Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006

 

 

Libri

 

 

 

SIMONETTA POLENGHI, Fanciulli soldati. La militarizzazione dell’infanzia abbandonata nell’Europa moderna, Carocci Editore, Roma, 2003, pag. 223, euro 18,90.

Fra le numerose e terribili violenze subite dai bambini, l’Autrice cita la loro utilizzazione medica e scrive: «I loro piccoli corpi furono oggetto di esperimenti e di osservazioni scientifiche». Detta attività «comportò la morte di centinaia di piccini, i cui corpi furono sezionati per le autopsie».

A questo riguardo ricordiamo che alla fine degli anni ’60, a due bambini ricoverati in un ospedale perché colpiti da epatite virale erano stati somministrati farmaci immunosoppressori non a scopo terapeutico, ma per evidenziare maggiormente il virus al microscopio elettronico nell’ambito di una ricerca definita scientifica.

Segnaliamo, altresì, che, come risulta da La voce del Gaslini, n. 3, settembre 1967, fra gli studi in corso vi era quello relativo «alla ricerca di una valutazione più probante della personalità del bambino» che l’Autore ritiene «possa essere raggiunta creando artatamente, con mezzi farmacologici, delle condizioni di stress».

Ritornando ai contenuti del volume della Polenghi emerge che l’utilizzo più esteso dei bambini senza famiglia è stato quello rivolto alla loro militarizza­zione.

Solo in data «21 gennaio 2000, dopo sei anni di negoziati, i governi di numerosi Stati hanno firmato un protocollo sui fanciulli soldato, nel quale si stabilisce che l’età minima per l’arruolamento sia di 18 anni, mentre in precedenza la Convenzione dei diritti del fanciullo, pur definendo tale ogni persona sotto i 18 anni, abbassava l’età minima per il reclutamento, in caso di conflitto, a 15 anni».

Nel volume viene segnalato che «per un centinaio di anni, lungo il corso del XVIII secolo sino alla caduta di Napoleone, in tutta Europa decine di migliaia di bambini privi di famiglia ricevettero un’istruzione di tipo militare e furono destinati all’esercito e alla marina. (…) Il fenomeno dell’istruzione militare dell’infanzia abbandonata ebbe, per circa un secolo, dimensioni impressionanti e tuttavia è ancora una realtà storica sconosciuta».

Succedeva che «se i bambini nobili giocavano con i soldatini, i fanciulli abbandonati erano soldatini essi stessi, condannati ad essere usati come tali da adulti (…). I cavalieri avevano con sé uno o più scudieri, che accudivano il cavallo e si occupavano dell’armatura e delle armi. Ragazzi di 14-16 anni, ma anche di 12-13, erano presenti in gran numero, con compiti simili, negli eserciti settecenteschi».

L’inserimento familiare dei fanciulli in situazione di abbandono non solo era motivato dal lavoro gratuito fornito, ma anche dalla possibilità di esonerare dall’obbligo militare i figli degli affidatari.

Ad esempio «in Portogallo, quando una famiglia accoglieva un esposto, era questi ad entrare nell’esercito al posto dei figli illegittimi».

Per quanto riguarda il nostro Paese, l’Autrice ricorda che nel Regno delle Due Sicilie «persisteva una tradizione di reclutamento coatto per vagabondi, oziosi e orfani che risaliva al settecento e che fu ripresa durante la restaurazione. Durante il Regno murattiano, sin dal 1810 il Pio Albergo dei poveri di Napoli, nel quale erano reclusi esposti, orfani e abbandonati, aveva avviato alle armi i ragazzi che avevano compiuto 16 anni, solo però con il consenso dei ragazzi stessi».

Successivamente, nel 1819 le istruzioni per gli ospizi «prescrissero che tutti i ragazzi ricoverati negli istituti assistenziali imparassero a leggere e a scrivere, ricevessero un’educazione religiosa e fossero avviati nell’esercito. Solo i più dotati avrebbero ricevuto un insegnamento tecnico che li avrebbe avviati alle professioni. I giovani del Pio Albergo di Napoli non ricevevano alcuna istruzione militare, ma subivano il reclutamento coatto (…). Negli ani ’40, le disposizioni del 1819 venero inasprite e tutti i giovani reclusi del Pio Albergo, senza eccezione, furono inviati sotto le armi per una ferma di otto anni (…). Solo nel 1855 questi provvedimenti furono mitigati, consentendo agli orfani con tutori o ai fanciulli con genitori viventi di evitare il reclutamento forzato se chi esercitava la patria podestà si opponeva».

Come precisa l’Autrice, attualmente in diversi Paesi del mondo militano «circa 300.000 fanciulli. L’occidente vede in questa realtà un’intollerabile violazione dei diritti dei bambini, dimenticando però come anche in Europa, in età moderna, sia stata teorizzata e attuata la militarizzazione dell’infanzia abbandonata, che ebbe per circa un secolo dimensioni impressionanti».

Un elogio particolare va rivolto all’Autrice per aver ricostruito il fenomeno sulla base di un’imponente documentazione archivista e per averci consentito di essere informati su una realtà che non conoscevamo, anche per quanto concerne il ruolo svolto dalle strutture assistenziali di ricovero nella militarizzazione dei bambini da essi accolti.

Si tratta di un’altra conferma della funzione emarginante degli istituti di ricovero dei fanciulli dei nuclei familiari in difficoltà.

 

 

CINZIA ROVEGNO, Tutto il tempo che vuoi - Una mamma del cuore racconta il suo viaggio nell’adozione, Armando Editore, Roma, 2004, pag. 94, euro 10,00.

Cinzia Rovegno descrive le “gravidanze” che l’hanno coinvolta nell’adozione di Manuela. «La “prima gravidanza” – precisa l’Autrice – rispecchia l’euforia, la notizia va in sintonia con il processo di maturazione che l’iter burocratico impiega per il compimento delle pratiche. Se nella prima gravidanza il bambino lo vediamo senza volto e fantastichiamo senza sogni, è perché siamo nella fase iniziale, quella dello svolgimento delle indagini da parte dei servizi sociali che, in fondo, relazionano la nostra attitudine a diventare futuri genitori. In effetti i tempi sono un po’ “lunghi”, ma è necessario sia per il personale addetto avere il tempo di conoscerci, sia a noi genitori per cominciare a renderci conto del grande passo che stiamo per compiere».

La “seconda gravidanza” incomincia quando all’Autrice viene consegnato «quel documento così atteso, quel diritto a diventare “mamma”. In quel pezzo di carta il Tribunale scrive semplicemente “idonea”».

Ricorda la Rovegno: «Rimango schiacciata dalla sentenza di legge che mi vede madre solo per approvazione altrui, ma nello stesso tempo mi garantisce l’entusiasmo giusto per affrontare un cammino ancora molto lungo».

Quindi, essendosi rivolta all’adozione internazionale, sceglie un’organizzazione di Napoli. Anche questo percorso «è identico a quello del Tribunale; una sfilza di documenti da preparare per poi aspettare di nuovo».

Quando riceve la telefonata con la quale le viene comunicato la possibilità di conoscere la bambina tanto desiderata, l’Autrice afferma: «Io comincio a “partorire” una figlia con la “testa”».

Dopo venti giorni riceve due fotografie della bimba. Entra così «nella “terza gravidanza”, la maternità, questo misterioso processo vitale anch’esso offerto dalla natura». Dopo l’emozionante incontro con Manuela, l’Autrice e il marito devono lasciarla: «Se tutto fila liscio, torneremo a prenderla fra due mesi». Si tratta di disposizioni, a nostro avviso crudeli, previste dalle disposizioni vigenti in Romania. Dopo due (assurdi) mesi di attesa, Cinzia Rovegno e il marito ritornano a Bucarest a prendere la bambina, che incomincia così la sua nuova vita.

L’Autrice afferma che «in Romania si contano 60 mila bambini che vivono in stato di emergenza e che necessitano di un nostro immediato intervento; istituti “lager” da chiudere al più presto sono i responsabili di vite spezzate, di abusi sessuali su innocenti che si vedono all’improvviso rompere l’incantesimo della vita».

 

 

INCA CGIL (a cura di), Oltre le barriere - Guida ai diritti del disabile, Ediesse, Roma, 2004, pag. 246 + LXV, euro 25,00.

Il volume affronta i numerosi problemi riguardanti i soggetti con handicap: le indicazioni e le direttive dell’Unione europea, la definizione di handicap e il suo accertamento, l’inserimento lavorativo, la normativa in tema di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro, le agevolazioni nel rapporto di lavoro, le norme relative alla tutela previdenziale, l’assegno al nucleo familiare, i congedi, l’amministratore di sostegno, le agevolazioni fiscali per il settore auto, le detrazioni per i figli a carico, il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica, le direttive europee e le norme nazionali per prevenire l’esclusione sociale, nonché alcune iniziative assunte nell’Emilia Romagna (accordi sindacali, piani di zona, progetti per i soggetti con handicap e interventi regionali).

In allegato sono riportate le principali circolari degli istituti previdenziali, le leggi 104/1992, 68/1999 e 53/2000, la direttiva europea 2000/78 del 27 novembre 2000, nonché i dati statistici sul numero dei soggetti con handicap presenti in Italia e in Europa.

Purtroppo nella guida non vengono citati:

1. gli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931, l’unica disposizione vigente a livello nazionale, in base alla quale i Comuni sono obbligati a garantire assistenza (purtroppo solo mediante il ricovero!) agli inabili al lavoro e quindi anche ai soggetti con handicap. Si tratta, comunque, tenuto conto che la legge 328/2000 di riforma dell’assistenza non stabilisce alcun diritto esigibile in materia, di una norma in grado di risolvere positivamente (ad esempio mediante la creazione di comunità alloggio di 8-10 posti al massimo) il drammatico problema del “Dopo di noi”;

2. i decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 (purtroppo disapplicati anche nelle Regioni governate dai “progressisti”) in base ai quali, nel caso di inserimento di soggetti con handicap grave e degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti presso strutture diurne, semiresidenziali o residenziali, gli enti pubblici, per la partecipazione alle spese, devono far riferimento esclusivamente alla situazione economica dell’assistito, senza pretendere alcuna somma dai parenti, compresi quelli conviventi. Da notare che l’attuazione dei sopra citati decreti legislativi renderebbe del tutto superflua per i soggetti con handicap grave l’istituzione del fondo per i non autosufficienti, la cui esigenza è presentata nel volume in modo fuorviante.

È una “dimenticanza” assai grave non solo per quanto concerne la correttezza dell’informazione ma anche per le rilevanti ripercussioni negative sui congiunti degli assistiti.

 

www.fondazionepromozionesociale.it