Prospettive assistenziali     n. 166  aprile giugno 2009

 

 

HANDICAP INTELLETTIVO: IL LAVORO CONQUISTATO DA STEFANO

EMANUELA BUFFA *

 

 

 

Premessa

La storia di Stefano, che proponiamo qui di seguito, è il racconto di un riuscito percorso di vita verso l’autonomia. A differenza di Marco, giovane con handicap intellettivo, di cui abbiamo scritto nel numero 154 della rivista (1), Stefano ce l’ha fatta e oggi è felicemente collocato al lavoro. La sua storia è un incoraggiamento a crederci e ad andare avanti per i genitori con figli come lui, ma anche per gli insegnanti di ogni ordine e grado della scuola, dei centri di formazione professionale e dei servizi per l’inserimento lavorativo previsti dalla legge 68/1999.

È dimostrato ancora una volta che un giovane con handicap intellettivo può trovare un posto di lavoro, che addirittura corrisponde alle proprie aspettative al termine del percorso formativo, anche se complesso e lungo. Certo non è facile. In questa storia, ad esempio, sicuramente è stato determinante l’atteggiamento della famiglia che ha creduto sulle potenzialità di Stefano e ha preteso sempre, anche in casa, che si impegnasse su tutto ciò che era in grado di fare nonostante la sua minorazione. Importanti sono stati anche gli insegnanti incontrati nel suo percorso formativo e gli operatori motivati del servizio per l’inserimento lavorativo, nonché il tessuto imprenditoriale della città in cui vive.

Tuttavia, questo contesto favorevole, se da un lato è frutto di un insieme di condizioni fortunate, ha potuto però concretizzarsi solo in virtù e grazie all’esistenza di leggi e di delibere che prevedono la tutela del diritto alla formazione professionale e al lavoro per questa tipologia di soggetti. Un quadro normativo che è stato conquistato in tanti anni di  attività del volontariato dei diritti, praticato dalle associazioni aderenti al Csa (2), che ha permesso a Stefano (e a centinaia di altri giovani come lui) di trovare un posto di lavoro (3).

Penso ad esempio all’opportunità di Stefano di frequentare dopo la scuola dell’obbligo il corso prelavorativo (4) e il corso di formazione al lavoro con tirocinio in un’azienda individuata in collaborazione con il Centro provinciale per l’impiego, opportunità che gli ha permesso di accedere ai percorsi scolastici e formativi insieme agli altri e, nonostante l’handicap, di non avere mai avuto bisogno di rivolgersi ai servizi socio-assistenziali. Oggi lavora e contribuisce al benessere collettivo.

 

Chi è Stefano

È stato un bel Natale quello del 2007, non potevano farci un regalo più bello. Stefano, nostro figlio, è diventato il 17 dicembre un lavoratore. Non  più studente, non più un apprendista, non un borsista ma un vero lavoratore assunto con un contratto a tempo indeterminato. Stefano ha un handicap intellettivo e, come tanti altri ragazzi nelle sue stesse condizioni, ha diritto a lavorare perché molte fra queste persone sono in grado di farlo se l’occupazione è adatta a loro e se sono debitamente preparate e seguite. Ma avere diritto non sempre vuol dire che sia rispettato. E noi abbiamo dovuto lottare perché diventasse realtà. Stefano è nato nel 1978, era un bellissimo bambino ma, fin da piccolo, ha dimostrato di avere qualche problema. Ha avuto, infatti, qualche ritardo nell’apprendimento, era lento nell’imparare anche le cose più semplici e soprattutto era difficile per lui concentrarsi più di tanto. Gli era difficile relazionarsi ai compagni e preferiva rimanere vicino alle maestre o alle suore che sapevano rapportarsi a lui e capirne meglio le esigenze.

Man mano che il tempo passava le differenze tra lui e i suoi compagni si facevano sempre più grandi. Nella scuola materna ed elementare gli insegnanti l’hanno sempre aiutato e i compagni erano disponibili con lui. Ma era difficile per Stefano accettare di sentirsi diverso, di non riuscire a stare al passo con i compagni, per questo tendeva ad isolarsi e a perdere fiducia in se stesso e nelle sue capacità.

Noi cercavamo, al di là della scuola, di fargli fare attività per aiutarlo a stare in mezzo agli altri e vivere il più possibile una vita normale. Eravamo convinti che solo vivendo in mezzo alla gente e ai suoi coetanei avrebbe potuto migliorare soprattutto nella socializzazione e nel comportamento.

 

La scuola media: e dopo?

Nella scuola media le cose sono peggiorate. Stefano era quasi sempre portato in quella che chiamavano “aula di sostegno” insieme ad altri bambini handicappati, difficilmente stava in classe con i propri compagni come avrebbe dovuto essere. Gli insegnanti sostenevano che così avrebbe imparato di più. In realtà Stefano era sempre più demotivato perché si sentiva emarginato dagli altri suoi compagni da cui era allontanato. Questo lo faceva sentire sempre più diverso, sempre più handicappato. Così in quegli anni non solo ha appreso poco, ma ha anche disimparato a stare con i compagni: una carenza che lo ha segnato per molto tempo.

Finita la scuola media cosa avrebbe potuto fare Stefano? Questo è stato per noi un grosso problema. A quel tempo (eravamo nel 1992) non si era ancora consolidata la tendenza ad inserirli nella scuola superiore. Per lui, allora, abbiamo scelto quello che ancor oggi si chiama “corso prelavorativo” che si rivelò una scelta vincente. Era un corso di formazione professionale, allora finanziato dal Comune di Torino, per giovani con un handicap intellettivo medio-lieve che non compromette la capacità lavorativa.

 

Il percorso prelavorativo nella formazione

professionale

Molti genitori non vedono bene questa strada. Sono convinti che non sia corretto inserire i loro ragazzi in una classe frequentata solo da ragazzi con handicap. Preferiscono percorrere altre strade perché sono convinti che questi corsi possano favorire la loro emarginazione. Bisogna però considerare che queste classi sono inserite in normali contesti scolastici frequentati da giovani normodotati che preferiscono andare presto a lavorare piuttosto che percorrere la lunga strada dello studio e che molte sono quindi le occasioni di incontro e di integra­zione.

Inoltre, ad un certo punto del loro percorso verso il lavoro, i nostri ragazzi hanno bisogno di essere guidati, hanno bisogno di fare esperienze in ambienti di lavoro veri, di cimentarsi con qualcuno che li aiuti nei primi passi, altrimenti sì che il rischio di emarginazione aumenta e il diritto al lavoro diventa un miraggio. Hanno cioè bisogno di avere un posto dove si finalizzi tutto l’insegnamento ad un inserimento lavorativo mirato, che tenga conto cioè delle loro carenze, ma che sia anche in grado di evidenziarne le potenzialità su cui impegnarsi per rafforzarle e indirizzarle. Il corso prelavorativo è stato, nei fatti, un ottimo banco di prova. Stefano ha potuto, durante gli stages in azienda, cimentarsi, mettersi alla prova: pian piano ha affrontato le sue difficoltà e individuato, però, ciò che realisticamente sapeva fare. Si è potuto, così, lavorare sulle sue capacità per potenziarle.

Bisogna prepararli i nostri ragazzi, perché le aziende sono tendenzialmente poco disponibili ad assumere chi ha un handicap intellettivo: bisogna dimostrare che ce la possono fare. Solo così potremo abbattere i pregiudizi, ancora tanti, che ci sono nei loro confronti.

In sintesi, è importante individuare le loro potenzialità e lavorare perché vengano valorizzate e finalizzate ad un lavoro vero e bisogna anche aiutare i ragazzi ad assumere comportamenti idonei al contesto lavorativo, altrimenti nessuno li assumerà.

 

L’esperienza pilota con la scuola superiore

Questo è stato fatto con Stefano. Ha frequentato il corso prelavorativo e in seguito, di comune accordo con i servizi sociali e la psicologa, nel 1995 è entrato nella scuola superiore che intanto aveva cominciato ad inserire ragazzi portatori di handicap per continuare la sua formazione.

Ha frequentato una scuola per diventare operatore dell’industria grafica. Abbiamo dovuto lottare molto all’interno della scuola che non dimostrava né di avere competenze né disponibilità nei confronti dei ragazzi con handicap. Abbiamo fatto un lavoro di sensibilizzazione e di informazione sui diritti di questi ragazzi, uno dei quali era quello di avere una valutazione differenziata. Una lotta che speriamo sia utile per quelli che verranno dopo nostro figlio.

Alla fine è riuscito a prendere la qualifica come tutti gli altri e per lui è stata una grande soddisfazione data anche la fatica e l’impegno che aveva dovuto mettere per essere all’altezza della situazione.

 

L’apprendistato

Ma il nostro percorso non è finito qui: alla fine della scuola superiore abbiamo aggiornato la sua scheda con le nuove competenze acquisite al centro per l’impiego e proprio da questo centro è giunta la proposta di un contratto di apprendistato in un’azienda commerciale che era soggetta all’obbligo di assunzione. La sua mansione sarebbe stata di aiuto magazziniere. Eravamo molto titubanti sul da farsi, ma poi ci convincemmo che poteva essere di un’ottima opportunità per verificare la sua tenuta lavorativa. In ogni caso, se non ce l’avesse fatta, avremmo sempre potuto tornare indietro.

Ha cominciato con un orario part-time. Doveva aiutare il magazziniere di questo grande magazzino di abbigliamento a scaricare gli scatoloni dal camion, a suddividere i capi per taglia, a contarli, a sistemarli sugli appositi stendini, a prepararli per la consegna nei vari punti vendita.

Ha passato tre anni in questo posto. Tre anni molto importanti per lui, tre anni però molto faticosi. Era difficile abituarsi al mondo del lavoro, con i suoi ritmi e le sue regole. Il passaggio non è stato indolore. Stefano ha sicuramente sofferto, ha avuto momenti di grosso sconforto, è stato più volte sul punto di mollare tutto. Non era abituato ad un lavoro manuale anche faticoso, non aveva pause, si sentiva molto solo perché a contatto solo col capo-magazziniere che era di carattere molto burbero.

Stefano ama stare con la gente, ama chiacchierare, ridere e scherzare e con questa esperienza ha imparato che sul posto di lavoro il più delle volte non è possibile. Abbiamo dovuto anche noi non essere accondiscendenti, sollecitarlo: doveva imparare a comportarsi come era richiesto perché così è il lavoro. In certi momenti abbiamo anche dovuto aiutarlo a gestire e a superare i suoi momenti di ansia, ad affrontare gli inevitabili momenti di frustrazione ma alla fine ce l’ha fatta ed è arrivato fino alla fine del suo percorso di apprendistato anche se poi non ha voluto fermarsi in quel posto di lavoro. Ha preferito proseguire nel suo cammino di formazione.

 

Il corso di formazione al lavoro

Nel 2001 ha cominciato a frequentare i corsi Fal (Formazione al lavoro) che ogni anno sono previsti dalla Regione Piemonte.

Si tratta di corsi annuali, effettuati all’interno dei normali centri di formazione professionale ed hanno l’obiettivo di preparare al lavoro giovani con vari tipi di disabilità, specialmente ultradiciottenni con handicap intellettivo. Sono corsi con una chiara finalità occupazionale e quindi vi possono accedere persone che hanno buone capacità lavorative, ma che necessitano ancora di un periodo di rinforzo di competenze o di apprendimento di quelle nuove mansioni che in quel momento il mercato del lavoro richiede. Al termine del corso viene rilasciato un attestato di frequenza con profitto e con la segnalazione delle competenze acquisite.

I corsi finora attuati si occupano di formare addetti nel campo della ristorazione e in quello alberghiero (aiuto cuoco, addetto ai servizi alberghieri, pulizia e rifacimento camere, ecc.), nel campo dei servizi alle imprese (lavori di segreteria, operatori su personal computer, centralinisti, ecc.) e nel settore del­la grande distribuzione (aiuto magazziniere, scaffalista, ecc.). La finalizzazione occupazionale è chiara anche perché molti dei corsi Fal sono pensati e or­ganizzati proprio su indicazione dei Centri per l’impiego provinciali. Essi si impegnano a fornire le indicazioni di aziende, soggette all’obbligo di assunzione in base alla legge 68/1999, in cui poter inserire i ragazzi in tirocinio con l’obiettivo, qualora il tirocinio abbia esito positivo, di procedere all’assunzione.

Ed è proprio attraverso uno di questi percorsi che Stefano ha potuto apprendere un mestiere, ha potuto sperimentare diverse realtà lavorative e capire, lavorando sul campo, quali erano le mansioni a lui più confacenti, quelle in cui si sentiva più sicuro e che avrebbe potuto consolidare ed eseguire al meglio. Non è stato un percorso facile, ha richiesto molto impegno sia da parte di Stefano che di tutte le parti in gioco: per Stefano si è trattato di riprendere il percorso iniziato con l’apprendistato, di rinforzare le sue capacità e di capire ancora meglio le regole che il mercato del lavoro impone e soprattutto di adeguare i suoi comportamenti all’ambiente in cui era chiamato a lavorare. La gestione dell’ansia, l’adeguamento a ritmi sempre più veloci, il rapporto con i colleghi e con i superiori sono stati i nodi più difficili da sciogliere, quelli che hanno richiesto più tempo e più pazienza. Ma alla fine Stefano è riuscito a migliorare e maturare anche grazie al fatto che ha trovato un ambiente di lavoro attento e già preparato da precedenti esperienze ad interagire con ragazzi problematici.

 

Il tirocinio in azienda

È stata poi fondamentale la possibilità di utilizzare un periodo di tirocinio abbastanza lungo (circa sei mesi): il datore di lavoro ha avuto modo di capire cosa Stefano poteva fare ed in che modo bisognava rapportarsi con lui per far emergere tutte le sue potenzialità, Stefano ha potuto apprendere con i suoi tempi, senza quell’ansia da prestazione che inevitabilmente prende quando si sa che si deve essere produttivi a tutti i costi. In questo modo ha imparato poco per volta ad essere sempre più veloce nel tagliare le verdure necessarie per la preparazione di insalate e piatti vari, ha imparato ad essere attento per evitare di tagliarsi, ha imparato le procedure per l’igiene e la sicurezza alimentare, ha imparato a rapportarsi con i suoi colleghi di lavoro (quasi tutte donne) che lo hanno subito preso in simpatia, che lo hanno aiutato all’inizio ma che ora giustamente pretendono da lui il massimo.

 

Conclusioni

Ora credo che Stefano ce la metta tutta per non deludere le aspettative delle tante persone che hanno creduto in lui e che gli hanno dato la possibilità di potersi esprimere anche attraverso il lavoro.

Il lavoro forse non è tutto nella vita ma è certo una parte molto importante e lo è a maggior ragione per chi vorrebbe trovare una normalità in altri aspetti negatagli: dovere della società è mettere tutti coloro che nonostante l’handicap hanno delle capacità lavorative, in condizione di esercitare il diritto al lavoro che la nostra costituzione prevede e che le nostre leggi tutelano. Forse non abbastanza.

Questa vuole essere una testimonianza che incoraggi altri genitori a seguire tenacemente, senza scoraggiarsi, questo percorso magari facendosi affiancare e aiutare dalle associazioni che si battono per i diritti di queste persone nel trovare la strada giusta per il lavoro.

 

Allegato 1

 

Articoli pubblicati su Prospettive assistenziali sui temi del lavoro e della formazione professionale dei soggetti con handicap

 

Segnaliamo i seguenti articoli: “Proposta di legge di iniziativa popolare: interventi per gli handicappati psichici, fisici, sensoriali ed i disadattati sociali”; Manuel Gutierrez, “L’insufficiente mentale e il lavoro”; Ministero francese dell’educazione nazionale, “Direttive pedagogiche per la preparazione alla vita professionale e sociale degli adolescenti insufficienti mentali”; Maria Dubost, “L’inserimento nel lavoro normale degli insufficienti dell’intelligenza medi e lievi”, n. 5/6, 1969; “Istituiti dal Comune di Torino corsi integrati di formazione professionale per handicappati”, n. 22, 1973; “Esperienze di inserimenti di handicappati”, n. 27, 1974; “Sentenza in materia di collocamento obbligatorio al lavoro di invalidi”, n. 28, 1974; “Interventi regionali per favorire l’inserimento sociale degli handicappati fisici, psichici e sensoriali”, n. 30, 1975; “Cgil, Cisl e Uil di Milano ‘Per l’integrazione sociale degli handicappati’”, n. 36, 1976; Vincenzo Bagnasco, “Esperienze e problemi dell’inserimento al lavoro di handicappati psichici”, n. 39, 1977; “Inserimento lavorativo di handicappati psichici” (delibera d’assunzione di 18 handicappati intellettivi nei ruoli della Provincia di Torino), n. 40, 1977; “Sentenza sul collocamento obbligatorio al lavoro degli invalidi”, n. 41, 1978; “Piattaforma per gli handicappati psichici ultraquindicenni”, n. 43, 1978; “Comune di Torino: indicazioni programmatiche degli interventi a favore degli handicappati di età superiore ai 14 anni”, n. 44, 1978; “Sentenza sul collocamento obbligatorio degli handicappati”, n. 45, 1979; “Sei piattaforme sugli interventi per gli handicappati” e “Assunzione di handicappati da parte del Comune di Torino”, n. 46, 1979; “Inserimento lavorativo degli handicappati fisici”, n. 48, 1979; AA. VV. “Handicap e territorio”, n. 50, 1980: “Legge della Regione Emilia-Romagna: interventi per favorire l’autonomia economica e sociale dei cittadini portatori di handicap” e “Giornate di informazione sull’inserimento professionale degli handicappati”, n. 51, 1980; “Inserimento lavorativo degli handicappati gravi e interventi per i gravissimi” (si vedano in particolare le sintesi dei gruppi di lavoro su “Formazione professionale”), pag. 44; “Inserimento lavorativo in aziende pubbliche e private e in cooperative. Strategie del sindacato e dei movimenti di base”, pag. 45 e segg.; “Organizzazione del lavoro e produttività. Ruolo delle strutture sindacali di base”, pag. 49 e “Collocabili gli handicappati psichici”, n. 53, 1981; Walter Fossati, “L’inserimento lavorativo degli handicappati all’Alfa Romeo di Arese con il finanziamento del Fondo sociale europeo”, n. 54, 1981; AA. VV., “Handicappati: linee per un intervento non istituzionale”, “Proposte del Molces per un reale inserimento lavorativo degli invalidi” e “Esperienze di formazione-lavoro di handicappati”, n. 56, 1981; “Gli handicappati difendono i loro diritti” e “L’inserimento al lavoro degli handicappati: un caso esemplare”, n. 57, 1982; “Documento base del Coordinamento nazionale tra le associazioni e i movimenti di base per i problemi dell’emarginazione e dell’handicap”, n. 59, 1982; “Il Governo nega agli handicappati il diritto al lavoro”, “Assunzioni obbligatorie di invalidi da parte delle pubbliche amministrazioni” e “Una esperienza di inserimento al lavoro di adolescenti handicappati psichici”, n. 61, 1983; “Il Governo insiste: gli handicappati non devono lavorare (e il Sindacato approva...)”, n. 64, 1983: “Invalidi, Sindacato e Governo (ovvero le due verità)” e “Significato, realtà e problemi dell’integrazione sociale delle persone con deficit funzionali”, n. 65, 1984; Walter Fossati, “Piattaforma del Sindacato lombardo per l’inserimento lavorativo degli handicappati” e “Handicap e lavoro: primo maggio negato”, n. 66, 1984; “Deliberazioni sulla formazione prelavorativa degli handicappati”, n. 67, 1984; “Sinda­cato e handicappati: le bugie hanno le gambe corte”, n. 68, 1984; “Politiche sociali per i minori e per gli handicappati” e “Mozione conclusiva dell’Assem­blea nazionale dell’Aniep”, n. 69, 1985; Francesco Santanera, “Esperienze in materia di formazione professionale e di inserimento lavorativo di handicappati”, n. 70, 1985; Gianni Calligari, “Riflessioni sull’inserimento nei ruoli del Comune di Torino di persone con handicap” e “Riconosciuto il dritto al lavoro degli invalidi totali”, n. 71, 1985; “Proposte del Csa per la riforma della legge sul collocamento obbligatorio” e “Sentenza della Pretura di Roma sul diritto al lavoro degli handicappati beneficiari dell’indennità di accompagnamento”, n. 72, 1985; “Piattaforme presentate dal Csa e altre iniziative contro l’emarginazione” e “L’inserimento lavorativo degli handicappati: l’esperienza della Provincia di Torino”, n. 73, 1986; “Intesa tra Comune di Torino, Sindacati e Csa nei corsi prelavorativi per insufficienti mentali” e “Appello Cgil, Cisl e Uil per l’occupazione delle persone handicappate e la riforma del collocamento obbligatorio”, n. 74, 1986; Gianni Selleri, “Per una adeguata riforma di collocamento obbligatorio” e “I partiti e i Sindacati non vogliono assumere gli invalidi”, n. 75, 1986; Carlo Maria Martini, “Handicappati, società e lavoro”, n. 76, 1986; Giuseppe Oberto, “Invalidità psichiche e invalidità fisiche ai fini del collocamento obbligatorio”, n. 77, 1987; “Anche i partiti e i sindacati devono assumere handicappati” e “Compatibilità dell’indennità di accompagnamento con il lavoro”, n. 78, 1987; “L’Anffas contraria all’inserimento lavorativo degli handicappati psichici?”, n. 79, 1987; “Formazione professionale e inserimento lavorativo dei portatori di handicap”, n. 81, 1988; Maria Grazia Breda e Adriano Serafino, “I corsi prelavorativi per insufficienti mentali: l’interessante esperienza del Comune di Torino” e “Circolare del Ministero del lavoro sull’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio degli handicappati con un grado di invalidità del 100%”, n. 83, 1988; “Handicappati e società: quali valori, quali diritti, quali doveri”, n. 88, 1989; “Nuove proposte per il collocamento obbligatorio al lavoro degli handicappati”, “Seconda intesa sui corsi prelavorativi per insufficienti mentali sottoscritta da Comune di Torino, Sindacati e associazioni” e “Il diritto al lavoro degli handicappati psichici sancito dalla Corte Costituzionale”, n. 89, 1990; “Dibattito e esperienze di inserimento lavorativo di handicappati intellettivi”, n. 92, 1990; “Handicappati e società: quali strategie per il lavoro” e “Piattaforme presentate dal Csa alla Regione Piemonte, al Comune e alla Provincia di Torino, alle Ussl cittadine e al Provveditorato agli studi”, n. 93, 1991; “Handicap: dalla legge quadro alla legge beffa” e “Legge quadro sull’handicap. Testo della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati”, n. 94, 1991; “Proposta di legge regionale sui corsi prelavorativi per handicappati intellettivi”, n. 96, 1991; “La legge quadro sull’handicap: una scatola vuota”, “Analisi sintetica della legge quadro sull’handicap” e “Due convegni sull’inserimento lavorativo degli handicappati”, n. 97, 1992; “Messaggio del Cardinale Martini per il convegno sulla legge quadro sull’handicap”, “Handicappati e società: i diritti irrinunciabili e le condizioni per renderli esigibili” e “Corso di formazione sull’handicap”, n. 98, 1992; Flavio Cocanari, “Il diritto al lavoro degli handicappati: proposte per una idonea legge sul collocamento obbligatorio”, n. 99, 1992; “Handicappati e società: proposte per la nuova legge sul collocamento al lavoro” e “Handicappati e società: quale strategia per il lavoro”, n. 100, 1992; “Collocamento obbligatorio al lavoro: inadempienti le amministrazioni pubbliche dell’Umbria” e “Convegno nazionale ‘Handicappati e società. Il posto di lavoro: un diritto, un dovere. Orientamenti culturali e proposte operative’”, n. 101, 1993; “Assunzioni obbligatorie e tirocini per persone con handicap”, n. 102, 1993; Maria grazia Breda, “L’assunzione delle categorie protette nell’amministrazione pubblica: introdotta la chiamata numerica” e Giovanni Baratta, “Inserimento al lavoro di un portatore di handicap intellettivo”, n. 103, 1993; “L’inserimento lavorativo degli handicappati: un diritto-dovere. Nuovi orientamenti culturali e operativi”, “Circolare sul collocamento obbligatorio” e “Ordine del giorno della Filtea Cisl di Torino sui portatori di handicap”, n. 104, 1993; Vanna Lorenzoni, “L’inserimento lavorativo di handicappati intellettivi: il caso di Settimo Torinese” e “Per il diritto al lavoro degli handicappati intellettivi”, n. 105, 1994; Gruppo nazionale Handicappati e società, “Linee guida per il nuovo Parlamento”, “Un ordine del giorno del Consiglio comunale di Torino sull’inserimento lavorativo degli handicappati” e “Uneba, Anaste, Cgil, Cisl e Uil contro l’inserimento lavorativo degli handicappati”, n. 106, 1994; “Gli handicappati nell’Italia della crisi: occupazione o assistenza?”, n. 108, 1994; Ester Sanpaolo e Patrizia Danesi, “Un posto per tutti. Analisi di esperienze lavorative di adulti con sindrome di Down” e Gruppo nazionale Handi­cappati e società, “Almeno sette posti di lavoro per le persone handicappate ogni cento lavoratori assunti: si deve, si può. Spunti per costruire una piattaforma operativa”, n. 109, 1995; “Messaggio del Cardinale Martini ai partecipanti del I Convegno europeo sugli handicappati intellettivi”, Antonio Saccardo e Oriana Zaltro, “La produttività dell’integrazione lavorativa. L’esperienza del Sil dell’Ulss 4 - Alto Vicentino” e “Terza intesa sui corsi prelavorativi per handicappati intellettivi”, n. 110, 1995; “La Fondazione italiana per il volontariato non vuole che handicappati e svantaggiati lavorino nelle normali aziende”; Maria Grazia Breda, “Una vera riforma del collocamento al lavoro degli handicappati è ancora lontana” e “Testo unificato per la riforma del collocamento obbligatorio al lavoro”, n. 111, 1995; Augusto Battaglia, “La riforma del collocamento dei lavoratori con handicap”, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, “Handicappati intellettivi assunti da cooperative sociali”, “Handicappati e società: principi e proposte da cui ripartire con le istituzioni. Oltre la legge quadro, per la riforma del collocamento obbligatorio”, “La Fondazione italiana per il volontariato si sottrae al confronto” e “Han­dicappati: solidarietà, economia e lavoro”, n. 112, 1995; Mariella Fracasso, “L’integrazione lavorativa delle persone handicappate: l’esperienza del Comune di Milano”, Angelo e Giovanna Ridolfi, “L’inserimento lavorativo di nostra figlia handicappata intellettiva: una esperienza positiva”, “Protocollo d’intesa sui corsi prelavorativi per handicappati intellettivi”, “Piattaforma presentata dal Csa alla Giunta della Regione Piemonte”, “Piattaforma del Csa per la Provincia di Torino” e “Il lavoro: un diritto di tutti”, n. 113, 1996; “Proposte per il nuovo Parlamento”, Massimo Dogliotti, “La legge quadro sull’handicap: il legislatore statale e quello regionale” e “Lettera aperta alle organizzazioni sindacali di Torino”, n. 114, 1996; “Handicap e lavoro: un allarmante accordo del Sindacato a Biella”, n. 115, 1996; “Fuori gli handicappati dalle normali aziende di Treviso”, n. 116, 1996; “La persona Down verso il duemila”, n. 117, 1997; “Una importante delibera del Comune di Roma sul collocamento obbligatorio degli handicappati” e “Protocollo di intesa sull’inserimento lavorativo di handicappati sottoscritto dal Comune di Torino, il Csa e l’Anffas”, n. 118, 1997; Coordi­namento sanità e assistenza fra i movimenti di base, “Assunzioni di handicappati intellettivi: un bilancio del volontariato dei diritti dal 1962 al 1997”, n. 120, 1997; “Il progetto unificato del collocamento obbligatorio al lavoro degli handicappati e il rischio di una controriforma”, “Testo approvato dal senato per la riforma della legge 482/19682, n. 121, 1998; “Modificata la legge quadro sull’handicap con altri tre ‘possono’” e “Handicap e lavoro: condizioni per una riforma seria del collocamento obbligatorio”, n. 122, 1998; “La relazione al Parlamento sull’attuazione delle politiche per l’handicap relativa al 1997” e “Lettera aperta ai colleghi della Provincia di Torino di un lavoratore con handicap”, n. 123, 1998”; “Messaggio del Cardinale Martini alle persone handicappate intellettive o con sindrome di Down” ed Emanuela Buffa, “Far emergere le potenzialità e le capacità degli handicappati intellettivi”, n. 124, 1998; “Perché il Sindacato non pensa ai disoccupati handicappati?”, n. 125, 1999; Maria Grazia Breda, “Aspetti positivi, negativi e problematici della nuova legge sul collocamento al lavoro delle persone con handicap”, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, “Handicappati intellettivi: assunzioni in aziende profit” e “Legge 68/1999: norme per  il diritto al lavoro dei disabili”, n. 126, 1999; Emanuela Buffa, “Lavorare in sinergia: un’esperienza di collocamento mirato di soggetti con handicap intellettivo”, n. 128, 1999; Alberto Migliore, “Modelli strategici per gestire l’inserimento lavorativo di persone con insufficienza intellettiva” e “Handicap: le richieste del Csa per ottenere diritti e servizi sociali esigibili”, n. 130, 2000; Maria Grazia Breda, “Prime valutazioni sull’attuazione della legge 68/1999 concernente il collocamento al lavoro delle persone con handicap”, n. 131, 2000; Emanuela Buffa, “Con­corso del Comune di Torino per l’assunzione di 45 lavoratori con handicap intellettivo, fisico o sensoriale”, n. 132, 2000; Emanuela Buffa, “Quale formazione per gli alunni con handicap dopo la scuola dell’obbligo”, “Corsi prelavorativi per handicappati intellettivi: una risposta formativa sempre attuale”, “Valido protocollo di intesa per la costituzione di un servizio intercomunale per l’inserimento lavorativo di soggetti con handicap e per la sperimentazione del collocamento mirato”, “Iniziative assunte nel 2000 dal Gruppo genitori per il diritto al lavoro delle persone con handicap intellettivo”, n. 134, 2001; “Piattaforma presentata alla Regione Piemonte dal Csa”, n. 135, 2001; Gianni Pellis, “L’assistenza personale autogestita: una realtà innovativa per le persone con handicap fisico molto grave”, “Approvata una valida delibera per la vita indipendente dei soggetti con gravi handicap” e “Riflessioni e proposte per la rivalutazione dei corsi prelavorativi”, n. 137, 2002; Luca genovese e Giuseppina Jannatuoni, “Assunzione di 48 soggetti con handicap nella pianta organica del Comune di Torino: descrizione dei percorsi”, “Una importante delibera della Giunta della Regione Emilia-Romagna sulla vita indipendente dei soggetti con handicap grave”, n. 139, 2002; “Esperienze e risultati conseguiti dal volontariato dei diritti dal 1998 al 2002”, n. 140, 2002; “I soggetti con handicap intellettivo: informazioni utili per la ricerca del lavoro” e “Soggetti con handicap intellettivo grave: orientamento al termine della scuola dell’obbligo”, n. 141, 2003; Maria Grazia Breda, “L’orientamento degli allievi con handicap intellettivo: dall’integrazione scolastica all’inserimento lavorativo e sociale”, n. 142, 2003; “Una delibera della Regione Piemonte per la sperimentazione di progetti di vita indipendente”, n. 143, 2003; “Handicap: due esempi di collaborazione tra scuola di Stato e formazione professionale”, n. 145, 2004; Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, “L’inserimento lavorativo dei soggetti con handicap: le gravi ripercussioni negative dell’articolo 14 del decreto legislativo 276/2003”, n. 146, 2004; Pierantonio Crivelli, “La difficile conquista del lavoro da parte di un giovane con handicap intellettivo”, “Legge Biagi: primi tentativi di applicazione dell’articolo 14 decreto legislativo 276/2003 per le persone in situazione di handicap”, “Presentata alla Provincia di Torino la piattaforma del Csa”, n. 148, 2004; “Due giovani con handicap fisico gravissimo terminano con lode il loro percorso universitario”, n. 149, 2005; “Soggetti con handicap e limitata autonomia: un esempio di come gli Enti locali possono promuovere occupazione”, n. 151, 2005; “Le Regioni e l’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati”, n. 152, 2005; Maria Grazia Breda, “Riflessioni sul lavoro in rete dei servizi per l’inserimento lavorativo” e “Presentata alla Regione Piemonte la piattaforma del Csa”, n. 153, 2006; Maria Grazia Breda, “Handicap intellettivo e lavoro: il percorso ad ostacoli di Marco”, n. 154, 2006; “Piattaforma del Csa per il Comune di Torino”, n. 156, 2006; Emanuela Buffa, “Handicap intellettivo e lavoro: positive esperienze di collocamento mirato”, n. 157, 2007; Roberto Tarditi, “Considerazioni sulla vita indipendente delle persone con handicap grave”, n. 160, 2007; “Progetto ‘Handicap intellettivo: lavoro o assistenza? - Guida ai percorsi dopo l’obbligo formativo’”, n. 162, 2008; Gaudenzio Como, “Handicap: un’esperienza di collaborazione positiva tra agenzie formative e centri provinciali per l’impiego”, n. 163, 2008; Alberto Migliore e John Butterworth, “Risultati del programma ‘Vocational Rehabilitation’ 1995-2000 per l’inserimento lavorativo in Usa delle persone con handicap intellettivo”, n. 164, 2008.

 

 

 

* Coordinatrice del Ggl, Gruppo genitori per il diritto al lavoro delle persone con handicap intellettivo: e-mail: emanuela. buffa@tiscali.it

(1) Cfr. Maria Grazia Breda, “Handicap intellettivo e lavoro: il percorso ad ostacoli di Marco”, Prospettive assistenziali, n. 154, 2006.

(2) Il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, è attivo dal 1970.

(3) Cfr. l’allegato 1.

(4) Per corso prelavorativo si intende un’attività di formazione professionale rivolta specificatamente a giovani con handicap intellettivo che non sono in grado di frequentare i corsi normali di formazione professionale e di raggiungere la qualifica finale a causa delle loro personali difficoltà e del contenuto nozionistico e teorico che tali corsi contengono. Si tratta però di soggetti che, nonostante la minorazione, presentano potenzialità lavorative per cui si può ragionevolmente prevedere il loro inserimento in attività produttive proficue. I corsi sono organizzati dalla Regione Piemonte, in convenzione con enti di formazione pubblici e privati, in moduli di 12-15 allievi per classe e sono inseriti nei normali centri di formazione professionale. Durano tre anni, per un totale complessivo di 2.400 ore. Caratteristica di questi corsi è l’alternanza tra una parte teorica (ridotta) e il tirocinio sul posto di lavoro, che invece occupa una parte rilevante del monte ore. I corsi prelavorativi non si prefiggono l’obiettivo di una qualifica, ma si preoccupano di aumentare l’autonomia globale dell’allievo in modo da rendere possibile un collocamento lavorativo in attività che prevedono lo svolgimento di mansioni semplici. Cfr. i volumi: Formare per l’autonomia - Strumenti per la preparazione professionale degli handicappati intellettivi, di Maria Grazia Breda e Marcella Rago, Rosenberg & Sellier, Torino e Il lavoro conquistato - Storie di inserimenti di handicappati intellettivi in aziende pubbliche e private, di Emilia De Rienzo, Costanza Saccoccio e Maria Grazia Breda, Rosenberg & Sellier, Torino.