Prospettive assistenziali, n. 33, gennaio-marzo 1976

 

 

DOCUMENTI

 

UNA SOLA UNITA' LOCALE - UN UNICO ORGANO DI GOVERNO

 

 

Da anni Prospettive assistenziali si batte per l'unità locale di tutti i servizi, per la creazione dei relativi organi di governo costituiti da Comuni, Consorzi di Comuni, Comunità montane e per l'articolazione dei Comuni metropolitani nei Con­sigli di quartiere.

Estremamente positivi al riguardo sono il di­segno di legge della Giunta della Regione Piemonte del 7 febbraio 1976 e la delibera del Co­mune di Torino del 9 febbraio 1976 che pubbli­chiamo.

Con le suddette iniziative si supera l'ambito li­mitato delle unità locali dei servizi sanitari e so­ciali e lo si allarga giustamente a tutti i servizi di base, mettendo in tal modo in atto uno dei presupposti fondamentali per una reale riforma democratica dello Stato e dell'organizzazione dei servizi.

 

 

DISEGNO DI LEGGE DELLA GIUNTA DELLA RE­GIONE PIEMONTE «DEFINIZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI DELLE UNITA' LOCALI DEI SER­VIZI»

 

Relazione

La pressante domanda politica di superamento e riforma dell'attuale sistema di assistenza so­ciale e sanitaria, rappresenta ormai un dato co­munemente acquisito; rappresenta anche l'e­spressione in termini politici di una domanda so­ciale di servizi sin qui largamente disattesa.

Senza entrare nel dettaglio delle disfunzioni dell'attuale sistema, rappresenta ormai un dato culturalmente e politicamente accettato il rife­rire l'inadeguatezza dei servizi ad una serie di cause ben precise quali la settorializzazione del sistema, la parcellizzazione degli interventi, la non omogeneità di organizzazione territoriale dei servizi, strutturati su scala verticale, l'assenza assoluta di ogni politica di prevenzione.

Occorre quindi intraprendere l'opera di riforma e di riorganizzazione partendo dalla valutazione dei bisogni e della domanda sociale esistente e dalla definizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.

La ricerca di un modello di servizio socio-sa­nitario regionale è finalizzata alla realizzazione di un sistema di sicurezza sociale organico, uni­tario, efficiente, democratico e decentrato.

Il presupposto funzionale per un nuovo model­lo di servizi è costituito dall'esigenza di superare l'attuale assetto a carattere verticale e burocra­tico.

Se i momenti della prevenzione, della cura e della riabilitazione debbono essere concepiti nel quadro di una assoluta unitarietà degli interventi occorrerà non soltanto ristrutturare i servizi in senso orizzontale unificando gli enti erogatori dei vari momenti di servizio, ma anche procedere ad una loro progressiva soppressione dando con­temporaneamente vita ad un sistema di tipo nuo­vo in cui venga garantita la totale unitarietà e globalità dell'intervento.

Il diritto alla salute ed alla sicurezza sociale deve intendersi come diritto al raggiungimento e al mantenimento dello stato di benessere psi­cofisico, il quale presuppone interventi di ca­rattere sociale e sanitario fra essi integrati, su­perando gli attuali interventi, impropri, onerosi e inadeguati.

La prevenzione deve essere il centro delle at­tività socio-sanitarie e va intesa come individua­zione e rimozione dei fattori di rischio ambien­tale e sociale. La prevenzione non si realizza senza la diretta partecipazione delle popolazioni e in particolar modo delle categorie esposte al rischio, e deve rappresentare un momento di col­legamento tra partecipazione e funzionamento dei servizi.

Questa prospettiva avvalora ulteriormente la necessità di intendere anche l'intervento preven­tivo come intervento globale, che integri il mo­mento socio-sanitario con i problemi più gene­rali di tutti i servizi nel territorio. In tale direzio­ne, soltanto l'avvio del processo di programmazione, ed in esso del piano socio-sanitario, pos­sono garantire il perseguimento di un organi­co sistema di sicurezza sociale. Allora l'istruzio­ne, la politica per la casa, i servizi del tempo libe­ro non potranno che essere strettamente colle­gati al servizio socio-sanitario, e tutti i servizi ai problemi dello sviluppo economico del territorio.

La Regione Piemonte ha individuato nel territo­rio inteso come ambiente fisico e sociale l'ele­mento primario al quale ancorare il piano di svi­luppo, e nella articolazione comprensoriale la via prescelta per giungere alla formulazione dello stesso.

Il mancato riferimento al territorio tendereb­be a distorcere la domanda, nella sua globalità, che emerge dalla popolazione.

La globalità, infatti, può essere garantita solo assumendo come punto di costante riferimento un ambito territoriale; ciò consente inoltre di in­dividuare i reali organi di direzione politica e am­ministrativa e di realizzare quelle istanze parte­cipative altrimenti sempre mortificate; viene co­sì ad essere garantita la autenticità del piano, tanto in termini di individuazione della domanda che di organizzazione della risposta.

In più, qualora le ipotesi di piano non venisse­ro ancorate al territorio, necessariamente esse individuerebbero soltanto bisogni teorici o indot­ti, privilegiando domande a carattere individuale.

In tal senso va utilizzata e gestita - anche perché realizzata sulla spinta delle forze sociali organizzate - la legge 4-6-1975, n. 41, colla qua­le sono stati individuati i comprensori e ne sono state definite le caratteristiche. La scelta effet­tuata è stata orientata da una serie di elementi, che possono essere riassunti nella necessità di riequilibrare e ricomporre tutta una serie di real­tà socio-economiche disperse e vanificate, di re­cuperare momenti propositivi e di lotta già lar­gamente espressi, di procedere ad un riassetto territoriale nel quadro di un nuovo modello di sviluppo.

Fra le diverse funzioni dei comprensori defini­te dalla legge, vanno in particolare sottolineate:

- il concorso alla formazione ed all'aggiorna­mento del piano;

- il coordinamento politico delle attività degli enti operanti a livello comprensoriale;

- la funzione di stimolo alla aggregazione di Comuni.

Il comprensorio, in quanto realtà territoriale, non può essere considerato come un fatto stati­co, in quanto in esso convivono, implicandosi in varia maniera, l'ambiente fisico, quello biologi­co, l'ambiente sociale; e quindi va soggetto a modificazioni dipendenti tanto da fatti economici quanto dalle variazioni sociali da essi indotte.

Nel comprensorio vanno dunque individuati gli ambiti nei quali giungere ad una corretta rileva­zione della domanda, come anche ad una altret­tanto corretta articolazione della risposta, e quin­di alla individuazione dei diversi sotto-sistemi ambientali.

Una fase indispensabile di intervento in questi ambiti è individuabile nelle zone, e l'azzonamento diventa allora uno strumento per l'attuazione del modello concreto di piano.

Le zonizzazioni proposte dalle precedenti am­ministrazioni non rappresentavano lo strumento per lo sviluppo equilibrato del territorio; si trat­tava infatti di più zonizzazioni, articolate per set­tori, quindi incapaci di recepire la domanda glo­bale nel territorio e di consentire la predisposi­zione di piani di risposta adeguati.

La zona, o Unità Locale, è una circoscrizione subcomprensoriale, unitaria e integrata che ri­guarda tutti i servizi, individuata in modo da rendere possibile una gestione dei servizi stessi che risponda in termini reali alle domande emer­genti dalle comunità locali e dalle forze organiz­zate nel territorio.

La validità delle circoscrizioni individuate de­ve essere necessariamente misurata dalla possi­bilità che si crei al suo interno una partecipa­zione diretta della popolazione al fine della indi­viduazione e realizzazione degli obiettivi.

Tutto ciò anche per consentire un controllo de­mocratico della gestione dei problemi (bisogni) per evitare qualsiasi delega a,i tecnici e per rea­lizzare interventi globali ed unitari.

Nella Unità Locale, l'elemento concreto di ri­ferimento, in quanto organo ed espressione del potere democratico, è il Comune, il solo in grado di garantire una partecipazione legata a proble­matiche realmente esistenti, anche se di diversa natura, e - in forma associata, decentrata o sin­gola - di realizzare la necessaria unità di dire­zione politica ed amministrativa.

Si ritiene opportuno, a questo punto, e alla lu­ce della scelta che la Regione ha operato sui comprensori, riesaminare le competenze degli Enti territoriali istituzionali, anche e soprattutto per le relazioni che fra gli stessi intercorreranno: fermi restando i poteri e le competenze di cui so­pra propri dei Comuni, alla Regione competono tutte le funzioni di programmazione, di coordina­mento e di promozione, che verranno esercitate col concorso dei comitati comprensoriali; in que­sta direzione la Provincia rappresenta pertanto l'ente elettivo che mette a disposizione dei Co­muni strumenti e possibilità di intervento nei singoli settori sulla base della programmazione definita dalla Regione.

Coerentemente ai principi su cui è fondata la scelta della zonizzazione, e in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle forme di parte­cipazione e la funzione degli Enti Locali, i criteri in base ai quali procedere alla zonizzazione - cri­teri frutto anche della contrattazione e degli ac­cordi con le forze sociali - sono individuati nei seguenti:

1) Recupero e utilizzazione delle esperienze presenti nel territorio che hanno concorso alla definizione in concreto degli obiettivi e che con­corrono alla definizione degli strumenti;

2) delimitazione delle zone sulla base della conformazione geomorfologica del territorio, del­le possibilità di comunicazione interna e delle condizioni socio-economiche. I complessi indu­striali unitari dovranno rientrare nella stessa zona;

3) dimensione e delimitazione delle zone ta­le da consentire la organizzazione unitaria e la direzione politico-amministrativa dei servizi di base prescolastici, scolastici, culturali, abitativi, sociali e sanitari. In questa prospettiva occorre­rà unificare gli ambiti territoriali già determinati per i distretti scolastici, le zone psichiatriche, i consigli di quartiere, le Comunità montane (che dovranno essere comprese in un'unica zona nella loro interezza);

4) dimensione demografica di norma tra i 20 e gli 80.000 abitanti, a seconda della dispersione o concentrazione della popolazione, nonché del­le previsioni di incremento e di decremento del­la stessa;

5) per i servizi che richiedano ambito inter­zonale, si dovrà trovare una opportuna colloca­zione in corrispondenza alla definizione dei com­prensori. È evidente che la delimitazione di que­sti ultimi dovrà essere coerente (multipli) a quel­la delle zone.

Il disegno di legge proposto è composto da n. 4 articoli.

Con l'art. 1 si prevede la ripartizione del ter­ritorio della Regione in zone.

Nel documento allegato sono elencate le 79 zone ed i Comuni che ne fanno parte in ordine alfabetico.

L'art. 2 sancisce il principio dell'omnicompren­sività di tutti i servizi riferiti all'ambito territo­riale della zona e definisce l'U.L. come il com­plesso integrato dei servizi stessi.

Con l'art. 3 si prevede la delega da parte della Regione ai Comuni ed alle Comunità Montane delle funzioni amministrative in materia di ser­vizi.

Nell'art. 4 si definiscono i Comuni, le Comuni­tà Montane e i Consorzi come unici organi di go­verno nell'U.L. Si possono pertanto prevedere ca­si in cui un Comune coincide con l'ambito del­I'U.L.; casi in cui il Comune attua forme di de­centramento; casi in cui i Comuni si consorziano fra di loro e/o con Comunità Montane ed infine casi di consorzi di Comunità Montane.

In conformità con lo spirito che ha presieduto alla impostazione ed alla stesura del presente di­segno di legge, oltre che per un preciso dettato statutario, la IV Commissione del Consiglio re­gionale comincerà ben presto le consultazioni de­gli Enti locali e delle forze economiche e sociali interessate. È preciso impegno della Giunta re­gionale, e in particolare del Dipartimento servizi sociali, far sì che le consultazioni si concludano al più presto in modo da giungere, entro la metà di maggio, ad avere un insieme completo di indi­cazioni, proposte, suggerimenti, capaci di defini­re sia questa zonizzazione, sia per conseguenza i successivi momenti del piano socio-sanitario, co­me articolazioni realmente organiche e unitarie di un processo di autentica partecipazione popo­lare.

A questo scopo resta inteso che gli uffici del Dipartimento daranno alla IV Commissione tutta la necessaria collaborazione per la conclusione delle consultazioni nei tempi previsti.

 

 

Testo del disegno di legge

 

Art. 1. - Il territorio della Regione Piemonte è suddiviso nelle zone indicate nell'allegato, che fa parte integrante della presente legge (1).

 

Art. 2. - Le zone di cui all'art. 1 rappresentano la dimensione territoriale sulla quale si articola il complesso integrato di tutti i servizi che costi­tuiscano l'Unità Locale dei Servizi.

 

Art. 3. - La Regione provvede con apposite leg­gi a delegare ai Comuni ed alle Comunità Monta­ne l'esercizio delle competenze regionali in ma­teria di servizi.

 

Art. 4. - La gestione è unica per tutti i servizi compresi nell'Unità Locale ed è esercitata dai Comuni e dalle Comunità Montane, in forma de­centrata o consortile, in base alla dimensione del­le singole zone nelle quali i Comuni e le Comuni­tà Montane sono inseriti.

 

 

DELIBERA DEL CONSIGLIO COMUNALE DI TORINO

 

Lo sviluppo della partecipazione in tutte le for­me possibili costituisce uno degli obiettivi di fondo della Civica Amministrazione.

L'attuazione del decentramento politico am­ministrativo e la contestuale riorganizzazione dei servizi sul territorio si pongono come punti qua­lificanti per lo sviluppo della partecipazione dei cittadini alla vita della Città.

La condizione necessaria per avviare ad attua­zione le indicazioni sopra enunciate è la verifica delle zonizzazioni per l'attuazione del decentra­mento e la riorganizzazione dei servizi sanitari municipali, a suo tempo approvate dal Consiglio Comunale, al fine di renderle omogenee, in modo da pervenire ad una unica suddivisione del terri­torio che faccia coincidere i quartieri con i di­stretti e le Unità locali dei Servizi Socio-sanitari.

Inoltre tale zonizzazione dovrà costituire il pun­to di riferimento per la ristrutturazione sul terri­torio cittadino dei servizi che esorbitano dalla competenza degli enti territoriali e per i quali il Comune si farà promotore di verifiche tese a rag­giungere l'omogeneizzazione di cui sopra.

La verifica ha condotto, dopo un'ampia serie di consultazioni con í Comitati di quartiere interes­sati, avvenuta tramite la prima Commissione consiliare, ad una proposta che, avendo recepito sostanzialmente le indicazioni di fondo della zo­nizzazione del decentramento a suo tempo ap­provata, apporta alcune modifiche che rendono più omogenei i vari quartieri.

Questa suddivisione, per il suo carattere inno­vativo, sarà ovviamente sottoposta a verifiche e successivamente potranno essere apportate le opportune modifiche dopo la prima fase di speri­mentazione.

La zonizzazione proposta non risponde però esclusivamente a criteri di ordine funzionale nel­la riorganizzazione dei servizi ma è il necessario supporto per l'avvio del decentramento politico, mediante l'attuazione dei Consigli di quartiere, come nuovo modo di essere del Comune sul ter­ritorio.

Né d'altra parte si esauriscono nello schema di suddivisione dei quartieri le condizioni che con­sentono momenti di partecipazione di cittadini, nella prospettiva di ricercare continui momenti di aggregazione.

Le premesse metodologiche che hanno presie­duto alla verifica della zonizzazione hanno preso le mosse da alcune considerazioni che possono essere così riassunte:

- è necessario un riferimento rigoroso al terri­torio quale spazio di attività e di vita dei cit­tadini;

- ogni zona deve essere considerata in primo luogo come area nella quale esistono strut­ture di relazione sociale e in secondo luogo come area di dislocazione di servizi;

- all'interno di ogni zona occorre ricercare, sal­vaguardare e promuovere la costituzione di un complessa di servizi che risponda alle esi­genze della popolazione (centro civico) ;

- la dimensione demografica media di circa 50.000 abitanti per zona/quartiere appare quella che consente una distribuzione razio­nale dei servizi sul territorio ed una loro più efficace gestione;

- gli assi di scorrimento nella città ed i vincoli naturali o urbanistici e taluni elementi conva­lidati nella tradizione, possono costituire ele­mento di confluenza o di separazione tra le zone;

- è apparso opportuno considerare come trama base per la zonizzazione la suddivisione stati­stica della Città; si è cercato di assumere come unità minima indivisibile la sezione di censimento ma, in alcuni casi, è apparso ne­cessario procedere ad una divisione di alcune di tali unità in quanto si ritiene che la situazio­ne degli insediamenti esiga una revisione del confine delle sezioni di censimento.

Visto l'art. 155 del T.U.L.C.P. approvato con R.D. dal 4 febbraio 1915 numero 148, con il quale si conferisce ai Comuni «con popolazione superio­re ai 60.000 abitanti, anche quando non siano di­visi in borgate o frazioni, la facoltà di deliberare di essere ripartiti in Quartieri».

La Giunta Municipale, per i motivi di cui in premessa, attesa l'urgenza e la necessità di non differire il provvedimento succitato per cui si rende applicabile l'art. 140 della Legge Comunale e Provinciale (T.U. 4 febbraio 1915 n. 148);

Provvedendo in via d'urgenza ai sensi del suc­citato art. 140;

Delibera all'unanimità di approvare la suddivi­sione del Territorio comunale in 23 zone corri­spondenti ai relativi quartieri quale risulta dalla cartina e dai prospetti allegati che costituiscono parte integrante della presente deliberazione. La stessa zonizzazione vale a tutti gli effetti per la individuazione dei distretti scolastici da proporre tramite la Regione al Ministero P.I. e delle zone di pertinenza delle costituende Unità locali di Servizio Socio-sanitari. Con ciò intendendo revo­cate le delibere assunte il 20 dicembre 1974 (Doc. 2447) e il 29 aprile 1975 (Doc. 903).

 

 

(1) Le unità locali risultanti sono 79. Per la città di Torino le unità locali corrispondono a quelle dì cui alla delibera del consiglio comunale che riportiamo.

 

 

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