Notiziario della Fondazione promozione sociale (n. 14)
(tratto da Prospettive Assistenziali, 160, 2007)

C’è una relazione tra la Fondazione e gli interessi di una famiglia adottiva?

 Come sanno i lettori di Prospettive assistenziali tra le associazioni rappresentate nel Consiglio di amministrazione della Fondazione promozione sociale vi è anche l’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie).

Non è mancata occasione in cui sia stata posta la domanda su quale nesso può esserci tra un minore adottato o affidato (e le rispettive famiglie adottive e affidatarie) con i temi affrontati dalla Fondazione promozione sociale, prevalentemente incentrata sulla tutela delle persone non autosufficienti a causa di malattia o di grave minorazione intellettiva.

Ebbene, in primo luogo occorre ricordare che ciascuna famiglia aderente all’Anfaa ha in primo luogo l’opportunità di essere costantemente informata sulle iniziative messe a punto dalla Fondazione volte alla migliore tutela possibile di chi  diventa anziano cronico non autosufficiente. Infatti non sono mancati i sostegni diretti a famiglie aderenti all’Anfaa che si sono trovate a dover difendere il diritto alle cure sanitarie di un proprio congiunto.

Grazie al canale di comunicazione tra l’Anfaa e la Fondazione hanno potuto contare su un aiuto tempestivo, che ha permesso di ottenere il ricovero del loro congiunto passando direttamente dall’ospedale ad  una struttura convenzionata. In questo modo hanno evitato di cadere nella lista d’attesa e soprattutto di doversi assumere oneri rilevanti per garantire privatamente il ricovero.

Oltre a questo aspetto, pur importante, da un anno a questa parte  si è rivolta alla Fondazione una famiglia adottiva alla ricerca di aiuto e sostegno specifico per i figli ormai adulti, ma non pienamente autonomi.  Di seguito riportiamo sinteticamente il profilo dei giovani coinvolti, le richieste della famiglia, le proposte  suggerite dalla Fondazione.

 

La famiglia adottiva

I signori A. e G. hanno due figli adottivi: Francesca di anni 33 e Mauro di 37 (i nomi sono di fantasia). Sono stati adottati rispettivamente a 2 e 3 anni. Mauro vive ancora con loro ed ha manifestato nel tempo una forma di psicosi medio-grave. Attualmente svolge un’attività lavorativa che è stata procurata grazie all’influenza del padre nei riguardi del titolare dell’azienda in cui è inserito. Si tratta quindi di un rapporto di lavoro assai precario che, nel caso venisse a mancare il papà, è facile pensare che venga meno. In ogni caso Mauro non è assolutamente in grado di gestire il denaro e, soprattutto, non si considera malato.

La sua posizione è apparsa quindi subito assai complessa, anche perché la Fondazione può intervenire solo dopo che la persona è stata dichiarata parzialmente o totalmente non autosufficiente con la conseguente nomina dell’amministratore di sostegno o del tutore. Mauro non solo non si trova in questa situazione, ma è assai difficile dimostrare le sue reali necessità di tutela e di cura, vista la resistenza a riconoscersi malato e, quindi, il rifiuto anche di farsi seguire dai competenti servizi psichiatrici.

 

Francesca

Per il momento prendiamo in esame solo la storia di Francesca, che ha un handicap intellettivo di medio grado, associato ad una leggera forma di psicosi, di cui la famiglia non era stata informata al momento dell’adozione. Da qualche mese è ospite di una comunità alloggio socio-assistenziale della Città di Torino. Si tratta di un inserimento giunto al termine di un percorso condiviso dalla famiglia con la giovane e i servizi socio-assistenziali del quartiere di residenza, perché ormai Francesca non sopportava più di stare in casa, pur avendo un legame profondo con entrambi i genitori.

Quando la famiglia si avvicina alla Fondazione la giovane sta svolgendo un’attività di tirocinio presso la mensa di una struttura residenziale per anziani per alcune ore al giorno. I genitori sono  soddisfatti della sistemazione di Francesca e abbastanza tranquilli pensando al suo futuro, anche se non mancano le lagnanze circa il personale educativo (troppo giovane e, quindi, a loro avviso poco severo): nella conduzione della  comunità (sempre per i motivi di cui sopra) non c’è abbastanza attenzione alle “cose di casa”, ad esempio alla preparazione dei pasti, al lavaggio degli indumenti.

Ciononostante ammettono che Francesca ha compiuto cambiamenti importanti e positivi. Resta il dubbio di cosa potrà accadere, un domani che loro non ci saranno più a vigilare e ad intervenire se necessario in sua difesa. È la psicologa della comunità alloggio che li ha indirizzati alla Fondazione promozione sociale per vedere se Francesca può rientrare nella proposta di tutela specifica che la Fondazione prevede all’articolo 16 dello Statuto[1].

 

Primi risultati

Con i signori A. e G. ci siamo incontrati più volte sia per comprendere le esigenze dei figli, sia per mettere a fuoco i loro bisogni specifici a fronte delle concrete possibilità di intervento della Fondazione. La famiglia è intervenuta anche ad alcuni incontri da noi promossi per far conoscere le modalità di donazione già attivate dalla Fondazione con la signora Luisa Ponzio e la famiglia Vassallo[2] e concordano nel ritenere che questa soluzione (la donazione modale) sia idonea per soddisfare le loro preoccupazioni per il “dopo di noi” di Francesca.

La famiglia non esita a consultare la Fondazione anche per problemi immediati. Ad esempio, si è posta il problema di fronte al tirocinio di lavoro che ormai è in scadenza. Ci riferiscono di essersi confrontati con gli educatori referenti di Francesca sia in comunità che presso i servizi socio-assistenziali, ma non sono rimasti soddisfatti, in quanto gli operatori  hanno negato la possibilità di un rinnovo del tirocinio, senza peraltro anticipare percorsi alternativi a cui indirizzare Francesca.

I genitori sono molto preoccupati. Conoscono la figlia e sanno perfettamente che, se non è impegnata in attività concrete almeno per una parte della giornata, ne risente immediatamente il suo equilibrio psico-fisico.

Accettano quindi la nostra proposta di coinvolgere direttamente il Centro provinciale per l’impiego e di essere accompagnati all’incontro dalla volontaria del Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base) di cui la Fondazione si avvale per il supporto necessario a svolgere le sue attività. L’obiettivo è quello di ottenere per Francesca un percorso mirato all’inserimento lavorativo, tenuto conto delle valutazioni positive che ha raccolto nella precedente esperienza di tirocinio.

La rappresentante del Csa fissa un appuntamento con gli uffici provinciali e, come ci dirà in seguito il papà di Francesca, la  presenza della nostra volontaria all’incontro, a cui partecipa anche la giovane, è significativa.

Infatti, oltre ad essere ricevuti più che cordialmente, il personale dedica loro anche tutto il tempo necessario per esporre con calma il profilo lavorativo di Francesca ed illustrare le criticità emerse nelle sue precedenti esperienze, ma anche le potenzialità presenti su cui puntare.

Definito di comune accordo il quadro della situazione, la responsabile del centro provinciale per l’impiego propone la presa in carico di Francesca da parte della collega che espressamente si occupa di  progetti di inserimento mirato per soggetti con problemi psichici. Viene richiesto inoltre l’appoggio dell’educatore dell’Asl di riferimento per l’invio di Francesca ad un percorso di orientamento al lavoro che avrà inizio dopo pochi giorni. L’educatore svolgerà un ruolo di monitoraggio costante, finalizzato a verificare la reale occupabilità di Francesca, ma anche la nostra volontaria offre alla famiglia la sua piena collaborazione e disponibilità ad interessarsi della giovane, su richiesta dei genitori.

La famiglia si è resa conto che, per il personale della cooperativa che gestisce la comunità alloggio, non vi era alcun interesse a trovare una vera occupazione per la figlia, ma solo il bisogno di tenerla occupata una parte della giornata. È invece assai rilevante per Francesca poter dimostrare di essere in grado di guadagnarsi uno stipendio, anche se modesto, per le proprie necessità e per contribuire al pagamento della retta della comunità alloggio. Speriamo quindi vivamente che il percorso iniziato abbia un esito positivo con l’assunzione, anche a metà tempo, di Francesca.

 

Altre forme di collaborazione e sostegno

Inoltre, per cercare di attutire le preoccupazioni per il presente, la Fondazione si impegna, sempre appoggiandosi ai volontari del Csa, a prendere diretto contatto con la comunità alloggio dove risiede la giovane per verificarne le condizioni ambientali, la tipologia degli utenti, la qualifica del personale in base all’accreditamento certificato dal Comune di Torino. Al fine di migliorare anche le possibilità di tutela di Francesca i genitori, dopo aver frequentato il corso predisposto dalla Fondazione con l’Associazione tutori volontari[3], hanno scelto di avviare le pratiche per la nomina dell’amministratore di sostegno.

Quindi, anche se non è stato ancora siglato alcun accordo formale, si è rivelato sicuramente proficuo l’incontro tra la famiglia adottiva e la Fondazione, mentre continua la ricerca di una soluzione  idonea anche per Mauro.



[1] In base all’articolo 16 del nuovo statuto della Fondazione, così come modificato in data 17 luglio 2007 «il Consiglio di amministrazione della Fondazione può deliberare l’assunzione della tutela dei diritti e degli interessi morali e materiali di coloro che hanno effettuato una donazione alla Fondazione o per conto di loro congiunti o di altre persone a condizione che: il valore economico della donazione sia ritenuto adeguato dal Consiglio d’amministrazione; il donatore abbia concordato con il Consiglio di amministrazione i contenuti e le modalità dell’intervento richiesto; detto intervento diventi esecutivo esclusivamente nei casi in cui il donatore, a causa della gravità del suo stato di salute, non sia più in grado di autotutelarsi».

[2] Cfr. Notiziario della Fondazione promozione sociale, Prospettive assistenziali, n. 155, 2006.

[3] L’Associazione tutori volontari, www.tutorivolontari.it, si rivolge a persone interdette o in amministrazione di sostegno e ai loro familiari e si propone di difendere i diritti e gli interessi delle persone interdette. La sede è anch’essa presso gli uffici della Fondazione promozione sociale, via Artisti 36, Torino.