Prospettive assistenziali, n. 161, gennaio-marzo 2008

 

 

Specchio nero

 

 

PIO ALBERGO TRIVULZIO: DIMISSIONI ILLEGITTIME DI UN ANZIANO GRAVEMENTE MALATO E MINACCE ALLA FIGLIA

 

Con una raccomandata inviata il 7 luglio 2007 A. A. M. presenta al Direttore del Pio Albergo Trivulzio di Milano opposizione alle dimissioni del proprio padre previste per il giorno 20 del mese successivo chiedendo o la prosecuzione della degenza o il trasferimento in altra struttura sanitaria o eventualmente in una Rsa.

Il paziente è ricoverato presso il reparto di oncogeriatria e non è autosufficiente.

In risposta alla suddetta richiesta, il Direttore generale del Pio Albergo Trivulzio segnala con una nota del 30 luglio 2007 che «non sussistendo più le condizioni utili a giustificare il ricovero in struttura riabilitativa, laddove il giorno 20 agosto il signor A. M. dovesse trovarsi ancora ricoverato presso la nostra struttura e sulla base della richiesta già avanzata, il protrarsi della degenza comporterebbe l’emissione di fattura nei Suoi confronti per il riconoscimento di una retta variabile in funzione della disponibilità dei posti letto (da euro 70,61, euro 73,46 oppure euro 82,64 giornalieri)».

Inoltre il Direttore generale del Pio Albergo Trivulzio precisa che «il protrarsi di tale ipotesi comporterà la contestuale attivazione – da parte della nostra struttura – della procedura prevista dalla normativa vigente per i casi di abbandono di incapace».

A parte la paradossale minaccia dell’esistenza del reato di abbandono di incapace commesso a carico della persona che provvede al pagamento di una retta di ricovero peraltro non indifferente, variando l’importo da 2.150,00 a 2.500,00 euro mensili, ancora una volta (1) ci troviamo di fronte a un dirigente che minaccia un cittadino che chiede solamente il rispetto delle leggi vigenti che garantiscono – l’abbiamo scritto centinaia di volte – il diritto senza limiti di durata anche ai malati colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

In relazione alla minaccia di denuncia dell’inesistente comportamento omissivo della figlia, il Csa in data 12 ottobre 2007 ha scritto al Direttore generale del Pio Albergo Trivulzio evidenziando da un lato gli obblighi del Servizio sanitario nazionale e dall’altro lato ricordando che la Corte di Cassazione, Sezione II, con la sentenza 89/182005 ha stabilito che «al fine del delitto di violenza privata non è richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento sia verso il soggetto passivo sia verso altri, idoneo a incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, onde ottenere, mediante tale intimidazione, che il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa».

La suddetta lettera è stata inviata dal Csa anche al Sindaco di Milano e al Direttore generale dell’Asl della stessa città chiedendo loro di intervenire presso le sedi opportune affinché vengano rispettate le leggi vigenti che impongono al Servizio sanitario nazionale (e non ai parenti) a provvedere alla cura delle persone malate, comprese quelle anziane non autosufficienti.

 

 

ALLARMANTE ORDINE DEL GIORNO APPROVATO DAL CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA SUI CONTRIBUTI ECONOMICI ILLEGALMENTE IMPOSTI AI CONGIUNTI DI ASSISTITI

 

Riportiamo la lettera inviata in data 13 dicembre 2007 dal Csa ai Presidenti del Consiglio e della Giunta, agli Assessori, ai Presidenti delle Com­missioni consiliari e ai consiglieri della Regione Toscana, nonché i testi dell’interrogazione presentata dai Consiglieri Marco Carraresi, Giuseppe Del Carlo e Luca Paolo Titoni del Gruppo Udc e quello della mozione approvata dalla maggioranza di centro-sinistra nella seduta del 3 ottobre 2007 (2).

 

Lettera del Csa

Questo Coordinamento, che funziona ininterrottamente dal 1970, esprime vivissime perplessità in merito alla mozione n. 501 approvata nella seduta del 3 ottobre 2007 concernente la compartecipazione dei parenti al pagamento delle spese di assistenza, tenendo anche conto che le situazioni di cronicità e di non autosufficienza possono colpire ognuno di noi e devono essere affrontate senza mandare in malora i nostri congiunti.

Com’era stato correttamente precisato nel testo presentato dai Consiglieri Marco Carraresi, Giu­seppe Del Carlo e Luca Paolo Titoni, la vigente normativa, confermata dall’ordinanza del Tar della Toscana del 6 settembre 2007, stabilisce che, nel caso di assistiti ultrasessantacinquenni non autosufficienti o di soggetti colpiti da handicap in situazione di gravità, la compartecipazione alle spese deve essere calcolata esclusivamente sulla base della personale condizione economica dell’assistito senza alcun onere per i congiunti.

Al riguardo si sottolinea che sia la legge nazionale n. 328/2000 che quella della Regione Toscana n. 41/2005 fanno sempre e solo riferimento all’utente dei servizi socio-assistenziali e mai ai loro congiunti conviventi o non conviventi.

Inoltre, è ovvio che le competenze delle Regioni e dei Comuni concernenti il settore socio-assistenziale riguardano esclusivamente le persone alle quali vengono erogate le prestazioni e non alcun altro cittadino, compresi i familiari conviventi.

Risulta dunque evidente che i Comuni, che hanno imposto e impongono contributi economici ai parenti degli assistiti, spesso con l’odioso ricatto «o sottoscrivete l’impegno a pagare o non assistiamo il vostro congiunto», operano una illegittima sottrazione di risorse a danno  dei cittadini ai quali le leggi vigenti non impongono oneri finanziari.

Per quanto riguarda la mozione approvata è stupefacente che l’applicazione delle disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2001 (articolo 25 della legge 328/2000 e decreti legislativi 109/1998 e 130/2000) venga condizionata al parere della Conferenza Stato-Regioni, alla quale si attribuisce in questo modo l’inaccettabile funzione di super Parlamento.

È altresì assai sorprendente che, a distanza di quasi sette anni dall’entrata in vigore delle norme sopra citate, venga richiesto «uno studio e monitoraggio su quanto incide la spesa della compartecipazione alle prestazioni agevolate sul reddito delle famiglie e su un possibile impoverimento delle stesse» in quanto non c’è assolutamente nulla da studiare poiché le leggi devono essere attuate.

D’altra parte nei quasi sette anni trascorsi dall’entrata in vigore della norma citata nessuna forza politica fra quelle che hanno approvato la mozione in oggetto ha presentato al Parlamento una proposta di legge per la modifica delle disposizioni relative alla compartecipazione da parte dei congiunti delle spese socio-assistenziali.

È altresì stupefacente che, mentre vengono avanzati pretesti inconsistenti in merito alle contribuzioni economiche concernenti le prestazioni socio-assistenziali dei soggetti più deboli in quanto incapaci di autodifendersi, nessuna obiezione sia stata e venga avanzata circa la mancata richiesta ai parenti tenuti agli alimenti di contribuire, nel caso in cui gli utenti non dispongano delle risorse occorrenti per il pagamento della quota intera a loro carico, alle spese relative ai soggiorni di vacanza di minori e di anziani oppure alle gite turistiche.

Analoghe considerazioni valgono per quanto concerne la non valutazione delle risorse dei congiunti tenuti agli alimenti per l’erogazione dei sussidi di disoccupazione, dei sostegni economici per il pagamento dell’affitto, per l’assegnazione degli alloggi dell’edilizia economica e popolare, ecc.

Per quanto riguarda l’integrazione al minimo delle pensioni (la spesa annuale a carico dello Stato ammonta a ben 20 miliardi di euro), non solo non viene fatto alcun accertamento sui parenti tenuti agli alimenti, ma – aspetto allarmante sotto il profilo sociale – non si tiene nemmeno conto dei patrimoni delle persone a cui viene corrisposta l’integrazione.

Inoltre, nonostante il codice civile imponga ai nonni di intervenire anche sotto il profilo economico nei casi in cui i genitori non dispongano dei mezzi sufficienti per il loro figli, i Comuni non chiedono l’applicazione di dette norme nei casi in cui i genitori non siano in grado di versare l’intera retta prevista per la frequenza di asili nido e di scuole materne. Nel caso di cui sopra, va osservato che le tariffe stabilite dai Comuni non comprendono l’intero costo, ma solo una quota.

Mentre questo Coordinamento è pienamente d’accordo che nei casi sopra indicati, la cui valenza è assistenziale, non venga mai fatto riferimento ai parenti tenuti agli alimenti, non comprende in base a quali motivi etico-sociali vengano richiesti contributi per gli interventi assistenziali rivolti alle persone più deboli.

Ciò premesso, questo Coordinamento, preso atto che in attuazione del comma 1264 della legge 289/2002, il Ministro della solidarietà sociale ha stabilito di erogare alla Regione Toscana euro 7 milioni e 157 mila euro, confida in interventi del Consiglio regionale della Toscana dirette al rispetto delle leggi vigenti in materia di contribuzioni economiche, assumendo se del caso un’iniziativa analoga alla delibera della Regione Piemonte n. 37-6500 del 23 luglio 2007, che si allega.

 

Mozione Carraresi, Del Carlo e Titoni

Il Consiglio regionale, premesso:

- che il settore dell’assistenza ai cittadini non autosufficienti (con particolare riferimento agli anziani ed alle persone disabili) ha rilevanza per la dimensione, qualificazione e sviluppo del welfare regionale, per l’incidenza della popolazione anziana (la Regione Toscana è al secondo posto della graduatoria nazionale, seconda solo alla Liguria) e per le risorse che assorbe, e presenta una molteplicità di problematiche che toccano la definizione di non autosufficienza sotto il profilo sanitario e sociale, la dimensione delle strutture di offerta e la loro qualificazione sul piano assistenziale, i parametri per l’attribuzione dei costi ai bilanci di parte sanitaria e di parte sociale, ed i corrispondenti finanziamenti, il concorso dei soggetti privati, profit e no profit, al funzionamento del sistema, la compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni, il rapporto domanda-offerta e la formazione delle liste di attesa per gli ingressi, la remunerazione delle prestazioni, la qualificazione professionale degli operatori;

- che le persone accolte presso strutture di ospitalità (Rsa) rappresentano una tipologia di utenza prevalentemente in condizione di non autosufficienza accertata dalle Unità di valutazione geriatrica delle Asl (oltre l’80% del totale degli ospiti);

- che le prestazioni assicurate presso le suddette strutture appartengono in parte a funzioni di tipo sanitario (assistenza diretta alla persona, assistenza infermieristica e assistenza riabilitativa di recupero e di mantenimento) gravanti sul bilancio regionale di sanità (e conseguente ripartizione alle Asl tramite il Fondo sanitario regionale) ed in parte di tipo alberghiero e perciò gravanti sul bilancio di parte sociale degli Enti locali;

- che per quanto riguarda la quota sociale della retta i Regolamenti in materia degli Enti locali stabiliscono forme di compartecipazione alla spesa con criteri difformi che provocano ingiustificate sperequazioni territoriali dei cittadini toscani e prevedono altresì l’estensione degli oneri della compartecipazione ai soggetti “tenuti agli alimenti” a dispetto delle diverse pronunce della Magistratura che hanno sanzionato la illegittimità di tali richieste;

- che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130, stabilisce che «per le prestazioni di natura sociosanitaria erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Unità sanitarie locali, deve essere presa in considerazione la sola situazione economica dell’assistito»;

- che l’articolo 47 della legge regionale 41/2005 stabilisce che «il concorso degli utenti ai costi del sistema integrato è stabilito a seguito della valutazione della situazione economica del richiedente, effettuata con lo strumento dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), disciplinato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130»;

- che il Tar della Toscana, accogliendo la richiesta dei legali di un’invalida ricoverata in una Rsa fiorentina, ha emesso, in data 6 settembre 2007, un’ordinanza sospensiva, in via cautelare, degli atti dell’Amministrazione comunale di Firenze che consentivano di computare anche il reddito di altri familiari nel calcolo della retta di ricovero;

- che il Garante per la protezione dei dati personali ha comunicato al Comune di Firenze, in data 26 giugno 2007, che «relativamente al trattamento di dati personali ai fini del riconoscimento di prestazioni sociali agevolate a persone con handicap permanente grave e a soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti (…) le informazioni che possono essere acquisite (…) devono riguardare la situazione economica del solo assistito e non anche quelle del nucleo familiare di appartenenza»;

- che la Giunta regionale del Piemonte, con la deliberazione n. 37-6500 del 23 luglio 2007, relativamente ai criteri per la compartecipazione dell’utente anziano non autosufficiente al costo della retta, ha stabilito che «si valuta la situazione economica del solo beneficiario della prestazione».

Impegna la Giunta regionale:

- a intraprendere tutte le necessarie iniziative al fine di addivenire – d’intesa con le rappresentanze associative degli Enti locali – ad una uniforme regolamentazione comunale dei criteri per il concorso degli utenti al costo delle prestazioni con particolare riferimento ai procedimenti di calcolo della quota a carico effettuati attraverso il cosiddetto “redditometro”;

- a intervenire nei confronti dei Comuni al fine di chiarire, nel rispetto dell’articolo 47, 3° comma della legge regionale 41/2005, che l’entità della compartecipazione al costo delle prestazioni del sistema integrato socio-sanitario deve essere determinata con esclusivo riferimento al reddito dell’utente e non anche a quello dei componenti il suo nucleo familiare, come da pronunce dei Giudici di merito.

 

Mozione approvata dal Consiglio regionale della Toscana

Il Consiglio regionale:

premesso il quadro normativo nazionale come definito con l’emanazione del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 109, modificato con decreto legislativo 3 maggio 2000 n. 130, “Definizione dei criteri unificati di valutazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate” e dal successivo decreto legislativo 130/2000;

Considerato che nonostante il quadro legislativo descritto, molti comuni ed enti gestori ed erogatori, continuano a non applicare quanto previsto dal decreto legislativo 130/2000, in quanto lo stesso andava perfezionato dall’emanazione di un successivo decreto del Presidente della Repubblica (decreto che non è stato possibile adottare a seguito della riforma del titolo V della Costituzione e della nuova attribuzione di competenze istituzionali), e hanno adottato regolamenti in cui chiedono la compartecipazione al pagamento delle prestazioni non solo dell’assistito ma anche ai familiari e parenti contravvenendo a quanto previsto dalla legge;

Tenuto conto che la recente decisione del tribunale amministrativo regionale (Tar) della Toscana di concedere ad un ricorrente la sospensione del provvedimento di richiesta, da parte del comune di Firenze, di compartecipazione alla spesa dei familiari, e la conseguente riduzione del contributo richiestogli, si è riaperta, anche nella nostra Regione, una discussione in merito alla legittimità o meno, da parte degli enti gestori ed erogatori delle prestazioni sociali, di chiedere la compartecipazione alla spesa dei cosiddetti tenuti agli alimenti;

Considerato, inoltre, che questa sospensiva potrebbe innescare una serie di ricorsi da parte dei cittadini che potrebbero far lievitare la spesa dei comuni e mettere in crisi il sistema;

Considerato che in attesa di una disciplina nazionale definitiva, da parte della Conferenza Stato Regioni, alcune Regioni stanno pensando di dotarsi di una propria regolamentazione, tra cui il Piemonte che ha già deliberato linee guida regionali che predispongono da una parte l’individuazione di criteri di compartecipazione al costo della retta che tengano conto del solo reddito e patrimonio individuale e prevedono, dall’altra, forme di incentivazione ai comuni e/o enti gestori che si impegnano a tenere conto nei loro regolamenti delle disposizioni previste a livello regionale;

Tenuto conto che per molte famiglie a medio reddito il pagamento della compartecipazione alla spesa delle prestazioni sociali agevolate, in particolare la compartecipazione alla spesa della quota sociale della retta per l’inserimento in residenza sanitaria assistenziale (Rsa), rischia di rappresentare una ulteriore fonte di impoverimento, soprattutto perché nella valutazione non si tiene conto di quella che è la spesa complessiva che le stesse devono sostenere;

Considerato tutto quanto premesso, impegna la Giunta regionale:

- a promuovere presso la Conferenza Stato Regioni la formulazione di una disciplina nazionale definitiva sulla questione che tenga conto del quadro della legislazione vigente in materia e delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 130/2000 e delle relative risorse economiche che servono per attuarne concretamente il principio;

- a promuovere sia a livello nazionale che regionale uno studio e monitoraggio su quanto incide la spesa della compartecipazione alle prestazioni sociali agevolate sul reddito delle famiglie e su un possibile impoverimento delle stesse;

- a disporre, in attesa di una legislazione nazionale che vada nel senso della applicazione del decreto legislativo 130/2000, ed in sede di prossima revisione delle linee regionali sulla compartecipazione alle prestazioni sociali agevolate ulteriori criteri e forme di esenzione e detrazione che tengano conto della spesa complessiva delle famiglie, a partire dal riconoscimento delle spese sostenute per le compartecipazioni a stesso titolo.

 

 

QUATTRO BAMBINI RIAFFILATI AI LORO AGUZZINI

 

La squadra mobile della questura di Milano, in collaborazione con la Polizia romena, ha eseguito (cfr. Cesare Giuzzi, “Bimbi rom schiavi”, Avvenire, 12 dicembre 2007) «19 arresti per associazione a delinquere, riduzione in schiavitù, furto, rapina, usura e gioco d’azzardo».

In una cascina di Pioltello (milano) i boss sfruttavano trentaquattro bambini romeni che «venivano reclutati in Romania nella zona poverissima intorno a Craiova, portati a Milano, Venezia, Bologna, An­cona e obbligati a consegnare ai loro aguzzini anche seicento euro al giorno».

I bambini rom dagli otto ai tredici anni erano «costretti a suon di botte a fregare nelle tasche dei turisti, a rubare portafogli e cellulari, a fregare valigie alle fermate dei bus». Fra le minacce: «Se non rubi ti spezzo mani e braccia».

Nel blitz alla cascina di Pioltello gli agenti hanno liberato nove ragazzini, ma quattro di essi di neanche tredici anni, come segnala Cesare Giuzzi «sono stati riconsegnati alla gente del campo, ossia a parenti, mogli o mariti, degli aguzzini arrestati».

Precisa il giornalista: «Il motivo ha del grottesco e lo ammette lo stesso dirigente della squadra mobile milanese, Francesco Messina» che afferma: «Purtroppo a volte finisce così, abbiamo fatto il possibile».

In effetti succede «che i servizi sociali del Comune non riescono a trovare nuovi posti nelle comunità protette di Milano e della Lombardia (…) finisce che poi, poche ore dopo la liberazione dalla schiavitù (il reato contestato) gli stessi agenti debbano riportare quattro bimbi nel campo maledetto e che debbano riaffidarli a parenti o presunti tali. (…) Fra i bimbi ritornati nelle mani dei loro aguzzini (sei persone sono ancora latitanti) c’è anche un ragazzino con una sospetta frattura ad una mano» che dichiara: «sono stati loro».

 

 

 

 

(1) Si veda su Prospettive assistenziali gli articoli “L’azienda Usl 4 di Prato si rivolge ai Carabinieri per dimettere un anziano gravemente malato”, n. 158, 2007.

(2) Per quanto riguarda l’ordinanza del Tar della Toscana richiamata nell’interrogazione dei Consiglieri Carraresi, Del Carlo e Titoni si veda l’articolo “Altri due provvedimenti in materia di contribuzioni economiche: un richiamo alla legalità per Regioni, Province e Comuni”, Prospettive assistenziali, n. 160, 2007.

 

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