Prospettive assistenziali     n. 166  aprile giugno 2009

 

 

DISPOSIZIONI DELLA REGIONE PIEMONTE RIGUARDANTI I CENTRI DIURNI  E LE PRESTAZIONI RESIDENZIALI PER LE PERSONE COLPITE DAL MORBO DI ALZHEIMER O DA ALTRE FORME DI DEMENZA SENILE *

 

 

 

Dopo una lunga trattativa condotta dal Csa e dalle altre organizzazioni promotrici della petizione popolare (1), la Giunta della Regione Piemonte ha approvato la delibera n. 38-11189 del 6 aprile 2009 in cui, dopo aver rilevato che «nella maggioranza dei casi le persone affette da Alzheimer e da altre demenze sono curate a casa» e che «la famiglia rappresenta il principale supporto» di detti malati (2) riconosce che «con il progredire della malattia “la gestione” del malato diviene sempre più difficile e gli interventi di cura e assistenza domiciliare non sono, talora, sufficienti a sostenere la famiglia».

Ne consegue – precisa la delibera in oggetto – che può «essere necessario il ricorso a servizi socio-sanitari semiresidenziali – quali il centro diurno Alzheimer autonomo (Cdaa) o il Centro diurno Alzheimer inserito in un presidio (Cdai) – oppure residenziali come previsto dalla delibera della Giunta della Regione Piemonte 17-15226/2005, ricorrendo al nucleo Alzheimer temporaneo (Nat) nei casi di disturbi comportamentali importanti».

Segnaliamo altresì il riconoscimento, ribadito nel provvedimento in oggetto, della prioritaria competenza del settore sanitario in merito alla cura delle persone colpite dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile (3).

Ciò premesso, riproduciamo integralmente, ma senza inserire le tabelle, l’allegato A della delibera in oggetto riguardante i centri diurni e l’allegato B concernente il nucleo residenziale temporaneo. Non riproduciamo, invece, l’allegato C relativo alle “strutture residenziali e semiresidenziali per persone affette da morbo di Alzheimer ed altre demenze: requisiti strutturali”.

 

Allegato A

 

CENTRO DIURNO PER SOGGETTI AFFETTI DA MORBO DI ALZHEIMER ED ALTRE DEMENZE: REQUISITI GESTIONALI

 

Il centro diurno per soggetti con demenze è un servizio semiresidenziale, destinato a soggetti affetti da demenza e al sostegno dei familiari e/o altre persone di riferimento, che li assistono al domicilio.

Il centro diurno Alzheimer autonomo (Cdaa) o inserito in struttura socio-sanitaria (Cdai) costituisce elemento fondamentale nella rete dei servizi territoriali ed è in collegamento con l’unità di valutazione geriatrica (Uvg), l’unità di valutazione alzheimer (Uva) e il medico di medicina generale (Mmg). Inoltre si pone come punto di riferimento territoriale nelle rete dei servizi e mette le sue risorse professionali a disposizione dei familiari, che mantengono al domicilio il proprio congiunto affetto da demenza.

 

soggetti destinatari

I destinatari del Cdaa/Cdai sono soggetti affetti da morbo di Alzheimer o altre forme di demenza, con diagnosi accertata, in base a criteri scientifici validati. L’Uvg ne definisce l’eligibilità.

 

obiettivi

Obiettivo del Cdaa/Cdai è il miglioramento della qualità della vita dell’utente e dei suoi famigliari, con la conseguente riduzione del ricorso all’istituzionalizzazione o, almeno, un suo allontanamento nel tempo.

A tal fine il Cdaa/Cdai predispone azioni volte a: individuare interventi terapeutici, anche per quanto concerne la presenza di altre eventuali patologie concomitanti; migliorare il quadro sintomatologico funzionale, psicologico e comportamentale; ridurre o abolire l’uso di psicofarmaci; stimolare le capacità sociali (comunicative, relazionali e cognitive) e realizzare adeguati interventi di supporto ai famigliari e/o altre persone di riferimento.

Il Cdaa/Cdai è punto di riferimento anche per i familiari e/o altre persone di riferimento degli utenti. A tal fine il personale del Cdaa/Cdai promuove nei confronti dei congiunti o altra persona di riferimento interventi tesi al raggiungimento dei seguenti obiettivi: riduzione dello stress; promozione del benessere psichico; mantenimento della salute fisica; miglioramento delle relazioni sociali; acquisizione di conoscenze sulla malattia e di capacità di gestire il paziente e  miglioramento della relazione con il familiare o altra persona di riferimento.

 

monitoraggio

Nei riguardi dell’utente è necessario monitorare periodicamente le seguenti aree facendo anche riferimento alle relative scale, come ad esempio:

- cognitive: esame dello stato mentale [Mini - Mental State Examination (Mmse) Folstein MF, Folstein SE, McHugh PR];

- comportamentali e relativo carico assistenziale: inventario neuropsichiatrico [Neuropsychiatric Inventory (Npi) Cummings IL, Mega M, Gray K];

- funzionali: scala di valutazione delle attività di base della vita quotidiana [Barthel Index (B.I.), Mahoney FI, Barthel DW].

Occorre, inoltre, valutare:

- il carico assistenziale sugli operatori: scala per la demenza di alzheimer di grado severo [Bedford Alzheimer Nursing Severità Scale (Banss) Volicer L, Hurley AC, Lathi DC, Kowall NW];

- il carico assistenziale ed emotivo-affettivo del familiare o di altra persona di riferimento: inventario del carico del caregiver [caregiver burden inventory (Cbi) Novak M e Guest C, 1989].

 

accesso e frequenza

L’inserimento al Cdaa/Cdai è disposto dall’Uvg dell’Azienda sanitaria locale (Asl) competente per territorio, che verifica l’ammissibilità e predispone il Progetto individuale sulla base dei bisogni del soggetto e delle esigenze dei familiari o altra persona di riferimento, emersi in sede di valutazione.

La frequenza al Cdaa/Cdai può essere modulata in base ai bisogni del soggetto e della famiglia o altra persona di riferimento, purché definita e concordata in sede Uvg e in accordo con il responsabile del Cdaa/Cdai.

Il Cdaa/Cdai deve essere aperto per almeno 5 giorni alla settimana (da lunedì a venerdì) con un orario minimo di 8 ore giornaliere (comprensive del pranzo). L’attività del centro diurno può essere sospesa per limitati periodi durante l’anno, in base a motivate esigenze organizzative locali.

Il Cdaa/Cdai ha una ricettività massima di 20 utenti/die e deve essere in possesso dei requisiti strutturali stabiliti nell’allegato C) del presente provvedimento.

All’utente deve essere garantito il servizio di trasporto da e per il domicilio da parte del centro diurno anche attraverso accordi e risorse locali.

 

prestazioni

Dal momento dell’ingresso nel Cdaa/Cdai tutti gli operatori, che vengono a contatto con il neo-ospite, devono provvedere alla raccolta dati, i quali scaturiscono dai rapporti e dall’osservazione per la predisposizione del Piano assistenziale individuale (Pai).

Tali dati devono essere trascritti su apposite schede di osservazione con particolare riguardo: alla cura della persona; alle attività della vita quotidiana; alle abitudini alimentari; all’umore ed ai comportamenti e al rapporto con altri ospiti, familiari, operatori. A tali aspetti debbono aggiungersi le osservazioni inerenti lo stato generale di salute, le autonomie residue e le specifiche patologie di cui la persona è affetta.

Nel Cdaa/Cdai devono essere garantiti i seguenti interventi all’interno del Piano assistenziale individuale: valutazione geriatrica con programmazione delle attività sanitarie, controllo periodico e gestione dei problemi cognitivi, comportamentali, funzionali e delle patologie intercorrenti; nursing orientato al mantenimento e stimolazione delle capacità residue e animazione orientata a favorire l’esercizio delle funzioni fisiche e psichiche (cognitive e affettive).

A causa della variabilità della evoluzione della malattia il programma terapeutico-assistenziale (Pai) deve essere individualizzato e periodicamente valutato.

È infatti attraverso tale strumento che si sancisce il passaggio da un servizio per prestazioni a quello per progetti e quindi da una assistenza eguale per tutti ad una assistenza individualizzata.

La responsabilità dell’esecuzione operativa del Pai è in capo al medico responsabile del Cdaa/Cdai.

Il medico di medicina generale (Mmg) assicura le prestazioni sanitarie previste dalla normativa convenzionale vigente.

Il Cdaa/Cdai, se gestito direttamente dalla Azienda sanitaria locale, può fornire prestazioni psicodiagnostiche e di riabilitazione cognitiva e motoria anche a soggetti esterni, con accesso sempre tramite l’Uvg; in tal caso occorre prevedere una maggiore presenza settimanale delle figure professionali competenti con formazione specifica in base alle necessità.

 

personale

Tutte le figure professionali del Cdaa/Cdai devono lavorare in équipe per raggiungere gli obiettivi, nei confronti degli utenti e delle loro famiglie, definiti nel Piano assistenziale individuale (Pai).

La direzione sanitaria viene garantita dal direttore sanitario della struttura in cui il Cdai è inserito.

Nel caso di Cdaa la direzione sanitaria è garantita dal medico responsabile.

Si propongono due tipologie organizzative gestionali del centro diurno, differenti tra loro per gli standard orari indicati per alcune figure professionali, come indicato nelle tabelle 1 e 2 (omissis).

L’Azienda sanitaria locale di competenza, di concerto con la struttura semiresidenziale, può definire ulteriori tipologie organizzative, fermo restando l’obbligo di impiego di tutte le figure professionali indicate nelle suddette tabelle.

La tipologia organizzativa prescelta può prevedere una contenuta flessibilità ed adattabilità in rapporto alle specificità degli utenti presenti.

La scelta del modello organizzativo è approvata, con apposito atto, dall’Azienda sanitaria locale di competenza di concerto con la struttura semiresidenziale.

Il medico responsabile è tenuto a compilare la cartella clinica per ogni utente del Cdaa/Cdai, comunicando al Mmg le eventuali sostanziali modificazioni dello stato di salute con le possibili variazioni terapeutiche; altresì è responsabile dell’équipe multidisciplinare interna al centro, tiene i contatti con i Mmg, l’Uvg e l’Uva, se l’utente è seguito anche da quest’ultima unità di valutazione.

La cartella clinica del Cdaa/Cdai è composta oltre che dalle scale di valutazione sopraccitate, anche da informazioni relative a: anamnesi personale e dei disturbi cognitivi; esame obiettivo e psicocomportamentale; valutazione funzionale e variazioni significative clinico-terapeutiche e comportamentali.

 

volontariato

Per le attività di animazione e di socializzazione possono essere attivati progetti specifici di collaborazione con organizzazioni di volontariato o volontariato singolo come previsto dalla delibera della Giunta regionale n. 17-15226 del 30 marzo 2005.

 

autorizzazione al funzionamento

Per quanto riguarda le procedure e le modalità di autorizzazione e di vigilanza di Cdaa/Cdai questi sono assimilabili ai Cdi e si fa riferimento al combinato disposto degli articoli n. 26, 27 e 54 della legge regionale 1/2004 unitamente alle disposizioni contenute nella delibera della Giunta regionale 11 febbraio 2008, n. 32-8191.

 

assetto organizzativo gestionale

Occorre che ogni Cdaa/Cdai definisca protocolli per indicare ai propri operatori quale sia il modo migliore per assicurare una assistenza di qualità, con il massimo dell’appropriatezza e di beneficio per l’ospite, il minimo rischio e un buon uso delle risorse. Si rende altresì necessario che ogni Cdaa/Cdai definisca un programma di formazione, aggiornamento e sostegno motivazionale dei propri operatori, i cui contenuti devono essere tecnici, organizzativi, gestionali, etici, informati alla metodologia della valutazione e revisione della qualità.

Infine ogni Cdaa/Cdai deve predisporre una propria carta dei servizi ed un regolamento.

 

Allegato B

 

NUCLEO RESIDENZIALE TEMPORANEO PER SOGGETTI AFFETTI DA MORBO DI ALZHEIMER ED ALTRE DEMENZE: REQUISITI GESTIONALI

 

L’attivazione dei nuclei speciali per l’assistenza di soggetti affetti da demenza in residenze socio-sanitarie rappresenta un obiettivo di qualificazione dell’attività svolta dai presidi residenziali extraospedalieri al fine di assicurare agli stessi l’appropriatezza delle cure all’interno di un adeguato percorso assistenziale.

Il nucleo Alzheimer temporaneo (Nat) è inserito nella rete dei servizi territoriali in collegamento con le unità di valutazione geriatrica (Uvg), le unità di valutazione Alzheimer (Uva) e il medico di medicina generale (Mmg). Il Nat è destinato a pazienti affetti da demenza con importante compromissione delle condizioni psico-fisiche e con gravi disturbi comportamentali. La permanenza nel nucleo ha carattere di temporaneità: l’Uvg dell’Azienda sanitaria locale (Asl) di residenza dell’utente deve verificare periodicamente, in base al Progetto di intervento individualizzato, se sussiste la necessità della permanenza del soggetto ricoverato, o se ne sia attuabile la dimissione od il trasferimento in residenza socio-sanitaria o al domicilio.

 

soggetti destinatari

I destinatari del Nat sono soggetti affetti da demenza di grado moderato-severo con gravi disturbi comportamentali o severi sintomi psichici, che possono trarre vantaggio da un intervento terapeutico psico-riabilitativo intensivo, sulla base di un progetto individuale predisposto dall’Uvg, provenienti da altri Nuclei di residenze socio-assistenziali, dai centri diurni Alzheimer (Cdaa/Cdai), dal proprio domicilio, dall’ospedale.

 

valutazione e progetto individuale

L’Uvg sulla base di una diagnosi di demenza accertata valuta le condizioni cliniche e la severità dei disturbi comportamentali, individua i bisogni, ne definisce il Progetto individuale.

I disturbi comportamentali devono essere valutati con lo strumento Neuropsychiatric Inventory [(Npi) di Cummings IL, Mega M, Gray K], il punteggio complessivo non deve essere inferiore a 24 o raggiungere in un singolo disturbo (ad eccezione di apatia e depressione) un punteggio non inferiore a 12.

Tuttavia l’unità di valutazione geriatrica ha la facoltà di considerare appropriato un ricovero in Nat in quelle situazioni in cui si ravvisano palesi elementi di criticità e/o instabilità, qualora si possa prevedere un beneficio per la persona valutata, precisandone le motivazioni.

Il Progetto individuale deve comprendere gli obiettivi, le figure professionali coinvolte, gli interventi, i tempi di rivalutazione e in base all’esito il percorso successivo.

 

obiettivi

Riduzione e controllo disturbi comportamentali; sostegno alle condizioni generali (in particolare nutrizionali); trattamento comorbilità; monitoraggio terapie psicofarmacologiche; riduzione e/o abolizione della contenzione fisica; tutela dell’incolumità del paziente e attivazione/riabilitazione applicata all’area cognitiva, all’area del comportamento e all’area delle abilità funzionali con tecniche di comprovata efficacia.

Per i familiari degli ospiti devono essere previste attività di sostegno quali colloqui individuali, gruppi di auto-mutuo-aiuto e formazione, al fine di facilitare la gestione del paziente anche per un eventuale rientro al domicilio.

 

organizzazione

L’inserimento è disposto dall’Uvg dell’Asl di residenza del soggetto interessato, che certifica l’ammissibilità, anche su proposta dell’Uva.

Ogni Nat deve operare in stretta collaborazione con i Cdaa/Cdai di riferimento sul territorio.

Considerata la particolare tipologia dei pazienti, i Nat possono essere articolati in moduli da 10/20 posti letto.

 

prestazioni

Dal momento dell’ingresso nel Nat, oppure dalla visita di pre-accoglienza, tutti gli operatori, che vengono a contatto con il neo-ospite, devono provvedere alla raccolta dati, i quali scaturiscono dai rapporti e dall’osservazione, per la predisposizione del piano assistenziale individuale (Pai).

Tali dati devono essere trascritti su apposite schede di osservazione con particolare riguardo: alla cura della persona; alle attività della vita quotidiana; alle abitudini alimentari; all’umore ed ai comportamenti e al rapporto con altri ospiti, familiari e operatori.

A tali aspetti debbono aggiungersi le osservazioni inerenti lo stato generale di salute, le autonomie residue e le specifiche patologie di cui la persona è affetta.

Nei Nat inoltre devono essere garantiti i seguenti interventi all’interno del piano assistenziale individuale: osservazione comportamentale; valutazione psico-diagnostico-terapeutica; programmazione attività sanitaria, controllo periodico con gestione dei problemi sanitari intercorrenti; nursing orientato al mantenimento delle capacità residue e delle attività di base della vita quotidiana; animazione orientata a favorire l’esercizio delle funzioni psichiche e attività psicodiagnostica di riabilitazione cognitiva e motoria. È infatti attraverso tale strumento, il Pai, che si sancisce il passaggio da un servizio per prestazioni a quello per progetti e quindi da una assistenza eguale per tutti ad una assistenza individualizzata.

La responsabilità dell’esecuzione operativa del Pai è in capo al medico responsabile del Nat.

Il medico di medicina generale (Mmg) assicura le prestazioni sanitarie previste dalla normativa convenzionale vigente.

 

personale

Tutte le figure professionali del Nat devono lavorare in équipe, a seconda delle diverse competenze professionali, per raggiungere gli obiettivi, nei confronti degli ospiti e delle loro famiglie, definiti nel piano assistenziale individuale (Pai).

La direzione sanitaria viene garantita dal direttore sanitario della struttura in cui il nucleo è inserito.

 

Volontariato

Per le attività di animazione e di socializzazione possono essere attivati progetti specifici di collaborazione con organizzazioni di volontariato o volontariato singolo come previsto dalla delibera della Giunta regionale n. 17-15226 del 30 marzo 2005.

 

autorizzazione al funzionamento

Per quanto riguarda le procedure e le modalità di autorizzazione e di vigilanza di Nat questi sono assimilabili ai nuclei delle strutture extraospedaliere delle residenze sanitarie assistenziali e si fa riferimento al combinato disposto degli articoli n. 26, 27 e 54 della legge regionale 1/2004 unitamente alle disposizioni contenute nella delibera della Giunta regionale 11 febbraio 2008, n. 32-8191.

 

assetto organizzativo gestionale

La centralità della persona e la risposta ai suoi bisogni costituiscono il cardine dell’assistenza personalizzata. Pertanto la struttura deve garantire il rispetto e soddisfare i bisogni di socializzazione dell’ospite attraverso il mantenimento dei rapporti con l’esterno. Deve quindi favorirsi la partecipazione di persone dall’esterno (familiari negli orari più ampi, volontariato, amici, ecc.), in modo tale che l’organizzazione del servizio sia scandita da momenti di socializzazione, oltre all’animazione, che deve avvalersi di personale competente.

Occorre che ogni Nat definisca procedure e protocolli per indicare agli operatori quale sia il modo migliore per assicurare una assistenza di qualità con il massimo dell’appropriatezza e di beneficio per l’ospite, il minimo rischio e un buon uso delle risorse.

Si rende altresì necessario che ogni Nat definisca un programma di formazione e aggiornamento dei propri operatori, i cui contenuti devono essere tecnici, organizzativi, gestionali, etici, informati alla metodologia della valutazione e revisione della qualità.

Infine ogni Nat deve predisporre una propria carta dei servizi ed un regolamento.

 

 

 

* Un commento della delibera 38/2009 è contenuto nell’editoriale di questo numero.

(1) Il testo della petizione popolare, rivolta al Presidente della Regione Piemonte, ai Sindaci, ai Presidenti delle Province, delle Comunità montane e dei Consorzi socio-assistenziali, ai Direttori generali delle Asl e delle Aziende sanitarie ospedaliere, è stato allegato al n. 153/2005 di Prospettive assistenziali e può essere richiesto all’Associazione promozione sociale, via Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011.8124459 o consultando il sito www.fondazionepromozionesociale.it. Si vedano anche gli articoli di Maria Grazia Breda “Petizione popolare per il Piemonte: primi risultati ottenuti”, Ibidem, n. 157, 2007 ed “Esempio di un possibile cammino comune tra associazioni di volontariato per ottenere diritti esigibili per le persone non autosufficienti”, Ibidem, n. 163, 2008.

(2) Si veda in questo numero l’articolo “Cure domiciliari per gli anziani cronici non autosufficienti: una importante delibera della Giunta della Regione Piemonte”.

(3) Il Csa, la Fondazione promozione sociale e Prospettive assistenziali hanno sempre affrontato le questioni relative alle esigenze e ai diritti dei dementi senili nell’ambito delle problematiche relative agli anziani cronici non autosufficienti. Le prime richieste sono contenute nella proposta di legge regionale piemontese di iniziativa popolare “Riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali e istituzione delle unità locali di tutti i servizi” nel cui articolo era così redatto: «I servizi sanitari e assistenziali di competenza della regione Piemonte, dei Comuni e delle Comunità montane devono essere istituiti e organizzati in modo da (…) assicurare gli interventi curativi e riabilitativi a livello domiciliare, ambulatoriale, poliambulatoriale, consultoriale e ospedaliero a tutte le persone che ne necessitano, comprese quelle definite malate croniche». La prima bozza della succitata proposta di legge è riportata sul n. 40, 1977 di Prospettive assistenziali, mentre il testo depositato al Consiglio regionale piemontese il 21 luglio 1978 con 13.167 firme autenticate e munite dei certificati elettorali, è riprodotto nel n. 43, 1978. Nell’editoriale del n. 44/1978 “Gli anziani definiti cronici vengono calpestati nei loro diritti” e nel libro di Marisa pavone e Francesco Santanera, Anziani e interventi assistenziali, La Nuova Italia Scientifica, 1982, sono state individuate le allora vigenti disposizioni di legge riguardanti le persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza alle cure sanitarie gratuite e senza limite di durata, comprese – occorrendo – quelle ospedaliere.