FAMIGLIE E COMUNITÀ ALLOGGIO IN ALTERNATIVA AGLI ISTITUTI Dl ASSISTENZA ED AI
CONVITTI D'ISTRUZIONE
I recenti
pesanti attacchi all'adozione e all'affidamento familiare a scopo educativo e
il rilancio del ricovero in istituti assistenziali
hanno destato notevole preoccupazione nell'Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie e nell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.
Le due
organizzazioni hanno concordato urna serie di iniziative,
le cui modalità di intervento sono illustrate nel documento che riportiamo integralmente.
TESTO
DEL DOCUMENTO
Tutte le numerose ricerche scientifiche, attuate a partire dagli anni '50 hanno dimostrato in modo
incontrovertibile i deleteri e permanenti effetti della carenza di cure
familiari e del ricovero in istituto. Ciò nonostante vi sono ancora 80 mila
bambini in strutture assistenziali, a cui si deve
aggiungere un numero imprecisato di allievi di scuole elementari e medie
istituzionalizzati in convitti.
Le caratteristiche della politica antifamiliare e
diseducativa del ricovero in istituti di assistenza e
in convitti di istruzione, possono essere così sintetizzate:
- affievolimento, dei rapporti
bambino-genitori, tanto più grave quanto maggiore é la distanza fra la sede
dell'istituto o del convitto e la
residenza dei familiari;
- il ricovero in istituti di assistenza
e in convitti di istruzione è un esempio negativo per i genitori, soprattutto
quelli con bambini piccoli, poiché li induce a trascurare il valore fondamentale
delle esigenze affettive della prole;
- conseguenze disadattanti
sui minori;
- non coinvolgimento della
parentela e del vicinato nei confronti delle famiglie in difficoltà. Si sottolinea che il
ricovero in convitti di istruzione presenta le stesse caratteristiche negative
del ricovero in istituti di assistenza, in quanto identica è la situazione dei
minori accolti rispetto alle carenze di cure familiari. La presenza di
numerose scuole pubbliche e private non giustifica in alcun modo il ricovero a
tempo pieno in convitto, compreso quello dal lunedì al sabato, di fanciulli di età inferiore ai 14 anni.
Legge 4 maggio 1983 n. 184
Partendo dalle considerazioni di
cui sopra, la legge 4 maggio 1983 n. 184 «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori» stabilisce quanto
segue:
- art. 1 - Il minore ha diritto di essere
educato nell'ambito della propria famiglia.
- art. 2 - Il minore che sia temporaneamente privo di
un ambiente idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con
figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare,
al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione. Ove non
sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovera del minore in un istituto di assistenza pubblico o
privato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di appartenenza
del minore stesso.
- art. 8 - Sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal Tribunale per
i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di
abbandono perché privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o
dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia
dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.
Per evitare alle migliaia di bambini (compresi quelli
colpiti da handicap) ancora istituzionalizzati le gravissime conseguenze della
carenza di cure familiari e del ricovero occorre che
siano attuati i seguenti impegni:
a) i genitori devono essere aiutati ad allevare i
figli attraverso la messa a disposizione di servizi primari (ad esempio una
scuola finalizzata a valorizzare il bambino nella sua identità e diversità) e di interventi socio-assistenziali adeguati (aiuti economici,
assistenza domiciliare, ecc.);
b) i minori che non possono continuare a vivere con i propri familiari e che non sono adottabili,
devono essere affidati a famiglie informate, selezionate, preparate e seguite
con cura dai servizi socio-assistenziali.
Devono essere privilegiati
gli interventi a favore dei minori più piccoli (0-10 anni) per i seguenti
motivi: il carattere preventivo, in considerazione delle esigenze dello
sviluppo del bambino e delle conseguenze particolarmente negative del
ricovero in istituto; una maggiore corrispondenza dell'opinione pubblica ai
problemi dei bambini piccoli; minori difficoltà di realizzazione sia per
quanto riguarda la messa a disposizione dei servizi primari non assistenziali
(asili nido, scuole materne, alloggi per famiglie di nuova formazione, ecc.),
sia per quanto, riguarda le alternative al ricovero (assistenza
economica, comunità alloggio); minori difficoltà a reperire famiglie
affidatarie;
c) i minori in situazione di abbandono
siano tempestivamente segnalati dagli operatori sociali, sanitari e scolastici
e dai cittadini al Tribunale per i minorenni e dichiarati adottabili; devono
essere scelte dal Tribunale per i minorenni, con la collaborazione dei servizi
sociali degli enti locali, le famiglie adottive idonee all'adozione di questi
minori, verificandone la disponibilità e le capacità educative ed affettive,
anche in funzione dell'età del minore stesso.
Comunità alloggio
Nei casi in cui non siano
attuabili gli interventi di cui sopra, si chiede che siano riconosciute le
positive esperienze delle comunità alloggio che assicurano una vita di tipo
parafamiliare, non determinano l'allontanamento dei soggetti dalla zona (USL)
di residenza dei loro, genitori (salvo che ciò sia effettivamente necessario),
consentono il coinvolgimento del vicinato. Proprio partendo dalle positive esperienze della comunità alloggio per bambini
piccoli, per adolescenti (così come quelle che accolgono anziani o handicappati
adulti) si chiede:
a) la conferma delle comunità alloggio esistenti in
modo da garantire la continuità dei rapporti già instaurati fra i minori e gli
educatori;
b) la predisposizione urgentissima di un programma
per la istituzione in tutte le USL di comunità
alloggio per i minori da attuare contemporaneamente alle iniziative di aiuta
alle famiglie e alla creazione del servizio di affidamento familiare a scopo
educativo. Si chiede che:
1) siano destinati contributi economici per la istituzione di comunità alloggio (acquisto locali, spese
di ristrutturazione e di arredamento, spese di gestione, ecc.). Le IPAB, gli enti locali e gli IACP (Istituti autonomi per le case
popolari) dovrebbero mettere a disposizione appartamenti da adibire a comunità
alloggio. AI riguardo si precisa che le comunità
alloggio devono avere una capienza massima di 8 posti, essere inserite nel normale
contesto abitativo ed avere personale idoneo sotto tutti i punti di vista.
Non rientrano pertanto fra le
comunità alloggio i cosiddetti gruppi famiglia o altre articolazioni
interne degli istituti di ricovero;
2) vengano istituiti momenti
di aggiornamento professionale per gli operatori delle comunità alloggio e dei
servizi di affidamento familiare;
3) sia intensificata la vigilanza sugli istituti di
ricovero assistenziale e sui convitti di istruzione,
intervenendo in particolare nei confronti dei minori che, utilizzando gli
interventi esistenti, potrebbero riunirsi o avvicinarsi alla loro famiglia
o
essere accolti da famiglie affidatarie, oppure essendo in situazione di
abbandono materiale e morale, devono essere proposti per l'adozione;
4) sia avviata una campagna informativa e formativa
sulle esigenze affettive dei bambini, soprattutto di quelli più piccoli.
Le iniziative sopra elencate dovrebbero essere
assunte e attuate in modo da realizzare nel maggior numero possibile di USL la deistituzionalizzazione
di tutti i minori entro il 1990.
L'accoglimento in comunità alloggio dovrebbe essere
disposto nei casi in cui non sia possibile attuare, a
seconda delle situazioni, l'adozione o l'affidamento a scopo educativo.
Devono essere assunte le necessarie iniziative affinché la durata dell'accogli mento in comunità alloggio sia fa più breve
possibile, in modo da assicurare al più presto situazioni stabili ai minori in
difficoltà. inoltre 1e comunità alloggio,
dovrebbero essere pan servizio a disposizione degli Enti locali per il pronto
intervento quando i genitori o gli affidatari sono
temporaneamente impossibilitati a provvedere ai loro figli (malattie,
interventi chirurgici, periodi di riposo, ecc:).
Iniziative specifiche per gli handicappati
Le proposte di cui ai paragrafi
precedenti riguardano anche gli handicappati, siano essi fisici, psichici o
sensoriali. In particolare si sottolinea che non è accettabile il ricovero di handicappati
in istituto, motivato da esigenze riabilitative: è assurdo migliorare le
condizioni fisiche dei minori e danneggiare - a seguito dell'istituzionalizzazione
- quelle psichiche. Per una reale promozione umana e sociale degli
handicappati, è necessario operare per il loro inserimento a tutti i livelli
(scuole materne, dell'obbligo e superiori, formazione professionale, lavoro,
casa, trasporti, ecc.). Gli interventi assistenziali
per gli ultraquattordicenni (ad esempio, centri diurni) dovrebbero essere
riservati esclusivamente agli handicappati che non sono in grado di svolgere
alcuna proficua attività lavorativa. Per i minori comunemente denominati
«disadattati», occorre una attenta valutazione che
tenga conto delle loro esperienze, spesso caratterizzate da acute sofferenze
causate dal ricovero in istituto o da gravi carenze della vita trascorsa in
famiglia.
Modalità di intervento
- Proposte
Si propone che le Sezioni ULCES, in collaborazione
con l'ANFAA, assumano le seguenti iniziative:
1. - Nei
confronti dei mezzi di comunicazione. Una informazione
semplice e non distorta è un potente mezzo di pressione, soprattutto se integrata
dalle altre iniziative indicate nei punti che seguono.
Articoli su giornali e riviste, servizi radiofonici
o televisivi, dibattiti, sono alcune possibilità che vanno utilizzate. Anche la
redazione e divulgazione di libri bianchi e la semplice distribuzione di
volantini sono strumenti utili; ad esempio, per denunciare l'inattività di Enti pubblici o la violazione di diritti addebitabile a
istituzioni private.
2. - Nei
confronti dei singoli istituti. Occorre rivendicare per i ragazzi
istituzionalizzati la frequenza di scuole esterne (dalle materne alle superiori) e degli altri servizi del territorio (sportivi,
abitativi, culturali, ecc.), in modo da rompere la catena che inchioda i
ricoverati all'interno delle strutture residenziali. Bisogna verificarne il
funzionamento parlando con i ragazzi, interrogando il personale, sollecitando
Regioni, Comuni, USL ad esercitare i poteri che le leggi assegnano a detti
enti in materia di vigilanza. Né va dimenticato che,
ai sensi dell'art. 9 della legge 4 maggio 1983, n. 184 «il giudice tutelare,
ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli istituti (...). Può procedere ad
ispezioni straordinarie in ogni tempo». Anche i poteri dei Tribunali per i minorenni sono notevoli.
Ricordiamo, ad esempio, il decreto del Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna emesso il 23 maggio 1972 in cui, sulla base di una dettagliata perizia d'ufficio, veniva
precisato, fra l'altro, che «attualmente, e cioè come é strutturato in persone
e ambienti, l'istituto medico-psico-pedagogico di
Villa Giardini, Modena, non sia idoneo per assicurare uno sviluppo armonico e
valido dei bambini ricoverati». Non va nemmeno sottovalutato il ruolo dell'autorità
giudiziaria ordinaria nella repressione dei reati commessi nei confronti di
minori istituzionalizzati. Occorre altresì combattere le nuove forme di emarginazione, come sono, a nostro avviso, i villaggi
SOS e gli istituti organizzati nei cosiddetti gruppi-famiglia, i convitti.
3. - Nei
confronti di Comuni, Comunità montane, Usl, Province. È assolutamente necessario che gli Enti
locali applichino - finalmente - tutte le leggi che direttamente o
indirettamente possono migliorare le condizioni di vita dei minori e delle
loro famiglie (casa, diritto allo studio, cultura, ecc.). Occorre, inoltre,
pretendere che gli Enti suddetti diano piena attuazione alla legge 184. È
altresì necessaria l'unificazione nelle USSL di tutte le competenze assistenziali.
4. Nei
confronti delle Regioni. Anche in mancanza della legge quadro di riforma
dell'assistenza, le Regioni hanno ampie possibilità - come hanno fatto alcune
di esse - per emanare leggi di riordino del settore,
approvare piani socio-assistenziali o socio-sanitari, promuovere servizi a
misura delle esigenze dei minori e delle loro famiglie. Si ricorda che l'art.
80 della legge 4 maggio 1983, n. 184 prevede quanto segue: «Le
Regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle
famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento
affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l'idoneità
all'accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche».
5. - Nei
confronti del Parlamento. Da oltre vent'anni viene dichiarato che la legge di riforma dell'assistenza è
necessaria, anzi indifferibile. Decine di migliaia di minori, di anziani, di handicappati sono costretti - a causa
dell'inattività del Parlamento - a vivere in condizioni spesso disumane. Ma la
legge di riforma deve essere redatta in modo che sia definito in modo assolutamente
certo qual è l'ente che deve intervenire (mentre,
purtroppo, vi sono ancora partiti i quali chiedono che alcune competenze siano
svolte dai Comuni singoli e altre dai Comuni associati). Né è ammissibile,
inoltre, che la legge stessa sia l'occasione per regalare ai
privati parte o gran parte degli ingenti patrimoni delle IPAB, Istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza; patrimoni che, secondo alcuni,
ammontano ad almeno 30-40 mila miliardi. Al riguardo si segnala il
pericolosissimo precedente stabilito dalla legge della Regione Sicilia
9.5.1986, n. 22 che agli artt. 30 e segg. prevede il
semplice regalo ai privati dei patrimoni di molte IPAB, senza che i privati
abbiano alcun obbligo, nemmeno quello di conservare i beni.
www.fondazionepromozionesociale.it