Prospettive assistenziali, n. 160, ottobre - dicembre 2007

 

 

PROGETTO DI COLLABORAZIONE TRA UN CENTRO DIURNO ALZHEIMER E LE SCUOLE DEL TERRITORIO

PIERO SECRETO * e MASSIMO FORZANO **

 

 

Riportiamo un’esperienza molto innovativa per quanto concerne i rapporti fra il centro diurno per i malati di Alzheimer e sindrome correlate di Volpiano (Torino) (1) e le scuole del territorio.

Mentre tutta la redazione di Prospettive assistenziali ha ritenuto estremamente importante l’iniziativa, sono sorte alcune perplessità circa il coinvolgimento dei ragazzi della IV e V elementare, mentre tutti hanno ritenuto valida quella degli allievi della I classe della scuola media.

Un’altra questione sollevata da alcuni riguarda la necessità di coinvolgere i genitori dei ragazzi fin dall’impostazione dell’iniziativa.

In ogni caso sarebbe estremamente utile il confronto con altre analoghe esperienze.

 

 

Crediamo che un progetto di questo genere si deb­ba porre obiettivi alti, legati cioè a valori pro­fondi.

Si tratta in altre parole di superare l’ottica dell’intervento estemporaneo, utile come evento di gratificazione momentanea e rendersi protagonisti di un lavoro riabilitativo che passi attraverso la valorizzazione della persona e la condivisione di esperienze.

Tale necessità nasce dall’esigenza di capire se l’apertura del centro al territorio permette di soddisfare alcuni obiettivi, soprattutto affettivi e relazionali, e può costituire una risorsa in grado di creare sinergie con l’azione svolta quotidianamente attraverso le altre attività.

È altresì importante che accanto agli obiettivi della struttura sanitaria, le scuole possano riscontrare dei significativi vantaggi sul piano educativo attraverso lo svolgimento di questa attività.

 

Obiettivi

Date le riflessioni fatte, gli obiettivi per gli ospiti del centro diurno avranno un carattere riabilitativo, là dove si intende per tale termine un rallentamento del processo involutivo ed una valorizzazione di talune capacità residue:

• miglioramento delle competenze relazionali ed affettive;

• contenimento dell’ansia;

• miglioramento del tono dell’umore;

• valorizzazione di aspetti della memoria e cogni­tivi;

• valorizzazione di alcune capacità pratiche residue.

Nel contempo, come detto precedentemente, si possono ipotizzare alcuni obiettivi raggiungibili dalle scuole:

responsabilizzazione;

• coinvolgimento ragazzi difficili;

• azione di prevenzione;

• cultura sociale.

Accanto a questi obiettivi, c’e da rilevare la possibilità che ambedue le parti coinvolte del progetto attuino un’inversione dei ruoli che solitamente ricoprono, diventino cioè attraverso l’attività, da persone accudite a soggetti che accudiscono: i bambini seguendo i pazienti durante i laboratori e questi ultimi riappropriandosi del loro ruolo di cura e di guida tipico del nonno.

 

Soggetti coinvolti

Al centro afferiscono persone con diversi gradi di compromissione, affetti da morbo di Alzheimer: sono questi anziani che hanno problemi d’orientamento spazio temporale, turbe della memoria e più in generale difficoltà nella sfera relazionale affettiva.

Stati d’ansia e disorientamento, repentini sbalzi d’umore e per taluni deficit del linguaggio ed ancora, difficoltà nello svolgere le azioni più semplici, si traducono in sostanza nella perdita del proprio ruolo attivo.

Ciò rende tali soggetti speso refrattari agli stimoli proposti e poco propensi all’attività di relazione.

I pazienti coinvolti nell’attività sono solitamente 14.

 

Alunni

Sono coinvolte tre classi: una I media, una IV ed una V elementare.

Gli allievi sono coordinati da un’insegnante di educazione artistica e da un’insegnante di sostegno (medie) e dalle due insegnanti per ogni classe delle elementari.

Alcuni ragazzi della media presentano problemi comportamentali ed un soggetto è affetto da ritardo mentale.

Personale

Il personale è composto da:

• medico responsabile del centro ed il musicoterapeuta che hanno il compito di coordinare e monitorare l’attività, stabilirne i contenuti in sinergia con le insegnanti, nonché di tenere i rapporti con queste ultime ed i dirigenti scolastici coinvolti nel progetto;

• l’infermiera professionale che coordina le attività del centro svolgendo un ruolo organizzativo;

• le assistenti che coadiuvano lo svolgimento degli incontri.

 

Genitori dei ragazzi

La loro presenza si verificherà solo nella festa finale, ma riteniamo che il loro ruolo in questa esperienza sia fondamentale per ciò che concerne la gestione dei rimandi che i propri figli riportano dell’attività svolta.

Sono essi infatti in grado di contenere le ansie e nel contempo valorizzare gli elementi di crescita personale suscitate da una esperienza così coinvolgente.

 

Metodologia

L’attività all’interno del centro è stata preceduta da una serie di riunioni organizzative con le insegnanti ed i dirigenti scolastici per stabilire contenuti e mo­dalità dell’intervento e da un incontro con i ragazzi per illustrare loro le caratteristiche principali della malattia di Alzheimer, le finalità del progetto ed il tipo di comportamento da tenere con i nostri pazienti.

L’attività è stata inserita nel piano formativo (Pof) al fine di valorizzarne l’aspetto educativo.

Gli incontri si sono tenuti il martedì mattina dalle 10,00 alle 11,00 circa e le classi si sono alternate con questa scansione: IV elementare, prima media, V elementare, una settimana di pausa e così via.

Si sono svolti in tutto 14 incontri.

I primi incontri sono stati finalizzati alla conoscenza reciproca ed alla ricerca di elementi comuni tra pazienti e bambini.

Successivamente gli alunni delle elementari hanno svolto il lavoro insieme agli anziani.

La classe media, coordinata da una insegnante di educazione artistica, ha avviato un laboratorio sull’ambiente durante il quale partendo da un albero si è passati ad analizzare altri elementi della natura (le foglie, i fiori ed i frutti) attraverso la descrizione, la poesia, il racconto ed il disegno. Nella fase successiva, sono stati realizzati interventi di giardinaggio utilizzando lo spazio esterno del centro diurno.

Nell’ambito di questa attività anche i ragazzi che presentavano maggiori difficoltà di comportamento e motivazionali hanno collaborato efficacemente con gli anziani.

La IV elementare ha eseguito con i pazienti canti e balli relativi all’epoca della loro giovinezza (anni ‘40 e ‘50).

La V elementare, suddividendo i ragazzi in piccoli gruppi, ha realizzato un’intervista ai pazienti inerente ad aspetti biografici. Successivamente ha operato una restituzione dei dati raccolti attraverso immagini, racconti e cartelloni.

In classe i bambini hanno realizzato un brain storming sul significato della malattia e sull’esperienza svolta da cui sono scaturite canzoni, poesie e drammatizzazioni riportate poi agli anziani del centro.

Il coinvolgimento diretto dei genitori durante la festa finale è servito a renderli partecipi della forte carica emotiva vissuta dai loro figli ed a confermare il valore educativo dell’attività già sancito dal Pfo.

 

Strumenti di verifica

Ogni incontro è stato descritto attraverso un diario nel quale vengono annotati gli accadimenti principali dell’evento, le ricadute affettive e comportamentali rilevate nei momenti immediatamente successivi e riflessioni sul percorso in atto.

Queste annotazioni, unitamente a materiale prodotto durante l’esperienza, sarà oggetto di una documentazione organica utile alla valorizzazione del progetto ed al confronto con altre realtà sia nell’ambito istituzionale che della ricerca.

 

Lavoro d’équipe

Il confronto continuo, sia all’interno del centro che con le insegnanti coinvolte, ha permesso di calibrare l’intervento e valutarne gli aspetti da potenziare.

 

Risultati

Da un esame obiettivo degli incontri e di ciò che avveniva nella fase successiva della, giornata, si è potuto verificare come i pazienti si presentassero molto meno ansiosi, visibilmente allegri e soprattutto recettivi agli stimoli.

La voglia di relazionare coi ragazzi li ha costretti ha svolgere attività che implicavano l’uso della memoria, l’attenzione durante il riconoscimento nelle restituzioni dei propri aspetti biografici, la mobilità durante le attività comuni e la capacità di conduzione quando si riscoprivano in grado di polarizzare l’attenzione dei bambini.

Sul versante relazionale affettivo, l’attesa per l’arrivo degli allievi delle scuole era per molti di loro un elemento di novità e positivo e si traduceva poi in una modalità corretta di condivisione con essi nella quale traspariva la voglia di svolgere un ruolo attivo.

Per ciò che concerne i ragazzi, essi hanno accresciuto la loro capacità di autonomia e di elaborazione, attraverso la propria responsabilizzazione e la cura dell’altro, con un importante coinvolgimento dei ragazzi più difficili.

Da questo punto di vista quindi, crediamo che questa attività possa svolgere anche un ruolo di prevenzione da situazioni di disagio, oggetto di particolare attenzione dal punto di vista educativo, nell’ambito motivazionale e delle dinamiche di gruppo.

Dal punto di vista culturale, accanto all’importanza dell’aiuto, è emersa una differente concezione della malattia, vista dai ragazzi attraverso la messa in comune dell’esperienze vissute al centro, come occasione formativa e non come aspetto punitivo.

 

Conclusione

L’esperienza sin qui fatta ha quindi evidenziato alcuni aspetti importanti.

La collaborazione col territorio da parte di una struttura come la nostra è di fondamentale importanza, ma è altresì importante che questa passi attraverso una seria progettazione, il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, la continuità dell’intervento e la valorizzazione degli aspetti educativi in essa contenuti.

Il metodo dell’abbinamento bambino/anziano permette un maggiore coinvolgimento dei soggetti stabilendo relazioni che divengono fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Un miglioramento delle capacità cognitive dei soggetti e la migliore risposta agli stimoli, deve necessariamente passare attraverso il piano affettivo: a poco valgono i tentativi diretti a sollecitare le capacità residue dei pazienti se non si riesce ad agire sulla loro motivazione attraverso l’affettività, la diminuzione dell’ansia ed il miglioramento del tono dell’umore.

È infine necessario dare luogo ad un modello operativo in modo da poter ottimizzare metodologie e strumenti di verifica, attraverso il confronto con altri soggetti che intraprendano questa importante esperienza.

 

 

 

 

* Geriatra dell’Ospedale Molinette e Responsabile del Centro diurno Alzheimer di Volpiano, Asl 7.

** Musicoterapista, Centro diurno Alzheimer, Asl 7, Chivasso.

(1) Alcuni importanti elementi relativi al centro di Volpiano sono stati esposti nell’articolo di Paola Savarino, “Il sostegno alle famiglie da parte di un centro diurno per malati di Alzheimer: una struttura che apprende dall’esperienza”, Prospettive assistenziali, n. 149, 2005.

 

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