Urgente l’approvazione della proposta di legge sulla tutela delle gestanti e madri in gravi difficoltà e sul diritto al segreto del parto

 

 

di fronte alle esigenze delle gestanti in gravi condizioni di disagio socio-economico, che ovviamente si ripercuotono anche sul nascituro, l’Assessorato alla solidarietà sociale della Provincia di Torino e l’Associazione promozione sociale hanno organizzato il convegno nazionale “Il diritto di tutti i bambini fin dalla nascita alla famiglia e la prevenzione dell’abbandono”, che si è svolto a Torino il 21 ottobre 2005 e la cui sintesi dei lavori è stata pubblicata sul n. 153 bis di Prospettive assistenziali (1).

 

Scopo del convegno

Finalità del convegno è stata l’individuazione degli atti occorrenti per garantire interventi idonei a:

- prevenire gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati (2);

- evitare gli infanticidi;

- fornire alle gestanti le prestazioni necessarie perché possano assumere con la massima responsabilizzazione possibile le decisioni circa il riconoscimento o il non riconoscimento dei loro nati (3);

- garantire alle madri nonché ai minori riconosciuti o non riconosciuti le occorrenti prestazioni sanitarie e sociali.

 

Le attuali carenze di intervento

Numerose sono purtroppo le regioni che non hanno assunto alcuna iniziativa volta all’attuazione delle norme vigenti che attribuiscono alle donne tre importanti diritti:

- garanzia del segreto del parto;

- scelta se riconoscere o meno i loro nati (4);

- informazioni esaurienti, comprese quelle relative alla possibilità di un periodo di riflessione successivo al parto, in merito alla decisione concernente il riconoscimento.

Da notare che, ai sensi del 5° comma dell’articolo 8 della legge 328/2000, alle Regioni è stato attribuito il compito di disciplinare il trasferimento ai Comuni o ad altri enti locali delle funzioni di cui alla legge 6 dicembre 1928 n. 2838 e 18 marzo 1993 n. 67 concernenti le prestazioni obbligatorie relative alle gestanti e madri, ai nati fuori dal matrimonio, ai bambini non riconosciuti, nonché ai ciechi e sordi poveri rieducabili (così definiti dal regio decreto 383/1934). Con la legge di cui sopra le Regioni devono, inoltre, definire il passaggio ai Comuni o ad altri enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali occorrenti per l’esercizio delle succitate funzioni.

Vi sono, purtroppo, non solo Regioni che non hanno ancora legiferato in merito al sopra citato 5° comma dell’articolo 8 della legge 328/2000 (sono trascorsi ben 8 anni!), ma ve ne sono altre le cui disposizioni sono semplicemente assurde.

Ad esempio le legge 14 dicembre 2004, n. 34 della Regione Lombardia ha trasferito (articolo 4) a tutti i Comuni le funzioni svolte dalle Province in merito all’assistenza delle gestanti e madri in gravi difficoltà psico-socio-economiche.

Pertanto, in tutti i Comuni con poche migliaia di abitanti, è impossibile attuare la legge che garantisce il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati (5).

Poche chiare sono, altresì, le norme previste in materia dalla legge della Regione Toscana n. 41/2005 (6).

A loro volta le recenti leggi delle Regioni Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Puglia hanno del tutto ignorato la questione delle gestanti e madri in gravi difficoltà (7).

 

Le valide iniziative della Regione Piemonte

Encomiabile è la legge n. 16/2006 della Regione Piemonte che ha affidato a quattro Enti gestori dei servizi socio-assistenziali il compito, già svolto dalle otto Province piemontesi, di fornire le occorrenti prestazioni alle gestanti e madri in condizioni di disagio psico-socio-economico e ai loro nati.

Da notare che gli interventi «sono erogati su richiesta delle donne interessate e senza ulteriori formalità, indipendentemente dallo loro residenza anagrafica», per cui ne possono usufruire tutte le donne, comprese quelle extracomunitarie prive del permesso di soggiorno (8).

 

Necessità di una legge nazionale

Tenuto conto del disinteresse di quasi tutte le Regioni per le attuali carenze di intervento (vi sono Province che non rispettano le norme, pur imperative, della citata legge 2838/1928!), vi è l’urgente necessità di una legge nazionale che disciplini gli interventi che devono essere attuati a tutela delle gestanti e madri in gravi difficoltà, nonché dei loro nati, interventi che hanno anche la finalità di pre­venire in tutta la misura del possibile gli abbandoni dei neonati che mettono in pericolo la loro sopravvivenza.

Decaduto, con lo scioglimento del Parlamento, il disegno di legge n. 1754 “Riordino delle norme riguardanti il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio socio-economico e disposizioni volte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati”, presentato alla Camera dei deputati il 3 ottobre 2006 dalle On. Zanotti e Nicchi, occorre sollecitare l’approvazione della proposta di legge n. 1266 ripresentata il 6 giugno 2008 (9) alla Camera dei Deputati dal Consiglio regionale del Piemonte di cui riportiamo la relazione e il testo.

 

 

Relazione della proposta di legge

n. 1266/Camera dei Deputati

 

Onorevoli Deputati! – Le vigenti leggi riconoscono alle donne tre importanti diritti: il diritto alla scelta se riconoscere come figlio il bambino procreato, il diritto alla segretezza del parto per chi non riconosce il proprio nato, il diritto all’informazione, compresa quella relativa alla possibilità di un periodo di riflessione successivo al parto per decidere in merito al riconoscimento.

Laddove la gravidanza si colloca in un percorso di grave problematicità sono pertanto necessari interventi di sostegno mirati, per consentire alla donna stessa una maggiore serenità e per valutare la possibilità del riconoscimento o del non riconoscimento del figlio procreato.

Per quanto riguarda il diritto alla scelta, la sentenza n. 171 del 5 maggio 1994 della Corte costituzionale consente alla donna partoriente, coniugata o meno, la facoltà di non voler essere nominata nell’atto di nascita, mentre il diritto alla segretezza del parto, che deve essere garantito da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti, è assicurato dalla redazione dell’atto di nascita da parte dell’ufficiale di stato civile.

I passaggi istituzionali successivi, ossia la dichiarazione dello stato di adottabilità, la sua eventuale sospensione per un periodo massimo di due mesi, nonché particolari casistiche relative alle partorienti minorenni, trovano adeguato riconoscimento normativo da parte della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni.

Il diritto all’informazione va infine inteso come il diritto di ogni donna a ricevere una corretta e tempestiva conoscenza della disciplina legislativa e degli aiuti sociali, per poter decidere liberamente nei riguardi del riconoscimento.

L’esercizio dei diritti di cui sopra può essere adeguatamente garantito soltanto in un’ottica globale d’intervento che prenda in esame e tenda al superamento della situazione complessiva della gestante, fin dalle prime fasi della gravidanza o comunque dal manifestarsi dello stato di difficoltà.

La regione Piemonte ha già fornito, con propri provvedimenti legislativi ed amministrativi, una compiuta regolamentazione della materia.

L’articolo 58 della legge regionale n. 1 del 2004 (Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento) già affidava alla giunta regionale il compito di adottare, nei confronti degli enti gestori istituzionali, linee guida per l’esercizio delle competenze relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti e madri in condizione di disagio individuale, familiare e sociale, compresi quelli volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i figli, ivi compresi gli interventi a favore dei neonati nei primi sessanta giorni di vita.

Al fine di rendere coerente il sistema di attribuzione di competenze già delineato dall’articolo 5 della legge regionale n. 1 del 2004, che impone alle province il trasferimento, in capo agli enti gestori, dell’esercizio delle funzioni socio-assistenziali relative ai figli minori riconosciuti dalla sola madre, ai minori esposti all’abbandono, ai figli minori non riconosciuti ed alle gestanti e madri in difficoltà, e dall’articolo 9 della medesima legge regionale, che prevede l’esercizio in forma associata delle attività sociali a rilievo sanitario per la tutela materno-infantile, è intervenuta la legge regionale n. 16 del 2006, finalizzata ad apportare, alla citata legge regionale n. 1 del 2004, una modifica che consente di attribuire ai soggetti gestori individuati dalla giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare e previa concertazione con i comuni, la competenza ad esercitare le funzioni relative agli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati e al segreto del parto.

Sulla scorta di tale quadro legislativo la Giunta regionale del Piemonte ha, con propria deliberazione, provveduto ad individuare i soggetti gestori competenti all’esercizio di tali interventi nonché ad erogare ai medesimi soggetti gestori i fondi necessari a coprire gli oneri finanziari conseguenti.

Nella consapevolezza dell’opportunità di prevedere un ventaglio normativo che garantisca su tutto il territorio nazionale gli interventi socio-assistenziali previsti dalla regione Piemonte, la presente proposta di legge al Parlamento, già licenziata all’unanimità dalla IV Commissione permanente, propone che le regioni istituiscano i servizi e assicurino le consulenze e le prestazioni socio-assistenziali necessarie per tutelare e sostenere le gestanti e le madri che versano in condizioni di disagio socio-economico garantendo, inoltre, il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i propri nati.

La materia, trattandosi di tutela dei dati personali e considerate le rilevanti finalità di interesse pubblico, attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale secondo quanto disposto dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

Resta ferma la potestà delle Regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela.

 

 

TESTO

Art. 1.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono gli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti presenti sul proprio territorio, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica, che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o meno dei loro nati ed al segreto del parto. Alle gestanti e ai loro nati sono altresì garantiti gli interventi per la continuità assistenziale e per il loro reinserimento sociale.

2. Gli interventi di cui al comma 1 costituiscono livello essenziale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

3. Le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano individuano, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli enti locali titolari degli interventi e le modalità di esercizio degli stessi.

 

 

(1) Sono ancora disponibili alcune copie che verranno inviate gratuitamente a coloro che ne faranno richiesta.

(2) I bambini non riconosciuti alla nascita non sono abbandonati, in quanto sono consegnati alle istituzioni affinché li inseriscano al più presto presso idonee famiglie adottive.

(3) Ogni anno sono circa 350 i minori non riconosciuti.

(4) La legge 6 dicembre 1928 n. 2838 stabilisce che le Amministrazioni provinciali devono assistere i fanciulli di ignoti ed i bambini nati fuori dal matrimonio riconosciuti dalla madre e in condizioni di disagio socio-economico. È, altresì, previsto che «nelle Province, nelle quali lo consiglino le condizioni locali, l’assistenza al fanciullo deve, ove sia possibile, avere inizio all’epoca della gestazione della madre».

(5) Cfr. gli articoli apparsi su Prospettive assistenziali “Legge della Regione Lombardia concernente i minori: poche luci, molte ombre”, n. 151, 2005 e “Può essere considerata valida la legge della Regione Lombardia sui minori?”, n. 162, 2008.

(6) Cfr. Francesco Santanera, “La legge della Regione Toscana sulla tutela dei diritti di cittadinanza: altisonanti dichiarazioni e nessun diritto esigibile”, Ibidem, n. 154, 2006.

(7) Cfr. Giuseppe D’Angelo, “Altre leggi regionali (Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Puglia) prive di effettivi diritti per le fasce più deboli”, Ibidem, n. 160, 2007.

(8) Cfr. “Approvata dalla Regione Piemonte una valida legge per il sostegno alle gestanti e madri in condizioni di disagio”, Ibidem, 158, 2007. Si veda altresì la delibera della Giunta della Regione Piemonte 22-4914 del 18 dicembre 2006 “Individuazione degli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali competenti in materia di gestanti ai sensi della legge regionale n. 16/2006 e definizione dei criteri, procedure e modalità di esercizio delle funzioni”.

(9) La proposta di legge, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte il 30 gennaio 2007, era stata presentata nella precedente legislatura alla Camera dei deputati il 7 febbraio 2007 con il numero 2230.