Prospettive assistenziali n. 164 ottobre-dicembre 2008


Notiziario dell’Utim - Unione per la tutela degli insufficienti mentali



RICHIESTA DI CHIARIMENTO AL DIPARTIMENTO POLITICHE PER LA FAMIGLIA

IN MERITO AL PAGAMENTO DELLE RETTE PER LE COMUNITÀ ALLOGGIO


In seguito ad un allarmante articolo apparso sul giornale quotidiano Avvenire il presidente dell’Utim ha indirizzato al Ministro competente On. Carlo Giovanardi la lettera sotto riportata, rimasta finora senza risposta.


Egregio signor Ministro,

apprendo dall’articolo in riferimento che lei avrebbe detto: «Qualche tempo fa una donna, madre di un ragazzo disabile, mi ha chiesto la ragione per cui lei doveva provvedere interamente al mantenimento di suo figlio, mentre i tossicodipendenti sono a carico dello Stato. Non ho saputo cosa rispondere. Rilancio a voi questa domanda, con la mia proposta».

La Sua proposta, signor Ministro, era riportata poco sopra: «Le famiglie potrebbero contribuire economicamente al trattamento dei loro familiari tossicodipendenti presso i Sert e le Comunità».

Chi Le scrive è presidente dell’Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali) ed è il padre di una persona handicappata in situazione di gravità di 37 anni.

Permetta a me di dare una risposta a quella madre.

Innanzitutto Le avrei fatto presente che c’è differenza fra le persone disabili e le persone che fanno uso di sostanze: le due situazioni non sono affatto confrontabili.

Per quanto riguarda l’ambito delle persone in situazione di handicap con limitata o nulla autonomia, riconosciute in situazione di gravità, avrei spiegato a quella madre che non è affatto tenuta, date le leggi vigenti, a «mantenere interamente suo figlio» se maggiorenne.

Infatti sono ancora del tutto vigenti gli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 che, nel caso di persone riconosciute inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza, indicano nel Comune l’ente tenuto al ricovero.

Di primaria importanza è anche il dettato dell’articolo 38 della Costituzione italiana, 1° comma: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale».

Quindi non è affatto vero che è la famiglia che deve provvedere interamente al mantenimento.

Che poi la famiglia si faccia carico del proprio congiunto per assicurargli nell’ambito del proprio nucleo condizioni di vita assolutamente incomparabili con il miglior istituto è un fatto che andrebbe riconosciuto e sostenuto non solo a parole ma con i fatti.

Come Lei certamente sa, egregio signor Ministro, nel caso di un disabile al 100%, non inseribile al lavoro, lo Stato gli riconosce una pensione di 246,73 euro al mese (una miseria!) e, se poi è così grave da aver bisogno di essere imboccato, lavato, vestito, ecc. gli viene riconosciuta ancora una cifra pari a ben 15,29 euro al giorno perché si procuri l’assistenza necessaria per la sua condizione.

Inoltre molto spesso, quasi sempre per la verità, quando fruiscono di servizi diurni o residenziali le famiglie sono chiamate, in dispregio a quanto disposto dall’articolo 25 della legge 328/2000, a partecipare alle spese con il loro reddito.

Bene, queste famiglie andrebbero informate che quelle richieste sono fatte illegittimamente e che devono e possono opporsi a tali soprusi.

Andrebbero magari anche sostenute e indirizzate bene perché al carico già pesante dell’accudimento del figlio, scelta dettata dall’amore per il proprio congiunto e non da obblighi di legge, non ricada anche quello economico che spetta allo Stato.

Sarebbe stato bello sentire Lei, signor Ministro, così interpellato da quella madre, risponderle con dovizia e competenza e con la disponibilità ad adoprarsi per rendere detto accudimento compatibile all’impegno che quella madre e tutte le altre migliaia di madri assicurano quotidianamente ai loro figli.

È assai grave che, invece, Lei abbia approfittato della non conoscenza dei diritti di quella madre per estendere ad altre categorie di soggetti con problemi di cura, gli stessi soprusi rilanciando ai presenti la frase inaccettabile «se paga lei paghino anche le famiglie dei tossicodipendenti!» come se un figlio maggiorenne malato psichiatrico, tossicodipendente e/o handicappato sia una “colpa” della famiglia e non un obbligo della collettività di aiutare (e ringraziare) quelle famiglie che già devono sopportare quotidianamente un peso così grande.

La questione è ancora più grave perché Lei sostiene di voler tutelare la famiglia. Vorrei sapere davvero “quale famiglia”?, quella che non ha problemi?

Distinti saluti.