza, Torino, settembre 1971 - maggio 1972.

(3) Gli atti sono stati stampati dalla SEI, Torino, 1972, con lo stesso titolo del convegno.

(4) L'IPAB 8 stata sciolta con decreto del Presidente del­la Giunta della Regione Piemonte n. 5801 del 27 giugno 1980. II personale e i beni dell'ente sono stati trasferiti al Comune di Torino.

(5) Secondo i dati forniti dal volume Le IPAB in Piemon­te, parte li, pubblicato dall'Assessorato all'assistenza della Regione Piemonte, risultavano di proprietà dell'Istituto di riposo per la vecchiaia i seguenti beni:

Terreni - Comune di Torino: corso Unione Sovietica, par­tita catastale n. 10255, are 632,19; corso Unione Sovietica, p.c. n. 10254, are 601,56; via Filadelfia, p.c. n. 38174, are 1,38; via Filadelfia, p.c. n. 38174, are 8,01; via Filadelfia, p.c. n. 38174, are 37,40; via Filadelfia, p.c. 10253, are 0,59;

Fabbricati - Comune di Moncalieri: via S. G. Bosco 6 (32 A/2), p.c. n. 3134, vani 149; via S. G. Bosco 2 (14 C/6), p.c. n. 3134, m2 174; largo Leonardo da Vinci 1 (20 A/2), p.c. n. 3091, vani 125; largo Leonardo da Vinci 3 (alloggio custo­de A/2), p.c. n. 3091, vani 4; largo Leonardo da Vinci 3 (28 A/2), p.c. n. 3091, vani 133; corso Trieste 57 (5 C/1), p.c. n. 3234, m2 512; corso Trieste 57 (14 A/2), p.c. n. 3134, vani 84; corso Trieste 59 (12 A/2), p.c: n. 3134, vani 63; corso Trieste 61 (18 A/2), p.c. n. 3134, vani 63; corso Trieste 63 (19 A/2), p.c. n. 3134, vani 88; corso Trieste 65 (alloggio custode A/2), p.c. n. 3134, vani 3,5; corso Trieste 65 (20 A/2), p.c. n. 3134, vani 93,5; via S. G. Bosco 8 (60 C/6), p.c. n. 3134, m2 1148; largo Leonardo da Vinci 2 (26 C/6), p.c. n. 3091, m2 280; corso Trieste 69 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 144; corso Trieste 71 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 92; corso Trieste 73 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 98; corso Trieste 75 (3 C/1), p.c. n. 3130, m2 174; corso Trieste 67 (alloggio del custode a/2), p.c. n. 3130, vani 3,5; corso Trieste 67 (20 A/2), p.c. n. 3130, vani 96; corso Trieste 69 (25 A/2), p.c. n. 3134, vani 98,5; corso Trieste 69 (3 C/1), p.c. n. 3134, m2 96; corso Trieste 71 (4/C), p.c. n. 3134, m2 169; corso Trie­ste 71 (12 A/2), p.c. n. 3134, vani 54; corso Trieste 73 (18 A/2), p.c. n. 3134, vani 145; corso Trieste 75 (18 A/2), p.c. n. 3134, vani 81; via S. G. Bosco 10 (72 C/6), p.c. n. 1081, m2 1278; via S. G. Bosco 12 (19 C/6), p.c. n. 3134, m2 228;

Fabbricati - Comune di Torino: corso S. Maurizio 16 bis (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 83; corso S. Maurizio 18 (C/1), p.c. n. 30881, m2 41; corso S. Maurizio 18 bis (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 69; corso S. Maurizio 16 bis (14 A/3), p.c. n. 30881, vani 49; corso S. Maurizio 18 (14 A/3), p.c. n. 30881, vani 49; corso S. Maurizio 18 bis (15 A/3), p.c. n. 30881, vani 66,5; corso S. Maurizio 18 bis (14 A/3), p.c. n. 30881, vani 66,5; corso S. Maurizio 18 bis (D/8), p.c. n. 30881, corso S. Maurizio 14 (3 C/1), p.c. n. 30881, m2 75; corso S. Maurizio 16 (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 47; corso S. Maurizio 14 (16 A/3), p.c. n. 30881, vani 66; corso S. Mau­rizio 16 (16 A/3), p.c. n. 30881, vani 72; corso S. Maurizio 12 bis (2 C/1), non censita NCEU, m2 160; corso S. Mauri­zio 12 bis (15 A), non censita NCEU, vani 60; via Montebel­l0 26 bis (2 C/1), non censita NCEU, m2 120; via Montebel­l0 26 bis (8 A), non censita al NCEU, vani 22,5; via Monte­bello 26 (2 C/1), non censita al NCEU, m2 133; via Monte­bello 26 (8 A), p.c. non censita al NCEU, vani 23; via Gau­denzio Ferrari 7 (8 A/3), p.c. n. 30881, vani 53; via Vanchi­glia 38 (2 C/1), p.e. n. 30881; via Vanchiglia 40 (5 C/1), p.c. n. 30881; via Vanchiglia 38 (11 A/4), p.c. n. 30881, vani 33; via Vanchiglia 40 (11 A/4), p.c. n. 30881, vani 31; via Po 29 (3 C/1), p.c. n. 30881, mZ 258; via Po 31 (2 C/1), p.c. n. 30881, m2 277; via Po 35 (8 C/1), p.c. n. 30881, m2 279; via Po 37 (3 C/1), p.c. n. 30881, mZ 122; via Montebello 1 (2 C/1), p.c. rt. 30881, m2 156; via Po 29 (6 A/3; 4 A/4; 9 A/5), p.c. n. 30881, vani 70; via Po 31 (7 A/3; 5 A/4), p.c. n. 30881, vani 68,5; via Po 35 (2 A/3; 19 A/4; 11 A/5), p.c. n. 30881, vani 110; via Po 37 (10 A/4; 4 A/5), p.c. n. 30881, vani 59,5; via Montebello 1 (5 A/4; 4 A/5), p.c. n. 30881, va­ni 27,5; via Duchessa Jolanda 20 (19 A/3), p.c. n. 20682 vani 94; piazza San Carlo 161 (6 C/1), p.c. n. 30881, m2 808; piazza San Carlo 161 (A/10), p.c. n. 30881, vani 66; corso Re Umberto 85 (A/2; 4 A/3), p.c. n. 10819, vani 33,5; corso Re Umberto 85 (C/6), p.c. n. 10819, m2 22; via Spa­venta 16 (15 C/6), p.c. n. 33881, m2 195; via Spaventa 16 13 A/3), p.c. n. 33881, vani 51,5; via Spaventa 14 (27 A/3), p.c. n. 33881, vani 119,5; corso Unione Sovietica 220 (B/1), p.c. n. 30881, m3 318,506; via San Marino 30 (sede Buon Riposo B/1), p.c. non censita NCEU, m3 50,686; via Filadelfia 49 (C/2; C/7), p.c. n. 6344, m2 204; via Tunisi 86 (4 A/2), p.c. n. 6344, vani 29,5; via Filadelfia 47 (C/6; C/7), p.c. n. 6344, m2 47;

Fabbricati - Comune di Roma: via Dei Gracchi 278 (A/4), p.c. n. 82661, vani 6.

Titoli di debito pubblico - Obbligazioni - Azioni valore nominale L. 83.459.300.

(6) Cfr. il documento sugli anziani, aprile 1972, pubbli­cato sul "Quaderno sindacale", op. cit.

(7) In base alla legge ospedaliera 12.2.1968 n. 132 gli ospedali erano suddivisi in zonali, provinciali e regionali.

(8) Analoghe sono state le esperienze dell'ANFAA e del CSA.

(9) Di notevole importanza è stato il contributo dell'Istitu­to di geriatria dell'Università di Torino per quanto concerne le problematiche ospedaliere, gli aspetti sanitari riguar­danti le case di riposo gestite dal Comune di Torino (IRV e Carlo Alberto), la priorità degli interventi domiciliari. AI ri­guardo, si veda F. Fabris e L. Pernigotti, Cinque anni di ospedalizzazione a domicilio - Curare a casa malati acuti cronici: come e perché, Rosenberg & Sellier, Torino, 1990.

(10) Cfr. l'editoriale di Prospettive assistenziali, n. 101, gennaio-marzo 1993 "La difesa dei casi individuali: banco di prova del volontariato, dei sindacati e dei patronati" e l'articolo "Sussidi terapeutici per malati psichici: causa vinta contro I'USSL Torino VI", Prospettive assistenziali, n. 102, aprile-giugno 1993.

 

 

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