HANDICAPPATI
E SOCIETÀ: PROPOSTE PER LA NUOVA LEGGE SUL COLLOCAMENTO AL LAVORO (*)
Il Gruppo informale Handicappati e Società (1) offre
il proprio contributo all'elaborazione per la riforma della legge 482/1968, che
disciplina il collocamento al lavoro delle persone handicappate.
Auspica che i parlamentari e tutta la società civile
si, impegnino a fondo per la rimozione degli ostacoli di ordine culturale,
che, a tutt'oggi, condizionano pesantemente anche il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto approvato il 30
gennaio '92 dalla 11a Commissione del Senato.
In
esso, infatti, sono ancora presenti quelle contraddizioni già evidenziate come aspetti negativi - e quindi da superare
- della legge 482/ 1968:
- il
mantenimento del criterio della percentuale di invalidità, ai fini della
valutazione della persona con handicap e la suddivisione in categorie
(invalidi di guerra, invalidi civili, invalidi per servizio...);
- il mancato
riconoscimento della capacità lavorativa piena che molte persone con handicap raggiungono se
collocate in modo mirato sul posto di lavoro.
Non si può
parlare, pertanto, di collocamento al lavoro delle persone handicappate senza
affrontare il nodo della dichiarazione di invalidità (2) e
prevedere nuovi criteri per il suo accertamento.
Ai fini dell'avviamento al lavoro non è sufficiente
sapere se la persona ha il 40, il 60, il 100% di invalidità, né sapere se è
spastico, cieco, insufficiente intellettivo... È indispensabile invece
accertare, attraverso una apposita commissione, le sue potenzialità e/o
capacità lavorative, e mettere a sua disposizione percorsi utili al
raggiungimento del massimo di autonomia personale, e realizzare, al momento
dell'avviamento al lavoro, le condizioni previste dal collocamento mirato,
che permette l'incontro delle esigenze dell'interessato con quelle produttive
dell'azienda.
La messa in
atto di tali condizioni rende inutile, dannosa e fuori luogo la previsione di
situazioni di lavoro "protetto"; poiché anche le persone con capacità
lavorativa ridotta, se collocate in modo corretto e mirato, risultano
produttive nel contesto lavorativo in cui sono inserite (3).
Vorremmo altresì rilevare, a questo proposito, che
anche gli eventuali incentivi andrebbero previsti
esclusivamente per le persone con capacità lavorativa ridotta e indistintamente
erogati a ogni ambito e settore produttivo, anche per evitare che, per esempio,
le cooperative sociali siano vissute, in particolare, come l'unico o il più
privilegiato settore di inserimento delle persone handicappate.
Riconosciamo che viene richiesto uno sforzo culturale
collettivo notevole, che implica la revisione e la critica costruttiva dei
vecchi modi di concepire la materia del collocamento. Per esempio, anche la
terminologia usata andrebbe a nostro parere rivista.
Non si può continuare a parlare di in-validi, o
dis-abili, o in-abili... Se la parola handicap può sembrare sgradevole, non va
sottovalutato tuttavia l'ancora più negativo significato degli altri termini
succitati.
Poiché nell'attuale situazione del mercato del lavoro
è importante essere invece "abili", lasciar intendere che,
genericamente, tutte le persone handicappate sono "inabili" o
"disabili" può avere conseguenze ancora più negative ai fini
dell'inserimento al lavoro.
Le nostre proposte per la revisione del testo
unificato
a)
Chiediamo l'introduzione del termine "obbligatorio" in relazione al
collocamento.
b) La nuova legge sul collocamento obbligatorio al
lavoro deve normare l'attuazione del diritto al lavoro delle persone con
handicap fisici, sensoriali, intellettivi e di natura psichiatrica, con un
grado di invalidità a partire da un minimo del 45%, accertato dalle competenti
commissioni mediche delle USL. La scelta del collocamento al lavoro
obbligatorio spetta alla persona che voglia scegliere (4) liberamente di
avvalersi dei collocamento mirato e riguarda, quindi, anche l'accertamento
della capacità lavorativa (piena o ridotta) e l'abbinamento con il posto di
lavoro.
Ormai non è più
tollerabile la disparità di trattamento esistente tra le diverse tipologie e
categorie di handicap (invalidi civili, di guerra, del lavoro...) e i
conseguenti privilegi riservati ad alcune categorie.
Con il collocamento al lavoro mirato, inserendo la
persona nel posto di lavoro idoneo (e adatto o adattato alle sue abilità), tali
distinzioni sono superate.
c) Il diritto al lavoro delle persone con handicap
fisico, sensoriale, intellettivo e psichiatrico deve attuarsi mediante
l'avviamento al lavoro nei settori pubblici e privati.
d) Non accettiamo la riproposizione di laboratori
protetti per persone con capacità lavorative. Tali situazioni impediscono la
piena realizzazione e crescita personale, professionale e sociale della
persona handicappata, che ha diritto, come ogni altro cittadino, ad essere
collocata in ambienti normali di lavoro.
e) Il
collocamento mirato, di competenza della commissione circoscrizionale per
l'impiego, deve trovare il massimo
supporto dagli Enti locali.
In particolare vanno assicurati dalle
Regioni:
-
forme di sostegno per le persone con handicap che possono frequentare le
classi comuni nei normali centri di formazione professionale;
- corsi di formazione prelavorativa, comprensiva di
stages di formazione in aziende pubbliche e private, per gli handicappati
intellettivi che non sono in grado di seguire i corsi normali di formazione
professionale neppure avvalendosi del sostegno;
- corso di riqualificazione con momenti di formazione
in situazione reale per quei soggetti che, a seguito di malattie, incidenti...
debbano necessariamente modificare la loro condizione lavorativa e
professionale.
f) La quota di
riserva del collocamento obbligatorio è prevista nella misura del 7%. Sono
tenuti ad avere alle proprie dipendenze persone handicappate avviate con il collocamento
obbligatorio le Amministrazioni pubbliche e gli Enti pubblici non economici,
i quali abbiano complessivamente più di 25 dipendenti, per una aliquota
complessiva (tra aventi piena e ridotta capacità lavorativa) del 7%. Le imprese
private e gli enti pubblici che abbiano più di 15 dipendenti nelle misure
seguenti (5):
-
da 15 a 36 dipendenti: 1 unità;
-
oltre 36 dipendenti: il 7% degli addetti tra aventi piena e ridotta capacità
lavorativa.
g)
Non vanno esclusi i partiti, sindacati,
enti di ricerca, enti culturali, di assistenza...
h)
Eventuali incentivi sono da prevedere a carico degli Enti locali:
- eventuale adeguamento del posto di lavoro
(eliminazione barriere architettoniche, messa a disposizione di ausili,
attrezzature particolari);
- incentivazione di inserimento di persone con
ridotta capacità lavorativa in aziende non soggette al collocamento al lavoro
(commercianti, artigiani, cooperative...).
i) Va categoricamente escluso il finanziamento in una
legge per il lavoro di forme assistenziali, quali sono le attività protette.
È tuttavia necessario che sia precisato - anche in
questa legge - che, per coloro che non hanno nessuna capacità lavorativa lo
Stato - settore assistenziale - deve prevedere le risorse necessarie per
l'attivazione di centri diurni, così come sono previsti dalla legge quadro
sull'handicap n. 104/1992.
Tali interventi sono da adottare esclusivamente nei
confronti di persone handicappate per le quali si è verificata una capacità
lavorativa nulla.
Naturalmente ciò non esclude che, in caso di
mutamento dell'autonomia e della capacità lavorativa della persona
interessata, questa possa scegliere conseguentemente percorsi di avviamento al
lavoro.
Tale importo verrà versato sul Fondo per l'occupazione,
al quale possono attingere le Regioni, Assessorati al lavoro e alla formazione
professionale, per le attività di riqualificazione e formazione e per gli
incentivi di cui sopra.
Eventuali
esoneri devono avere carattere di eccezionalità ed essere normati.
Le sanzioni
non devono essere solo pecuniarie, ma
anche in direzione di cessazione di privilegi, ad esempio le commesse statali
sono concesse solo alle aziende in regola con le assunzioni obbligatorie.
Rileviamo che il Fondo occupazione disabili, così
come è stato previsto nel testo approvato il 30.1.1992, in gran parte si regge
sui contributi sostitutivi e sulle
sanzioni amministrative dei datori di lavoro per cui, paradossalmente, se
tutti i datori assumessero le persone con handicap previste dalla quota di
legge, il Fondo non potrebbe funzionare e lo Stato non saprebbe dove reperire
le risorse per dare gli incentivi economici previsti.
Confidiamo che i parlamentari accolgano il nostro
contributo, mentre ci rendiamo disponibili come Gruppo ad ogni approfondimento
si rendesse necessario al fine di promuovere una reale riforma del
collocamento al lavoro delle persone handicappate.
(*) Hanno aderito a questo documento:
Angelini Paola, Presidente Comitato 80 di Potenza; Aurora Fulvio, Medicina
democratica; Bartoli Andrea, Direttore CSPSS; Benzi don Oreste, Associazione
papa Giovanni XXIII di Rimini; Bobba Luigi, Segretario nazionale ACLI; Breda
Maria Grazia, CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base
di Torino; Carboni Gloria, Lega nazionale per l'emancipazione degli
handicappati; Caria Maria Giovanna, Comunità di Capodarco; Cassulo Adriana,
Coordinamento Progetto "3", Provincia autonoma di Trento; Chiodini
Anna, Coordinatrice ANFFAS di Bologna; Cocanari Flavio, Responsabile Ufficio
Handicap CISL nazionale; Consorti Pier Luigi, Coordinamento romano amici degli
handicappati; Contardi Anna, Associazione Bambini Down; Cozzi Paolo Lepri,
Centro diritti del cittadino; Di Marzio Silvia, Comunità Sant'Egidio; Faloppa
Marisa, bollettino "Handicap & Scuola"; Fracassi Mariella,
Ufficio "H" formazione e lavoro del Comune di Milano; Giordano
Gabriella, Sezione AIAS di Roma; Grimaldi Roberto, Lega Nazionale per il
diritto al lavoro degli handicappati; Guidi Antonio, Dipartimento Handicap
CGIL nazionale; Lumia Giuseppe, Presidente nazionale del M.O.V.L; Mango Luisa,
ISTISSS; Marcuccio Giovanni, MOLCES; Nervo mons. Giovanni, Presidente Fondazione
Zancan; Nocera Salvatore, Movimento apostolico ciechi; Pancaldi Andrea, Centro
documentazione handicap di Bologna; Pancalli Luca, Responsabile dipartimento
"H" UIL nazionale; Panizza Giacomo, Comunità Progetto Sud; Pavone
Marisa, Direttore didattico; Rollero Piero, Ispettore tecnico del
Provveditorato agli studi di Torino; Schirripa Giorgio, Gruppo infanzia di
psichiatria democratica di Viterbo; Sciutto Rosangela, APICE - Associazione
per la lotta contro l'epilessia; Selleri Gianni, Presidente nazionale ANIEP;
Spina Alberto, Coordinatore nazionale handicap Enaip, Tavazza Luciano,
Segretario generale Federazione italiana del volontariato; Tortello Mario,
Giornalista e Direttore "Quaderni di promozione sociale"; Toscani
Marina, UILDM di Roma; Zamboni Alessio, Associazione Papa Giovanni XXIII di
Rimini.
(1) Il Gruppo Informale Handicappati
e Società è nato nel gennaio 1989 ed ha già pubblicato tre documenti:
"Handicappati e Società: quali valori, quali diritti, quali doveri"
(1989); "Handicappati e Società: quali strategie per il lavoro"
(1991); "Handicappati e Società: i diritti irrinunciabili e le condizioni
per renderli esigibili". I documenti possono essere richiesti alla
segreteria del gruppo c/o M. Grazia Breda, via Foligno 70, 10149 Torino.
(2) Cfr. il secondo documento
"Handicappati e società: quali strategie per il lavoro", paragrafo
relativo all'accertamento dell'invalidità e valutazione delle potenzialità
lavorative.
(3) Si richiamano al riguardo gli artt. 5 e 17 della legge
56/1987.
(4) Resta infatti indiscusso il fatto
che ogni persona con handicap è libera di usufruire - se lo chiede - dei canali
previsti dal collocamento ordinario.
(5) Si fa riferimento agli
emendamenti presentati il 31.7.1990 dalle Organizzazioni sindacali Cgil, Cisl,
Uil all'art. 12 del primo testo Rosati del 28.6.1990.
www.fondazionepromozionesociale.it