L'ADOTTATO NON PUÒ ESSERE AUTORIZZATO DAL TRIBUNALE PER I
MINORENNI A CONOSCERE I GENITORI D'ORIGINE
Riportiamo
integralmente l'ottima ordinanza emessa in data 5 febbraio 1997 dal Presidente
del Tribunale per i minorenni di Torino, Dr. Camillo Losana.
1. F.G.,
premesso di essere stata adottata con adozione legittimante nella
primavera-estate del 1979; di avere un preciso ricordo della sua famiglia di
origine essendo stata adottata all'età di sette anni; di avere in particolare
mantenuto il ricordo del fratello A.; di non essere mai riuscita ad instaurare
legami davvero profondi con i genitori adottivi; ha chiesto a questo tribunale
di essere autorizzata a conoscere la propria identità familiare di origine,
finalizzata ad una ripresa dei rapporti con quel nucleo.
2. È stato
acquisito un parere preliminare del pubblico ministero circa la ammissibilità
del ricorso. II pubblico ministero si è espresso in senso favorevole
all'ammissibilità teorica dell'azione, sicché è stata instaurata una vera e
propria procedura finalizzata alla risposta alla domanda della F.G.
3. Ad una
prima udienza la ricorrente non si è presentata ed è stato disposto un rinvio.
Alla seconda udienza la F.G. ha dichiarato al giudice di ritenersi titolare di
un diritto alla conoscenza delle proprie origini; di volere incontrare i genitori
«biologici"; di voler conoscere le ragioni di fatto della sua adozione.
Prospettata alla parte ricorrente l'eventualità di una convocazione dei
genitori biologici nonché dei genitori adottivi al fine di conoscere la loro
opinione circa lo svelamento delle "origini" alla F.G. (in questo
senso si era espresso il pubblico ministero nelle sue richieste istruttorie),
l'istante ha fatto pervenire un «fax" ove si dice che i genitori adottivi
non sono al corrente di tale iniziativa e non pare il caso di "turbare due
persone anziane".
4. Trasmessi
di nuovo gli atti al pubblico ministero il parere è stato nel senso di
avvertire la ricorrente circa la necessità di sentire i genitori adottivi; nel
caso in cui la F.G. insistesse nella domanda e non vi rinunciasse, dovrebbero,
ad avviso di quell'ufficio, essere sentiti i genitori biologici e, nel caso
coloro manifestassero la volontà di incontrare la figlia, dovrebbero essere
sentiti anche i genitori adottivi.
5. A questo
punto il tribunale osserva che, proprio dall'ascolto della parte richiedente e
dalle considerazioni del pubblico ministero emergono le ragioni per cui il
legislatore ha previsto di tutelare con un segreto pressoché assoluto
l'istituto dell'adozione legittimante. La quale è stata costruita come una vera
e propria "seconda nascita", sicché l'adottato diventa figlio
"soltanto" della famiglia adottiva e "non più" della
famiglia di origine.
Dire che
l'adottato avrebbe un "diritto a conoscere i primi genitori",
significa implicitamente dire che un legame tra il primo ed i secondi sussiste
ancora; significa in altre parole far riferimento ad una "doppia
genitorialità" che invece l'adozione legittimante italiana ha chiaramente
voluto escludere. E tale costruzione giuridica corrisponde a precise
considerazioni di fatto. La stessa ricorrente, invero, ammette che i genitori
adottivi sarebbero "inutilmente turbati" se conoscessero la sua
iniziativa; e tutti sostengono che occorrerebbe comunque valutare l'atteggiamento
dei genitori biologici. I quali con ogni probabilità, a fronte di una
esplicita istanza del figlio, vorrebbero incontrarlo per dirgli che essi non
lo hanno affatto abbandonato, che si è trattato di un errore, o che, comunque,
a difficoltà transitorie si è sostituita una situazione buona e positiva.
Una situazione
del genere creerebbe nell'adottato, ancorché maggiorenne, assai maggiori
problemi, anche psicologici, di quanti se ne vogliano risolvere con la
conoscenza.
6. A ciò si
aggiunga che la sola ipotesi di una conoscenza futura dell'adottato con i
genitori di origine darebbe ai genitori adottivi e all'adottato stesso l'idea
che l'adozione è bensì l'accettazione e l'accoglienza dell'adottato
"proprio come un figlio"; ma che, tuttavia, resta sempre sullo sfondo
una famiglia "di riserva" (quella di origine, appunto) cui si
penserebbe di fare ricorso in caso di difficoltà (ma se poi ciò accadesse realmente
le conseguenze concrete sarebbero disastrose; ché una famiglia cui è stato
dichiarato adottabile un figlio di solito non-migliora nel tempo ma purtroppo
corre verso un progressivo maggiore sfacelo).
Di fatto, in
tutti i casi in cui un adottato ha nel concreto ripreso conoscenza e rapporti
con la famiglia originaria, l'esperienza è stata per lui traumatizzante e
quindi assolutamente negativa.
Senza contare,
a conoscenza avvenuta, la possibilità di interferenze, di ricatti, di disturbi
di luna famiglia rispetto all'altra. Facilmente la famiglia adottiva
diverrebbe "usurpatrice" agli occhi dell'adottato; o, comunque,
esposta a pesanti condizionamenti.
7. Tutte
queste considerazioni sono certamente state presenti al legislatore allorché
ha protetto l'adozione legittimante con drastici presidii di segreto. Con il
che non si vuol dire che la legislazione non possa cambiare. Anzi, la presenza
di indicazioni significative nelle convenzioni internazionali potrà indurre il
nostro legislatore a rendere il segreto meno pregnante e in casi estremi
superabile. Si vuol dire però che il sistema attualmente in vigore è quello che
si è detto, ed ha una sua specifica motivazione e coerenza, anche con
riferimento all'interesse dell'adottato.
8. AI giudice
è bensì lasciato dalla legge attuale un piccolo spazio per superare il
segreto; ma ciò è da intendersi come facoltà del giudice di indicare i dati di
origine dell'adottato ad istituzioni o enti a loro volta tenuti al segreto
professionale: allorché tali indicazioni si risolvano in un preciso e sicuro
interesse dell'adottato stesso (riscossioni di somme dovutegli, indennizzi,
prestazioni e così via).
9. Che,
invece, rispetto all'adottato stesso il superamento del segreto non sia
possibile è dimostrato anche dalla totale mancanza di procedure. Poiché
l'adottato intanto vuole conoscere
in quanto vuole mettersi in contatto
con la famiglia di origine, si è detto, giustamente, che occorrerebbe
comunque ascoltare quest'ultima, nonché la famiglia adottiva. Ma la legge non
dice né chi dovrebbe essere ascoltato (i soli genitori, o anche i parenti...?),
né "come" dovrebbe esserlo (con quale procedura?), né che valore
avrebbe il loro assenso o il loro dissenso (diritto di veto, o semplice
parere?). La legge non dice "che cosa" dovrebbe o potrebbe essere
svelato; né il parametro su cui si dovrebbe svolgere l'eventuale
discrezionalità del giudice (l'interesse del minore o meglio dell'ex minore?
ma come valutare un interesse senza una istruttoria su tutte le probabilità
future dell'incontro? e allora, si dovrebbe riesaminare tutta la situazione di
origine già a suo tempo data per persa? si dovrebbero fare delle consulenze?).
Ognuno vede che, in mancanza di ogni regola, si finirebbe in un ginepraio
istruttorio; oppure in una discrezionalità meramente astratta e quindi
arbitraria, fonte di enormi disparità fra i vari tribunali.
Ancora una
volta, non si nega la possibilità "futura" di un procedimento
disciplinato al fine dello svelamento delle origini. Ma occorre che il
legislatore si esprima. Allo stato attuale, nel totale silenzio procedurale,
l'unica regola seria è quella del segreto, insuperabile.
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