Prospettive assistenziali n. 164 ottobre-dicembre 2008



Specchio nero



L’ARCIVESCOVO DI POMPEI VUOLE

LA RIAPERTURA DEGLI ORFANOTROFI *


Nell’intervista rilasciata a La Stampa del 20 ottobre 2008, l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Carlo Liberati, ha fatto la seguente sorprendente gravissima affermazione: «Serve il coraggio per riaprire gli orfanotrofi per salvare 46mila bambini abbando­nati».

In primo luogo osserviamo che non è vero che vi sono in Italia «46mila bambini abbandonati».

Secondo gli ultimi dati ufficiali del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza di Firenze al 31 dicembre 2005 erano attivi 2.226 servizi per minori (soprattutto comunità alloggio parafamiliari) che accoglievano 11.543 bambini e adolescenti. Alla stessa data, il numero dei minori in affidamento familiare a scopo educativo erano ben 12.551 (con un incremento del 23% rispetto al 2000).

Mons. Liberati afferma che la legge 149/2001, che ha modificato la legge 184/1983 sull’adozione e sull’affidamento educativo, è «una legge fallimentare».

Non è assolutamente vero, com’è dimostrato dalle migliaia di adozioni nazionali e internazionali pronunciate dai Tribunali per i minorenni e dal numero dei minori in affidamento familiare a scopo educativo (vedi sopra).

Le numerose positive esperienze realizzate nel settore sono state illustrate nei convegni di Torino del 28 maggio 2008, promosso dalla Facoltà di scienze della formazione dell’Università di Torino sul tema “Minori in difficoltà. Strategie di accoglienza in diversi contesti” e da quello organizzato dalla Regione Piemonte il 21 e 22 febbraio 2008 “Affido: legami per crescere. Realtà, esperienze e scenari positivi”.

Valide esperienze sono state avviate da anni da altri Ordini religiosi che hanno chiuso gli istituti di ricovero a carattere di internato e aperto comunità alloggio parafamiliari di 6-8 posti.

Mons. Liberati critica la legge 149/2001 che, sono parole sue, «ha chiuso gli orfanotrofi», ma non precisa che dette strutture di ricovero potevano e dovevano riconvertirsi in ambienti parafamiliari, come lo sono le comunità alloggio aventi al massimo 6-8 posti. Inoltre dimentica che da oltre 50 anni sono state scientificamente accertate (e mai smentite) le nefaste conseguenze delle carenze di cure familiari che danneggiano i bambini ricoverati in istituti a carattere di internato (compresi gli orfanotrofi), nonostante l’idoneità degli operatori addetti e la loro dedizione.

Le leggi vigenti stabiliscono l’obbligo dei Tribunali per i minorenni di aprire il procedimento di adottabilità nei riguardi dei minori «privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi».

Se Mons. Liberati conosce, come afferma, dette situazioni, perché non le segnala all’autorità giudiziaria, autorità che ha anche il potere non solo di avviare il procedimento relativo alla dichiarazione di adottabilità, ma anche di imporre ai Comuni le occorrenti prestazioni socio-assistenziali?

Nel succitato articolo de La Stampa, viene affermato che sarebbe stata avviata dalla Chiesa cattolica una campagna per riaprire gli orfanotrofi.

Da parte nostra ci auguriamo che la Chiesa non trascuri i numerosi e positivi esempi delle organizzazioni laiche che hanno sollecitato il Parlamento, il Governo, le Regioni ed i Comuni a fornire ai genitori in difficoltà i necessari sostegni socio-economici (purtroppo non ancora riconosciuti dalla legge come diritti esigibili) e che hanno promosso, a seconda delle situazioni, le adozioni e gli affidamenti familiari a scopo educativo.


La presa di posizione del Cnca

Sul settimanale Vita del 31 ottobre 2008 (1) Don Armando Zappolini del Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) dopo aver affermato: «Abbiamo letto con sorpresa la dichiarazione dell’Arcivescovo» ha precisato quanto segue: «Il Cnca, per parte sua, esprime la propria contrarietà a riportare in vita istituti che non rispondono agli interessi dei bambini. Si tratta invece di migliorare ciò che c’è, implementando la legge 149, facendo bene le cose giuste che ha previsto: dalla banca dati nazionale dei bambini in stato di abbandono alle risorse che occorrono agli enti locali per valorizzare gli affidamenti familiari e le comunità residenziali, potenziando i servizi sociali dei Comuni, investendo sulla formazione degli educatori, valorizzando le esperienze dei centri affidi, stimolando le Regioni che non lo hanno ancora fatto a predisporre l’anagrafe delle strutture e dei bambini accolti».




* Considerazioni tratte in parte dal comunicato stampa del Csa e dell’Anfaa del 21 ottobre 2008.

(1) Cfr. l’articolo “Chi raddoppia gli orfani. Quanti i minori abbandonati in Italia? Un prelato e due quotidiani fanno confusione”, Vita, 31 ottobre 2008.