Prospettive assistenziali, n. 155, luglio - settembre 2006

 

CONSIDERAZIONI SULLE LINEE PROGRAMMATICHE ENUNCIATE DAL MINISTRO PER LE POLITICHE PER LA FAMIGLIA

 

  

In data 18 luglio e 2 agosto 2006, l’On. Rosy Bindi, Ministro per le politiche per la famiglia, ha esposto alla Commissione affari sociali della Camera dei Deputati le linee programmatiche del suo dicastero.

 

Ruolo del Ministero per la famiglia

Il Ministro Bindi ha precisato che le politiche familiari non sono «politiche di settore in senso lato, ma devono necessariamente essere integrate e interagire con le altre politiche: dal lavoro alla previdenza, al fisco, dalla sanità alla scuola, dalla casa all’assistenza, ai trasporti, alla cultura» e che «non esauriscono tutte le politiche di welfare e non possono essere confuse con la lotta alla povertà, ma devono avere una propria autonomia e precisa collocazione». Il Ministro ha aggiunto che «la portata dell’inerenza familiare e il suo rispetto da parte dell’intero ordinamento, definiti a livello di principio, vanno monitorati attentamente».

Ha, quindi, preannunciato l’intenzione di «introdurre l’analisi dell’impatto familiare delle politiche, con la relativa verifica ex post delle stesse».

Dunque verrà prevista «la valutazione dell’impatto familiare (Vifche «si configura come uno strumento imprescindibile per quelle politiche promozionali e incentivanti in cui si sostanziano i diritti della famiglia e i relativi livelli essenziali». Ne consegue che, accanto ai già vigenti Lea (Livelli essenziali di assistenza) riguardanti le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie ed i previsti Liveas (Livelli essenziali di assistenza sociale), verranno anche introdotti i livelli essenziali delle prestazioni familiari.

Il Ministro ha, inoltre, preannunciato la costituzione di un fondo nazionale per le politiche sociali «per attivare le primi indispensabili risorse destinate a delineare le infrastrutture di cittadinanza per la famiglia». Mentre ci sembra positiva la prevista funzione del Ministero per la famiglia volta «alla valutazione dell’impatto familiare» delle politiche del lavoro, del fisco, della casa, della sanità, dell’assistenza e degli altri settori di intervento sociale, a condizione che detta valutazione riguardi tutti i nuclei familiari comunque costituiti, suscita notevoli perplessità l’istituzione del fondo nazionale per le politiche sociali, nel caso in cui sia finalizzato all’attribuzione al nuovo Ministero di attività gestionali, funzioni che ovviamente dovranno essere sottratte agli altri dicasteri, creando pertanto frammentazioni di competenza e di azione. D’altra parte la creazione del fondo in oggetto rischia di essere in contrasto con l’autonomia delle Regioni, delle Province e dei Comuni nelle materie loro assegnate dalla Costituzione, nonché con l’affermazione sopra riportata del Ministro Bindi, secondo cui le politiche familiari non «sono politiche di settore».

 

Famiglia e nuclei familiari

Nell’audizione in oggetto il Ministro Rosy Bindi ha affermato che «la famiglia deve diventare protagonista di un sistema di welfare all’altezza delle grandi trasformazioni che investono le società avanzate», mentre attualmente si trovano «spesso da sole a fronteggiare le nuove emergenze demografiche dell’invecchiamento della popolazione e della denalità, i radicali cambiamenti del mercato del lavoro e le incertezze della crescita economica, che spesso si traducono in un aumento della povertà» (1).

Per quanto riguarda la delicatissima questione del concetto di famiglia, il Ministro, dopo aver ricordato che ai sensi dell’articolo 29 della Costituzione «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», ha puntualizzato che, in base all’articolo 2 della stessa Costituzione «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità». Poiché le convivenze di fatto «caratterizzate dai requisiti della stabilità minima e della volontarietà, sono certamente formazioni sociali», Rosy Bindi ha dichiarato che «l’ordinamento italiano troverà pertanto forme idonee ad assicurare, alle persone che ne fanno parte, il godimento dei diritti di cittadinanza sociale, secondo una linea che già la giurisprudenza, e in misura minore il legislatore, ha incominciato a tracciare con riferimento alla cosiddetta famiglia di fatto, senza in alcun modo ledere i diritti della famiglia ex articolo 29».

Inoltre, ha rammentato che nel programma, con cui l’Unione si è presentata agli elettori, era scritto che «l’Unione proporrà il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto» precisando che «al fine di definire natura e qualità di un’unione di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi, né il loro orientamento sessuale».

Le dichiarazioni del Ministro Bindi sono estremamente importanti: aspettiamo quindi di verificare i contenuti dei provvedimenti che verranno approvati.

 

La questione dei livelli essenziali di assistenza sociale

Il Ministro Rosy Bindi ha affermato che «il Governo è impegnato a dare piena attuazione alla riforma dell’assistenza – di cui alla legge 328 del 2000 – che senza i Liveas [Livelli essenziali di assistenza sociale, n.d.r.] resta una scatola vuota» (2).

In primo luogo siamo estremamente lieti che il Ministro abbia fatto riferimento alla legge di riforma della “assistenza” e non l’abbia richiamata sulla base del titolo della legge stessa che usa la dizione “servizi sociali” (3); speriamo quindi che l’espressione usata indichi un impegno concreto a sostenere i soggetti più deboli.

In secondo luogo siamo molto soddisfatti che, finalmente dopo sei anni dall’approvazione della legge 328/2000, si riconosca da parte di un Ministro che, non essendo stato previsto alcun diritto, la suddetta legge «resta una scatola vuota» e quindi si ravvisi la necessità di provvedimenti volti a sanare questa gravissima carenza.

Anche in questo caso occorre verificare quali saranno le iniziative concrete che verranno assunte dal nuovo Governo e dal nuovo Parlamento; verranno individuati diritti esigibili volti a garantire condizioni anche minime, ma accettabili, di vita per i soggetti incapaci di autotutelarsi o saranno previsti interventi condizionati dalle risorse economiche messe a disposizioni e quindi discrezionali? (4).

 

Adozione e affido

Nel resoconto stenografico delle audizioni del 18 luglio e del 2 agosto 2006, risulta che il Ministro per le politiche per la famiglia ha giustamente affermato che l’adozione internazionale «deve continuare a muoversi nel quadro assolutamente garantista che caratterizza l’attuale legislazione».

A questo riguardo osserviamo che le norme vigenti in materia di adozione nazionale e internazionale sono interpretate da alcuni Tribunali per i minorenni (ad esempio quello di Bari) in modo da consentire sia l’adozione di minori non dichiarati adottabili, sia il loro inserimento presso persone singole anche nei casi in cui sarebbe possibile l’accoglienza adottiva da parte di coniugi con o senza figli (5).

È, altresì, positiva l’affermazione del Ministro Bindi secondo cui è da escludersi «ogni possibilità di valutazione di idoneità all’adozione che si esaurisca nel semplice campo amministrativo», come avevano proposto nel 2005 gli allora Ministri Stefania Prestigiacomo, Beppe Pisanu e Roberto Castelli (6).

Altrettanto importante è l’osservazione secondo cui è «necessario introdurre una legislazione, non che semplifichi bensì che renda più spedito l’iter, che faccia funzionare meglio la Commissione [preposta alle adozioni internazionali, n.d.r.], che  dia maggiori certezze e garanzie nel funzionamento degli enti autorizzati, ma, soprattutto, che aiuti noi a maturare una nuova mentalità, quella della cultura vera dell’adozione internazionale, che faccia passare l’idea secondo la quale il problema non è avere adozioni più facili ma, nell’interesse dei bambini, adozioni più garantite. Non sono le famiglie che hanno diritto ad avere un bambino, ma sono i bambini che hanno diritto ad avere una famiglia» (7).

 

Altri aspetti positivi

Fra le altre iniziative che il Ministro Rosy Bindi intende assumere, riteniamo positive le seguenti:

– l’istituzione del Tribunale per la famiglia «su cui convergano le attuali competenze dei Tribunali per i minori, delle adozioni, degli affidi, ma anche tutto il tema delle separazioni, dei conflitti familiari e persino degli atti di violenza in famiglia»;

– la reintroduzione del reddito minimo di inserimento, i cui provvedimenti, a nostro avviso, dovrebbero riguardare anche la questione dell’elevazione a un livello accettabile (500-600 euro al mese) delle attuali pensioni (il cui importo è di euro 238 mensili) erogate dallo Stato alle persone impossibilitate a causa della gravità dei loro handicap di svolgere qualsiasi attività lavorativa proficua e privi di ogni altra risorsa economica;

– il rilancio del progetto “Durante noi e dopo di noi”, a condizione che vengano previsti diritti esigibili da parte dei soggetti interessati, degli esercenti i poteri tutelari e delle organizzazioni di volontariato, che sia riconosciuta la priorità alle prestazioni domiciliari, siano assicurati i relativi necessari sostegni, vengano previsti centri diurni in particolare per i soggetti con handicap intellettivo, nonché sistemazioni alloggiative individuali o, a seconda delle esigenze, di piccolo gruppo senza mai superare la soglia di 6-8 posti.

 

Aspetti negativi

Siamo molto preoccupati per il fatto che il Ministro per le politiche per la famiglia nulla ha detto in merito al rispetto del termine del 31 dicembre 2006, stabilito dalla legge 149/2001 per la chiusura degli istituti per i minori, ivi comprese le strutture aventi più di 8 posti letto anche se organizzate nei cosiddetti gruppi famiglia. Quindi, a nostro avviso, dovrebbero essere superati anche i villaggi Sos.

Suscita, inoltre, vive perplessità la dichiarazione del Ministro Bindi concernente l’istituzione del fondo nazionale per la non autosufficienza, di cui abbiamo motivato la nostra assoluta contrarietà in precedenti articoli (8); altre valutazioni sono contenute nella rubrica “Specchio nero” di questo numero.

Esprimiamo, altresì, preoccupanti riserve circa la necessità propugnata dal Ministro «del rifinanziamento della legge 285 del 1997» in quanto le relative norme sono estremamente generiche e sono state utilizzate soprattutto per la creazione di attività destinate al finanziamento di enti privati, in particolare delle cooperative sociali.

Inoltre, la stragrande maggioranza dei finanziamenti non è stata assegnata ai soggetti deboli, nonostante l’estrema carenza di servizi e strutture.

Siamo anche perplessi in merito alla proposta di Rosy Bindi concernente l’istituzione di un garante dei minori sia perché è fallimentare l’esperienza dei difensori civici che non dispongono di poteri sanzionatori anche nel caso di violazione da parte degli enti pubblici di diritti fondamentali dei cittadini (si vedano, ad esempio, le questioni concernenti le dimissioni anche selvagge dei malati cronici dagli ospedali e le richieste illegittime di contribuzioni economiche), sia per il fatto che i minori possono essere effettivamente tutelati solo quando verranno riconosciuti diritti esigibili e sarà consentito non solo agli esercenti i poteri tutelari ma anche alle organizzazioni di volontariato di poterli rappresentare nei casi, purtroppo frequenti, di violazione delle loro esigenze.

Per quanto riguarda i contributi economici richiesti, molto spesso illegalmente dagli enti pubblici ai congiunti degli assistiti, il Ministro per le politiche per la famiglia si è limitato ad affermare quanto segue: «Crediamo che vadano riviste le forme di compartecipazione ai costi dei servizi, con una più equilibrata struttura dell’Isee». A questo proposito confidiamo che il Ministro, prima di assumere decisioni, verifichi presso gli enti che applicano correttamente l’Isee (ad esempio il Consorzio dei Comuni di Collegno e Grugliasco nonché il Comune di Torino per quanto concerne i soggetti con handicap e gli anziani non autosufficienti). Potrà constatare che il rispetto delle norme vigenti non danneggia le famiglie sotto il profilo economico e non crea alcun problema finanziario insostenibile agli enti locali.

Il Ministro Bindi non ha preso in esame i problemi relativi al sostegno alle gestanti e madri le cui corrette e tempestive prestazioni sono anche indispensabili per prevenire gli infanticidi e gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati e confidiamo che intenda assumere anche questa questione fra le priorità del suo dicastero.

Inoltre non ha fatto alcun cenno al volontariato intrafamiliare rivolto alle persone non autosufficienti (anziani cronici, malati di Alzheimer, soggetti con handicap intellettivo grave e gravissimo, ecc.), iniziativa che, se attuata correttamente, determina migliori condizioni di vita alle persone di cui sopra e risparmi anche notevoli agli enti pubblici (9).

 

 

(1) Il Ministro ha segnalato che «in Italia solo il 3,8 per cento della spesa sociale è destinato alla famiglia, contro una media europea dell’8,2».

(2) Analoga valutazione è stata espressa dal Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) che nell’assemblea del 19 giugno 2006 ha espresso «forte preoccupazione riguardo la mancata definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Liveas) da parte dello Stato, che impedisce l’individuazione e la garanzia dei diritti sociali costitutivi la cittadinanza».

(3) Ricordiamo che l’articolo 1 della legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” stabilisce, assurdamente secondo il nostro parere, che «per interventi e servizi sociali si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112» e cioè «tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le condizioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia». Dunque, l’ambito di applicazione della legge 328/2000 dovrebbe riguardare non solo l’assistenza, ma anche la scuola, gli asili nido, la formazione professionale, il turismo locale ed extracittadino, il tempo libero, ecc. La legge 328/2000 stabilisce inoltre che le prestazioni suddette, comprese quindi anche quelle di assistenza sociale, devono essere fornite a tutti i cittadini, con priorità a quelli in condizione di bisogno. A nostro avviso, invece, le prestazioni di assistenza sociale dovrebbero essere garantite esclusivamente alle persone e ai nuclei familiari che, se non ricevono detti sostegni, non possono vivere o cadono nel baratro dell’emarginazione. Come è scritto nella seconda pagina di copertina di questa rivista «solo riconoscendo alle persone incapaci di autodifendersi le stesse esigenze e gli stessi diritti degli altri cittadini, si può vincere l’emarginazione sociale. Eventuali interventi  assistenziali devono essere aggiuntivi e non sostitutivi delle prestazioni della sanità, della casa, della scuola e delle altre attività di interesse collettivo». Cfr. anche il volume di Maria Grazia Breda, Donata Nova Micucci e Francesco Santanera, La riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Analisi della legge 328/2000 e proposte attuative, Utet Libreria.

(4) Siamo molto preoccupati per il fatto che in tutte le leggi regionali attuative della 328/2000 finora approvate, esclusa solamente quella del Piemonte (la n. 1/2004), non sia stato riconosciuto alcun diritto esigibile. È sperabile che il comportamento negativo delle forze politiche regionali diventi positivo a livello nazionale e cioè consapevole delle esigenze vitali delle persone più deboli?

(5) Cfr. Francesco Santanera, “L’adozione mite: una iniziativa allarmante e illegittima, mai autorizzata dal Consiglio superiore della magistratura”, Prospettive assistenziali, n. 154, 2006.

(6) Cfr. Francesco Santanera, “Un disegno di legge del Governo contrario alle esigenze dei minori stranieri senza famiglia”, Ibidem, n. 150, 2005.

(7) Le sopra riportate dichiarazioni del Ministro Bindi ci fanno sperare che finalmente il Governo predisponga gli atti necessari affinché il Parlamento approvi le norme volte ad assicurare l’assistenza legale del minore e dei genitori durante le fasi relative alla dichiarazione di adottabilità e a snellire la procedura com’era previsto dalla legge 149/2001. Inoltre confidiamo che anche l’On. Rosy Bindi solleciti il Ministro per la giustizia affinché istituisca la banca dati relativa ai minori adottabili e agli aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, che doveva essere creata entro 180 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge 149/2001.

(8) Cfr. su Prospettive assistenziali gli articoli: “Una irragionevole e controproducente proposta di legge dei Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil sulla non autosufficienza”, n. 152, 2005 e “Gli ingannevoli presupposti della proposta di legge dei Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil sulla non autosufficienza, n. 153, 2006.

(9) Cfr. Mauro Perino, “Volontariato intrafamiliare: dalla sperimentazione alla regolamentazione definitiva”, Prospettive assistenziali, n. 144, 2003.

 

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