Prospettive assistenziali, n. 90, aprile-giugno 1990

 

 

SANITÀ E SERVIZI SOCIALI: IL VALORE DELL'ESPERIENZA

 

 

Con riferimento ai principi «Costruire, non scardinare» e «Modernizzare: non escludere», si è tenuto a S. Gimignano nei giorni 8, 9 e 10 febbraio 1990 il Convegno nazionale di studio sul tema «Politica sociale e sanitaria a dieci anni dalle leggi di riforma: esperienze positive e progettualità possibili» (1).

Scopi dichiarati del convegno: riferirsi alle esigenze ed ai diritti dei cittadini, soprattutto a quelli incapaci di autodifendersi; sostenere le politiche sociali di livello territoriale contro i tentativi di controriforma; approfondire la cen­tralità del Comune singolo od associato.

Il convegno è stato preceduto dalla raccolta di schede conoscitive sulle esperienza italiane più significative in materia di servizi sanitari, so­ciali e assistenziali.

In primo luogo è stato osservato che l'attuazione della legge 833/1978, alla luce anche del D.P.R. 616/1977, ha messo in evidenza una note­vole varietà di esperienze, positive e negative.

Le esperienze positive, realizzate in molte Regioni, stanno a dimostrare che la legge 833 in sé è una buona legge, anche se perfettibile, ma è un provvedimento che abbisogna di una cultura rinnovata che formi politici, amministra­tori e operatori al modo nuovo di intendere e di erogare i servizi.

Le esperienze negative, sulle quali si appunta con particolare insistenza l'attenzione dei mezzi -di informazione, sono dovute spesso a carenze locali, di Regioni e di Comuni, anche in rela­zione alla mancanza di tradizioni di sanità pub­blica e, di conseguenza, a interessi forti preco­stituiti.

Del resto, ogni legge di riforma veramente innovatrice ha bisogno di tempi abbastanza lun­ghi per poter esprimere tutte le sue potenzialità positive, con profonde trasformazioni di metodi, di mentalità, di formazione e con sperimenta­zioni attentamente predisposte e valutate.

Gli sviluppi positivi dei servizi socio-sanitari realizzati in molte Regioni o zone del nostro paese stanno a dimostrare che l'impianto com­plessivo della legge 333 è buono e che la legge stessa ha bisogno di aggiustamenti non sostan­ziali, ma sempre tenendo conto delle esperienze positive, per non correre il rischio, sempre pre­sente, di livellare al punto più basso l'organizza­zione dei servizi socio-sanitari.

Le cause reali delle disfunzioni e delle ineffi­cienze innegabili del Servizio sanitario nazio­nale, sono da ricercare, più che nei difetti della legge 833, nella mancanza di volontà di attuarla, della quale vari Ministri della sanità che si sono succeduti negli anni '80 sono i principali respon­sabili; nella scarsità delle risorse messe a di­sposizione, sia finanziarie sia di personale; nella penalizzazione dei servizi sociali, intesi nel sen­so più ampio del termine, ogni qual volta si è trattato di operare tagli nella spesa pubblica.

Non è stata per altro attuata nessuna signi­ficativa azione nel controllo, per esempio, dell'uso dei farmaci, delle attività mediche, e nem­meno nella formazione del personale, a comin­ciare dalle facoltà mediche, o nella motivazione di alcune professionalità che si stanno dimo­strando essenziali per il Servizio sanitario na­zionale (v. gli infermieri professionali).

Molte innovazioni anche istituzionali e orga­nizzative (si pensi ai distretti di base) sono re­state pressoché inattuate per mancanza di sti­moli e di sperimentazioni, dei quali la program­mazione socio-sanitaria nazionale doveva esse­re l'elemento propulsore.

 

Linee di indirizzo

Attraverso l'analisi sistematica e critica delle esperienze presentate, il confronto svoltosi all'interno del Gruppo promotore e le riflessioni organiche prodotte durante i tre giorni di S. Gimignano, è stato possibile focalizzare alcuni punti fermi che riteniamo concorrano a far cre­scere positivamente il livello dell'attuale dibat­tito in materia.

 

1. Sono state definite linee di indirizzo in me­rito all'assetto istituzionale e all'organizzazione del Servizio sanitario nazionale, al riordino del­le funzioni socio-assistenziali, al ruolo delle au­tonomie locali a partire da certi presupposti unanimemente giudicati irrinunciabili:

A - la sicurezza sociale è uno dei terreni fon­damentali su cui si misurano le capacità demo­cratiche di una nazione in termini di partecipa­zione alle scelte e verifica dei risultati;

B - la partecipazione - unica garanzia che i servizi non si riducano a macchine efficientistiche (nel migliore dei casi) o burocratizzate (nel peggiore) - si sviluppa o si contrae in funzione

• delle dimensioni critiche degli ambiti ge­stionali (nel troppo piccolo non si gestisce nul­la, nel troppo grande si perde qualsiasi possibi­lità di controllo);

• della crescita di una cultura e di una prassi della programmazione, attraverso la quale si possano individuare obiettivi chiari e verifica­bili, risorse definite e certe, metodologie di at­tuazione;

• dei modelli organizzativi, più o meno fles­sibili e pronti ad adattarsi alle modificazioni del­I~ esigenze riconosciute;

C - il coordinamento organizzativo e l'integrazione operativa fra attività sanitarie e sociali, che ha consentito lo sviluppo di esperienze par­ticolarmente interessanti nella lotta alle varie forme di emarginazione, deve trovare un modello organizzativo nel quale possa continuare a pro­durre i suoi effetti. La fase difficile e faticosa che non possiamo dire ancora terminata, tesa a superare barriere culturali e steccati organizza­tivi fra operatori di diversa formazione, non deve finire ne) nulla per effetto della «aziendalizza­zione» dei servizi sanitari;

D - un forte accentramento delle funzioni de­cisionali può consentire un controllo più rigido in senso auantitativo della spesa per la sicurez­za sociale, ma diminuisce la rispondenza quali­tativa dei servizi erogati alle esigenze di un de­terminato territorio. E in Italia, com'è riconosciu­to da più parti, il vero problema non è spendere meno per i servizi socio-sanitari, ma di spendere meglio.

 

2. In merito alla questione specifica della spe­sa per i servizi socio-sanitari, occorre respinge­re con forza l'idea che questa spesa stia aumen­tando incontrollabilmente e sia tra i maggiori responsabili dell'incremento del deficit pubblico. Tutto ciò è falso, come dimostrano gli stessi dati forniti dall'ISTAT e dai vari ministeri inte­ressati: l'incidenza della spesa per i servizi socio-sanitari sul prodotto interno lordo è un dato che non subisce variazioni sostanziali negli ultimi 7 anni, ed è sensibilmente inferiore ai va­lori registrati in diversi altri paesi europei.

L'estrema insistenza sugli eccessi di spesa e la necessità di tagli, punta in realtà ad «ameri­canizzare» il nostro sistema di assistenza: un intervento pubblico misero e rivolto esclusiva­mente a poveri ed emarginati, mentre il resto dei servizi è gestito direttamente dai privati ed offerto a prezzi di mercato a chi può permetter­selo.

Nel respingere questa prospettiva, occorre mi­rare contemporaneamente sia ad una migliore qualificazione della spesa (tecniche di program­mazione, controlli sui centri di costo e sui risul­tati, snellimento delle pratiche burocratiche), che ad un incremento dei flussi finanziari.

 

3. Un ulteriore ordine di problemi è costituito dal rapporto fra rappresentanze politico-istitu­zionali ed organi della struttura tecnica. Se non piace affatto il progetto ministeriale di azzera­mento dei Comitati di gestione, non possiamo ignorare che esistano - nelle U.S.L. come nei Comuni, ed in gran parte degli Enti pubblici - problemi di interferenze, di conflittualità, «inva­sioni di campo» o, viceversa, zone di vuoto, sul confine ancora troppa indefinito fra le respon­sabilità tecniche e quelle politiche.

Questo confine deve essere tracciato con mag­giore nettezza: risulteranno snellite le procedu­re e ridotta la conflittualità, con maggiore sod­disfazione da entrambe le parti.

 

4. Un altro «nodo» centrale, che concerne in prevalenza i settori ad alta integrazione fra so­ciale e sanitario (handicap, salute mentale, tos­sicodipendenze, tutela degli anziani), è quello del coordinamento delle risorse pubbliche con quelle che la società produce spontaneamente (associazionismo, volontariato). Occorre prose­guire il lavoro da più parti avviato, teso a susci­tare e sviluppare energie fra diversi soggetti che operano con modalità, motivazioni e finalità di­verse. Un lavoro di tessitura difficile e delicato, che deve tener conto delle molte variabili in gio­co, che tuttavia produce - laddove è perseguito con volontà e costanza - dei risultati di grande valore. Ma, ancora una volta, torna la condizio­ne necessaria del radicamento delle istituzioni pubbliche nel territorio, senza di cui diventa im­possibile proporre un qualsiasi rapporto con quelle realtà associative che nel territorio tro­vano la loro ragion d'essere.

 

5. Il Comune rifondato deve essere l'unico re­ferente delle politiche di sicurezza sociale. Tappa fondamentale nella costruzione dei Comune nuovo è il Comune adeguatamente dimensionato; ragion per cui - in base alla dimensione - il referente è:

A) il Comune singolo (se medio grande);

B) il Comune associato obbligatoriamente (se piccolo e medio-piccolo) ovvero la Comunità montana;

C) il Comune obbligatoriamente decentrato (se di grandi dimensioni).

La riforma delle autonomie locali e dell'assi­stenza sociale ed il miglioramento della legge 833/78 devono andare nel senso di costruire un solo soggetto, il Comune rifondato.

Le proposte di legge governative attualmen­te in discussione vanno invece nella direzione opposta.

 

6. Il Gruppo nazionale «Autonomie Locali, po­litiche sociali e superamento dell'emarginazio­ne» ed i partecipanti tutti del convegno di San Gimignano indicano nei termini seguenti una possibile strategia in difesa dei diritti di tutti:

modernizzazione senza esclusione: perse­guire obiettivi di progresso e sviluppo delle ca­pacità umane che riducano e non aggravino la distanza fra i «garantiti» e coloro che sono dotati di minor potere contrattuale;

alleanze: raccogliere nella difesa di inte­ressi deboli anche quote, possibilmente ampie, di settori forti della società per intese di carat­tere sociale, culturale e politico;

verifica: analizzare ciò che è stato fatto in questi ultimi 20 anni e riproporre gli obiettivi di ieri ancora oggi indiscutibilmente validi e non contrastati seriamente da nessuna diversa affer­mazione di principio;

governo globale: realizzare cioè a livello locale quel governo unitario («un territorio - un governo») delle politiche sociali che, pur essen­do previsto dalla legislazione, risulta ancora così poco realizzato, identificando territori tipo­logicamente adeguati;

collegialità: mettere in luce la necessità di un lavoro effettivamente di équipe che raccolga le sfide interdisciplinari e multidimensionali che il bisogno della gente propone.

 

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Coloro che desiderano avere maggiori infor­mazioni sul convegno di S. Gimignano, possono rivolgersi a Giacinto Berneschi - Servizi sociali USSL 19 Alta Valdelsa, Via della Costituzione 30, 53036 Poggibonsi (SI), Tel. 0577 - 914.11 l.

Si segnala che l'USSL 19 Alta Valdelsa ha pub­blicato una sintesi dei lavori con il titolo «Sanità, Servizi sociali, Enti locali - Il valore dell'espe­rienza» e che sta predisponendo gli atti del con­vegno.

 

 

 

 

(1) Il convegno è stato promosso dal Gruppo nazionale «Autonomie locali, politiche sociali e superamento della emarginazione» costituito da: Carlo Trevisan (Coordinato­re del gruppo), Paola Baglioni (ISTISSS), Giacinto Barneschi (USL "19", Poggibonsi), Andrea Bartoli (CSPSS), Mario Bu­rocco (USSL 27 - Ciriè - Torino), Massimo Campidelli (CUCA), Paolo Cozzi Lepri (USL RM1 - Roma), Aurelia Flo­rea (ISTISSS), Tiziana Lepore (FNP), Mimmo Lucà (ACLI Na­zionale), Pierluigi Marucci (USL "19" - Poggibonsi), Mauro Merli (USL "19" - Poggibonsi), Maria Luisa Mirabile (IRES­CGIL), Franco Monterubbianesi (Comunità di Capodarco), Giovanni Nervo (Fondazione Zancan), Salvatore Nocera (MAC), Giacomo Panizza (CNCA), Antonio Prezioso (USSL "21" - Padova) e Francesco Santanera (Prospettive assi­stenziali).

Coloro che intendono ricevere informazioni ed entrare in contatto col Gruppo, sono pregati di rivolgersi all'ISTISSS, Viale di Villa Pamphili 84, 00152 Roma, tel. 06 - 58.97.179 - 58.60.71 int. 306.

 

 

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