Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006

 

 

Piattaforma del Csa per il comune di Torino

 

  

In data 4 ottobre 2006, il Csa ha inviato al Sindaco e al Vice Sindaco di Torino, al Presidente del Consiglio comunale, agli Assessori ed ai Consiglieri la piattaforma che riportiamo integralmente.

Alla piattaforma è stato allegata copia della petizione popolare inserita nel numero 153, 2006 di Prospettive assistenziali, con la segnalazione che alla Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, erano state consegnate il 12 settembre 2006 le prime 5.300 firme raccolte.

 

 

Premessa

 

Il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, opera ininterrottamente dal 1970 per la promozione e la difesa dei diritti dei seguenti soggetti non in grado di difendersi autonomamente: minori con famiglie in difficoltà, persone in situazione di handicap con limitata o nulla autonomia, adulti e anziani cronici non autosufficienti, compresi i malati di Alzheimer. In base ad una consolidata modalità operativa tra i vari organismi aderenti al Csa è d’uso inviare alle nuove Amministrazioni una piattaforma che ha lo scopo di anticipare le richieste che verranno sottoposte alla Giunta e al Consiglio comunale durante il loro mandato.

Al fine di prevenire l’emarginazione dei cittadini più deboli, da sempre siamo impegnati in primo luogo perché sia assicurato il rispetto del loro diritto ad accedere, al pari degli altri cittadini, a tutti i servizi primari: sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, casa, trasporti, sport, tempo libero, cultura, ecc. In questo modo si possono altresì garantire diritti esigibili (e le risorse necessarie) per chi, a causa della gravità delle sue condizioni fisiche e/o intellettive o sociali, è inabile e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere e, dunque, ha diritto agli interventi aggiuntivi dell’assistenza (e non sostitutivi degli interventi primari di cui sopra), da parte dello Stato e del Comune.

A tal fine chiediamo al Sindaco, alla Giunta e al Consiglio comunale di Torino di assumere una linea politica che, a differenza di quanto praticato nella prima Giunta Chiamparino, sia improntata al rispetto della legalità anche nei confronti dei cittadini più deboli che, a differenza di altri, non hanno neppure la capacità di difendersi.

Ci richiamiamo alle dichiarazioni che condividiamo del Sindaco On. Chiamparino che, sul quotidiano la Repubblica del 23 ottobre 2005 ha affermato che «la legalità è un valore su cui non ci possono essere fraintendimenti o difficoltà di interpretazione».

Ebbene, anche la tutela delle persone più deboli ha bisogno di legalità ovvero che siano rispettate le leggi che sanciscono i loro diritti. Ci attendiamo pertanto, come prima azione politica di rispetto della legalità, che il Sindaco del Comune di Torino:

1. onori l’impegno, assunto pubblicamente nell’incontro del 30 novembre 2005 organizzato dall’associazione Polietica, durante il quale aveva assicurato alla nostra rappresentante che non vi erano ostacoli di sorta alla pubblicazione di un opuscolo informativo alla cittadinanza sul diritto di tutti i malati alla continuità terapeutica – senza interruzioni – previsto dalle leggi vigenti anche per gli anziani cronici non autosufficienti e tutti gli altri soggetti affetti da patologie invalidanti e non autosufficienza. L’opuscolo, che è già stato predisposto ad esempio dai Comuni di Nichelino e Grugliasco, ha lo scopo di fornire ai familiari degli anziani malati non autosufficienti le informazioni necessarie per ottenere dal Servizio sanitario regionale e dallo stesso Comune di Torino, il rispetto dei loro diritti e, in pratica, impedire che essi finiscano in lista d’attesa di un posto letto nei casi in cui non sia praticabile la permanenza a domicilio. Ad oggi, sono più di 2000 i torinesi anziani cronici non autosufficienti e malati di Alzheimer che, per mancanza di informazioni corrette, anche da parte dei servizi sociali del Comune, sono costretti a subire i soprusi di ospedali e case di cura convenzionate, che dimettono i pazienti non autosufficienti senza garantire loro la continuità delle cure necessarie. Ne consegue che sono i congiunti (ai quali la legge non impone nessun compito sostitutivo rispetto alle funzioni assegnate al Servizio sanitario e ai Comuni), a dover sostenere in proprio dai 1500 ai 2000 euro al mese per assicurare le prestazioni necessarie ai loro congiunti anziani cronici non autosufficienti. Questa situazione determina ovviamente l’aumento delle famiglie a rischio povertà; c’è inoltre il pericolo per i malati di finire in strutture lager, perché non tutti sono in grado di affrontare spese così rilevanti che possono durare anche anni;

2. assuma iniziative pubbliche – anche di denuncia – contro le dimissioni illegali e spesso inumane praticate da ospedali e case di cura nei confronti dei malati inguaribili, ma sempre curabili; periodicamente vi sono segnalazioni da parte dei cittadini torinesi sui quotidiani locali, ma mai una volta abbiamo letto prese di posizione del Sindaco o del Suo assessore delegato alle questioni socio-sanitarie;

3. si adoperi perché siano realizzati posti  per la riabilitazione e la lungodegenza degli anziani cronici non autosufficienti nella Città di Torino. Attual­mente i vecchi vengono ricoverati a Pianezza, San Carlo e San Maurizio Canavese, Arignano e addirittura a Lanzo. È una situazione che impedisce a molti coniugi (sovente si tratta di ultraottantenni) di apportare al loro congiunto un adeguato sostegno morale e materiale;

4. apra una trattativa con la Regione, Assessorato alla sanità, per ottenere che le cure domiciliari diventino un diritto esigibile (oggi sono fornite a discrezione delle risorse disponibili e della scelta del medico di base, che può anche rifiutarsi) e sia il Servizio sanitario regionale ad erogare alla famiglia che accoglie il proprio congiunto a domicilio un rimborso forfetario in relazione alle spese vive sostenute, mentre il Comune dovrebbe limitarsi a fornire aiuti aggiuntivi solo nei casi di reale necessità;

5. disponga perché i suoi Assessori applichino le disposizioni di legge vigenti agli utenti in difficoltà, che chiedono aiuto ai servizi socio-assistenziali. Nel rispetto della legalità va modificata la delibera sulle cure domiciliari, approvata il 26 settembre 2005 che, in contrasto con quanto previsto dalle leggi vigenti, chiede alla persona adulta o anziana in difficoltà di segnalare ai servizi sociali nominativi e indirizzi dei parenti non conviventi,  anche residenti all’estero, per chiedere loro di contribuire con “quote di solidarietà”. Se la persona che ha bisogno si rifiuta (perché si vergogna, perché non ha più rapporti o perché non vuole caricare altri dei suoi problemi) è a rischio il suo diritto all’assistenza, che le norme nazionali riconoscono invece al singolo in difficoltà;

6. vigili perché sia assunta al più presto una deliberazione per assicurare il diritto esigibile alle prestazioni assistenziali (e non solo in base alla disponibilità delle risorse) a chi è inabile e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, così come sancito dal 1° comma dell’articolo 38 della Costituzione. Il Comune di Torino non ha ancora proceduto al recepimento di quanto disposto dalla legge regionale n. 1/2004 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento”, mediante apposita delibera. Ne consegue che i cittadini torinesi bisognosi di assistenza di fatto non hanno diritti. In assenza della delibera di recepimento della legge regionale per ottenere assistenza da parte del Comune, nel caso non intendesse intervenire, occorre che chi si trova in stato di necessità si avvalga ancora degli articoli 154 e 155 del regio decreto n. 773/1931 “Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” ovvero rivolgersi ai carabinieri per imporre al Comune l’obbligo di ricovero. L’unica prestazione prevista dal succitato regio decreto per i minori, i soggetti con handicap e gli anziani in gravi difficoltà socio-economiche, considerati inabili al lavoro è – purtroppo – il ricovero in istituto e non, ad esempio, il ricorso a servizi alternativi comprensivi di prestazioni domiciliari o alla comunità alloggio o come previsto dalla legge regionale n. 1/2004;

7. fornisca informazioni trasparenti in merito all’utilizzo fatto da parte della Città di Torino dei patrimoni delle ex Ipab ed ex enti di assistenza (valore stimato di circa mille miliardi delle vecchie lire per la sola città di Torino) che, in base alle norme vigenti, dovevano essere utilizzati a esclusivo beneficio dei servizi assistenziali e dei loro utenti da assistere.

 

 

Testo della piattaforma

 

Elenchiamo qui di seguito gli obiettivi che ci auguriamo l’Amministrazione comunale della Città di Torino voglia assumere per tutelare concretamente le esigenze dei cittadini torinesi in difficoltà e non in grado di difendersi.

 

Prevenire l’emarginazione sociale

Priorità assoluta dell’Amministrazione comunale dovrebbe essere rivolta all’attività di prevenzione dell’emarginazione attraverso la messa a disposizione – anche ai soggetti in difficoltà – dei servizi sociali primari.

La piena integrazione di chi vive con uno svantaggio sociale e/o con una minorazione fisica e/o intellettiva può essere garantita soltanto nel caso in cui gli assessorati, che intervengono nei confronti del resto della popolazione, stanzieranno risorse e personale per assicurare anche a chi è in difficoltà l’accesso alla sanità, all’istruzione e formazione professionale, al lavoro, alla casa, al  trasporto, al tempo libero, allo sport, alle manifestazioni culturali.

È dunque doveroso evitare  percorsi separati e, soprattutto, interventi assistenziali sostitutivi delle carenze o mancanze da parte dei settori di competenza. Il settore dell’assistenza ha una valenza importante, ma solo se è correttamente chiamato a predisporre le prestazioni aggiuntive indispensabili per garantire una vita dignitosa ai soggetti aventi diritto all’assistenza del Comune in quanto, anche mediante l’utilizzo dei servizi primari di cui sopra, non sono in grado di vivere autonomamente.

La questione dell’attribuzione delle competenze è rilevante, perché i settori preposti ai servizi sociali riguardano tutti i cittadini, mentre il settore dell’assistenza interessa al massimo il 3-4% della popolazione. Occorre, altresì, che vengano assunte le necessarie e urgenti iniziative volte a predisporre nel territorio della Città di Torino le strutture per i soggetti con handicap che negli ultimi anni, con preoccupante frequenza, sono stati ricoverati in comunità alloggio situate fuori Torino.

Ne consegue che, al fine di promuovere la piena integrazione delle persone in difficoltà, gli Asses­sorati dovrebbero impegnarsi come segue.

 

BILANCIO E PATRIMONIO

Come si potrà evincere dalla lettura della piattaforma, gravi sono le carenze esistenti in tutti gli ambiti, nei confronti dei soggetti adulti e anziani con limitata autonomia, persone con handicap intellettivo, minori con famiglie problematiche. Ci attendiamo quindi che:

• sia destinata una parte dell’avanzo preventivo di bilancio, stimato in circa 27 milioni di euro, per promuovere la piena integrazione nei servizi sociali primari e per garantire il diritto esigibile all’assistenza per i soggetti per i quali sono necessari ulteriori interventi specifici a causa della gravità delle loro condizioni personali fisiche e/o intellettive;

• non si riduca l’Ici che, anzi, potrebbe essere aumentata per le ragioni di cui sopra. Sarebbe inqualificabile ed eticamente riprovevole procedere con la riduzione dell’aliquota Ici, ovvero rinunciare ad introiti indispensabili e insufficienti. Rammen­tiamo che sono alcune migliaia i cittadini torinesi adulti e anziani che devono vivere con l’integrazione al minimo vitale e che molti di questi sono invalidi privi di altre risorse e impossibilitati a svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua che ricevono dallo Stato pensioni dell’importo di 238 euro mensili;

• mettere a disposizione della cittadinanza l’elenco dei patrimoni (mobili e immobili) degli enti assistenziali trasferiti al Comune di Torino (Ipab, Eca, ecc.) con l’indicazione per ognuno dei beni immobiliari dei dati generali e catastali, delle caratteristiche edilizie, dei dati relativi alla locazione (locatario, durata del contratto, importo, adeguamento Istat, attribuzione e importo delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e degli oneri di riscaldamento, stato di pagamento dei canoni da parte dei soggetti occupanti, ecc.), come previsto dalla deliberazione approvata dal Consiglio comunale di To­rino in data 26 settembre 1995 e finora mai attuata;

• monitorare l’utilizzo dell’ex Ipab Prinotti da parte dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti, ovvero verificare se sono state rispettate le condizioni previste nella deliberazione comunale del 24 aprile 2001 n. 03622/08 e cioè:

- la realizzazione del polo culturale e assistenziale per le persone audiolese;

- il servizio di assistenza generale;

- la ristrutturazione dell’immobile per cui l’affitto riscosso dal Comune è stato fissato – per 10 anni – solo al 10% del valore di mercato dell’immobile;

- la riscossione dell’affitto pari a euro 5 o 10,96 per gli anni 2001/2006;

- il rispetto dell’importo dei lavori stimato con delibera per il valore di 200 milioni di lire (oltre 100 mila euro);

• procedere alla vendita di beni vincolati al settore assistenziale (non utilizzabili allo scopo) recuperando le risorse da destinare all’acquisto di piccoli alloggi per comunità e di edifici per centri diurni assistenziali. Il Comune deve progressivamente tornare ad avere  la proprietà totale degli edifici occupati dai servizi socio-assistenziali, unico modo  per tutelare gli assistiti nei confronti di gestori privati che non rispettassero i loro diritti e che non possono essere estromessi, ovviamente, da comunità alloggio di loro proprietà;

• promuovere l’applicazione da parte della Regione Piemonte dell’articolo 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” che stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell’ambito della disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione dei problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate di volta in volta dalle Regioni stesse. Per tali intereventi i requisiti soggettivi e oggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978 n. 457, e successive modificazioni»;

• utilizzare la modalità della “concessione” per la creazione di strutture socio-assistenziali senza alcun onere economico da parte del Comune per quanto concerne le spese di investimento (cfr. le iniziative in merito del Cisap, Consorzio dei servizi alla persone dei Comuni di Collegno e Grugliasco).

 

SERVIZI EDUCATIVI E ISTRUZIONE

Per assicurare pari opportunità a chi ha difficoltà sociali e/ o personali è indispensabile:

a. potenziare e divulgare le attività svolte dal servizio di consulenza educativa domiciliare, al fine di fornire adeguati supporti ai nuclei familiari con figli con handicap, fin dal momento della loro nascita;

b. garantire l’integrazione dei bambini con handicap, anche se in situazione di gravità, nei nidi e nelle scuole per l’infanzia, nel rispetto dell’inserimento nelle strutture educative di competenza territoriale della famiglia;

c. assicurare la frequenza scolastica, sin dall’inizio delle lezioni, mediante la garanzia del trasporto agli allievi impossibilitati ad accedervi autonomamente in quanto non deambulanti;

d. rispettare l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, così come sancito dal punto 3 dell’articolo 13 della legge 104/1992, degli alunni con handicap fisici o sensoriali, mediante l’assegnazione di personale proprio o in convenzione;

e. incrementare le attività di integrazione dei propri laboratori con quelle dei centri diurni assistenziali per favorire scambi e occasione di socializzazione e per favorire l’eventuale inserimento degli allievi in situazione di gravità giunti al termine del  percorso scolastico-formativo;

f. intraprendere azioni mirate contro l’evasione dall’obbligo scolastico e per l’assunzione delle attività da predisporre per il pieno recupero dei minori con problemi scolastici (attualmente impropriamente svolto dall’assistenza);

g. completare entro il 2010 l’azione di superamento dei Cesm (Centri educativi speciali municipali) potenziando il loro ruolo di laboratori territoriali al servizio dell’integrazione scolastica delle scuole statali mediante:

- la non accettazione, a partire dal prossimo anno scolastico 2007/2008, degli alunni residenti fuori Torino per responsabilizzare i Comuni limitrofi ad attivare iniziative in loco; questo al fine di favorire realmente la frequenza degli alunni nelle scuole del proprio territorio;

- predisporre progetti finalizzati a favorire l’integrazione scolastica nelle normali classi degli alunni in situazione di gravità, che eventualmente potranno frequentare ancora il Cesm (riorganizzato) insieme a gruppi di compagni, per attività specifiche (acquaticità, musica, equitazione, ecc.) per non più di otto  ore settimanali;

- favorire la presenza di insegnanti specializzati dei Cesm nelle scuole in cui sono inseriti alunni con handicap grave per la realizzazione di laboratori finalizzati all’integrazione.

 

LAVORO, ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E PERSONALE

È indispensabile assicurare una collocazione lavorativa ad ogni persona con handicap in grado di esprimere una capacità lavorativa piena o ridotta. In tal modo si assicura la piena integrazione nella vita adulta, si elimina la spesa assistenziale (pensione di invalidità, servizi assistenziali) e l’interessato diventa un cittadino attivo, che paga le tasse e contribuisce allo sviluppo della collettività. Il Comune di Torino ha – negli anni scorsi – realizzato numerose iniziative positive di politiche attive del lavoro. Confidiamo che vorrà continuare ad adoperarsi in tal senso assumendo le seguenti iniziative:

a. rispettare il programma di assunzioni  a cui è tenuto ai sensi della legge 68/1999, con la stipula della necessaria convenzione con la Provincia di Torino. Si rammenta che, ai sensi di quanto previsto dalla deliberazione della Giunta provinciale di Torino n. 615/135272/2003, alle persone con handicap intellettivo o fisico con limitata autonomia o con problemi psichici, nella suddetta convenzione deve essere riservato il 50% delle assunzioni previste;

b. intervenire presso tutte le aziende in cui ha partecipazioni al fine di favorire un concreto programma di assunzioni che preveda anche l’inserimento dei soggetti di cui sopra. Si rammenta la mozione 29/2000 con la quale la Città di Torino si impegnava a programmare l’assunzione di «almeno il 10% di disabili intellettivi, fisici con limitata autonomia e ipovedenti, utilizzando una metodologia mirata al percorso formazione-occupazione»;

c. monitorare il “Regolamento delle procedure con­trattuali per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate di disabili” (deliberazione del Consiglio comunale del 31 marzo 2005, n. 2004 12376/023) che prevede l’inserimento di almeno il 20% di persone con handicap intellettivo nelle cooperative che ot­tengono la gestione di servizi per conto del Comune;

d. adoperarsi nei confronti delle aziende che avviano nuove attività perché, a fronte di politiche di sostegno del Comune per agevolare le nuove imprese, vi siano in cambio assunzioni anche di soggetti che rientrano nella legge 68/1999, comprese le persone con ridotta capacità lavorativa;

e. prevedere quote di inserimento dei soggetti di cui sopra (handicappati intellettivi o fisici con limitata autonomia) nelle politiche di contrasto alla disoccupazione e povertà: cantieri di lavoro, borse di lavoro, ecc.;

f. assicurare il personale comunale indispensabile per il funzionamento del Sil (Servizio inserimento lavorativo), rinnovando la convenzione con la Provincia di Torino;

g. mettere a disposizione posti di tirocinio formativo per i Centri di formazione professionale che operano nella Città di Torino.

 

EMERGENZA ABITATIVA - CASE ATC

L’Assessorato alla casa, correttamente, interviene da tempo anche per quanto riguarda i casi sociali, vale a dire quelli segnalati dai Servizi socio-assistenziali e sanitari della Città. I tempi medi di attesa fra la segnalazione dell’assistente sociale e l’assegnazione dell’alloggio in case popolari sono però ancora troppo lunghi: per il 2005 l’attesa è di oltre 17 mesi. Macroscopico e costante è il divario fra domanda e offerta di abitazioni di edilizia residenziale pubblica, come si evince dai dati (fonte: Divisione edilizia e urbanistica della Città di Torino - Settore bandi e assegnazioni): le domande presentate al bando generale 2004 sono state 7.625, la media degli alloggi disponibili nell’ultimo quinquennio è di circa 550 alloggi all’anno; gli alloggi assegnati negli anni 2004 e 2005 sono stati complessivamente 1.233, per una media annuale di 616.

Anche con il progetto di riconversione dei siti olimpici le case pubbliche continuano ad essere insufficienti. Pertanto si ritiene necessario che il Comune assuma altre iniziative quali:

- la valutazione della congruità degli attuali limiti economici per l’accesso alle case popolari e la validità delle previste riduzioni forfetarie dei redditi effettivamente conseguiti al fine di non assegnare più alloggi a coloro che, sulla base delle loro risorse, sono in grado di accedere al libero mercato;

- assumere le necessarie iniziative per ottenere la cessazione delle occupazioni abusive, con particolare riguardo ai nuclei familiari con redditi superiori a quelli previsti per l’accesso alle case popolari;

- l’individuazione della possibilità di utilizzo (da concordare) dell’edilizia privata per la costruzione di alloggi da assegnare a nuclei familiari riconosciuti in possesso di tutte le condizioni per l’accesso alle case popolari;

- assegnazione di alloggi a 2-3 soggetti con handicap disposti a vivere insieme, prevedendo i necessari criteri specifici per la sommatoria di punteggi individuali;

- la predisposizione, d’intesa con l’Assessorato al patrimonio, di un piano di utilizzo dei beni degli enti assistenziali disciolti (ex Ipab, ex Eca, ex Omni, ecc.);

- una gestione corretta (sulla base di una delibera specifica) del patrimonio immobiliare e mobiliare pervenuto al Comune di Torino a seguito dell’estinzione degli enti assistenziali di cui sopra;

- la richiesta alle Ipab di mettere a disposizione della commissione edilizia abitativa del Comune gli alloggi di loro proprietà, e che si renderanno disponibili, da destinare ai casi sociali segnalati dai servizi assistenziali e sanitari;

- il potenziamento delle iniziative di adattamento degli alloggi in modo da renderli usufruibili anche da parte di persone con handicap fisici;

- il potenziamento dei contributi necessari per l’adeguamento degli alloggi e l’attivazione di iniziative volte alla massima pubblicizzazione per favorire la conoscenza di tale possibilità;

- il censimento degli alloggi di edilizia pubblica.

 

TRASPORTO

Per quanto riguardo il servizio taxi per il trasporto di persone con handicap motorio non in grado di utilizzare i mezzi pubblici, attivato dalla Città di Torino sin dal 1979, è necessario ricordare che non è un servizio assistenziale da erogare ai meno abbienti.  È un diritto sociale come la scuola, il lavoro, la sanità, la cultura: tutti devono accedervi alle stesse condizioni. I cittadini normodotati – giustamente – non pagano il biglietto del tram in base al proprio reddito, ma in base ad un prezzo “politico” stabilito perché il trasporto è un diritto sociale. La stessa regola vale per i cittadini impossibilitati ad utilizzare (in seguito a rigorosi accertamenti) i mezzi di trasporto pubblici. Fino a quando la Città di Torino non metterà questi utenti in grado di accedervi con l’adeguamento dei mezzi di trasporto e l’eliminazione delle barriere architettoniche, questi cittadini hanno il diritto al taxi o al pulmino attrezzato al prezzo di una corsa di autobus. Ne consegue che il servizio taxi, gestito dal­l’Azienda Gtt, è sostitutivo del mancato diritto all’accesso di chi, per minorazione fisica, è impossibilitato a salire sui mezzi pubblici. Solo un piccolo zoccolo di cittadini con gravi limitazioni dell’autonomia motoria continuerà ad avere bisogno di speciali pulmini attrezzati per spostarsi.

Ciò premesso si chiede di intervenire come segue:

- predisporre un piano di rifacimento delle banchine dei mezzi di trasporto collettivi e la messa in rete di carrozze accessibili sia su tram che su autobus;

- incrementare il numero delle corse taxi da erogare ai cittadini in base alle effettive esigenze di mobilità dovuta a lavoro, bisogni sanitari, esple­tamento delle normali funzioni quotidiane e relazionali;

- aumentare il numero dei mezzi utilizzabili circolanti (taxi che consentano anche l’incarozzamento di carrozzine, navette per i centri storici anche utilizzanti nuove fonti energetiche, ecc.);

- potenziare il servizio dei pulmini attrezzati;

- estendere il servizio all’intera area metropolitana coinvolgendo i Comuni limitrofi e, se del caso, l’Amministrazione provinciale.

Per i soggetti con altre minorazioni (ipovedenti, intellettivi, psichiatrici), senza difficoltà motorie, sono già previste altre agevolazioni. Nel caso in cui risultino insufficienti a coprire i bisogni (ad esempio difficoltà a raggiungere il lavoro nella prima cintura di Torino o il centro di formazione professionale, oppure la necessità di praticare terapie continuative per i malati oncologici o con altra patologia invalidante) devono essere affrontate dall’assessorato ai trasporti (e non dall’assistenza) con l’assunzione di delibere specifiche, se del caso d’intesa con gli altri enti coinvolti (per i malati, ad esempio, la sanità; per la cintura di Torino con l’assessorato provinciale ai trasporti).

 

VIABILITÀ E URBANISTICA

Al fine di ottimizzare le risorse è indispensabile l’assunzione di iniziative coordinate tra i vari enti e assessorati con l’indicazione di tempi e modalità per la progressiva e totale eliminazione delle barriere architettoniche che impediscono ancora l’accesso alle persone handicappate motorie agli edifici pubblici o di utilizzo da parte del pubblico: scuole, cinema, mostre, ristoranti, parchi, uffici, strutture sportive. Va indicato un funzionario responsabile dell’abbattimento delle barriere architettoniche e la definizione delle priorità (scuole, strutture sociali, ecc.) per l’attuazione del suddetto piano con la messa a disposizione delle strutture mobili nel periodo transitorio. Contestualmente va prevista la revisione dei contenuti progettuali del Comune di Torino relativi alla eliminazione e non creazione delle barriere architettoniche di marciapiedi e delle banchine per parcheggi (scivoli a norma delle leggi vigenti e banchine pavimentate in modo da essere accessibili da parte di tutti), da realizzare mediante la creazione di un gruppo di lavoro e l’istituzione di un servizio con rappresentanti degli utenti per la verifica e il controllo dei progetti edilizi.

 

SPORT, TEMPO LIBERO, CULTURA, POLITICHE GIOVANILI

Al fine di garantire la fruizione di tutte le strutture e servizi, anche da parte delle persone con difficoltà dovute a minorazioni, sia in forma attiva che come spettatori, oltre all’eliminazione delle barriere architettoniche di cui sopra, si richiedono i seguenti interventi:

- assumere provvedimenti volti a sviluppare e spesso a creare iniziative di “cultura sociale attiva” incentrata sulle esigenze fondamentali di vita, con particolare attenzione alle molteplici ed essenziali questioni dei diritti/doveri e delle relazioni personali, familiari e sociali;

- messa a disposizione delle risorse necessarie per assicurare l’eventuale personale di sostegno senza il quale la persona non può beneficiare del servizio;

- inserimento di quote di partecipazione riservate a giovani con handicap – anche intellettivo – in possesso di autonomia sufficiente, nei programmi di “estate giovani” e negli scambi internazionali;

- incentivare gli studenti delle scuole superiori a “farsi carico” di un loro compagno con handicap, mediante agevolazioni nell’acquisto di biglietti per ingressi a concerti, attività sportive, teatri, cinema.

 

ASSISTENZA

1. Limitare i propri interventi alle persone inabili e sprovviste dei mezzi necessari per vivere

Si chiede che in primo luogo il Comune provveda con apposita deliberazione a definire gli utenti che hanno diritto ad essere assistiti (circa il 3-4% della popolazione torinese) al fine di destinare le risorse necessarie al soddisfacimento dei loro bisogni e garantire – finalmente – il loro diritto esigibile alle prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie stabilite rispettivamente dalla legge regionale n. 1/2004 “Norme per la realizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento” e dalle norme di attuazione dei Lea, Livelli essenziali di assistenza, così come recepito dalla Dgr 51/2003.

In base agli articoli 18, 22 e 35 della legge regionale n. 1/2004 hanno il diritto esigibile alle prestazioni assistenziali (ovvero socio-assistenziali e socio-sanitarie) i seguenti soggetti:

- i minori in tutto o in parte privi delle indispensabili cure familiari, siano essi nati nel o fuori del matrimonio;

- le persone con handicap intellettivo totalmente o gravemente prive di autonomia che necessitino di sostegno per la permanenza nel proprio nucleo familiare o per affidamento a terzi o per l’accertamento della loro adottabilità o per inserimento in comunità alloggio;

- i soggetti colpiti da altri handicap, anche plurimi, che necessitano di aiuti specifici non di competenza della sanità per poter acquisire la massima autonomia possibile nel rispetto del diritto all’autodeterminazione;

- gli anziani che non sono in grado di provvedere alle proprie esigenze di vita;

- le gestanti e madri in gravi difficoltà personali alle quali va altresì fornito il necessario sostegno psico-sociale per il responsabile riconoscimento o non riconoscimento dei loro nati, per garantire il segreto del parto e per il loro reinserimento sociale;

- le persone che vogliono uscire dalla schiavitù della prostituzione;

- i soggetti senza fissa dimora;

- gli altri individui che necessitano di prestazioni volte ad evitare la loro emarginazione.

La succitata delibera del Consiglio comunale di Torino di recepimento della legge regionale n. 1/2004 dovrebbe inoltre:

- rivedere il provvedimento che regolamenta i rapporti tra Comune e soggetti privati a cui sono affidati i servizi non gestiti direttamente, affinché sia prevista l’indicazione esplicita del mantenimento della titolarità delle prestazioni in capo al Comune per la tutela dei diritti dell’utente. Su questa materia estremamente delicata rinviamo alle note nel documento “Proposte per migliorare le attuali procedure per l’accreditamento dei servizi socio-sanitari” che sono state predisposte anche a seguito dei fatti agghiaccianti di cui sono stati vittime tre minorenni ospiti di una comunità alloggio socio-assistenziale accreditata dal Comune di Torino. Uniamo al riguardo l’articolo “Il Comune di Torino risarcisce i danni materiali e morali subiti da un’assistita” (cfr. Prospettive assistenziali, n. 154, 2006) che riporta le parti più salienti del processo attivato da alcuni utenti nei confronti dei responsabili della struttura e conferma la responsabilità  del Comune per quanto accaduto nei confronti di uno dei minori coinvolti;

- definire i criteri di compartecipazione degli utenti per porre definitivamente fine alla richiesta di contribuzioni illegali ai familiari di assistiti maggiorenni. Attualmente l’esenzione prevista dalle leggi è stata riconosciuta solo ai congiunti dei soggetti con handicap in situazione di gravità e degli anziani ultrasessantacinquenni cronici non autosufficienti;

- richiamare gli operatori del Comune agli adempimenti dell’obbligo, come previsto dalla legge n. 6/2004, di presentare la richiesta di amministrazione di sostegno per le persone che ne hanno la necessità.

2. Non svolgere compiti che per legge sono attribuiti al Servizio sanitario nazionale

Da oltre vent’anni questo Coordinamento chiede che il Comune di Torino smetta di essere complice dello scaricamento degli anziani cronici non autosufficienti, dei malati di Alzheimer e sindromi correlate e dei pazienti psichiatrici gravi, che con il compimento dei 65 anni, spesso vengono rivalutati “anziani bisognosi solo più di prestazioni socio-assistenziali”, allo scopo di trasferire al settore assistenziale il compito di provvedere alle loro esigenze socio-sanitarie. Il settore assistenziale non è però in grado – né potrebbe farlo – di assicurare le prestazioni necessarie a questi malati. In base alle leggi vigenti, spetta al Servizio sanitario regionale curare tutti i malati, anche quelli cronici, senza limiti di età e qualunque sia la malattia. Il Comune, in particolare attraverso il suo assessorato all’assistenza, deve quindi attivarsi per ottenere la piena assunzione della titolarità e gestione delle prestazioni sanitarie da parte delle Asl cittadine. Al riguardo si sottolinea che, operando come sopra richiesto, il Comune di Torino eviterebbe i consistenti oneri economici che attualmente sostiene. Pertanto si chiede:

a) la revisione dell’attuale deliberazione sulle cure domiciliari (approvata il 26 settembre 2005) per ottenere che sia posto  a carico delle Asl:

- il contributo forfetario riconosciuto (e versato) dal Comune di Torino alle famiglie che accettano di accogliere volontariamente un familiare anziano cronico non autosufficiente presso il proprio domi­cilio;

- l’erogazione dell’assegno di cura, con la previsione dell’intervento del Comune solo nel caso in cui il beneficiario rientri tra gli utenti aventi diritto all’assistenza, secondo quanto previsto dalle norme vigenti;

b) l’imputazione alle Asl di competenza della costruenda struttura nell’area dell’ex “Cascina Grangia”, struttura residenziale destinata alla cura di persone affette da pluripatologie;

c) il trasferimento della titolarità della gestione di tutte le strutture residenziali accreditate dal Comune di Torino che ricoverano soggetti con psicosi ed insufficienza mentale per assicurare loro tutte le necessarie cure, non programmabili a priori, analogamente al modello positivamente sperimentato, su iniziative di questo Coordinamento, all’Asl 3 nella gestione della Rsa di Torino, Corso Svizzera 140;

d) la revoca del pessimo progetto concordato con le Asl cittadine avente lo scopo di assegnare al Cottolengo il ricovero di minori con gravi patologie sanitarie. Vanno ricercate norme che stabiliscano l’obbligo del Servizio sanitario regionale di assumere la titolarità della istituzione e gestione dei servizi per i suddetti soggetti;

e) iniziative per ottenere dalla Regione, Asses­sorato alla sanità, l’apertura a Torino entro sei mesi di almeno due comunità alloggio sanitarie per il pronto intervento nei confronti di minori con problemi psichiatrici. Il protocollo d’intesa siglato al riguardo tra Comune di Torino e Regione, Assessorato alla sanità, è insufficiente: non prevede né tempi di attuazione delle strutture riconosciute indispensabili (comunità alloggio terapeutiche) né risorse per il personale che necessariamente dovrà essere assunto per gestire il ricovero ospedaliero presso l’Ospedale Regina Margherita.

3. Promuovere “la presa in carico” dei cittadini deboli da parte degli altri Assessorati

Contestualmente il settore assistenziale dovrà attivarsi perché anche nell’ambito della Giunta del Comune di Torino gli Assessori competenti in materia di servizi sociali (sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, casa, trasporti, tempo libero, ecc.) si adoperino per prevenire il bisogno assistenziale. Ciò presuppone che essi assicurino l’accesso a tutti i cittadini, ivi compresi i soggetti che presentano difficoltà personali (persone in situazione di handicap) o sociali (minori con famiglie problematiche o in difficoltà economiche, soggetti anziani con limitati redditi, ecc.). Pertanto eventuali sussidi per la frequenza dell’asilo nido o della scuola materna devono essere di competenza dell’Assessorato all’istruzione; i contributi economici per il sostegno all’affitto in abitazioni private spettano al settore della casa; gli aiuti alle persone disoccupate devono essere predisposti dall’Assessorato al lavoro ed essere collegati a interventi di reinserimento attraverso riqualifiche professionali; il trasporto per gli allievi con handicap intellettivo della formazione professionale deve essere assicurato dal settore trasporti; gli inserimenti lavorativi dei soggetti con handicap sono di competenza del settore lavoro; le attività sportive per le persone con handicap devono essere assicurate dall’Assessorato allo sport, ecc.

 

iniziative specifiche per gli anziani

Rivedere il progetto di ristrutturazione di Casa Serena

Per quanto riguarda le strutture di ricovero per anziani del Comune di Torino, si chiede che la ristrutturazione di Casa Serena preveda la riconversione di tutti gli spazi in Rsa (Residenza sanitaria assistenziale). Siamo totalmente contrari alla previsione di  mini alloggi da destinare a persone con problemi di malattia mentale e disturbi relazionali, anche se non gravi. In primo luogo, trattandosi di soggetti malati, rientra nelle competenze delle Asl intervenire nei loro confronti e, nel caso specifico, provvedere alla loro sistemazione in piccoli appartamenti, distribuiti sul territorio della Città per evitare pericolose concentrazioni e favorire, invece, la loro integrazione. È doveroso da parte del Comune garantire il loro diritto alla cura che può essere assicurato solo con l’assunzione della titolarità da parte delle Asl. In secondo luogo non va dimenticata l’esperienza fallimentare avuta in passato con la Rsa di Via Valgioie. Anche in quel caso era prevista la realizzazione di alloggetti per persone parzialmente non autosufficienti all’interno della Rsa. Com’è noto dopo aver impegnato ingenti risorse in progettazione, costruzione e arredamento degli alloggetti di Via Valgioie, si è di nuovo speso per distruggere tutto e realizzare, a questo punto correttamente, un centro diurno per malati di Alzheimer e forme similari di demenza. Per quanto sopra ci sembra ragionevole che, al posto dei succitati mini alloggi, si modifichi il progetto e si preveda la realizzazione di un centro diurno Alzheimer.

Trasformazione in Rsa delle strutture Villa Primule e istituti Cimarosa, Bricca e Buon Riposo

Da anni gli anziani ricoverati non sono più autosufficienti e le loro condizioni di salute sono peggiorate al punto che da tempo le Asl 3 e 4 prevedono interventi medici e infermieristici per Villa Primule e l’istituto Cimarosa, mentre è lo stesso Comune a sostenerli per il Buon Riposo e il Bricca con dispendio di risorse che dovrebbe utilizzare invece per migliorare i servizi dei propri assistiti.

Tenuto conto che sono trascorsi circa 30 anni dal momento in cui si è ipotizzata la riconversione di Casa Serena in Rsa, si chiede altresì di programmare la riconversione in Rsa delle strutture attualmente autorizzate a funzionare come Ra (Resi­denze assistenziali) secondo le indicazioni e gli standard del nuovo modello residenziale di cui alla delibera regionale n. 17/2005.

Nello stesso tempo le strutture del Bricca e del Buon Riposo dovrebbero essere destinate esclusivamente agli anziani cronici non autosufficienti.

Apertura di due nuove comunità alloggio per anziani autosufficienti

Le richieste di ricovero avanzate da anziani autosufficienti sono molto limitate. Si chiede che si punti all’individuazione di almeno altri 2 alloggi da destinare a comunità per anziani autosufficienti. È positiva l’esperienza realizzata nelle tre comunità alloggio per anziani autosufficienti attualmente in funzione presso il Comune di Torino (Via M. Gioia, Via Cer­naia, Lungodora Voghera). Purtroppo in questi anni è stato privilegiato il ricovero nelle Ra (Residenze assistenziali), a discapito della promozione delle comunità alloggio.

Si chiede quindi che sia promossa con le Circoscrizioni di competenza la necessaria conoscenza presso i cittadini di questa importante formula di accoglienza che evita emarginazione e mantiene attivi gli anziani che vi abitano.

Stante anche il numero ridotto degli anziani autosufficienti che chiedono il ricovero, premessa l’esigenza di promuovere le prestazioni domiciliari, nel caso di insufficienza dei posti disponibili nelle comunità alloggio gestite direttamente, il Comune di Torino potrebbe ricorrere ad analoghe strutture private.

Recupero della comunità alloggio di Via Carema

Devastante è stata l’esperienza imposta dai servizi sociali agli anziani di questa comunità che hanno dovuto dividere la loro casa e il loro bagno con persone senza fissa dimora o comunque esterne alla comunità. La vita della comunità deve essere ricondotta alla sua vocazione iniziale.

 

iniziative specifiche per le persone con handicap intellettivo con limitata o nulla autonomia

Per quanto riguarda le persone con handicap intellettivo, non tutte sono di competenza dell’assistenza, ma solo quei soggetti che, a causa della gravità delle loro condizioni, terminato l’obbligo scolastico/formativo, sono stati dichiarati non avviabili al lavoro dai competenti Centri provinciali per l’impiego e non presentano prevalenti patologie poiché in questi casi le strutture dovrebbero essere di competenza del Servizio sanitario regionale.

Precisiamo che utilizziamo il termine intellettivo, da noi introdotto e ripreso dalla legge quadro sull’handicap n. 104/1992 e dalla legge sul collocamento al lavoro n. 68/1999, per distinguere la menomazione intellettiva dalla malattia mentale o psichica o psichiatrica. Le persone affette da disturbi psichiatrici rientrano nella tutela del Servizio sanitario (e non dell’assistenza).

Si ricorda che per le persone con handicap intellettivo in situazione di gravità la pensione erogata dallo Stato è di 238 euro mensili, mentre l’indennità di accompagnamento erogata a coloro che necessitano di assistenza 24 ore su 24 è di euro 450,00 mensili.

1. Incentivare la permanenza a domicilio

Senza la disponibilità della famiglia, che volontariamente sceglie di mantenerli presso di sé, il Comune dovrebbe sostenere oneri rilevanti per il loro ricovero in comunità alloggio, la cui retta è mediamente di 100-140 euro al giorno. In primo luogo, quindi, si chiede che il Comune di Torino sostenga il permanenza a domicilio con i seguenti interventi:

a) riconoscimento del volontariato intrafamiliare, mediante l’erogazione di un contributo forfetario alla famiglia per gli oneri maggiori che deve sostenere. Esempio positivo al riguardo è la delibera approvata dal Consorzio socio-assistenziale dei Comuni di Collegno e Grugliasco;

b) assicurazione del  diritto esigibile alla frequenza a tempo pieno del centro diurno assistenziale (cinque giorni alla settimana per almeno otto ore al giorno) e comunque sulla base delle esigenze del nucleo familiare e/o dei bisogni specifici dell’interessato emersi in fase di valutazione della competente commissione Uvh (Unità valutativa handicap).

2. Potenziare il patrimonio dei servizi residenziali (comunità alloggio, convivenze guidate) nella Città di Torino e di proprietà del Comune

Negli ultimi cinque anni sono drammaticamente aumentati i ricoveri di soggetti con handicap intellettivo in situazione di gravità fuori dalla Città di Torino e, sovente, fuori dalla stessa Provincia di Torino nelle Province di Cuneo, Vercelli, Biella, Ales­sandria: siamo tornati alla deportazione assistenziale degli anni ‘60-’70.

Ciò è conseguente alla mancanza nella città di Torino di comunità alloggio in misura sufficiente a soddisfare le richieste; le famiglie in stato di bisogno sono costrette ad accettare soluzioni assolutamente non idonee, altro che libera scelta!

L’accreditamento non ha finora risposto all’argomento maggiormente enfatizzato dal Comune di Torino: la libera scelta delle famiglie della struttura ritenuta più idonea a soddisfare le esigenze dei propri figli handicappati intellettivi. La scelta si può fare se c’è l’offerta, ma attualmente non ci sono comunità alloggio in numero adeguato al fabbisogno. Quindi è giocoforza continuare a subire da parte delle famiglie il ricovero in strutture/istituto anche fuori dalla provincia di Torino.

Il Comune di Torino non è più il motore di indirizzo delle politiche del settore perché, da anni, non apre più comunità alloggio di sua proprietà in misura sufficiente e punta solo sull’offerta del privato: cooperative, società, alle quali conviene sul piano economico attivare strutture plurifunzionali: Raf (Residenze assistenziali flessibili) per anziani con annesse Raf per disabili (tipo A e tipo B), arrivando anche a concentrare in un’unica struttura 40-60-80 posti letto e con tipologie di utenti diverse. Si ripropongono quindi i vecchi ricoveri/ghetto.

Insistiamo pertanto perché siano programmate in Città nuove comunità alloggio in misura di almeno 1 comunità alloggio ogni 30 mila abitanti e comunque assumendo come riferimento gli utenti dei centri diurni assistenziali i cui familiari, essendo sovente molto anziani, potrebbero avere presto esigenza di ricoverare il figlio.

Per quanto sopra è necessario:

• ripartire dai contenuti della delibera istitutiva dei centri diurni e delle comunità alloggio per soddisfare le esigenze delle persone con handicap intellettivo che usufruiscono di questi servizi;

• tornare alla gestione diretta di almeno il 50% delle comunità alloggio e dei centri diurni. La gestione diretta è altresì indispensabile per garantire un confronto qualitativo delle prestazioni e dei costi di gestione con il privato;

• utilizzare la formula della concessione per l’affidamento a terzi della realizzazione e gestione di comunità alloggio o altri servizi assistenziali, che prevede senza alcun onere economico a carico del Comune l’assunzione di titolarità dello stesso Comune e la facoltà per lo stesso di recidere il contratto qualora il gestore privato non assicuri interventi idonei agli assistiti;

• porre fine al ricovero fuori Provincia delle persone con handicap.

3. Garantire attività esterne agli ospiti ricoverati: no alle comunità/istituto

Da anni segnaliamo che agli utenti delle comunità alloggio, in particolare in quelle accreditate, è vietata la frequenza del centro diurno, senza che siano contestualmente assicurate attività esterne verificabili. La persona ricoverata può, dunque, vivere 24 ore su 24 dentro la struttura, come negli istituti di una volta. Molti soggetti, privati delle attività diurne, hanno aggravato le loro condizioni e, in alcuni casi, si è dovuto ricorrere anche al ricovero ospedaliero nei reparti psichiatrici.

Insistiamo nel richiedere la frequenza del centro diurno come diritto esigibile anche per i soggetti che sono ricoverati nelle comunità alloggio. In ogni caso le attività diurne devono essere stabilite sempre e solo sulla base delle esigenze dell’interessato in sede di valutazione da parte dell’Uvh (Unità valutativa handicap), che deve predisporre il Piano assistenziale individuale (Pai).

Rammentiamo che l’ancora vigente delibera comunale n. 8309599/19 del 17 aprile 1984 afferma quanto segue: «Gli ospiti delle comunità per handicappati dovranno trovare presso le strutture diurne presenti nel territorio (Cst, servizi sanitari, ecc.) tutte le risposte occupazionali e specialistiche ai loro bisogni, mentre dagli operatori delle comunità, o comunque attraverso il loro interessamento, dovranno ricevere tutte quelle cure che normalmente è la famiglia a dare».

Qualora sia incaricato lo stesso gestore della comunità alloggio dell’organizzazione delle attività esterne, queste devono essere verificabili. Pertanto dovranno essere dettagliatamente indicate nel Pai, predisposto dall’Uvh e consegnato in copia alla famiglia e/o al tutore e alle associazioni che svolgono attività di vigilanza ai sensi della deliberazione comunale del 1983.

 

Iniziative specifiche per assicurare il diritto del minore a vivere in famiglia (d’origine, affidataria, adottiva)

Sono noti i danni spesso irreversibili prodotti nel bambino a causa di ricoveri precoci e duraturi in comunità alloggio o peggio ancora in istituto (di cui la legge n. 149/2001 ha previsto il superamento entro il 31 dicembre 2006). Le conseguenze sono pesantissime non solo per il diretto interessato, ma anche per la collettività che dovrà continuare a provvedervi come soggetto disadattato.

È dunque proficuo adoperarsi per mettere le famiglie in grado di occuparsene in prima persona quando vi sono positivi legami affettivi e adeguate capacità genitoriali, mettendo a loro disposizione i servizi sociali primari (ad esempio casa e lavoro). I servizi assistenziali dovrebbero intervenire solo nel caso in cui siano necessari ulteriori interventi integrativi (ad esempio, assistenza domiciliare e/o econo­mica).

Nel caso in cui il nucleo familiare non sia ritenuto idoneo e il minore venga allontanato è da preferire l’affidamento familiare, utilizzando la comunità alloggio nei casi di urgenza e comunque per limitati periodi.

Se la situazione è molto grave e si presume che possa sfociare in una situazione di privazione di sostegno morale e materiale da parte dei congiunti, è d’obbligo segnalare il caso al Tribunale per i minorenni e procedere con l’affidamento del minore a famiglie affidatarie in possesso dei requisiti per l’eventuale adozione, al fine di evitare il ripetersi di situazioni devastanti per il minore qualora dovesse essere collocato in una famiglia adottiva diversa da quella affidataria in cui ha vissuto e vive.

Per quanto sopra si chiede all’Assessorato all’assistenza:

1. azioni di prevenzione nei confronti delle famiglie in difficoltà con la presenza di minori, sollecitando in primo luogo gli interventi, se necessari, dei settori sociali primari (casa, lavoro, sanità, scuola...);

2. monitoraggio dei minori presenti nelle strutture residenziali finalizzato all’attivazione tempestiva degli interventi alternativi (rientri nelle famiglie d’origine anche allargate, affidamenti, adozioni) in quanto le permanenze si protraggono a volte per anni e progressiva riduzione dei ricoveri dei minori in strutture fuori Torino (al 31 ottobre 2005 su 392 minori ben 129 erano ospitati in strutture in provincia di Torino (59) o della Regione (56) o fuori Regione (14). Da segnalare il preoccupante aumento, in un anno, di 60 unità dei minori ricoverati (da 332 a 392!);

3. organizzazione di campagne di sensibilizzazione periodiche e mirate, coinvolgendo anche gli Assessorati all’istruzione e alla cultura, per promuovere l’affidamento familiare a scopo educativo dei minori e messa a punto anche degli interventi necessari per promuovere gli affidamenti con “sostegni professionali” deliberati dal Comune, potenziando il numero degli operatori sociali addetti (assistenti sociali, educatori) e del servizio centrale;

4. sostegno degli affidamenti che proseguono dopo il 18° anno di età (progetto “Autonomia”) con particolare sostegno alle famiglie che decidono di continuare ad accogliere un soggetto in situazione di handicap o con problemi sanitari (riconoscimento della titolarità e del ruolo degli affidatari nell’impostazione e nel monitoraggio del progetto di affido); estensione agli affidatari di adulti in situazione di handicap di tutte le provvidenze economiche previste per gli affidamenti di minori in situazione di handicap; riconoscimento agli affidatari di handicappati adulti della possibilità di accesso ai sostegni professionali secondo le modalità previste dalla delibera del 7 dicembre 2004 e dei progetti di autonomia per le situazioni meno compromesse (come previsto dalla delibera relativa del 2001);

5. attivazione di gruppi di sostegno per gli affidi “a rischio giuridico di adozione” e per le adozioni problematiche di minori italiani e stranieri (grandicelli, portatori di handicap, ecc...). Analoga iniziativa va assunta nei confronti delle coppie adottive che hanno accolto minori italiani e stranieri grandicelli, in situazione di handicap o con particolari difficoltà;

6. monitoraggio degli affidamenti familiari a pa­renti;

7. promozione dell’assunzione delle funzioni relative alle gestanti e madri, così come previsto dalla legge della Regione Piemonte n. 16/2006 “Modifiche all’articolo 9 della legge regionale 8 gennaio 2004 n. l ‘Norme per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e riordino della legislazione di riferimento’” e la ricerca delle soluzioni idonee a rispondere alle esigenze di autonomia (ad esempio casa, lavoro) delle madri inserite in strutture residenziali con i figli: erano ben 148 al 31 dicembre 2005, con figli di età compresa fra gli 0 e i 17 anni;

8. superamento dell’attuale situazione di conflitto che vede il Comune di Torino (gestore dei servizi assistenziali) sovente anche tutore dello stesso minore che deve assistere. Si sollecita il Comune affinché promuova l’attribuzione all’Ufficio provinciale di pubblica tutela previsto dalla legge regionale 1/2004 (allegato n. 2) delle relative competenze (tutele, curatele, amministrazioni di sostegno) attualmente esercitate dal Comune di Torino nei confronti dei propri assistiti.

 

Proposte per migliorare le attuali procedure per l’accreditamento dei servizi socio-sanitari del Comune di Torino

In base alla nostra esperienza il Comune di Torino dovrebbe garantire quanto segue:

• indicare in modo esplicito la titolarità del Comune nell’erogazione della prestazione e segnalare l’ufficio e il dirigente responsabile;

• prevedere l’obbligatorietà per i servizi sociali di compilare per iscritto la richiesta di prestazione inoltrata a voce dal cittadino e fornire copia all’interessato dell’apertura della pratica;

• escludere ogni rapporto diretto di natura contrattuale tra i cittadini (diretti interessati e/o loro famigliari e/o loro tutori) e il prestatore del servizio. Solo per problemi puramente amministrativi si può prevedere il versamento all’ente gestore dell’eventuale retta a carico dell’utente;

• controllare il rispetto delle norme contrattuali da parte dei gestori privati, al fine di ridurre al minimo l’alto turnover del personale, determinato prevalentemente da condizioni e contratti lavorativi inadeguati. A tal fine si chiede che negli accordi stipulati dal Comune di Torino sia previsto l’obbligo di invio delle fotocopie dei libri matricola (in modo da poter verificare le qualifiche del personale addetto) e dei versamenti mensili all’Inps (al fine di controllare la quantità delle ore di servizio degli operatori). Dovrebbe inoltre essere predisposto un controllo a campione regolare da parte del Comune. Infine si chiede di esaminare le fatture o altri documenti previsti per rapporti di lavoro quali le consulenze o i rapporti di lavoro continuativi e occasionali;

• affissione obbligatoria (da prevedere nelle condizioni degli appalti) e in luoghi visibili anche ai familiari e/o tutori e/o volontari dell’orario degli operatori con l’indicazione del numero e della professionalità degli operatori che devono essere presenti;

• prevedere norme contrattuali che salvaguardino il diritto degli utenti alla continuità educativa nel caso subentri un altro gestore alla gestione del servizio;

accreditare tutti i posti letto delle comunità alloggio per poter seguire direttamente gli inserimenti e le dimissioni. È inaccettabile la formula attuale che prevede che il Comune di Torino possa utilizzare solo un certo numero di posti letto presso una struttura residenziale. Per far fronte al problema dei costi, molto elevati, i gestori devono necessariamente ottimizzare tutti i posti letto della comunità. Da evitare assolutamente quanto è capitato nella comunità alloggio per handicappati intellettivi “L’Aquilone” di strada Castello di Mirafiori a Torino. La cooperativa aveva inserito soggetti con disturbi psichiatrici provenienti dalle Asl vicine, con conseguenti problemi di convivenza e conflitti inevitabili tra gli utenti. Vi fu anche un ampio dibattito sul quotidiano La Stampa. Anche nel caso delle comunità alloggio per minori e adolescenti (Peter Pan e Trilli) vi sono state rilevanti carenze nella vigilanza e nell’accreditamento da parte del Comune di Torino. Si veda l’articolo di Prospettive assistenziali allegato “Il Comune di Torino risarcisce i danni materiali e morali subiti da un’assistita”. Anche se si tratta di minori, da quanto è accaduto si possono trarre norme generali di prevenzione da applicare a tutela di tutte le tipologie di utenza. Nel caso suddetto il Comune di Torino aveva autorizzato l’accreditamento delle comunità alloggio per adolescenti, a condizione che non venissero inseriti più di due soggetti con turbe comportamentali, ma non ha mai controllato che ciò venisse rispettato. La cooperativa ha così inserito adolescenti con gravi problemi psichiatrici e altri soggetti con pesanti tratti delinquenziali, trascurando sia le prescrizioni del Comune (che non ha vigilato), sia le esigenze dei minori e degli adolescenti, già inseriti, che presentavano problemi squisitamente di natura assistenziale. Ne sono seguiti – purtroppo – abusi sessuali, violenze e maltrattamenti da parte degli utenti più forti e più problematrici a danno dei più deboli. Questo è accaduto perché i nuovi ingressi in comunità sono stati decisi solo dalla cooperativa che gestiva la stessa, la cui unica preoccupazione era quella di occupare tutti i posti letto, trascurando sia la compatibilità tra gli adolescenti già ospitati e sia la necessità di assumere personale qualificato per assicurare i necessari interventi specialistici.

Allo scopo di impedire il ripetersi di fatti così gravi si chiede al Comune di Torino di:

a) stipulare convenzioni per l’utilizzo esclusivo da parte del Comune di Torino di tutti i posti accreditati delle strutture relative ai soggetti assistiti (handicappati intellettivi, minori, ecc.);

b) prevedere in via subordinata (meno favorevole per gli utenti) che tutti i nuovi ingressi siano proposti e valutati dai servizi invianti unitamente al servizio centrale del Comune di Torino, che ha così la possibilità di controllare il rispetto delle norme di accreditamento e coerenza con le condizioni previste per l’accreditamento;

c) valutare e concordare con i servizi invianti, le famiglie o il tutore e l’ente accreditante le dimissioni che non devono mai essere gestite autonomamente dall’ente gestore;

d) inserire l’obbligo per i servizi invianti di redigere periodicamente (almeno ogni quattro mesi) una relazione sulle condizioni del soggetto ricoverato, previa visita in comunità;

e) regolamentare i rapporti tra operatori dei servizi e personale delle strutture residenziali attraverso documentazione scritta (da precisare nelle condizioni stabilite per l’accreditamento) in modo che possa essere messa a disposizione delle associazioni di tutela per le richieste di chiarimenti e criteri di contestazione;

f) prevedere controlli straordinari sia per le strutture gestite direttamente sia per quelle accreditate da effettuare con carattere di continuità da parte di. personale non dipendente dal Comune di Torino e con la presenza di almeno due soggetti designati dalle associazioni di volontariato e di tutela dell’utenza;

g) adoperarsi perché le funzioni di vigilanza siano assunte dalla Provincia, per evitare la situazione di conflitto di interessi esistente, per cui è il personale dello stesso Comune di Torino a verificare le condizioni degli assistiti ricoverati nelle strutture residenziali;

h) garantire la carta dei diritti/doveri degli interessati e/o delle loro famiglie e/o tutori. Il documento dovrà essere rilasciato dal Comune di Torino (e non dal prestatore del servizio) e dovrà contenere:

- l’indicazione del referente a cui l’interessato e/o la famiglia possono rivolgersi per ogni problema;

- l’indicazione dell’importo della retta a carico dell’utente;

- la quota che viene detratta (ad esempio, per acquisti concernenti vestiario o medicinali, dietro presentazione della relativa documentazione);

- la quota che viene riconosciuta per le spese personali;

- la somma giornaliera che viene dedotta nel caso di rientro a casa;

- la fotocopia delle condizioni generali della delibera sull’accreditamento e la scheda specifica relativa al servizio (comunità alloggio, centro diurno, ecc.) con l’indicazione dei turni e delle presenze del personale;

- la carta dei servizi del gestore accreditato comprendente il progetto personalizzato da consegnare al familiare o altra persona referente (ad esempio il tutore);

- l’elenco delle associazioni di volontariato disponibili sul territorio per attività di consulenza e tutela dei diritti;

i) valutare l’idoneità del personale. Da anni segnaliamo la necessità di introdurre la valutazione dell’idoneità del personale che entra in contatto con persone assistite non in grado di difendersi. Allo scopo di prevenire maltrattamenti e/o abusi nei confronti degli utenti,  tutto il personale operante nelle strutture assistenziali pubbliche e/o convenzionate a diretto contatto con le persone non in grado di difendersi, dovrebbe essere in possesso di una certificazione attestante che non presenta controindicazioni, per le caratteristiche della sua personalità, allo svolgimento delle proprie mansioni. Gli enti gestori, d’intesa con le organizzazioni sindacali ed i rappresentanti dell’utenza, dovrebbero individuare un centro scientificamente valido cui conferire questo incarico. Sarebbe utile che il Comune di Torino attivasse tale procedura a partire dai servizi gestiti direttamente.

 

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