Prospettive assistenziali, n. 156, ottobre - dicembre 2006

 

 

IL “DOPO DI NOI”: LA FONDAZIONE ZANCAN E SALVATORE NOCERA FORNISCONO NOTIZIE ERRATE

 

 

Nell’articolo “Il punto sul dopo di noi”, pubblicato sul numero 1, 2006 della rivista Studi Zancan - Politiche e servizi sociali, Salvatore Nocera fornisce notizie del tutto sbagliate per quanto concerne l’angosciante questione del “dopo di noi” e cioè del futuro delle persone non autosufficienti quando rimangono senza il sostegno dei familiari. Infatti ai genitori e agli altri congiunti non vengono fornite da No­cera le informazioni concernenti le norme che fin dal 1931 obbligano i Comuni ad intervenire; essi vengono quindi indotti a ritenere che non vi siano leggi che tutelino i loro figli, per cui l’unica soluzione sarebbe quella, per gli abbienti, di ricorrere – come viene prospettato in detto articolo – al settore privato.

 

La situazione attuale

Numerosi sono i minori e gli adulti colpiti da handicap intellettivo e/o fisico grave incapaci di provvedere autonomamente alle loro esigenze fondamentali di vita (1). Anche a causa della deplorevole mancanza dei servizi di supporto dei soggetti con handicap (sono in particolare carenti i centri diurni per i soggetti ultradiciottenni non in grado di frequentare i corsi di preparazione al lavoro) (2), i loro genitori conducono un’esistenza piena di sofferenze e di gravosi impegni anche di natura economica per garantire un’accoglienza accettabile ai loro figli. Inoltre, sono angosciati pensando al loro futuro.

Temono, infatti, che quando non saranno più in grado di provvedere ai loro congiunti, non siano disponibili i servizi indispensabili, in particolare comunità alloggio di tipo familiare, aventi quindi al massimo 10 posti letto. Proprio per le mancate risposte all’assillante bisogno di rassicurazione, con una certa frequenza i mezzi di informazione segnalano gravi fatti, come l’omicidio del figlio con gravi handicap e il suicidio del o dei genitori (3).

 

Le normative vigenti a livello nazionale

Come abbiamo più volte segnalato su questa rivista (4), ai sensi degli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931, i Comuni sono obbligati a provvedere mediante ricovero ai minori, ai soggetti con handicap e agli anziani in difficoltà (5).

La procedura, la cui inottemperanza da parte degli enti pubblici preposti dà luogo e responsabilità anche penali, è la seguente:

1. segnalazione (da parte di chiunque), da effettuare con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, all’autorità di pubblica sicurezza (Carabinieri o Polizia) che l’inabile al lavoro (minore, soggetto con handicap, anziano) (6) signor _________________ abitante in ___________ via ___________ n. ____, sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, necessita di assistenza, precisando l’intervento richiesto;

2. l’autorità di pubblica sicurezza chiede all’Asl di attestare la condizione di inabilità del soggetto interessato. L’attestazione deve, di norma, essere redatta nel termine di cinque giorni;

3. l’autorità di pubblica sicurezza deve, in base alle norme vigenti, diffidare i parenti tenuti agli alimenti affinché intervengano sul piano economico. I parenti possono ignorare la diffida senza subire conseguenze di qualsiasi genere;

4. l’autorità di pubblica sicurezza segnala la situazione al sindaco del luogo in cui il soggetto si trova;

5. il Sindaco è obbligato a provvedere direttamente (ad esempio mediante il ricovero in una struttura disponibile) oppure tramite i servizi socio-assistenziali comunali o consortili;

6. la procedura suddetta può essere attivata anche quando l’inabile al lavoro può sostenere parzialmente le spese per il suo mantenimento (7).

 

Salvatore Nocera cita solo sperimentazioni di natura benefica

Nell’articolo in oggetto, Salvatore Nocera non fa alcun riferimento agli obblighi dei Comuni, omissione che può avere conseguenze anche devastanti per i congiunti di soggetti con handicap grave, ma cita, come atto positivo e attualmente praticabile, la costituzione da parte del Comune di Roma di una fondazione di partecipazione il cui regolamento prevede «la possibilità per i genitori di donare alla stessa i propri immobili, con l’obbligo del Comune di garantire la permanenza nel proprio appartamento dei figli con disabilità e di destinare poi, alla morte di lui, lo stesso a favore di altri disabili». A nostro avviso, la suddetta iniziativa è assai preoccupante in quanto fondata sulla scelta di non prendere in considerazione i vigenti obblighi di legge. Inoltre, essendo prevista la donazione di beni, sono esclusi i figli dei nuclei familiari non abbienti.

Infine, non tiene conto della fondamentale questione del pagamento della retta di ricovero, il cui ammontare può arrivare a 150 euro al giorno e quindi a 55 mila euro annui. È ovvio che, salvo casi del tutto eccezionali, i soggetti con handicap ed i loro congiunti non sono in grado di corrispondere il suddetto importo. È, altresì, assai difficile che possano provvedervi le fondazioni o altri enti privati. L’unica soluzione è quella, già individuata nel 1931 mediante il regio decreto n. 773, dell’attribuzione dei relativi oneri ai Comuni (8).

Nocera non cita solo la fondazione di Roma, ma anche analoghi enti costituiti dall’azienda Usl di Treviso, dalla Comunità di Capodarco e da altre associazioni, altri esempi che vanno nella direzione opposta alle esigenze e ai diritti dei soggetti non autosufficienti e dei loro congiunti.

 

Contributi economici a carico dei parenti

Bontà sua, Nocera riconosce – finalmente – che sono del tutto illegittime le richieste di contributi economici avanzate dagli enti pubblici nei confronti dei parenti dei soggetti con handicap. È però estremamente preoccupante che ritenga «giuridicamente corretta» ma solo «eticamente molto discutibile» la richiesta di «taluni enti gestori» che pretendono «un’obbligazione sottoscritta da parte dei parenti prossimi, ai sensi dell’articolo 433 del codice civile».

Da parte nostra precisiamo che sovente si tratta di un odioso ricatto messo in atto dalle istituzioni pubbliche, in particolare da numerosi Comuni.

In sostanza viene negato l’obbligo sancito dalle leggi vigenti di fornire assistenza alle persone con handicap e non autosufficienti e viene posta quale condizione sine qua non ai loro congiunti la sottoscrizione dell’impegno a corrispondere l’intera retta o parte di essa. Pretendono cioè, il che è assolutamente scorretto se non truffaldino, la firma di un vero e proprio contratto privato.

Da notare che in tutti i documenti da noi presi in esame, i firmatari si obbligano, altresì, a riconoscere tutti gli aumenti che verranno praticati alle rette a insindacabile giudizio dell’ente.

 

Conclusioni

I congiunti dei soggetti colpiti da handicap in modo così grave da determinare anche una limitazione grave o totale dei livelli di autonomia, hanno l’esigenza di essere sostenuti nelle loro difficoltà. In particolare occorre informarli correttamente, affinché dispongano delle notizie occorrenti per ottenere dai Comuni la sicurezza dell’accoglienza dei loro parenti, quand’essi non saranno più in grado di provvedervi direttamente.

Confidiamo pertanto che anche la Fondazione Zancan e Salvatore Nocera contribuiscano ad ottenere dalle autorità preposte (Par­lamento, Governo, Regioni e Comuni) i provvedimenti necessari per un “dopo di noi” adeguato alle esigenze attuali, in modo da superare le ancora vigenti norme del regio decreto 773/1931 (9).

 

 

(1) Come precisiamo da anni, nei casi di persone affette da malattie, comprese quelle che causano invalidità e non autosufficienza, il Servizio sanitario nazionale è obbligato a garantire senza limiti di durata le occorrenti prestazioni sanitarie.

(2) Da quanto ci risulta il volontariato intrafamiliare è stato finora adeguatamente riconosciuto solo dal Consorzio dei servizi alla persona dei Comuni di Collegno e Grugliasco. Cfr. Mauro Perino, “Volontariato intrafamiliare: dalla sperimentazione alla regolamentazione definitiva”, Prospettive assistenziali, n. 144, 2003, nonché dal Comune di Torino con la delibera “Riordino delle prestazioni domiciliari, sociali e socio-sanitarie”, approvata il 26 settembre 2005.

(3) Segnaliamo alcune notizie apparse sui quotidiani con i relativi titoli:

– 26 settembre 2002, Il Giornale, “Si getta col figlio in coma dalla finestra. Un padre, disperato per le condizioni di salute del suo bambino, si è lanciato dal 3° piano stringendolo fra le braccia. Entrambi sono morti sul colpo”;

– 19 giugno 2003, La Stampa, “Uccide la figlia autistica”;

– 1° luglio 2005, La Stampa, “Annega il figlio disabile e si uccide. Aveva 25 anni, era costretto sulla carrozzella dopo un incidente e viveva a Magliano Veneto”.

(4) Si vedano i seguenti articoli di Prospettive assistenziali: Massimo Dogliotti, “I minori, i soggetti con handicap, gli anziani in difficoltà … «pericolosi per l’ordine pubblico» hanno diritto ad essere assistiti dai Comuni”, n. 135, 2001; “L’assistenza alle persone in difficoltà e il «dopo di noi» devono essere garantiti dai Comuni in base alle leggi vigenti”, n. 136, 2001; “Il dopo di noi: perché non sono utilizzate le disposizioni vigenti?”, n. 145, 2004; “Handicap: il «dopo di noi» non è un fatto privato”, n. 149, 2005; “Bilancio sociale a tre anni dalla costituzione” (Notiziario della Fondazione promozione sociale), n. 153, 2006.

(5) Purtroppo non vi sono altre disposizioni a livello nazionale che costringano i Comuni a fornire le prestazioni socio-assistenziali alternative al ricovero.

(6) Gli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931 fanno riferimento agli inabili al lavoro, per cui nella lettera raccomandata Ar è consigliabile citare detta condizione. L’art. 154 del regio decreto 773/1931 recita: «Le persone riconosciute dall’autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi lavoro proficuo e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare, sono proposti (…) per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro Comune (…)». Il suddetto provvedimento considera inabili non solo le persone colpite da handicap e non in grado di svolgere alcuna attività lavorativa proficua, ma anche i minori e gli anziani.

(7) Facendo riferimento agli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931, l’Utim (Unione per la tutela degli insufficienti mentali) ha ottenuto dal Cisa, Consorzio intercomunale socio-assistenziale dei Comuni di Candiolo, Nichelino, None e vinovo, il ricovero presso una comunità alloggio di un soggetto colpito da grave handicap intellettivo. Dalla richiesta all’accoglienza sono passati appena 21 giorni. Cfr. “Come abbiamo procurato un ricovero d’emergenza a un nostro congiunto colpito da grave handicap intellettivo”, Ibidem, n. 123, 1998.

(8) Si osservi che il regio decreto 773/1931 riprende quasi alla lettera le norme del regio decreto 6535/1889 il cui articolo 2 stabiliva quanto segue: «sono considerati come inabili a qualsiasi lavoro proficuo le persone dell’uno o dell’altro sesso, le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali, non possono procacciarsi il modo di sussistenza». L’articolo 31 del succitato regio decreto prevedeva che, nei casi in cui fossero insufficienti i contributi economici dagli enti benefici «la spesa totale o parziale di mantenimento sarà a carico dei Comuni di origine» delle persone inabili al lavoro.

(9) Ricordiamo che la legge della Regione Piemonte n. 1/2004 stabilisce diritti esigibili anche a favore delle persone colpite da handicap. Cfr. Giuseppe D’Angelo “La nuova legge regionale piemontese sull’assistenza”, Prospettive assistenziali, n. 147, 2004.

 

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