IMPORTANTE SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DI MILANO:

IL PROCEDIMENTO DI ADOTTABILITà È NULLO QUALORA IL MINORE

NON SIA STATO RAPPRESENTATO DA UN SUO DIFENSORE

 

 

riportiamo integralmente la sentenza della Corte di Appello di Milano del 3 novembre 2008, che abbiamo tratto dal n. 1, gennaio-marzo 2009, de Il diritto di famiglia e delle persone.

 

Svolgimento del processo

Il presente procedimento per l’eventuale declaratoria dello stato di adottabilità del minore D.L.O.S., nato a M. il 29 luglio 2006, figlio di K.D.L., residente in B., Via M., è stato aperto con decreto reso dal Tribunale per i minorenni di Milano in data 4-7 luglio 2007 in accoglimento della richiesta in tal senso formulata dal Pubblico ministero in data 25 giugno 2007. Con il medesimo provvedimento è stata, tra l’altro, disposta la sospensione della madre dalla potestà sul figlio e l’interruzione di ogni suo rapporto con lo stesso e nominato quale tutore del minore il comune di B.

Solo successivamente alle audizioni di cui all’articolo 12 della legge n. 184/1983 e dall’acquisizione dei pareri previsti dall’articolo 15 della legge citata, con comparsa depositata in data 12 ottobre 2007, si è costituito in giudizio “Nell’interesse di D.L.O.S.” l’avv. S.P. dell’Avvocatura comunale del Comune di B., peraltro precisando che, con il medesimo atto, si costituiva in giudizio pure il Comune di B., in persona del Sindaco E.R., in qualità di tutore del minore D.L.O.S., da lei medesima rappresentato e difeso in forza di mandato in calce all’atto di costituzione di cui si discute, con il quale contestualmente il Sindaco del Comune di B., nella sua qualità di tutore del minore D.L.O.S., la delegava a rappresentare e difendere il minore nel procedimento per l’eventuale dichiarazione di adottabilità, in conformità, peraltro, alla delibera della Giunta comunale in data 11 ottobre 2007.

Immediatamente dopo, con sentenza in data 15-22 ottobre 2007, il Tribunale per i minorenni di Milano dichiarava lo stato di adottabilità del minore e, confermando tutti gli altri provvedimenti assunti nel suo interesse, disponeva, con efficacia immediata, il suo collocamento presso idonea famiglia adottiva scelta dal Tribunale medesimo.

Avverso tale sentenza, notificata alla madre del minore a mezzo fax in data 22 ottobre 2007 presso il difensore domiciliatario della stessa, veniva proposto gravame davanti a questa Corte con ricorso depositato in data 20 novembre 2007. La madre appellante K.D.L., dopo aver contestato l’insussistenza dei presupposti dello stato di abbandono del figlio e sottolineato che il provvedimento era stato emesso dall’autorità giudiziaria minorile in violazione alle condizioni previste dalla legge per la declaratoria dello stato di adottabilità, chiedeva la riforma dell’impugnata decisione, previa sospensione del procedimento per il termine di un anno onde consentirle di migliorare le proprie condizioni di vita, disponendo, se del caso, l’affidamento eterofamiliare del minore.

Il decreto di fissazione dell’udienza per la trattazione del gravame è stato notificato all’avv. S.P. nella duplice veste di difensore del tutore e di difensore del minore ed il predetto difensore si è costituito con comparsa in data 11 marzo 2008 con le medesime modalità e qualifiche precisate nell’atto di costituzione in primo grado e sopra meglio riportate, chiedendo il rigetto dell’appello, di cui contestava la fondatezza in fatto ed in diritto. All’udienza così come sopra fissata, la Corte, ritenuto di dover preliminarmente chiarire le problematiche relative alla rappresentanza processuale delle parti nelle varie fasi del procedimento di adottabilità, differiva la trattazione all’udienza del 16 ottobre 2008 al fine di consentire alle stesse di meglio precisare sul punto.

All’odierna udienza, l’avv. S.P., dopo aver puntualizzato di essersi costituita in entrambi i gradi di giudizio nella duplice veste di difensore del tutore e del minore, ha prodotto copia dell’invito inoltrato per posta elettronica dal giudice delegato del procedimento di adottabilità al Comune di B., in data 28 settembre 2007, con cui veniva chiesto al tutore di provvedere nel più breve tempo possibile alla nomina di un avvocato del minore che esprimesse le sue valutazioni in merito alla dichiarazione di adottabilità. Quindi, sulle conclusioni rispettivamente precisate dalle parti nei termini in epigrafe trascritti, la Corte si è riservata la decisione.

 

Motivi della decisione

Si impongono alcuni rilievi di ordine pregiudiziale per chiarire i termini della vicenda processuale sottoposta all’attenzione della Corte, che ha per oggetto un giudizio di gravame avverso la sentenza con cui il Tribunale per i minorenni di Milano ha dichiarato lo stato di adottabilità del minore D.L.O.S.

In merito alla normativa vigente deve, infatti, premettersi che la riforma del procedimento di adottabilità attuata con la legge n. 149/2001 è pienamente applicabile ratione temporis alla presente procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità di D.L.O.S. apertasi successivamente al 1° luglio 2007, data dell’entrata in vigore dell’innovativa disciplina processuale.

Il primo rilievo che merita di essere fatto attiene alla forma dell’atto giurisdizionale con cui i primi giudici hanno dichiarato lo stato di adottabilità del minore che, quale atto conclusivo di un giudizio contenzioso diretto a verificare la sussistenza dei presupposti del predetto stato, deve avere la forma della sentenza, così come, peraltro, espressamente previsto dal comma 2 dell’articolo 15 della legge nella sua nuova formulazione. Nel caso di specie tale atto, pur definito sentenza, appare però privo dell’intestazione imposta dal comma 1 dell’articolo 132 del Codice di procedura civile e dell’indicazione del potere sovrano da cui essa emana. L’omissione di tali elementi, ad avviso di questa Corte, non dà però luogo a nullità, bensì a mere irregolarità di carattere formale che possono essere rimediate in questa fase del giudizio (Cassazione 29 novembre 1974 n. 3907 e 24 maggio 1965 n. 1001) in presenza della completezza della sentenza nei suoi restanti elementi.

Ciò premesso, e passando a verificare se in applicazione della nuova normativa processuale il procedimento per la dichiarazione di adottabilità si è legittimamente svolto con la partecipazione di tutte le parti, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, deve premettersi che l’articolo 8, ultimo comma, della legge n. 149/2001 ha modificato l’articolo 8 della legge n. 184/1983, prevedendo nel comma 4 che «il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti di cui al comma 2 dell’articolo 105» e che l’articolo 10, comma 2, della legge n. 149/2001 ha modificato l’articolo 10 della legge n. 184/1983, disponendo al comma 4 che «all’atto dell’apertura del procedimento sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il Presidente del Tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore d’ufficio per il caso in cui essi non vi provvedano (…)».

La difesa è, dunque, diventata obbligatoria fin dall’inizio, con la conseguenza che le parti, ivi compreso il minore, devono stare in giudizio con il ministero del difensore e che è stata così, per la prima volta, inserita nel sistema processuale civile la figura del difensore d’ufficio, il quale, per evidenti criteri di opportunità, deve essere nominato dall’autorità giudiziaria, anche in considerazione del fatto che tale incarico va affidato – come la Corte costituzionale ha significativamente sottolineato nella sentenza n. 178/2004 – a professionisti «in possesso di competenze adeguate alla particolarità ed alla delicatezza della funzione da assolvere». Ad una professionalità di siffatto tipo devono, infatti, accompagnarsi qualità personali e deontologiche parimenti particolari, che pongano il difensore in grado di espletare quei compiti che, secondo l’articolo 10 della Convenzione di Strasburgo, gli sono propri e per lo svolgimento dei quali occorre impadronirsi degli strumenti elementari di comunicazione con il minore per poter poi, fedelmente e consapevolmente, farsi interprete dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni.

Nel caso in esame va, innanzitutto, rilevato che un aspetto della situazione processuale venutasi a creare in primo grado è quello relativo alla mancata presenza in giudizio del curatore speciale del minore ma, ad avviso di questa Corte, tale carenza non pare produrre conseguenze sul piano processuale, dovendo questa funzione oggi ritenersi meramente eventuale, come emerge dal disposto dell’articolo 15 così come modificato dall’articolo 14, comma 3, legge n. 149/2001, in forza del quale la sentenza di adottabilità «è notificata per esteso al Pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel comma 1 dell’articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano».

Infatti, mentre sotto il vigore della precedente disciplina il minore assumeva la qualità di parte solo nell’eventuale giudizio di opposizione al decreto dichiarativo del suo stato di adottabilità, con cui si apriva la fase contenziosa, come emergeva dalla disposizione che prevedeva la nomina di un curatore speciale disposta d’ufficio dal Presidente, oggi il minore acquista a tutti gli effetti la qualità di parte fin dall’apertura del procedimento in cui viene posto in discussione il suo status parentale, nel quale può essere legittimamente rappresentato dal difensore nominato ai sensi del richiamato articolo 8 legge citata in applicazione del principio di cui all’articolo 9, comma 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo, sottoscritta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge n. 176/1991, all’articolo 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con legge 4 agosto 1955 n. 848, e agli articoli 2, 3, 5 e 9 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003 n. 77, nonché a mente del disposto di cui all’articolo 86 del Codice procedura civile.

Né ormai, dopo l’entrata in vigore della legge n. 149/2001 che, nel dettare una compiuta disciplina del procedimento adottivo in ossequio ai principi del “giusto processo”, ha previsto la figura del difensore del minore, è più attuale l’ammonimento rivolto all’interprete della Corte costituzionale di guardare al sistema normativo in tema di giustizia civile per stabilire se e come il minore acceda alla tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi (Corte costituzionale 30 gennaio 2002 n. 1 e 22 novembre 2000 n. 528), non essendovi più necessità di ricorrere a strumenti interpretativi atti a garantire allo stesso la partecipazione al giudizio con la nomina di un curatore speciale ai sensi dell’articolo 78 Codice procedura civile in presenza della nuova specifica figura del rappresentante del minore.

Il contesto normativo sopra delineato consente, pertanto, di escludere, ad avviso di questa Corte, la necessità nel presente giudizio di procedere alla nomina di un curatore speciale del minore, essendovi sia il tutore, nominato a seguito della sospensione della madre dalla potestà genitoriale, che il difensore del minore, figura che, dunque, non deve limitarsi a svolgere un ruolo esclusivamente tecnico, ma che deve ricoprire quei più ampi compiti di rappresentanza che, secondo la definizione data dall’articolo 2 lettera c) della Convenzione di Strasburgo, sono quelli propri di «una persona, come avvocato, o un organo designato ad agire presso un’autorità giudiziaria a nome di un fan­ciullo».

Questa Corte ritiene, infatti, importante fare riferimento ai principi affermati in tale Convenzione, che ha agevolato «l’esercizio dei diritti sostanziali dei fanciulli, rinforzando o creando diritti processuali che possono essere esercitati dai fanciulli personalmente o per il tramite di altre persone o organi» (Relazione esplicativa, par. 7) al fine di meglio cogliere il senso dell’innovativa disciplina che ha introdotto nel procedimento di adottabilità la figura del difensore del minore, in quanto le disposizioni contenute nella Convenzione di Strasburgo «per la loro valenza di principio e per il loro significato promozionale» (Cassazione 27 luglio 2007 n. 16753 e 16 aprile 2007 n. 9094) ben possono svolgere una funzione di orientamento e di guida nell’interpretazione delle norme che regolano il presente procedimento di adottabilità, pur non essendo stato quest’ultimo inserito dallo Stato italiano, al momento del deposito dello strumento di ratifica della citata Convenzione, nell’elenco delle categorie di controversie alle quali riteneva la stessa applicabile.

Inoltre, la Corte è dell’avviso che, alla luce del quadro normativo di insieme così come sopra ricostruito, in cui a fronte dell’ingresso nel sistema della nuova figura del difensore d’ufficio del minore si registra l’uscita della nomina obbligatoria del curatore speciale, tra le varie interpretazioni possibili debba essere seguita quella che, in coerenza con il sistema delle fonti internazionali e nazionali, consenta, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza ed economicità, il perseguimento degli obiettivi ispirati alla necessità di una rapida definizione del giudizio sulla prospettata situazione di abbandono, considerata la peculiare natura della situazione giuridica dedotta costituita dal diritto fondamentale del minore a crescere in maniera sana ed equilibrata (Cassazione 2 novembre 2004 n. 21054, 23 settembre 1998 n. 9500 e 23 dicembre 1995 n. 13100).

Merita anche di non essere sottovalutato il fatto che l’affollamento di più soggetti che siano nel processo contestualmente interpreti degli interessi del minore non si configuri come strumento sicuramente idoneo a migliorare la qualità della garanzia del soddisfacimento di tali interessi, apparendo, piuttosto, di primaria importanza che venga resa certa l’effettività della tutela con la predisposizione delle necessarie cautele atte ad assicurare che colui che deve assolvere a questo delicato compito di rappresentante-esperto (cumulando, quindi, in sé il ruolo di curatore e di difensore tecnico) lo adempia in completa autonomia ed indipendenza al fine di far valere i diritti del minore, o per difenderli contro un’ingiusta pretesa altrui.

Dunque, con l’entrata in vigore dell’innovativa disciplina del procedimento di adozione possiamo dire che il riconoscimento della titolarità di diritti direttamente in capo al minorenne lo rende titolare del connesso diritto di agire e difendersi nel giudizio, nel quale fin dall’inizio acquisisce, in linea con la previsione normativa di cui alla lettera d) dell’articolo 5 della Convenzione di Strasburgo citata, la qualità di parte processuale distinta ed autonoma, che riveste un ruolo giuridicamente rilevante e che può finalmente interagire nell’ambito della procedura che esplica inevitabili e determinanti conseguenze sulla sua persona.

Non pare allora comprensibile, all’interno di questo nuovo quadro sistematico, come possa essere consentito, se non ponendo nel nulla la portata del riconoscimento al fanciullo dei predetti ulteriori diritti azionabili, che il ruolo di difensore del minore sia ricoperto dallo stesso soggetto che rappresenta anche gli interessi del tutore, o che tale difensore del minore sia nominato dal tutore, cioè da altra parte processuale rispetto alla quale, vigendo il precedente regime dell’opposizione alla dichiarazione di adottabilità, si ipotizzava un conflitto di interessi almeno potenziale con il minore. Questo conflitto era immanente al sistema, al punto tale da rendere obbligatoria la nomina di un curatore speciale, soggetto che assumeva nel relativo giudizio, e perciò anche in sede di impugnazione (ricorso in appello e per cassazione), agli effetti dell’articolo 331 Codice procedura civile la veste di litisconsorte necessario (Cassazione 18 dicembre 2003 n. 19431, 18 dicembre 2003 n. 19437 e 21 settembre 2000 n. 12491).

Ciò premesso e venendo all’esame del caso di specie, deve osservarsi che, secondo quanto è stato sottolineato nella parte espositiva, mentre la madre del minore si è costituita in giudizio con un difensore in data 26 luglio 2007, non altrettanto è avvenuto per il minore, il cui difensore, nominato dal tutore, si è costituito in giudizio solo in data 12 ottobre 2007, cioè appena tre giorni prima della pronuncia dello stato di adottabilità del suo rappresentato, ed ha inoltre contestualmente formalizzato il suo patrocinio anche nell’interesse del tutore.

A prescindere, dunque, dalla considerazione che tutti gli atti compiuti nell’ambito del procedimento di adottabilità sono inficiati da nullità, non avendo agli stessi in alcun modo potuto partecipare il difensore del minore, solo successivamente nominato, appare assorbente il rilievo che l’importante riconoscimento legislativo già sopra evidenziato e concretizzatosi nell’attribuzione al minore della qualità di parte necessaria del processo verrebbe del tutto vanificato nel presente caso, in cui il suo difensore è stato nominato dal tutore ed in cui il predetto difensore del minore si è costituito in giudizio anche nell’interesse dell’altra parte processuale.

D’altronde, la natura e la delicatezza dei compiti che tale difensore è tenuto a svolgere, sui quali ci si è sopra più diffusamente soffermati, impone, come peraltro previsto dall’articolo 9 della Convenzione di Strasburgo, che sia “l’autorità giudiziaria” a procedere alla nomina di un rappresentante del minore, “distinto” cioè diverso dal soggetto cui compete la rappresentanza legale del minore, incaricando di tale ruolo “un avvocato” e così evidenziando l’opportunità, per il minore, di vedere cumulate in un unico soggetto la funzione di rappresentanza speciale e quella di assistenza tecnica nel caso in cui risulti ammissibile ed utile la costituzione in giudizio del minore di età.

Questa Corte è perfettamente a conoscenza dell’interpretazione restrittiva seguita dalla giurisprudenza di legittimità in tema di conflitto di interessi, ma ritiene anche che emerga chiaramente, alla luce delle considerazioni sopra svolte e volendo prescindere dall’assorbente rilievo sull’autorità deputata alla nomina del difensore, come gli interessi del tutore e del minore possano essere in astratto suscettibili di contrapposizione, dovendo, tra l’altro, siffatta valutazione essere portata avanti con estremo rigore per l’esigenza di maggiore protezione che deve essere assicurata al soggetto minore e per la particolare valenza che finisce con l’assumere il complesso compito del difensore, tenuto a rappresentare e sostenere, in una condizione di piena libertà di coscienza, il “reale” interesse del minore, senza essere influenzato dagli interventi finora attuati e dalle ragioni agli stessi sottese.

La circostanza poi che, nel caso di specie, il ruolo di tutore del minore sia ricoperto dall’ente pubblico, che deve contestualmente assolvere ai compiti di assistenza, cura e mantenimento dello stesso, e che è, dunque, portatore di propri interessi patrimoniali, rende particolarmente evidente ed attuale il conflitto.

D’altronde, che il tutore possa essere portatore di interessi eventualmente confliggenti con quelli del minore emerge dall’autonomo diritto di impugnazione che gli viene riconosciuto dal comma 3 dell’articolo 15 legge citata, che individua nel tutore uno dei soggetti legittimati ad impugnare, con scelta assolutamente indipendente da quella del minore, la sentenza di declaratoria di adottabilità, diritto da cui indirettamente si evince anche la conferma che a tale soggetto viene attribuito il ruolo di parte del relativo giudizio, essendo altrimenti ben strano riconoscere il potere di impugnazione di un atto giurisdizionale ad un soggetto che non abbia tale qualifica.

Dai rilievi svolti necessariamente discende non solo il vizio della nomina del difensore del minore in quanto effettuata dal tutore, ma anche l’invalidità della costituzione del difensore nella duplice veste di difensore del tutore e del minore per l’impossibilità di svolgere contemporaneamente attività difensive per conto di soggetti portatori di pretese virtualmente collidenti. La violazione di tale limite intrinseco allo svolgimento di siffatte attività difensive, investendo il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti, è rilevabile d’ufficio e comporta l’invalidità degli atti compiuti, con i conseguenti negativi riflessi sul regolare svolgimento del giudizio di primo grado (Cassazione 21 febbraio 2006 n. 3663, 4 novembre 2005 n. 21350 e 10 maggio 2004 n. 8842).

Dall’invalidità della costituzione del minore nel giudizio di primo grado consegue, infatti, un vizio insanabile nella costituzione del rapporto processuale, in quanto la mancata partecipazione all’intero giudizio di un litisconsorte necessario, integrando un’ipotesi di violazione del contraddittorio, rientra tra quelle tassativamente previste dall’articolo 354 Codice procedura civile e, quindi, impone la necessità di rimessione della causa al primo giudice (Cassa­zione 13 aprile 2007 n. 8825 e 28 marzo 2006 n. 7079). A tale stregua appare, dunque, fondata la censura da ultimo formalizzata in via pregiudiziale da parte appellante, che comunque configura, in base ai principi sopra esposti, una questione rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio, con la conseguenza che deve essere annullato il procedimento di primo grado con rinvio al Tribunale per i minorenni di Milano che provvederà a disporre l’integrazione del contraddittorio, procedendo alla nomina del difensore del minore.

Ritenuto quanto precede, la Corte dichiara la nullità per difetto di integrità del contraddittorio del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità nell’interesse del minore D.L.O.S. e dell’impugnata sentenza n. 263/2007, e rimette gli atti al primo giudice.