Prospettive assistenziali, n. 41, gennaio-marzo 1978
IL MINISTERO DELLA
SANITÀ RIPROPONE PER GLI HANDICAPPATI STRUTTURE
EMARGINANTI
GIACOMO BRUGNONE
Con la circolare n. 6 del 18-1-1977: «Criteri per l'assistenza ai neuromotulesi
ed agli irregolari psichici ai sensi della legge 30 marzo 1971, n. 118» (1) il
Ministero della sanità ha voluto proporre una «schema quadro»
di quelli che debbono essere i criteri valutativi per indirizzare la politica
delle Regioni in materia di assistenza agli handicappati ed in particolar modo
la determinazione dei finanziamenti agli Enti che elargiscono tale tipo di
assistenza.
Se questi criteri non saranno
modificati, sarà vanificato quanto vi è di positivo
nel D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, con il quale il Governo ha dato attuazione
alla delega di cui all'art. 1 della legge 22-7-1975, n. 382; e più precisamente
per quanto è detto nell'art. 27, il quale prevede il trasferimento alle Regioni
entro l'1-1-1979 delle competenze in materia di prevenzione e cura delle
malattie, qualunque ne sia il tipo e la durata (paragrafo a), riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità
fisica, psichica e sensoriale (paragrafo b),
promozione dell'educazione sanitaria (paragrafo h) e formazione degli operatori sanitari (paragrafo i).
Inoltre,
mortificando le esperienze antiemarginanti promosse
da Enti locali, amministrati da giunte progressiste e facendo rientrare dalla porta quegli «Enti inutili» che
dopo tante battaglie si era riusciti a scaraventare fuori
dalla finestra, si creerebbe un pericoloso precedente ponendo una grave
ipoteca sulla corretta attuazione di altre innovazioni apportate dalla legge
382, nonché delle riforme dell'assistenza e della sanità che non potranno
tardare molto ad essere attuate.
Dai contenuti della circolare che
analizzeremo qui di seguito appare chiaro quale continua ad essere la politica
governativa in materia di assistenza e sanità.
Il documento ministeriale sin
dall'inizio dichiara esplicitamente lo scopo che si prefigge: salvaguardare i
centri di potere costituiti dagli Enti privati, che tanto contributo hanno dato
negli ultimi trent'anni alla «lotta contro l'emarginazione
della D.C.» (!!); qui di seguito riportiamo letteralmente alcuni passaggi della
circolare in oggetto: « ...La
dilatazione della spesa e la rigidità delle modalità di finanziamento
attraverso rette non differenziate, sulla base di parametri qualitativi, hanno
creato una situazione di grave crisi per la maggior parte degli enti privati
che hanno svolto un importante ruolo di promozione e di assistenza, oltre che
di formazione di personale qualificato (...), d'altra parte si rischia di mortificare
iniziative volontaristiche che dovrebbero essere invece incoraggiate e semmai
orientate verso forme più moderne di assistenza».
Ancor prima che divengano operanti i
trasferimenti di competenze dallo Stato alle Regioni nelle materie trattate,
la circolare attribuisce a queste ultime sin d'ora il compito di determinare
quale deve essere il tipo di convenzione da stipulare con l'ente che eroga
l'assistenza e di conseguenza l'ammontare dei
finanziamenti, quindi la possibilità di espandere o restringere le attività di
detti enti.
Il Ministero della sanità propone
tre livelli di presidi per l'erogazione dell'assistenza. Anche noi concordiamo
nell'importanza di prevedere strutture terapeutiche di varia dimensione, così
da creare una rete di presidi di vario livello integrati fra
di loro e capaci di dare una risposta globale alle esigenze dell'utenza.
Tali servizi debbono diventare parte integrante delle Unità
locali dei servizi.
Invece i vari livelli
di intervento, così come sono proposti dalla circolare ministeriale, sembrano
riproporre in maniera più razionale la logica dell'emarginazione, della settorialità degli interventi e dei centri di potere:
1) «... sulla base di queste premesse, si possono
identificare alcuni modelli di centri convenzionabili con il Ministero (e con
le Regioni poi):
A)
presidi decentrati con attività di assistenza
ambulatoriale, domiciliare ed extramurale in genere. (...)
nei seguenti campi: valutazione ed impostazione dei programmi riabilitativi
individuali; controlli periodici; trattamenti medico-riabilitativi
(fisioterapia, logoterapia, ecc.); fornitura protesi;
supporto tecnico e psicologico alle famiglie ed alle strutture normali
(scuola, posti di lavoro, tempo libero, ecc.)».
Questi presidi, collegati alle
strutture di 2° e 3° livello per il soddisfacimento di
prestazioni non previste nelle loro strutture, dovrebbero essere in grado di
servire un distretto socio-sanitario o una piccola Unità locale.
2) Presidi di 2° livello: oltre a
quanto detto sopra, debbono «essere in grado di fornire anche un'attività diagnostica e di
semi-internato; in questo ultimo caso debbono essere garantite prestazioni
pedagogiche. (...). Deve essere garantita la presenza di un educatore ogni 4 o
5 insufficienti mentali gravi ed in rapporto di uno
ogni 8 o 10 handicappati gravi».
Questo tipo di presidio dovrebbe
essere in grado di servire una o più Unità locali a seconda
della densità dell'utenza.
3) Centro di riferimento o presidio
di 3° livelli: questo oltre «alle
prestazioni previste per i due tipi di presidi precedenti, deve essere in grado
di erogare anche servizi di internato: possono essere
costituiti da centri di riabilitazione o di geriatria di enti ospedalieri e di
Università nonché da istituzioni non pubbliche che risultino valide sotto
l'aspetto delle funzioni fondamentali di: consulenza per i presidi di 1° e 2°
livello; gestione diretta di attività ambulatoriale di internato e
semi-internato; educazione permanente degli operatori socio-sanitari addetti
alla riabilitazione; attività di ricerca sulla prevenzione e sulla
riabilitazione; accettazione di tirocinanti».
Questi centri dovrebbero servire
un'area più vasta: sovracomprensoriale o comunque più Unità locali.
4) «Centri per handicappati pressoché totalmente inabili e bisognosi più di assistenza continua che non di trattamento riabilitativo
(...). Essi si occuperanno soprattutto di assistenza e
guida delle attività educative e di tempo libero sempre curando un collegamento
con le strutture esterne (famiglia, scuola, attività ricreativa, attività preformative, prelavorative,
ecc.), in vista di quell'auspicato inserimento che deve essere sempre tentato
attraverso una azione di recupero fisico, psichico, lavorativo e sociale (...)».
Secondo il Ministero della sanità, i
servizi di semiconvitto e convitto non solo non sono strutture emarginanti, ma
al contrario costituiscono punti di merito indispensabili per accedere alla classificazione di presidi di 2° livello e di
Centro di riferimento. Anche le prestazioni pedagogiche
richieste per questi due tipi di servizi, costituiscono punto di merito.
Il compilatore della circolare non è minimamente
sfiorato dal dubbio che con questi presupposti, nella migliore delle ipotesi,
si ritorna a quel modello di scuola speciale che credevamo dovesse oramai
essere rifiutato da tutti. Nella peggiore delle ipotesi (soprattutto per i
centri per handicappati pressoché totalmente inabili) si ritorna al modello di
parcheggio dei cronicari vecchio stampo, ora rimodernati e con doppi servizi ed
aria condizionata.
Secondo questa logica le esperienze
più avanzate, che rifiutano sia l'internato che il
semi-internato, si troveranno sempre relegate al ruolo di presidi di 1° livello,
quindi limitate nella possibilità di esportare la loro esperienza antiemarginante, e si troveranno sempre condizionate dall'inadeguatezza
dei finanziamenti che in gran parte andranno ad affluire negli altri presidi.
Se accettiamo il binomio riabilitazione-socializzazione,
non possiamo accettare il concetto di internato;
questo è giustificato soltanto in presenza di interventi chirurgici-ortopedici;
deve durare soltanto il tempo minimo indispensabile ed avvenire nelle normali
strutture ospedaliere, come d'altronde si fa anche attualmente.
Affrontando il problema delle norme
finanziarie, viene specificato che con vari
meccanismi di controllo le rette saranno determinate tenendo presente
l'importanza dei servizi, quindi finanziamenti minori per i presidi decentrati
e proporzionalmente crescenti per quelli di 2° livello e per i centri di
riferimento.
A proposito delle rette da
corrispondere agli enti privati si afferma: «(...)
per le istituzioni private, sarà
Qui, dietro una parvenza di
correttezza messa in atto solo per non essere eccessivamente sfacciati, si intravedono numerose scappatoie per continuare, in nome
del pluralismo e della libertà di iniziativa, a perseguire la politica
democristiana degli ultimi trent'anni e ciò nonostante le riforme.
Fra le principali scappatoie
individuiamo:
- la discrezionalità delle Regioni a
riconoscere il parametro di rette da corrispondere all'ente con il quale ci si
deve convenzionare;
- il raffronto con i bilanci degli
Enti pubblici, che non rispondendo a logiche di sfruttamento del personale e di
limitazioni varie, sono di gran lunga superiori a
quelli degli enti privati;
- possibilità di altre
forme di finanziamenti integrativi quali: quelli per le scuole per tecnici
socio-sanitari, le quali forniranno anche manodopera gratuita, cioè i
tirocinanti;
- contributi per corsi di aggiornamento, di educazione sanitaria e altri
innumerevoli meccanismi per spillare denaro pubblico, cosa questa in cui gli «enti
inutili» si sono dimostrati maestri insuperabili.
Concludendo poi, a proposito dei centri per
handicappati pressoché totalmente inabili, sorge legittima una preoccupazione:
poiché per questo tipo di utenti è previsto un rimborso a retta, non vi sarà il
rischio che si apra la caccia agli handicappati gravi? e
qualora non se ne trovassero a sufficienza, non vi potrà essere il rischio che
gli enti privati se li producano da sé, facendo passare per handicappati
pressoché totalmente inabili anche soggetti recuperabilissimi? ed infine non si corre il rischio che «enti inutili», i
quali operano in altri campi, preso al volo il suggerimento lo adattino al
loro campo di intervento?
(1) Testo della circolare n. 6 del 98-1-1977
del Ministero della sanità «Criteri per l'assistenza ai neuromotulesi e agli irregolari psichici ai sensi della
legge 30-3-1971, n. 118».
ASSISTENZA
AI NEUROMOTULESI E AGLI IRREGOLARI PSICHICI - NORME ORGANIZZATIVE
La dilatazione della
spesa e la rigidità delle modalità di finanziamento attraverso rette non differenziate sulla scorta di parametri quantitativi, hanno
creato situazioni di grave crisi per la maggioranza degli Enti privati che
hanno svolto un importante ruolo di promozione e di assistenza, oltre che di
formazione di personale qualificato; crisi che investe anche gli Enti pubblici
e che solo in parte può risolversi attraverso un diverso rapporto fra centri e
nuclei operatori specializzati e strutture socio-sanitarie di già funzionanti
nel territorio. Gli Enti Locali infatti, presentano
situazioni di deficit finanziario tali da rendere difficile l'assorbimento di
personale e di attrezzature riabilitative e, d'altra parte, si rischia di
mortificare iniziative volontaristiche che dovrebbero, invece, essere incoraggiate
e semmai orientate verso forme più moderne di assistenza.
Vi è stata, in
questi ultimi anni, una tendenza ad allargare la sfera dei soggetti
assistibili ex legge 118, con non poche contestazioni
con amministrazioni provinciali determinate dalla non semplice distinzione fra
irregolarità psichiche derivanti da causa organica e quelle che non possono
essere attribuite a specifiche lesioni anatomiche o ad alterazioni metaboliche.
Si ritiene che un allargamento eccessivo da una parte rischi di disperdere
l'intervento specifico della legge, che è primariamente rivolta al recupero dei neuro e motulesi, impiegando per la riabilitazione
degli irregolari psichici tecniche psicomotorie che poggiano su basi analoghe a
quelle degli interventi classici della fisiatria
tradizionale. D'altra parte in un momento di transizione verso un sistema
quale quello configurato dal Servizio Sanitario Nazionale, che prevede il
superamento delle assistenze settoriali, per portare la riabilitazione
nell'ambito dei servizi polivalenti di base, sarebbe non coerente moltiplicare
i campi di intervento di una legge speciale la quale
trova la sua collocazione intermedia proprio per l'esigenza di equilibrare
l'assistenza riabilitativa sull'intero territorio nazionale e di agevolare
formazione di personale e ricerca sulla prevenzione e cura degli stati di
invalidità.
È in corso di elaborazione il censimento dei centri convenzionati con
il Ministero della Sanità che renderà possibile conoscere nelle grandi linee
la composizione della popolazione assistita per componenti demografiche, per
grado di funzionalità e per tipo di interventi che vengono praticati. Può
tuttavia di già delinearsi una triplice distinzione
delle prestazioni che si forniscono presso i Centri in:
1) interventi di
carattere prevalentemente assistenziale;
2) attività a
carattere medico-riabilitativo;
3) prestazioni di
tipo pedagogico e sociale, alle quali possono associarsi quelle di formazione
ed aggiornamento degli operatori.
Le prestazioni sociali dovrebbero essere
svolte di norma dalle strutture facenti capo agli
Enti Territoriali, per cui rimarrebbe l'obbligo, da parte di questo Ministero,
di integrare la spesa solo quando vi sia una comprovata carenza delle
strutture locali e sempre che non vi siano altri Enti tenuti a provvedere per
legge. Ciò vale particolarmente per i servizi scolastici, le scuole professionali,
i servizi di assistenza sociale, trasporti collettivi,
nonché per quegli Istituti residenziali tenuti al ricovero nei casi in cui
l'handicap non richiede interventi di carattere sanitario; per i servizi
scolastici, del resto, va tenuto presente l'articolo 28 della legge 318 e vanno
intensificati i rapporti con i Provveditorati agli Studi per l'utilizzazione
delle équipes medico-psico-pedagogiche
già operanti nelle scuole.
Più volte il
Ministero ha sottolineato l'esigenza di evitare ogni
forma di assistenza emarginante seguendo, del resto, i precisi indirizzi della
legge; più di recente si è favorito i1 passaggio di Istituzioni private a
Consorzi di Enti Locali e si è permessa la sperimentazione di nuove forme di
collegamento fra Centri specializzati e strutture socio sanitarie di base, con
conseguente maggiore inserimento degli handicappati in comunità normali. Le
prime esperienze, pur nelle inevitabili difficoltà, possono considerarsi positive. Gli attuali meccanismi convenzionali, tuttavia,
rendono difficile l'applicazione estensiva di tecniche extra-murarie e
l'approfondimento dei collegamenti con strutture ed operatori al di
fuori dei Centri convenzionati.
Onde poter
procedere, alla scadenza del 30-6-1977, ad un rinnovo delle Convenzioni ed alla
fissazione di una differenziazione delle rette a seconda
della tipologia e dei livelli funzionali dei Centri ed Istituti, diventa
indispensabile procedere alla ricognizione globale delle strutture attualmente
convenzionate e di quelle che, pur possedendo attrezzature e personale, non
hanno potuto tuttora ottenere il convenzionamento a
causa delle note ristrettezze di bilancio.
Per tale
ricognizione i dati in possesso del Ministero risultano
insufficienti e, d'altra parte, essendo la vigilanza sui Centri convenzionati
affidata alle Regioni, necessita che queste ultime, responsabilmente,
strutturino tale tipo di assistenza.
I parametri che verranno indicati in seguito intendono rappresentare criteri
da interpretare alla luce delle situazioni e delle esigenze locali piuttosto
che formulazioni rigide da seguire solo in senso formalistico.
Si suggerisce, al
riguardo, il coinvolgimento degli organi rappresentativi delle Comunità Locali
(dai Comuni, agli Organi Collegiali scolastici, alle Associazioni, ai Sindacati)
stabilendo interventi ed esigenze a cui deve soddisfare
È ovvio che per le
differenti condizioni sociali ed ambientali i Centri possono essere chiamati
ad esplicare funzioni diverse ed è prevedibile anche
che, in futuro, la loro azione debba progressivamente adattarsi alle situazioni
locali e soprattutto ai servizi socio-sanitari di zona. In considerazione di
ciò è legittimo prevedere una certa flessibilità degli standards
delle strutture riabilitative da convenzionare che, nel sostanziale rispetto
dei requisiti fondamentali, non implichi la rinunzia all'identificazione delle
attività da svolgere ed alla definizione, per ognuna di queste attività, di livelli di funzionamento garantita da adeguata
disponibilità di strutture e di persone.
Sulla
base di
queste premesse si possono identificare alcuni modelli di Centri
convenzionabili con il Ministero della Sanità:
A) PRESIDI
DECENTRATI, con attività di assistenza ambulatoriale,
domiciliare ed extra-murale in genere. Sulla base delle carenze
psico-fisiche degli assistibili ed in considerazione della loro età. questi presidi esplicano, con ampia polivalenza di
interventi, le seguenti funzioni:
- valutazione ed
impostazione dei programmi riabilitativi individuali;
- controlli
periodici;
- trattamenti
medico-riabilitativi (fisioterapia, logoterapia,
ecc.) da effettuarsi in ambulatorio, a domicilio, in strutture esterne come la
scuola, ecc.;
- fornitura di
protesi, ausilii e controllo del loro adattamento;
-
supporto tecnico e psicologico alle famiglie e alle strutture «normali»
(scuole, posti di lavoro, tempo libero ecc.).
Detti presidi
decentrati, laddove è possibile, sono di norma integrati
nelle strutture socio-sanitarie territoriali (consorzi, comitati sanitari di
zona, circoscrizioni), con i quali il Ministero può stabilire un diretto
rapporto convenzionale.
Oltre al personale
necessario per l'amministrazione, la pulizia e la custodia, che può essere
comune con quello di altri servizi locali, questi
Centri dovranno avere i seguenti operatori:
- n. 1 medico
responsabile (specializzato in riabilitazione o in neuropsichiatria o in
ortopedia, a seconda della prevalenza tipologica del
Centro) eventualmente coadiuvato da altri specialisti presenti per un totale
di almeno 8/10 ore settimanali ogni 50 assistiti.
- n. 1 terapista
della riabilitazione, ad orario pieno, per 15/25 assistiti, adattando questo
rapporto alla patologia dei pazienti ed alle varie categorie dei terapisti prescelti
(fisioterapista, logoterapista, psicomotricista,
terapista occupazionale).
Ove fosse possibile fare ricorso alle risorse territoriali, il
Centro dovrà anche assicurare personale di assistenza psicologica e sociale per
il supporto alle strutture « normali u, nonché i mezzi ed il personale per il
servizio di trasporto.
B) CENTRI DI SECONDO
LIVELLO
Questi presidi,
oltre alle attività previste per i Centri di primo livello, devono poter
svolgere anche attività diagnostica ed attività di seminternato
fornendo, in questo ultimo caso, quelle prestazioni
assistenziali che sono state indicate ai punti 2) e 3) della pagina 1.
L'attività di seminternato potrà essere aggregata ai centri di secondo
livello soltanto per assistere invalidi gravi che richiedono maggiori
precisazioni diagnostiche e prognostiche oppure un
trattamento riabilitativo più lungo ed impegnativo.
L'organico di questi
Centri, oltre alle esigenze di personale per
l'amministrazione, la pulizia e la custodia, deve prevedere i seguenti
operatori tecnici:
- n. 1 medico
responsabile internista e/o n. 1 pediatra per il
controllo non specialistico dei pazienti, con un orario adeguato alla patologia
dei soggetti in trattamento ed al numero dei trattati a seminternato;
- numero adeguato di
specialisti per interventi diagnostici e riabilitativi;
-
terapisti in proporzione di uno per ogni 10-12 assistiti in trattamento
effettivo;
- per il servizio a seminternato si dovrà disporre di
educatori specializzati in rapporto di 1:4-5 per gli psichici gravi; ed in
rapporto di 1:8-10 per quelli meno gravi;
- il servizio
psicologico (psicologo, psicometrista) sarà previsto
nella proporzione di 1 operatore per ogni 80-100 assistiti;
- n. 1 assistente
sociale ed 1 psicologo ogni 80-100 assistiti per gli interventi nei problemi
sociali e psicologici, laddove non sia possibile avvalersi di strutture locali;
- nel caso che il
Centro assista pazienti con gravissimi problemi
motori, degli sfinteri, gravi insufficienze cardio-respiratorie,
gravi forme di epilessia, ulcerazioni da decubito, ecc., il Centro dovrà
disporre anche di infermieri nella proporzione di 1:40 e di personale di assistenza
diretta generica nel rapporto di 1:2;
- il servizio di
trasporto, ove non sia altrimenti assicurato dai servizi territoriali o svolto
mediante convenzionamento, dovrà prevedere una adeguata assistenza durante i viaggi;
- possono stabilirsi
intese per interventi, continui o saltuari, degli operatori del Centro presso
istituzioni normali nelle quali siano accolti
handicappati che necessitano di trattamento.
Per il rapporto numerico tra operatori
tecnici ed assistiti l'organico dovrà essere basato sulle effettive presenze
del personale in servizio, e con ragionevoli previsioni circa le assenze per
ferie, per malattia, per aspettativa, eccetera.
C) CENTRI DI
RIFERIMENTO
Possono essere
costituiti da reparti di riabilitazione e di geriatria di Enti
Ospedalieri e di Università nonché da di Istituzioni non pubbliche che
risultano valide sotto l'aspetto delle funzioni fondamentali di:
a) consulenza sul
singolo caso o sull'insieme di interventi terapeutici
nei confronti dei presidi decentrati e dei centri di secondo livello,
effettuata anche con brevi ricoveri di «assessment».
Ciò sia su richiesta dei singoli presidi che su
indicazione delle autorità sanitarie o su domanda dell'interessato. In nessun
caso tale attività dovrebbe costituire un prolungamento eccessivo dell'inizio di intervento riabilitativo, né rappresentare un indirizzo
vincolante per il presidio decentrato, che può seguire più da vicino la
complessa dinamica dell'handicap.
b) Diretta
assistenza ambulatoriale, in seminternato ed in via
eccezionale in internato, di invalidi per i quali
siano necessari interventi specifici difficilmente effettuabili sul piano
decentrato. In linea di massima il ricovero non dovrebbe superare la durata di
un anno solare, pena la cronicizzazione del caso e la perdita di
giustificazione riabilitativa del ricovero.
c) Attività di educazione permanente del proprio personale e di quello
dei presidi decentrati. Tale attività non deve consistere in una serie formale
di conferenze di aggiornamento, ma tradursi in una
verifica costante del servizio, di caratterizzazione del lavoro di équipe, di individuazione di nuove formule di intervento,
di partecipazione dei familiari.
d)
Attività di ricerca sulla prevenzione e sulla riabilitazione ed accettazione
dei tirocinanti a vario livello (scuole di specializzazione per medici, scuole
per terapisti della riabilitazione). Per queste ultime appare fondamentale -
sulla base del D.M. 10-2-1974, che
Per quanto riguarda
la ricerca potranno essere utilizzati più direttamente i fondi di cui all'art.
3 della legge, a favore dei Centri in argomento, ritenendosi che, pur dovendosi
favorire il proseguimento dei programmi presso Istituti
Universitari, sia utile un più stretto collegamento con la realtà
operativa dei Centri che - non si dimentichi! - raccolgono il materiale e le
esperienze più significative.
Per quanto riguarda
i parametri di personale per questi Centri valgono le
indicazioni fornite per i Centri di secondo livello, con un abbassamento del
rapporto infermieri-assistiti a 1:18 e personale di
assistenza diretta generica da 1:1,5 quando si preveda il ricovero.
La distinzione fra
Centro di secondo livello e Centri di riferimento può
anche essere adottata nel senso che alcuni centri di secondo livello vengano
indicati come centri di riferimento per particolari settori o qualificazioni.
Essa, comunque, non dovrebbe mai implicare una struttura
gerarchica e verticale.
D) CENTRI PER HANDICAPPATI PRESSOCHÉ
TOTALMENTE INABILI
Diversi Centri convenzionati
con il Ministero della Sanità ospitano attualmente,
ad internato, soggetti che per le loro carenze psico-fisiche stabilmente gravi,
risultano pressoché totalmente inabili e bisognosi più di assistenza continuata
che non di trattamenti medico-riabilitativi particolarmente specializzati.
In questi casi il rinnovo
della convenzione ministeriale sarà proposta solo dopo un'attenta
valutazione e quando la realtà ambientale e sociale dei luoghi non consenta
altre alternative. Comunque, laddove questi Centri si
rendano indispensabili e socialmente accettabili nell'interesse degli
assistiti, essi si occuperanno di handicappati che necessitano soprattutto di
assistenza e guida nelle attività educative e di tempo libero, sempre curando i
collegamenti con le strutture esterne (famiglie, scuole, attività ricreative,
attività preformative e prelavorative,
ecc.) in vista di quell'auspicato «inserimento» che deve essere sempre
tentato, attraverso un'azione di recupero fisioterapico, lavorativo e sociale.
Anche per questi Centri
l'organico deve tener presente, oltre la necessità del personale per
l'amministrazione, la pulizia, la cucina e la custodia, uno staff tecnico-sociale
i cui principali operatori saranno i seguenti:
- n. 1 medico
responsabile specializzato in neuropsichiatria infantile;
- medici assistenti
in rapporto di 1:70-80 assistiti e con l'obbligo della
presenza per almeno 12 ore settimanali;
- consulenza specialistica a seconda dei bisogni; - un servizio psicologico per ogni
80-100 assistiti;
- assistenti sociali in rapporto di almeno
1:50 salvo che il servizio non sia assicurato
dall'Ente locale;
- terapisti in
funzione delle necessità effettivamente accertate;
- maestri di lavoro,
orientatori professionali ed altri operatori tecnici
ausiliari di numero proporzionato al reale fabbisogno
delle attività di preparazione professionale per i soggetti che risultino avviabili ad una attività lavorativa o, comunque, ad un
efficace inserimento.
Per i soggetti che necessitano di alloggio sarà bene dare la preferenza a
soluzioni tipo casa-famiglia, foyers, piccole
comunità, che possono trovare una integrazione con la realtà sociale esterna
ben più immediata a seconda che non i grossi Istituti di ricovero.
Può essere previsto
che i Centri provvedano anche all'affido familiare, ovviamente con la
possibilità di una adeguata retribuzione o incentivo
economico alle famiglie affidatarie.
Il Centro che
provvede agli affidi se ne rende garante e
responsabile di fronte al Ministero o a chi di competenza.
Per le strutture di
questo tipo deve essere garantito il collegamento con un Centro di primo e
secondo livello per le necessità riabilitative più immediate. Per l'assistenza
ad Internato presso questi Centri i soggetti devono essere rigorosamente
selezionati ed essere accolti soltanto se appartenenti all'hinterland
operativo del Centro stesso.
Anche per questi
Centri il servizio di trasporto, ove non sia altrimenti assicurato dai servizi
territoriali, dovrà prevedere un adeguato numero di autisti
e di personale di assistenza durante i viaggi.
NORME FINANZIARIE
È indubbio che
l'attuale sistema delle rette pro-die e pro-capite
renda difficile una proiezione del personale dei Centri di
secondo livello e di riferimento nelle unità dispensoriali
locali e nelle comunità, per prestazioni riabilitative ed indirizzi
specialistici. Il sistema indubbiamente favorisce la istituzionalizzazione
mentre il pagamento delle prestazioni domiciliari richiede controlli onerosi e
non sempre efficaci.
D'altra parte la
soluzione di una contribuzione a presentazione del bilancio preventivo e
tenendo conto di quello consuntivo dell'anno precedente può essere giustificata
per gli Enti pubblici, ma solleva perplessità allorquando si tratti di Istituzioni private sottratte per la loro stessa natura
al controllo sugli atti che formano il bilancio.
Per la
riqualificazione dell'intervento pubblico, in vista dell'adozione di un sistema
flessibile di finanziamento che sia consono alle esigenze di controllo previste
dalla contabilità generale dello Stato si propone
come ipotesi di lavoro che:
1) per i presidi
decentrati ed i Centri di secondo livello che siano
pubblici o collegati con Enti pubblici le voci da tenere presente per una
contribuzione globale dei costi di esercizio dovrebbero essere:
a) spese per il
trattamento economico del personale che faccia parte integrante del presidio e
che non appartenga ad altri Enti;
b) rimborso
forfettario spese per operatori che effettuano prestazioni fuori sede;
c) spese di
trasporto per gli handicappati, quando gravino interamente sull'Ente;
d) spese di vittuaria per i soggetti in trattamento a seminternato ed internato;
e) spese per
manutenzione locali e attrezzature;
f) movimento degli
assistiti nell'anno precedente e valutazione dei gradi di invalidità
rilevate nel censimento già effettuato al 1-6-1976.
2) Per i Centri di
riferimento di Enti pubblici, oltre agli elementi su
esposti, va incluso il costo delle degenze, quello per attività di
aggiornamento e formazione del personale e quello della ricerca.
3) Per le
istituzioni private sarà
4) Per i Centri per
handicappati pressoché totalmente inabili dovrà proseguire il sistema del
pagamento a retta da calcolarsi sulla base dei parametri di cui al punto 1) e
con controlli che assicurino l'effettiva necessità di ricovero a tempo pieno e
la mancanza di alternative assistenziali. Potranno anche
studiarsi incentivamenti per ridurre le degenze.
5) Per i ricoveri
presso Enti ospedalieri dovrebbe farsi carico completo sul bilancio ospedaliero mentre verrebbero a gravare sui fondi ad hoc le
prestazioni protesiche. Trattasi attualmente
di 52 convenzioni del genere ed è chiaro che dovrà studiarsi un piano di
graduale passaggio dell'attuale forma di contribuzione integrativa da parte del
Ministero della Sanità ad un sistema nel quale la riabilitazione rientri fra i
compiti primari dell'ospedale. D'altra parte già nel
momento attuale i rapporti finanziari sono
complessi, non sempre estesi a tutti gli invalidi civili, anzi spesso fonte di
contenzioso.
Ci
si rende conto che l'esame e la previsione delle spese darà luogo a questioni
complesse che formeranno oggetto di discussione, ma comunque,
la ricognizione che verrà effettuata, consentirà di:
a)
identificare quelle istituzioni che non rientrano esattamente nelle finalità
riabilitative della legge e prevederne il passaggio a
forme di assistenza generica;
b)
controllare l'effettiva presenza di personale qualificato e di
attrezzature presso i Centri esistenti e studiare la possibilità di
maggiore collegamento dei medesimi con le strutture socio-sanitarie, con
conseguente riduzione di alcuni costi, per razionalizzazione di servizi di
carattere generale;
c)
stabilire forme di collegamento fra i Centri stessi, non per configurare un
sistema verticistico, ma per consentire
un effettivo controllo sulla qualità dell'assistenza.
www.fondazionepromozionesociale.it