Prospettive assistenziali, n. 158, aprile - giugno 2007

 

 

OSSERVAZIONI DEL CSA IN MERITO ALL’ACCORDO CON LA BIELORUSSIA IN MATERIA DI SOGGIORNI E DI ADOZIONE

 

 

Riportiamo integralmente la lettera inviata in data 24 aprile 2007 al Ministro per la solidarietà sociale Paolo Ferrero da Francesco Santanera a nome e per conto del Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base.

 

Caro Ferrero,

In merito alla tua lettera del 23 marzo scorso in cui affermi che l’accordo con la Bielorussia «stabilisce le modalità di accoglienza in Italia dei minori (…) sulla base di un preciso quadro di garanzie che (…) salvaguardano i diritti dei bambini in una fase particolarmente delicata della loro vita, già di per sé complicata e difficile, senza operare distinzioni fra coloro che provengono dagli istituti e quelli che vivono in famiglia», ti prego vivamente di voler considerare con particolare attenzione che le esigenze dei due gruppi sono estremamente diverse e in certi casi addirittura opposte.

Mentre non ci sono problemi (salvo l’idoneità di coloro che li accolgono) per i fanciulli che vivono in famiglia e quindi hanno stabilito rapporti affettivi con i loro congiunti, c’è il reale pericolo di arrecare danni anche gravissimi ai bambini istituzionalizzati.

Due sono soprattutto le conseguenze.

1. Gli effetti negativi dei soggiorni dei bambini istituzionalizzati non vengono da me segnalati solo adesso, ma sono stati oggetto di interventi ripetuti negli anni scorsi, soprattutto nel periodo 60-70, ad esempio nei riguardi delle iniziative assunte da alcuni enti, come l’ex-Onmi e varie organizzazioni private. Dette iniziative avevano lo scopo di inserire, per qualche giorno oppure per una o due settimane, presso famiglie bambini ricoverati in istituto.

C’è voluto del tempo e tanto impegno da parte nostra, ma dette iniziative sono cessate da anni, soprattutto perché numerosi promotori, dopo le inevitabili resistenze iniziali, ne hanno constatato gli effetti particolarmente negativi. Infatti i bambini, che vivono in istituto, hanno subito e subiscono i deleteri effetti della carenza di cure familiari, come da oltre 50 anni è stato evidenziato da tutti gli esperti; in particolare ricordo la ricerca svolta per conto del­l’Or­ganizzazione mondiale della sanità da John Bowlby. Quando il soggiorno termina, il bambino istituzionalizzato vive la separazione da coloro che lo hanno ospitato come un vero e proprio abbandono.

Nei confronti del bambino istituzionalizzato non si deve partire dalle valutazioni degli adulti (l’abbiamo accolto con affetto, verrà di nuovo da noi, ecc.); occorre considerare come il bambino vive la situazione.

Ad esempio, il neonato non riconosciuto da chi lo ha partorito non vive nessuna condizione da abbandono se subito dopo la nascita viene accolto in modo stabile da una famiglia che lo circonda di affetto. Soffre invece un vero e proprio abbandono se viene separato da chi lo ha accolto.

2. Problemi aperti in materia di adozione

Essere adottati significa diventare figli di persone dalle quali non si è stati procreati.

Poiché si tratta di un obbiettivo che deve essere perseguito nell’assoluto interesse dei minori, occorre che gli aspiranti adottanti siano rigorosamente selezionati e accuratamente preparati.

Anche sulla base delle negative e spesso drammatiche esperienze delle adozioni fallite, vi è la necessità di evitare ogni forma di appropriazione dei bambini da parte degli adulti, come d’altra parte è precisato in tutte le Convenzioni internazionali in materia di adozione.

La disposizione contenuta nel protocollo di collaborazione tra il Ministero dell’istruzione della Bielorussia e la Commissione italiana per le adozioni internazionali, in base alla quale «gli aspiranti all’adozione che intendono adottare il minore ospitato durante i soggiorni di risanamento presentano, attraverso gli enti autorizzati, all’organo di tutela e curatela del luogo di residenza (domicilio) del minore la domanda per l’inserimento del minore stesso nell’elenco dei minori nei confronti dei quali è possibile effettuare l’adozione internazionale», capovolge la procedura che se è incentrata sulle esigenze del minore, deve poter iniziare con l’accertamento della sua adottabilità, anche e soprattutto per evitare di sottrarre i bambini ai nuclei familiari in gravi difficoltà, nuclei che dovrebbero essere aiutati qualora le problematiche possano essere risolte mediante gli opportuni sostegni psico-sociali. In secondo luogo nel sopra citato protocollo non si fa cenno a quale tipo di adozione si riferisce: se a quella legittimante consentita solo a coniugi con o senza prole, oppure a quella di cui all’articolo 44 della legge 184/1983 prevista anche per le persone sole e quindi con molte minori garanzie per i bambini.

 

Caro Ferrero, spero che tu voglia valutare a fondo le mie osservazioni, certo che anche gli esperti di tua fiducia confermeranno quel che ti ho detto.

Cordiali saluti.

Francesco Santanera

 

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