Prospettive assistenziali, n. 154, aprile - giugno 2006

 

 

GLI ESPEDIENTI DEL COMUNE DI VERONA PER AGGIRARE LE LEGGI VIGENTI IN MATERIA DI CONTRIBUZIONI ECONOMICHE

 

 

«Aguzza l’inventiva per ottenere dai congiunti degli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza il versamento di contributi economici non previsti dalle leggi vigenti».

Questa sembra essere la strada scelta dal Comune di Verona per l’approvazione, avvenuta il 10 marzo 2005, del “Regolamento per l’erogazione di interventi economici integrativi per il ricovero di anziani presso strutture protette”.

Anche se, come vedremo, numerosi articoli del regolamento violano le leggi statali vigenti, nessuna organizzazione o persona, compresi i Difensori civici può impugnarli: sul piano legale possono intervenire esclusivamente i cittadini che ne abbiano un interesse diretto.

Ma questi soggetti hanno l’esigenza impellente di trovare una adeguata sistemazione del loro congiunto: quasi sempre non conoscono le leggi, credono che le decisioni assunte dal loro Comune siano giuste e  temono a ragione di affrontare spese legali di notevole importo. Pertanto, accettano di versare al Comune di Verona somme anche rilevanti.

È la situazione in cui si trovano da sempre i soggetti deboli nei confronti delle istituzioni che non tengono conto delle loro esigenze e dei loro diritti.

Va osservato che il regolamento del Comune di Verona non applica nei confronti degli anziani non autosufficienti gli stessi criteri assunti per le altre prestazioni sociali.

Infatti, per le contribuzioni relative alla frequenza degli asili nido e delle scuole materne, per i soggiorni di vacanza di minori e di anziani, per i contributi erogati per il pagamento dell’affitto dell’abitazione dei nuclei in difficoltà, per l’assegnazione degli alloggi dell’edilizia economica e popolare e per gli altri interventi di natura socio-assistenziale, il Comune di Verona non chiede contributi economici ai «nuclei familiari collegati» (questione che prenderemo in esame in seguito): li pretende, invece, dai congiunti degli anziani cronici non autosufficienti.

Affrontiamo quindi le complesse norme del regolamento, cercando di semplificare per quanto è possibile il nostro esame.

 

Una inaccettabile disparità di trattamento

In primo luogo ripetiamo quanto è stato scritto nell’articolo “L’integrazione delle rette di ricovero assistenziale da parte degli enti pubblici: un altro imbroglio” (Prospettive assistenziali, n. 142, 2003) e cioè che «affinché permanga tutta la responsabilità attribuita dalle leggi vigenti al Comune singolo o associato, occorre che il ricovero [degli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza, n.d.r.] venga disposto dal suddetto ente» (1). Inoltre occorre che il Comune mantenga sempre rapporti diretti con la struttura di ricovero, mentre il paziente o chi lo rappresenta, deve rapportarsi, anche per quanto concerne gli aspetti economici, esclusivamente con il predetto Comune (2).

Dunque, è inaccettabile che il Comune di Verona abbia impostato il regolamento prevedendo la «erogazione di interventi economici integrativi», come se si trattasse di un suo intervento discrezionale. Il rispetto del diritto esigibile alle cure socio-sanitarie sancito dall’articolo 54 della legge 289/2002 non deve essere garantito dai congiunti del malato, ma dal Comune e dall’Asl.

Trattandosi di un preciso obbligo di legge, è inaccettabile che nel regolamento sia previsto che l’intervento economico del Comune di Verona «viene concesso nei limiti della disponibilità di bilancio».

Terminata la fase acuta della malattia la cui competenza spetta esclusivamente al Servizio sanitario nazionale, le cure devono (non possono) essere fornite senza alcuna interruzione dall’Asl e dal Comune competenti in base alla residenza della persona colpita da patologie invalidanti e da non autosufficienza.

Come vedremo più avanti, il paziente è solamente tenuto a versare al Comune, titolare dell’obbligo di fornire le prestazioni socio-assistenziali, la quota alberghiera sulla base delle sue personali risorse economiche.

Dunque, il Comune di Verona (come tutti gli altri enti locali) ha insieme all’Asl la totale responsabilità delle cure, mentre il paziente deve solo contribuire, nell’ambito delle sue possibilità finanziarie, alle spese sostenute dal Comune.

In secondo luogo è significativo osservare che l’approvazione del regolamento da parte del Comune di Verona sia stata motivata con la necessità di erogare i contributi «in ottemperanza a quanto previsto dalle vigenti normative in materia», mentre sul piano concreto vi è un netto travisamento delle disposizioni in vigore (3).

A nostro avviso le norme del regolamento violano in modo vistoso la normativa vigente a livello nazionale, normativa che doveva essere pienamente attuata dalle Regioni, dai Comuni, dalle Asl e dagli altri enti pubblici a partire dal 1° gennaio 2001 (4).

 

Il mancato rispetto dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000

Nella premessa del regolamento viene affermato che «gli interventi economici integrativi vengono determinati in relazione alla situazione economica dell’utente e del relativo nucleo familiare, alla luce di quanto disposto dal decreto legislativo 31 maggio 1998 n. 109 come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000 n. 130 e successive disposizioni attuative e nel rispetto dei principi fissati dall’articolo 433 e seguenti del codice civile».

È da anni evidente che i Comuni e gli altri enti pubblici non possono sostituirsi ai soggetti interessati (nel caso in esame gli anziani ricoverati presso strutture protette) nella richiesta di contributi economici.

La legge attribuisce esclusivamente al soggetto interessato la facoltà (non l’obbligo) di richiedere gli alimenti, in quanto l’articolo 438 del codice civile fin dal 1942 stabiliva e stabilisce che «gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento».

 A questo riguardo segnaliamo che il Direttore generale del diritto alla salute e delle politiche di solidarietà della Regione Toscana, nella lettera del 15 dicembre 2005, prot. 125/32935/10.02, ha precisato che «il riferimento che richiama le previsioni del codice civile in materia di “tenuti agli alimenti” è sicuramente inapplicabile nei regolamenti per i servizi residenziali e di cura agli anziani».

Non si può, inoltre, trascurare di evidenziare che gli enti pubblici i quali stabiliscono, com’è il caso del Comune di Verona, l’importo del corrispettivo a carico dei parenti tenuti agli alimenti, non solo violano le norme di legge sopra citate, ma non rispettano nemmeno l’articolo 441 del codice civile il cui terzo comma così si esprime: «Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, nella distribuzione e nel modo di somministrazione degli alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze».

Ma non basta! Il nuovo regolamento del Comune di Verona stravolge un’altra disposizione sancita dai citati decreti legislativi 109/1998 e 130/2000, e cioè quella che dispone che nessun contributo economico può essere chiesto ai parenti non conviventi con l’assistito in quanto:

a) «la valutazione della situazione economica del richiedente è determinata con riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di appartenenza» (articolo 2, comma 1);

b) «ai fini del presente decreto, ciascun soggetto può appartenere ad un solo nucleo familiare».

Dunque, per la valutazione della situazione economica della persona che richiede assistenza, si deve esclusivamente far riferimento «al nucleo familiare di appartenenza» (5).

 

L’invenzione dei nuclei familiari collegati

Con una interpretazione estemporanea delle norme vigenti, nel regolamento in oggetto viene stabilito all’articolo 4 che «nel rispetto della normativa del codice civile e ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 109/1998 come modificato dal decreto legislativo n. 130/2000 e successive disposizioni attuative, si procede alla definizione dei nuclei familiari da considerare ai fini del presente regolamento:

«nucleo familiare ristretto è il nucleo familiare dell’utente, come definito dall’articolo 1 bis del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 242/2001, attuativo dei decreti legislativi n. 109/1998 e 130/2000;

«nuclei familiari collegati sono i nuclei, definiti dall’articolo 1 bis del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 242/2001, di cui fanno parte i soggetti individuati dall’articolo 433 del codice civile, non ricompresi nel nucleo familiare ristretto».

L’interpretazione data dal Consiglio comunale di Verona è estemporanea, in quanto stravolge di sana pianta le disposizioni del decreto legislativo 109/1998, modificato dal decreto legislativo 130/2000.

Infatti, il primo comma dell’articolo 3 del testo unificato dei sopra citati decreti legislativi prevede che «gli enti erogatori, ai quali compete la fissazione dei requisiti per fruire di ciascuna prestazione, possono provvedere, ai sensi dell’articolo 59, comma 52, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, accanto all’indicatore della situazione economica equivalente, come calcolato dall’articolo 2 del presente decreto, criteri ulteriori di selezione dei beneficiari».

In sostanza, fermo restando che, come abbiamo già rilevato, «ciascun soggetto può appartenere ad un solo nucleo familiare» (articolo 2, comma 2), gli enti pubblici possono prevedere «ulteriori criteri di selezione dei beneficiari» e cioè considerare non tutti i redditi dei componenti il nucleo familiare, ma solo alcuni.

Difatti, com’è ovvio, il termine «selezione», vocabolario alla mano, ha il significato di scelta di elementi aventi determinate caratteristiche, compiuta nell’ambito specifico di riferimento, quindi, nel caso in esame, l’ente pubblico può escludere le risorse economiche di alcuni componenti del nucleo di appartenenza dell’anziano ricoverato, ma non può estendere le richieste al di là di quanto previsto dai sopra citati decreti legislativi.

Selezionare non può certamente assumere il significato di aggiungere a proprio piacimento persone e nuclei familiari (6).

Il Consiglio comunale di Verona arriva all’assurdo per cui, come abbiamo già rilevato, mentre il 6° comma dell’articolo 2 del decreto legislativo 109/1998 esclude da ogni onere economico i parenti non conviventi con l’assistito, l’articolo 4 del regolamento in oggetto li considera come soggetti obbligati a versare contributi economici nei casi in cui l’anziano e il suo nucleo familiare non siano in grado di corrispondere l’intero importo della retta alberghiera.

 

Ignorato totalmente il comma 2 ter dell’articolo 3 del decreto legislativo 109/1998

Il comma 2 ter dell’articolo e del decreto legislativo 109/1998 stabilisce che «limitatamente le prestazioni sociali agevolate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave (…) nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende sanitarie locali» gli enti pubblici devono tener conto della «situazione economica del solo assistito».

Dunque, per i soggetti di cui sopra (7), nessun contributo può essere richiesto nemmeno ai congiunti conviventi con l’assistito. Il regolamento del Comune di Verona ignora – fatto di estrema gravità – questa disposizione con le evidenti ripercussioni negative sulla situazione economica dei parenti dei vecchi malati cronici.

 

Altre inadempienze

I decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 stabiliscono che, nel conteggio degli oneri economici a carico del soggetto malato, non si deve tener conto fino alla concorrenza di euro 51.645,69, del valore dell’alloggio di proprietà in cui risiedeva l’anziano ricoverato.

Nel regolamento in oggetto, mentre questa norma viene applicata se continuano ad abitare nell’alloggio uno o più componenti del nucleo familiare del vecchio malato, inspiegabilmente stabilisce che «nessuna detrazione in caso di proprietà dell’abitazione di residenza è ammessa per il nucleo familiare ristretto costituito dal solo utente».

Per quanto concerne il patrimonio mobiliare, il regolamento del Comune di Verona non è conforme ai sopra citati decreti legislativi in quanto non prevede la franchigia di euro 15.493,71 nei riguardi dei beni (denaro contante, azioni, obbligazioni, ecc.) di proprietà degli anziani ricoverati.

Inoltre, l’articolo 10 del regolamento viola le norme vigenti sulla riservatezza dei dati personali (decreto legislativo 196/2003) in quanto «l’utente o chi per esso deve elencare tutti gli obbligati agli alimenti secondo l’articolo 433 e seguenti del codice civile» (8).

Ne consegue – altro fatto estremamente grave – che se «l’utente o chi per esso» intende rispettare le norme vigenti sulla privacy corre il rischio di essere escluso dalle prestazioni.

 

Conclusioni

Ci sembra ovvia l’urgente necessità che il Consiglio comunale di Verona provveda al più presto ad apportare al regolamento modifiche tali da renderlo conforme alle leggi vigenti. Occorrerebbe inoltre che approvasse le norme occorrenti per rimborsare le somme indebitamente percepite.

 

 

(1) La questione del soggetto responsabile del ricovero è della massima importanza anche per quanto concerne la predisposizione dei servizi domiciliari e delle strutture di ricovero, la loro idoneità funzionale, le funzioni di vigilanza (che non competono certo ai malati cronici e ai loro congiunti) e gli obblighi conseguenti alle necessità di eventuali trasferimenti, ad esempio per le inadempienze del gestore del servizio. D’altra parte gli atti relativi all’accreditamento delle strutture di degenza sono di competenza delle Asl e dei Comuni e non degli utenti e dei loro congiunti.

(2) A nostro avviso si può accettare che l’utente accrediti la propria quota alla struttura di ricovero solamente a condizione che il Comune precisi che i relativi versamenti sono richiesti solamente per semplificare gli aspetti burocratici e non determinano alcun aspetto contrattuale fra la struttura e l’utente.

(3) Nel verbale della riunione del Consiglio comunale di Verona viene riportato il parere favorevole del dirigente del Centro di responsabilità dei servizi sociali «in ordine alla regolarità tecnico-amministrativa della proposta di deliberazione».

(4) Cfr. “Contribuzioni economiche abusivamente imposte dai Comuni e Asl ai parenti degli assistiti”, Prospettive assistenziali, n. 153, 2006. Ancora una volta ricordiamo che le competenze attribuite alle Regioni dalla Costituzione in materia sanitaria e socio-assistenziale riguardano esclusivamente le persone beneficiarie delle prestazioni e non ai loro congiunti. Per quanto concerne gli oneri a carico dei parenti dei malati e degli assistiti, nonché di tutti i cittadini, occorre far riferimento all’articolo 23 della Costituzione che prevede quanto segue: «Nessuna prestazione personale patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge», legge che deve essere approvata dal Parlamento.

(5) Esamineremo più avanti le norme relative agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e ai soggetti con handicap in situazione di gravità.

(6) Il 7° comma dell’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 aprile 2001 n. 242, relativo ai “Criteri per l’individuazione del nucleo familiare” stabilisce che «in relazione a particolari prestazioni, gli enti competenti alla disciplina delle prestazioni medesime possono assumere come unità di riferimento una composizione del nucleo familiare estratta nell’ambito dei soggetti indicati nel presente articolo». Com’è evidente il concetto di composizione del nucleo familiare «estratta» ha lo stesso significato del termine «selezione».

(7) I soggetti infrasessantacinquenni colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile rientrano fra le «persone con handicap permanente grave».

(8) Si veda, in questo numero, l’articolo “Il Garante per la protezione dei dati personali e il Difensore civico di Scandicci confermano che per le prestazioni sociali agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti ed ai soggetti con handicap grave gli enti pubblici devono considerare esclusivamente le loro risorse economiche”.

 

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