Prospettive assistenziali, n. 100, ottobre-dicembre 1992

 

 

HANDICAPPATI E SOCIETÀ: PROPOSTE PER LA NUOVA LEGGE SUL COLLOCAMENTO AL LAVORO (*)

 

 

Il Gruppo informale Handicappati e Socie­tà (1) offre il proprio contributo all'elaborazione per la riforma della legge 482/1968, che disciplina il collocamento al lavoro delle persone handicappate.

Auspica che i parlamentari e tutta la società civile si, impegnino a fondo per la rimozione de­gli ostacoli di ordine culturale, che, a tutt'oggi, condizionano pesantemente anche il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto approvato il 30 gennaio '92 dalla 11a Commissione del Senato.

In esso, infatti, sono ancora presenti quelle contraddizioni già evidenziate come aspetti ne­gativi - e quindi da superare - della legge 482/ 1968:

- il mantenimento del criterio della percentuale di invalidità, ai fini della valutazione della persona con handicap e la suddivisione in categorie (invalidi di guerra, invalidi civili, invalidi per servizio...);

- il mancato riconoscimento della capacità lavorativa piena che molte persone con handicap raggiungono se collocate in modo mirato sul posto di lavoro.

Non si può parlare, pertanto, di collocamento al lavoro delle persone handicappate senza af­frontare il nodo della dichiarazione di invalidità (2) e prevedere nuovi criteri per il suo accertamento.

Ai fini dell'avviamento al lavoro non è suffi­ciente sapere se la persona ha il 40, il 60, il 100% di invalidità, né sapere se è spastico, cieco, insufficiente intellettivo... È indispensabile invece accertare, attraverso una apposita com­missione, le sue potenzialità e/o capacità lavorative, e mettere a sua disposizione percorsi utili al raggiungimento del massimo di autonomia personale, e realizzare, al momento dell'avvia­mento al lavoro, le condizioni previste dal collocamento mirato, che permette l'incontro delle esigenze dell'interessato con quelle produttive dell'azienda.

La messa in atto di tali condizioni rende inutile, dannosa e fuori luogo la previsione di situazioni di lavoro "protetto"; poiché anche le persone con capacità lavorativa ridotta, se collocate in modo corretto e mirato, risultano produttive nel conte­sto lavorativo in cui sono inserite (3).

Vorremmo altresì rilevare, a questo proposito, che anche gli eventuali incentivi andrebbero pre­visti esclusivamente per le persone con capacità lavorativa ridotta e indistintamente erogati a ogni ambito e settore produttivo, anche per evitare che, per esempio, le cooperative sociali siano vissute, in particolare, come l'unico o il più privi­legiato settore di inserimento delle persone han­dicappate.

Riconosciamo che viene richiesto uno sforzo culturale collettivo notevole, che implica la revi­sione e la critica costruttiva dei vecchi modi di concepire la materia del collocamento. Per esempio, anche la terminologia usata andrebbe a nostro parere rivista.

Non si può continuare a parlare di in-validi, o dis-abili, o in-abili... Se la parola handicap può sembrare sgradevole, non va sottovalutato tutta­via l'ancora più negativo significato degli altri termini succitati.

Poiché nell'attuale situazione del mercato del lavoro è importante essere invece "abili", lasciar intendere che, genericamente, tutte le persone handicappate sono "inabili" o "disabili" può ave­re conseguenze ancora più negative ai fini dell'inserimento al lavoro.

 

Le nostre proposte per la revisione del testo unificato

a) Chiediamo l'introduzione del termine "ob­bligatorio" in relazione al collocamento.

b) La nuova legge sul collocamento obbligato­rio al lavoro deve normare l'attuazione del diritto al lavoro delle persone con handicap fisici, sen­soriali, intellettivi e di natura psichiatrica, con un grado di invalidità a partire da un minimo del 45%, accertato dalle competenti commissioni mediche delle USL. La scelta del collocamento al lavoro obbligatorio spetta alla persona che voglia scegliere (4) liberamente di avvalersi dei collocamento mirato e riguarda, quindi, anche l'accertamento della capacità lavorativa (piena o ridotta) e l'abbinamento con il posto di lavoro.

Ormai non è più tollerabile la disparità di tratta­mento esistente tra le diverse tipologie e catego­rie di handicap (invalidi civili, di guerra, del lavo­ro...) e i conseguenti privilegi riservati ad alcune categorie.

Con il collocamento al lavoro mirato, inseren­do la persona nel posto di lavoro idoneo (e adatto o adattato alle sue abilità), tali distinzioni sono superate.

c) Il diritto al lavoro delle persone con handi­cap fisico, sensoriale, intellettivo e psichiatrico deve attuarsi mediante l'avviamento al lavoro nei settori pubblici e privati.

d) Non accettiamo la riproposizione di labora­tori protetti per persone con capacità lavorative. Tali situazioni impediscono la piena realizzazio­ne e crescita personale, professionale e sociale della persona handicappata, che ha diritto, co­me ogni altro cittadino, ad essere collocata in ambienti normali di lavoro.

e) Il collocamento mirato, di competenza della commissione circoscrizionale per l'impiego, de­ve trovare il massimo supporto dagli Enti locali.

In particolare vanno assicurati dalle Regioni:

- forme di sostegno per le persone con han­dicap che possono frequentare le classi comu­ni nei normali centri di formazione professiona­le;

- corsi di formazione prelavorativa, compren­siva di stages di formazione in aziende pubbli­che e private, per gli handicappati intellettivi che non sono in grado di seguire i corsi normali di formazione professionale neppure avvalendosi del sostegno;

- corso di riqualificazione con momenti di for­mazione in situazione reale per quei soggetti che, a seguito di malattie, incidenti... debbano necessariamente modificare la loro condizione lavorativa e professionale.

f) La quota di riserva del collocamento obbliga­torio è prevista nella misura del 7%. Sono tenuti ad avere alle proprie dipendenze persone han­dicappate avviate con il collocamento obbligato­rio le Amministrazioni pubbliche e gli Enti pub­blici non economici, i quali abbiano complessi­vamente più di 25 dipendenti, per una aliquota complessiva (tra aventi piena e ridotta capacità lavorativa) del 7%. Le imprese private e gli enti pubblici che abbiano più di 15 dipendenti nelle misure seguenti (5):

- da 15 a 36 dipendenti: 1 unità;

- oltre 36 dipendenti: il 7% degli addetti tra aventi piena e ridotta capacità lavorativa.

g) Non vanno esclusi i partiti, sindacati, enti di ricerca, enti culturali, di assistenza...

h) Eventuali incentivi sono da prevedere a ca­rico degli Enti locali:

- eventuale adeguamento del posto di lavoro (eliminazione barriere architettoniche, messa a disposizione di ausili, attrezzature particolari);

- incentivazione di inserimento di persone con ridotta capacità lavorativa in aziende non soggette al collocamento al lavoro (commer­cianti, artigiani, cooperative...).

i) Va categoricamente escluso il finanziamento in una legge per il lavoro di forme assistenziali, quali sono le attività protette.

È tuttavia necessario che sia precisato - an­che in questa legge - che, per coloro che non hanno nessuna capacità lavorativa lo Stato - settore assistenziale - deve prevedere le risor­se necessarie per l'attivazione di centri diurni, così come sono previsti dalla legge quadro sull'handicap n. 104/1992.

Tali interventi sono da adottare esclusivamen­te nei confronti di persone handicappate per le quali si è verificata una capacità lavorativa nulla.

Naturalmente ciò non esclude che, in caso di mutamento dell'autonomia e della capacità lavo­rativa della persona interessata, questa possa scegliere conseguentemente percorsi di avvia­mento al lavoro.

Tale importo verrà versato sul Fondo per l'oc­cupazione, al quale possono attingere le Regio­ni, Assessorati al lavoro e alla formazione pro­fessionale, per le attività di riqualificazione e for­mazione e per gli incentivi di cui sopra.

Eventuali esoneri devono avere carattere di eccezionalità ed essere normati.

Le sanzioni non devono essere solo pecunia­rie, ma anche in direzione di cessazione di privi­legi, ad esempio le commesse statali sono con­cesse solo alle aziende in regola con le assun­zioni obbligatorie.

Rileviamo che il Fondo occupazione disabili, così come è stato previsto nel testo approvato il 30.1.1992, in gran parte si regge sui contributi sostitutivi e sulle sanzioni amministrative dei da­tori di lavoro per cui, paradossalmente, se tutti i datori assumessero le persone con handicap previste dalla quota di legge, il Fondo non po­trebbe funzionare e lo Stato non saprebbe dove reperire le risorse per dare gli incentivi econo­mici previsti.

Confidiamo che i parlamentari accolgano il nostro contributo, mentre ci rendiamo disponibi­li come Gruppo ad ogni approfondimento si ren­desse necessario al fine di promuovere una reale riforma del collocamento al lavoro delle persone handicappate.

 

 

(*) Hanno aderito a questo documento: Angelini Paola, Presidente Comitato 80 di Potenza; Aurora Fulvio, Medici­na democratica; Bartoli Andrea, Direttore CSPSS; Benzi don Oreste, Associazione papa Giovanni XXIII di Rimini; Bobba Luigi, Segretario nazionale ACLI; Breda Maria Gra­zia, CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movi­menti di base di Torino; Carboni Gloria, Lega nazionale per l'emancipazione degli handicappati; Caria Maria Giovanna, Comunità di Capodarco; Cassulo Adriana, Coordinamento Progetto "3", Provincia autonoma di Trento; Chiodini Anna, Coordinatrice ANFFAS di Bologna; Cocanari Flavio, Re­sponsabile Ufficio Handicap CISL nazionale; Consorti Pier Luigi, Coordinamento romano amici degli handicappati; Contardi Anna, Associazione Bambini Down; Cozzi Paolo Lepri, Centro diritti del cittadino; Di Marzio Silvia, Comunità Sant'Egidio; Faloppa Marisa, bollettino "Handicap & Scuo­la"; Fracassi Mariella, Ufficio "H" formazione e lavoro del Comune di Milano; Giordano Gabriella, Sezione AIAS di Roma; Grimaldi Roberto, Lega Nazionale per il diritto al la­voro degli handicappati; Guidi Antonio, Dipartimento Han­dicap CGIL nazionale; Lumia Giuseppe, Presidente nazio­nale del M.O.V.L; Mango Luisa, ISTISSS; Marcuccio Gio­vanni, MOLCES; Nervo mons. Giovanni, Presidente Fonda­zione Zancan; Nocera Salvatore, Movimento apostolico ciechi; Pancaldi Andrea, Centro documentazione handicap di Bologna; Pancalli Luca, Responsabile dipartimento "H" UIL nazionale; Panizza Giacomo, Comunità Progetto Sud; Pavone Marisa, Direttore didattico; Rollero Piero, Ispettore tecnico del Provveditorato agli studi di Torino; Schirripa Giorgio, Gruppo infanzia di psichiatria democratica di Vi­terbo; Sciutto Rosangela, APICE - Associazione per la lotta contro l'epilessia; Selleri Gianni, Presidente nazionale ANIEP; Spina Alberto, Coordinatore nazionale handicap Enaip, Tavazza Luciano, Segretario generale Federazione italiana del volontariato; Tortello Mario, Giornalista e Diret­tore "Quaderni di promozione sociale"; Toscani Marina, UILDM di Roma; Zamboni Alessio, Associazione Papa Gio­vanni XXIII di Rimini.

(1) Il Gruppo Informale Handicappati e Società è nato nel gennaio 1989 ed ha già pubblicato tre documenti: "Handicappati e Società: quali valori, quali diritti, quali do­veri" (1989); "Handicappati e Società: quali strategie per il lavoro" (1991); "Handicappati e Società: i diritti irrinuncia­bili e le condizioni per renderli esigibili". I documenti pos­sono essere richiesti alla segreteria del gruppo c/o M. Grazia Breda, via Foligno 70, 10149 Torino.

(2) Cfr. il secondo documento "Handicappati e società: quali strategie per il lavoro", paragrafo relativo all'accerta­mento dell'invalidità e valutazione delle potenzialità lavora­tive.

(3) Si richiamano al riguardo gli artt. 5 e 17 della legge 56/1987.

(4) Resta infatti indiscusso il fatto che ogni persona con handicap è libera di usufruire - se lo chiede - dei canali previsti dal collocamento ordinario.

(5) Si fa riferimento agli emendamenti presentati il 31.7.1990 dalle Organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil all'art. 12 del primo testo Rosati del 28.6.1990.

 

 

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