Prospettive assistenziali, n. 153, gennaio - marzo 2006

 

 

LE DRAMMATICHE CONSEGUENZE DELL’ADOZIONE “FAI DA TE”: UN MONITO PER IL NUOVO PARLAMENTO

Francesco Santanera

 

 

Migliaia sono i bambini adottabili che dovrebbero fare salti di gioia per il fatto che i Capi Gruppo del Senato hanno bloccato la prosecuzione del disegno di legge n. 3373 “Modifiche ed integrazioni alla disciplina in materia di adozione e di affidamento internazionali”, depositato al Senato il 6 aprile 2005 dai Ministri Stefania Prestigiacomo, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu e Roberto Castelli (1), anche se la maggioranza delle Commissioni riunite “Giustizia” e “Speciale infanzia” del Senato l’aveva approvato in sede referente.

Infatti, detta iniziativa aveva lo scopo di «svuotare la valutazione di idoneità, riducendola a una mera presa d’atto della disponibilità dichiarata delle coppie» (2) che intendono adottare minori stranieri.

Allo scopo, era previsto che i Tribunali per i minorenni, presa visione della certificazione prodotta dai coniugi aspiranti all’adozione internazionale per quanto concerne la loro disponibilità (3), potessero dichiarare l’idoneità all’adozione delle coppie senza richiedere ai servizi sociali di valutare le loro reali motivazioni, di accertare le loro capacità educative e di provvedere all’assunzione delle altre necessarie informazioni.

 

Tragiche conseguenze della inidoneità degli adottanti e del “fai da te”

Fin dalla costituzione dell’Anfaa, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (1962), e dalla pubblicazione di Prospettive assistenziali (1968), abbiamo sempre sostenuto che ai servizi sociali territoriali, e cioè a quelli più a contatto con la popolazione, dovevano essere attribuite le competenze e le relative risorse in modo che fossero in grado di svolgere una attenta attività di selezione/preparazione delle coppie adottive.

La scelta era stata determinata dalle esperienze realizzate in vari Paesi e in particolare in Francia.

Dalle informazioni e dalla documentazione raccolta era emersa in modo incontrovertibile che l’adozione dei bambini privi di famiglia era il percorso più rispettoso delle loro esigenze fondamentali di vita, a condizione che i genitori adottivi fossero in possesso di adeguate capacità educative (4).

Nello stesso tempo erano state acquisite le esperienze in base alle quali risultava che non sempre il desiderio di adottare era sorretto da motivazioni e capacità idonee e quindi tali da garantire un sereno futuro dei bambini.

Com’è confermato dagli episodi che citeremo in questo articolo, si erano verificate non solo situazioni lesive delle esigenze dei minori, ma anche crudeli maltrattamenti e uccisioni dei fanciulli inseriti in famiglie adottive, apparentemente del tutto normali.

Ne conseguiva e ne deriva tuttora la necessità di una severa selezione/preparazione, che non solo è doverosa per rispettare i bisogni dei fanciulli, ma è anche praticabile essendo il numero delle coppie disponibili di gran lunga superiore ai bambini italiani e stranieri adottabili.

Era, inoltre, risultato – valutazione tuttora valida – che nella scelta degli adottanti, occorreva tenere in vigile considerazione le maggiori difficoltà nei rapporti  familiari interni e nelle relazioni sociali esterne incontrate dai genitori adottivi rispetto a quelli biologici sia per gli effetti negativi patiti dai fanciulli a causa della carenza di cure affettive prima di essere accolti nella nuova famiglia, sia a seguito delle conseguenze sfavorevoli provocate dalla cultura dominante che considera ancora il rapporto biologico come fondamento della filiazione e della genitorialità.

Compete, dunque, ai parlamentari (in primo luogo) e a tutti coloro che operano nel campo delle adozioni assumere provvedimenti e iniziative rivolte a tutelare adeguatamente i minori, ricordando che il loro interesse presente e futuro deve essere salvaguardato con assoluta priorità. Pertanto, occorre altresì che le autorità giudiziarie e gli enti locali operino per i tempestivi accertamenti relativi alla stato di adattabilità.

 

Alcuni fatti da tener presente per evitare sofferenze ai bambini adottati

Riportiamo, in gran parte ricavandoli da Prospettive assistenziali, alcuni episodi significativi che ricordano da un lato gli interventi assurdi praticati da alcune autorità preposte all’attuazione della legge 431/1967 istitutiva dell’adozione legittimante (conseguenza diretta dell’arretratezza culturale allora esistente) e d’altro lato segnaliamo alcuni episodi assolutamente da non dimenticare nella scelta delle coppie adottive, anche se finora le sofferenze patite dai minori adottati da coppie assolutamente inidonee, che quasi sempre hanno utilizzato il “fai da te”, non ha insegnato nulla a Ministri e a Parlamentari del nostro Paese, come appare evidente dalla presentazione da parte dei Ministri Prestigiacomo, Fini, Pisanu e Castelli del citato disegno di legge n. 3373 e della già ricordata sua approvazione (cfr. la nota 1) da parte della maggioranza della Commissioni riunite “Giustizia” e “Speciale infanzia” del senato.

Proprio a causa della inammissibile situazione esistente, riproponiamo l’esigenza di una valida selezione/preparazione delle coppie aspiranti all’adozione, sperando, altresì, che la mancata approvazione del disegno di legge di cui sopra non venga utilizzato dal nuovo Governo e dal prossimo Parlamento per la riproposizione di norme orientate al “fai da te”.

Fra gli episodi a nostra conoscenza, segnaliamo i seguenti.

 

Bambini: una merce a scelta per il Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro

Nel n. 8/9, 1969-1970 di Prospettive assistenziali avevamo denunciato «il modo a dir poco sconcertante con il quale il Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, a oltre due anni dall’entrata in vigore della legge 5 giugno 1967, n. 431, sull’adozione speciale, dispone l’affidamento dei bambini adottabili, che avviene con modalità simili a quelle usate dai rappresentanti di commercio quando essi propongono la scelta di un oggetto qualsiasi. Infatti, ai coniugi che avevano presentato domanda di adozione, il Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro ha inviato il 16 settembre 1969 la seguente lettera: “La S.V. ha presentato domanda per l’adozione di un minorenne senza indicarlo specificatamente. Le alleghiamo un elenco di minori dichiarati in stato di adottabilità, in modo che possa indicare quelli che preferisce”».

 

La posizione dell’Anfaa

Certamente nessuno può sostenere che non sono state assunte le necessarie iniziative informative per segnalare alle autorità preposte l’esigenza di stroncare il mercato dei bambini e di vietare il “fai da te”.

A esempio nel documento approvato dall’Assem­blea nazionale dei soci dell’Anfaa, svoltasi a Casaglia (Milano) il 3 e 4 aprile 1976, viene predisposto un documento in cui, dopo aver «preso atto che in questi ultimi giorni è riemerso il problema del mercato dei bambini» ed aver rilevato che «i casi riferiti dai giornali sono evidentemente solo una piccola parte del fenomeno», ricorda che «il problema del mercato dei bambini era stato oggetto di una interrogazione parlamentare (17 novembre 1972) alla quale il Governo aveva risposto in data 24 luglio 1973 senza assumere alcuna iniziativa, tant’è che il fenomeno continua, anzi è dilagato».

Dunque, fin dagli anni ’70 il Parlamento e il Governo erano a conoscenza dell’appropriazione illegale dei bambini adottabili, ma non avevano provveduto a stroncarlo.

 

Torino: le sevizie inferte ai minori X e Y

Grande scalpore aveva suscitato negli anni ’80 la vicenda dei minori X e Y, adottati con il metodo del “fai da te” da una coppia appartenente all’alta società del capoluogo piemontese.

Significativo il provvedimento del loro allontanamento dai genitori adottivi assunto dal Tribunale per i minorenni di Torino che riportiamo integralmente (5): «Visti gli atti relativi ai minori; rilevato l’impressionante quadro clinico relativo al piccolo X quale indicato nella documentazione ospedaliera e precisato nella deposizione della dott. Z; ritenuto che la pluralità delle fratture, ecchimosi, lesioni di ogni genere riscontrate sul corpo del bambino depongono per una altrettanto pluralità di episodi causali e non quindi per l’ipotesi di un unico episodio; ritenuto che detto quadro sta ad indizio di continuati maltrattamenti ad opera di persone che stanno abitualmente accanto al bambino, sembrano allo stato da escludersi la possibilità di lesioni accidentali provocate nel corso di giochi o altre attività del bimbo (risulta infatti che all’asilo il bambino correva molto e mai ebbero a riscontrarsi episodi di cadute con conseguenze rilevanti; né all’esame neurologico sono emersi disturbi di equilibrio o di deambulazione o altri disturbi neurologici); ritenuto che, comunque, al di là del quadro ora descritto, risultano dati obiettivi di grave sofferenza di X:

1) il bambino non è cresciuto di un grammo dal giorno della sua entrata in Italia fino al momento dell’ingresso in ospedale mentre in questi sette giorni di ricovero è aumentato di due chili;

2) il bambino presenta una fortissima anemia, verificatasi in periodo successivo al 1° ottobre 1980 (data di un primo esame del sangue);

3) il bambino è stato presentato in ospedale ben tre volte prima di questo ricovero ed ogni volta per lesioni anche di una certa gravità che perlomeno stanno ad indicare una notevole disattenzione da parte dei genitori;

4) il bambino è stato portato all’ospedale per quest’ultimo ricovero dopo due giorni dal fatto – che i genitori sostengono essere accidentale – che gli aveva provocato una frattura del braccio e di alcune costole: il che è ulteriore indizio perlomeno di obiettiva e scarsa attenzione per la salute fisica del bambino, che anzi, ancora la sera dopo l’episodio della frattura, fu obbligato a preparare la tavola ai genitori (così come loro hanno narrato).

«Considerato ancora che dalle dichiarazioni rese dai suoi genitori a questi giudici è emersa una serie di episodi che rivelano una sostanziale inaccettazione di X e di Y e cioè per esempio:

1) uso sistematico di punizioni corporali tutt’altro che lievi. Sculacciate pesanti tanto da lasciare per giorni i lividi che furono riscontrati dalla maestra d’asilo sul corpo del bambino; schiaffoni in faccia;

2) ricorso al sistema di sottrazione e diminuzione del cibo come pressione psicologica, dagli stessi genitori considerata efficace per via della famelicità dei bambini (tali proprio perché provenienti da anni ed anni di fame);

3) chiusura dei bambini nella stanza da bagno: a questo proposito è di estrema gravità il fatto, narrato appunto dai genitori, che Y si sia da solo chiuso nel box della doccia per quattro giorni e ivi, per quattro giorni, sia rimasto senza mangiare e senza dormire e senza che i genitori, rivolgendosi magari a terzi più avveduti, in alcun modo intervenissero per far cessare tale straziante dimostrazione di bisogno di attenzione e di rifiuto della situazione;

4) incuria grave nelle due volte in cui Y dichiarò di volersene andare da quella casa. Infatti la prima volta il bambino, di otto anni, fu invitato ad andarsene davvero se voleva e, quando egli prese la strada, fu seguito passo a passo dal padre, lui in automobile fino a che il bambino cedette e rientrò. La se­conda volta, Y venne lasciato a lungo piangente seminudo di notte nel giardino; tanto a lungo da risvegliare l’attenzione dei vicini che chiamarono la polizia.

«Considerato infine che lo stato di infelicità dei bambini risulta testimoniato da persone che ebbero a conoscerli a scuola: la maestra di Y infatti ha riferito di avere constatato sul bambino ferite alla testa, alla mano, alla gamba destra, all’orecchio, al naso: che il bambino – che aveva fiducia in lei – diceva essergli state causate da percosse con un bastone, con una cinghia, con una scarpa; le maestre di X più di una volta hanno accertato lividi in faccia e sulle natiche e una condizione psichica di isolamento e tristezza (rilevante l’osservazione della suora che anni prima aveva lavorato in un orfanotrofio e dice che il viso di X le ricordava quello dei bambini abbandonati in istituto).

«Ritenuto pertanto che, a parte ogni altra misura diversa o più grave, si può affermare che ricorrono gli estremi per un provvedimento a norma dell’articolo 333 del codice civile, essendo evidente che il comportamento dei due genitori adottivi è stato gravemente pregiudizievole nei confronti dei due bambini che, per la loro condizione personale, avevano più che mai bisogno di affetto e dedizione e comprensione:

«che il provvedimento più conveniente è senza dubbio quello di allontanare i due bambini dalla casa dei genitori al doppio fine di far cessare questo stato di sofferenza e di vedere se è possibile dar loro, anche temporaneamente, un modello di confronto;

«che per X, purtroppo, non vi sono problemi immediati di sistemazione in quanto ancora a lungo dovrà restare in ospedale;

«che invece occorre provvedere per Y ad una sistemazione familiare anche solo per il periodo estivo, affinché non ritrovi qui in Italia l’istituto nel quale già tanto ebbe a restare nel suo paese.

«Considerato, infine, che la esecuzione del provvedimento è di estrema urgenza per evitare ulteriori danni psico-fisici e pertanto è bene disporre l’immediata esecutorietà nonostante reclamo; visto il parere del P. M.; visto l’articolo 333 del codice civile; dispone l’immediato allontanamento di X dalla casa dei genitori adottivi ed il loro affidamento al Comune di Torino che in collaborazione con la Prefettura, organo decentrato dal Ministero degli interni, competente per l’assistenza ai bambini stranieri, nonché con questo organo giudiziario, cercherà una soluzione etero-familiare, anche solo per il periodo estivo, per Y, ed altresì per X, non appena dimissibile.

«Le visite dei genitori a X in ospedale sono di regola vietate; è consentita una sola visita di mezz’ora ogni quindici giorni; le visite sia a X che ad Y quando saranno inseriti altrove verranno regolate dall’ente affidatario se risulteranno utili ai bambini.

«Il presente decreto è immediatamente esecutivo nonostante reclamo ed eseguito se necessario col ricorso della forza pubblica».

Da notare che la 6ª Sezione penale del Tribunale di Torino, con sentenza dell’11 febbraio 1993, ha condannato la madre adottiva a dieci mesi di reclusione per maltrattamenti patiti dal figlio adottivo di 4 anni. Gli interessati non hanno presentato ricorso alla sentenza nonostante che il marito (noto professionista) sia stato assolto solo per insufficienza di prove dall’accusa di maltrattamenti nei confronti dello stesso minore.

 

Altre dolorose vicende

Oltre i maltrattamenti dei minori X e Y descritti in precedenza, ricordiamo  la vicenda della signorina M. B., insegnante di una cittadina situata nelle vicinanze di Torino, che con il metodo “fai da te” aveva accolto quattro bambini di nazionalità indiana, che venne ricoverata con trattamento sanitario obbligatorio per «stato delirante, agitazione psicomotoria e mania di persecuzione» (6).

A seguito dell’aggravamento dei suoi disturbi psichici, peraltro presenti prima dell’accoglienza dei quattro minori, i ragazzi furono allontanati da M. B. dopo aver vissuto per anni in un ambiente molto negativo.

L’abuso dei minori può addirittura arrivare allo sfruttamento, come faceva A.D.M. di Caserta nei confronti della figlia adottiva di 17 anni costretta a prostituirsi (7).

Notevole scalpore aveva suscitato il caso di M., presa nello Zaire prima dell’entrata in vigore della legge 184/1983 con il sistema del “fai da te” da coniugi di Gorgonzola e restituita come un pacco al Tribunale per i minorenni di Milano all’età di 15 anni dopo 9 anni di permanenza presso una famiglia adottiva (8).

 

Danimarca: medico e infermiera adottavano bambini con handicap per seviziarli e ucciderli

Nell’articolo “Hanno adottato dieci figli per torturarli e ucciderli”, apparso su La Domenica del Corriere del 20 febbraio 1975, il giornalista Francesco Saverio Alonzo riferisce in merito alla vicenda che ha coinvolto Z., un medico danese e la moglie infermiera H., molto noti perché sovente apparivano in televisione come esperti in materia di adozione.

In un occasionale sopralluogo è apparso nella villa dei genitori adottivi «uno spettacolo agghiacciante: i bambini, laceri e sporchi, erano tutti denutriti. Una vietnamita di cinque anni, colpita dalla poliomielite, era viva per puro miracolo, pesava soltanto nove chili».

Uno dei ragazzi adottati, bruscamente allontanato dalla famiglia adottiva ha dichiarato di aver visto «con i propri occhi la signora H. (la madre adottiva, n.d.r.) infierire crudelmente sulla piccola (una tailandese di 10 anni, n.d.r.) e gracile bambina finché costei morì sotto i colpi brutali».

Per quanto riguarda i bambini deceduti, dalle autorità mediche «risultò che i certificati di morte dei piccoli erano stati scritti tutti dal dottore Z.» e che «mai aveva fatto ricoverare i figli in un ospedale, mai aveva richiesto le cure di altri medici. Non soltanto aveva confezionato le bare con le proprie mani, ma le aveva portate personalmente al crematorio cittadino, attendendo poi che gli venissero restituite le ceneri dei piccoli nelle urne». Di conseguenza «ogni possibilità di un’autopsia compiuta dalle autorità mediche veniva così evitata».

Da notare che il dottor Z. aveva partecipato come relatore alla Conferenza mondiale su “L’adozione e l’affidamento familiare” svoltasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971, organizzata dal Comitato internazionale di intesa delle Associazioni delle famiglie adottive, presieduta da Giuseppe Civorella, affermando che l’organizzazione umanitaria internazionale da lui rappresentata si era specializzata «nell’aiuto a “bambini di difficile collocamento” e in modo particolare degli handicappati fisici».

Aveva poi descritto la situazione di alcuni bambini adottati asserendo la necessità di «guardarsi dallo scegliere famiglie il cui interesse ai bambini handicappati è condizionato patologicamente dal desi­derio di dominarli e di proteggerli in maniera eccessiva».

 

Bambini a scegliere negli Stati Uniti

I responsabili di un importante centro per le adozioni, con sede a Nashville, capitale della Stato del Tennessee, predispongono nel 2000 una passerella perché i bambini senza famiglia possono sfilare, come se fossero una merce da scegliere, davanti agli aspiranti adottanti.

«Un’associazione – scrive Maria Celeste Crucillà (9) – che si occupa di adottare bambini, ha avuto una pensata: perché non fare sfilare i piccoli in attesa di una famiglia in modo da permettere agli aspiranti genitori di sceglierli sul campo? Detto fatto. Lo show è stato organizzato, dopo un battage pubblicitario con annunci sui giornali e cartelloni per le strade. Le coppie che hanno intenzione di richiedere un bambino assistono e commentano: “quello mi piace, quell’altro no”. Come ad un mercato degli schiavi. Maglioncini griffati, pantaloni, giubbotti. Il pubblico applaude. Qualcuno segna su un elenco il nome del bimbo che gli va a genio. “Ma non è una scelta definitiva”, precisano i più. “Ci dobbiamo pensare su”. Qualcuno è qui solo per curiosità. Qualcun altro ha portato i figli.

«I signori Jill e Bill Brown hanno portato alla sfilata le loro due figliole perché li aiutino nella selezione. “È molto meglio vederli dal vivo che doverli scegliere tra le foto di un catalogo dove non si capisce bene come sono”. Già, perché per chi non lo sapesse, in America funziona così: l’offerta di bambini da adottare è così alta che gli aspiranti genitori li possono scegliere sfogliando fra le foto dei cataloghi. Come si fa per i vestiti o gli elettrodomestici.

«A organizzare la surreale sfilata non è una piccola associazione stravagante e dalle iniziative discutibili, bensì l’importante Centro delle adozioni, collegato ai servizi sociali dello Stato del Tennessee.

«“Sono ragazzi che si fa fatica ad adottare perché di colore o con problemi fisici o ritardi mentali, e che hanno bisogno di una promozione”, dicono al Centro. “Il fine giustifica i mezzi. Nessuno è stato obbligato a sfilare. Ai più piccoli abbiamo detto che è un gioco, ai grandi che, comunque vada, avranno altre possibilità. E poi possono tenersi alcuni dei vestiti o calzature che presentano»”.

 

Stati Uniti: tragiche conseguenze dell’adozione “fai da te”

Ampia risonanza ha avuto negli Stati Uniti, in Italia e in numerosi altri Paesi, la vicenda dei coniugi Nason. Su La Stampa del 1° settembre 1992, Furio Colombo ha scritto quanto segue: «Da eroi nazionali a inquisiti per molestie sessuali e maltrattamenti. È la triste parabola dei coniugi Nason, fino a pochi anni fa celebrati dalla televisione e dai giornali per aver adottato e cresciuto settantasei bambini, quasi tutti con handicap fisici e psichici. Durante un processo di affidamento, alcuni dei 76 figli hanno infatti denunciato di essere stati picchiati e colpiti con un pungolo per animali. Una ragazza di 27 anni, adottata quando ne aveva 10, ha detto che Nason l’aveva molestata e aveva cercato di avere rapporti con lei. Ha anche raccontato di essere stata costretta a mangiare una tavoletta di sapone e di essere stata picchiata durante i pasti perché mangiava troppo lentamente.

«Stephen Massey, 21 anni, ha testimoniato che altri due bambini sarebbero addirittura morti perché costretti a vivere in condizioni igienicamente non tollerabili».

Inoltre i giornali (10) hanno segnalato un altro tragico fatto: «Un fulgido esempio di altruismo. Una vita dedicata all’amore per i bambini che soffrono. Una missione meravigliosa. Nancy Reagan non aveva badato a complimenti, aveva dato fondo a tutta la retorica più bigotta e melliflua nel conferire quel premio a Yvonne Eldridge. Ma erano altri tempi. Nel 1986 la first-lady tiranneggiava ancora alla Casa Bianca; e soprattutto Yvonne sembrava veramente una “madre esemplare”, degna di ricevere ogni onore, per quella sua casa di Walnut Creek, una località nella California settentrionale, tutta rigurgitante di ragazzini adottivi, di cui molti erano malati, alcuni persino di Aids.

«Oggi, la realtà appare molto diversa. Spiegano i collaboratori del procuratore generale della Contea Contra Costa: “Tutto lascia pensare che la signora Eldridge sarà rinviata a giudizio nelle prossime due o tre settimane per l’avvelenamento di sette dei suoi figli adottivi, di cui tre sono morti”».

Ricordiamo, altresì, la condanna a 25 anni di carcere inflitta a Joel Steinberg, l’intellettuale statunitense, che nel 1987 uccise di botte la figlia adottiva di 6 anni (11).

 

Bambini adottati e rinchiusi in una gabbia

Nei mesi scorsi è stata segnalata un’altra crudele vicenda successa negli Stati Uniti: «Undici bambini disabili adottati detenuti dentro gabbie larghe e alte poco più di un metro. Lo spettacolo scioccante si è offerto alla vista degli agenti dello sceriffo della Contea di Huron nello Stato dell’Ohio, quando sono entrati nell’abitazione di Mike e Sharen Gravelle» (cfr. La Stampa del 14 settembre 2005).

Maurizio Molinari, corrispondente da New York del giornale torinese segnala che «gli accertamenti fatti dalla polizia e dal centro medico di Norwalk hanno portato ad appurare che i bambini, tutti compresi fra 1 e 14 anni di età, non avevano subito alcun tipo di abusi e non erano denutriti ma le condizioni in cui si trovavano, assomigliavano a quelle di un canile. Solo tre di loro, due maschi e una femmina, disponevano di materassi e cuscini sui quali potevano dormire. Degli undici piccoli reclusi finora non si era accorto nessuno perché figuravano nei registri scolastici della contea come bambini che venivano istruiti in casa dai propri genitori ed anche a causa del fatto che in questa regione dell’Ohio la popolazione vive dispersa in grandi spazi.

«Le gabbie erano costruite in ferro, alcune posizionate l’una sull’altra per risparmiare spazio dentro la casa ed altre incastrate nelle pareti. Tutte si trovavano al secondo piano della casa in legno costruita nei pressi di un bosco ed i coniugi Gravelle hanno spiegato che sarebbe stato uno psicologo di loro fiducia a consigliarli di farli dormire la notte in quelle condizioni “per impedire che potessero farsi del male l’un l’altro”. Il fine dunque sarebbe stato di proteggerli (…).

«A smentire la tesi secondo cui le gabbie venivano usate solo per dormire è stato uno dei piccoli che ha raccontato alla polizia di essere stato per quasi tre anni dentro una gabbia, giorno e notte, mangiandovi dentro, potendo uscire solo in rare occasioni. Per impedire ai bambini di uscire senza essere stati notati alcune gabbie erano state provviste dai coniugi Gravelle di appositi sistemi d’allarme mentre altre erano chiuse da alcuni mobili. Tali sistemi di sorveglianza lasciano aperta la strada all’accusa di maltrattamento nei confronti di minorenni a causa di una condizione che assomiglia alla detenzione (…).

«Ad indirizzare gli agenti nella casa-canile è stata l’indicazione di un vicino – che non ha voluto rendere nota la propria identità – che aveva chiamato il numero di emergenza per gli abusi contro minorenni affermando di aver osservato qualcosa di strano, spingendo un ispettore ad avvicinarsi all’abitazione ed a poter scorgere da lontano le gabbie posizionate al secondo piano, non lontano dalle finestre».

 

In crisi l’adozione di bambini russi da parte di stranieri

Secondo quanto scrive Benedetta Verrini nell’articolo “Russia: i figli del freddo” apparso su Vita del 23 settembre 2005 «gli stranieri, in questi ultimi mesi, sono stati al centro di polemiche sulla stampa sovietica: lo choc della notizia dell’uccisione di alcuni bambini russi adottati da coppie americane (la Procura generale di Mosca ha riferito che sono stati tredici negli ultimi anni; l’ultima vittima, accertata a luglio, è stata una piccola di due anni uccisa dalla madre adottiva nel North Carolina), ha estremamente irrigidito i rapporti con gli enti che fanno ado­zioni».

 

Conclusioni

Come abbiamo già rilevato, l’adozione da parte di una coppia, con o senza figli, sorretta da motivazioni valide, in possesso di idonee capacità educative e consapevole del valore della vera genitorialità, è senza dubbio l’intervento occorrente per assicurare uno sviluppo positivo dei minori adottabili in quanto totalmente privi di sostegno morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti.

Negli Stati Uniti, paese che alcuni (ad esempio Furio Colombo) vorrebbero venisse assunto come riferimento in materia di prassi adozionale, il “fai da te” ha prodotto i disastri di cui abbiamo riportato in precedenza alcune vicende.

In Italia finora non si sono verificati episodi altrettanto gravi (ci riferiamo in particolare alle uccisioni di fanciulli adottati avvenute negli Stati Uniti e in Danimarca) a nostro avviso per il fatto che, a seguito dell’entrata in vigore delle leggi 431/1967 e 184/1983, i servizi sociali ed i Tribunali per i minorenni hanno proceduto, anche se non sempre con il necessario rigore, a selezionare e preparare le coppie adottive.

Oltre agli sconvolgenti episodi descritti in precedenza, è noto a tutti gli studiosi che l’inserimento di minori presso famiglie adottive inidonee determina sempre conseguenze negative più o meno gravi non solo – e principalmente – nei confronti dei fanciulli che ne soffrono per tutta la vita, ma anche nei riguardi degli adottanti e dei loro congiunti.

Dunque, tenuto anche conto dell’estremamente ampia possibilità di scelta degli adottanti (le domande di adozione superano di 10-15 volte il numero dei minori adottabili), chiediamo che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo, nel pieno rispetto della Convenzione europea sull’adozione e di quella dell’Aja sulla protezione dell’infanzia e la cooperazione in materia di adozione internazionale, si pongano “dalla parte dei bambini privi di famiglia” e approvino tutte le necessarie norme a tutela delle loro vitali esigenze di armonico sviluppo, in particolare quelle concernenti una adeguata selezione/preparazione delle coppie e una consistente riduzione della differenza di età fra gli adottanti e gli adottandi, in modo che questi ultimi vengano inseriti presso coppie capaci di assumere il ruolo di genitori e non siano destinati a consolare nonni o persone singole senza figli (12).

 

 

 

(1) L’approvazione in sede referente è avvenuta il 20 dicembre 2005.

(2) Dal documento “Osservazioni sulle proposte di modifica della legge 476/1998” predisposto in data 21 aprile 2005 da Pasquale Andria, Presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia e del Tribunale per i minorenni di Potenza.

(3) La documentazione richiesta alle coppie riguardava solamente una «relazione, sottoscritta da entrambi i coniugi, relativa alla propria condizione familiare, con particolare riferimento all’attività lavorativa e alle condizioni di accoglienza che intendono offrire al minore». In sostanza si tratta di una vera e propria autocertificazione attestante l’idoneità di aspiranti adottanti ad accogliere il bambino.

(4) Si veda, in particolare, il n. 3/4, 1968 di Prospettive assistenziali, interamente dedicato ai problemi dell’adozione. Riteniamo tuttora estremamente valida la pubblicazione di Michel Soulé, Janine Noël, Françoise Bouchard, “La selezione dei genitori adottivi”, pubblicata sul n. 7/8, 1967 di Maternità e Infanzia. Considerata l’estrema importanza della selezione/preparazione dei genitori adottivi, l’Anfaa ha provveduto a tradurre la suddetta pubblicazione prima dell’approvazione della legge sull’adozione speciale n. 431/1967. Inoltre ha inviato nel 1967 il relativo volumetto a tutti gli enti interessati, compresi i Tribunali e le Procure per i minorenni.

(5) Fra le numerose prese di posizione contro il commercio dei bambini apparse su Prospettive assistenziali, segnaliamo le seguenti: “Mozione contro il mercato dei bambini”, n. 50, 1980; “Il mercato dei bambini stranieri davanti alla Corte costituzionale”, n. 57, 1982; “Mozione del convegno ‘Adottare oggi’”, n. 59, 1982; “Riconoscere i diritti del bambino straniero”, n. 60, 1982; “Per una effettiva tutela dei minori stranieri adottabili”, n. 61, 1983; “Stefania Bruna: una bambina al centro di una assurda contesa diplomatica”, n. 66, 1984; “Nuovi principi per l’adozione internazionale di bambini indiani”, n. 68, 1984; “Brevi riflessioni sull’adozione di un minore straniero in Italia”, n. 70, 1985; “Come ti sistemo la legge ovvero il bambino al servizio della coppia”, n. 75, 1986; “L’adozione di Stefania, i diari di Licio Gelli e la Corte costituzionale”, n. 76, 1986; “Proposte di legge per favorire il mercato dei bambini”, n. 87, 1989; “L’adozione fra giustizia e mercato: una richiesta di aiuto alle organizzazioni e persone che operano per la tutela delle esigenze e dei diritti dei bambini in situazione di abbandono”, n. 92, 1990; “Il futuro dell’adozione nazionale e internazionale fra diritto e abuso”, n. 94, 1991; “Per la difesa e piena attuazione della legge 184/1983 ‘Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori’” e “Traffico di bambini: dal bambino oggetto al bambino soggetto”, n. 95, 1991; “Il mercato grigio dei bambini del Terzo Mondo”, n. 96, 1991; “Commercio a scopo di adozione di bambini di Paesi poveri” e “Il mercato di bambini salvadoregni e brasiliani adottati in Italia: un caso di non giustizia”, n. 97, 1992; “Petizione al Governo e al Parlamento sull’adozione dei bambini italiani e stranieri”, n. 107, 1994;  Piergiorgio Gosso, “L’adozione ‘fai da te’ secondo lo psichiatra Andreoli”, n. 108, 1994; “Anche gli aspiranti all’adozione di bambini stranieri devono essere attentamente selezionati e preparati”, n. 110, 1995; Piergiorgio Gosso, “Come non adottare un bambino”, n. 112, 1995; “Conferenza interamericana sul traffico internazionale di minori (parte prima)” e “Adozioni illegali”, n. 113, 1996; “Conferenza interamericana sul traffico internazionale di minori (parte seconda)”, n. 114, 1996; “La Corte di Cassazione favorisce il mercato dei bambini?”, n. 119, 1997; “Il mercato dei bambini stranieri continua per le inadempienze del Governo”, n. 128, 1999; “Il Ministro Dini si adoperi per stroncare il mercato dei bambini”, n. 129, 2000; “La controriforma dell’adozione proposta dalla Commissione infanzia del Senato”, n. 131, 2000; “Soggiorni in Italia di minori stranieri”, n. 135, 2001; “Bambine russe in vendita su internet”, n. 140, 2002; “No al mercato dei bambini: comprare non è amare”, n. 144, 2003; “Mozambico: bambini uccisi per venderne gli organi”, n. 146, 2004; “La vendita dei neonati bulgari: comprare non è amare”, n. 147, 2004; “Tragica la situazione dei bambini cinesi rapiti e venduti: 55mila in situazione di abbandono”, n. 148, 2004; Francesco Santanera, “Un disegno di legge del Governo contrario alle esigenze dei minori stranieri senza famiglia”, n. 150, 2005.

(6) Cfr. l’articolo “Diritti dei minori e tentativi di stravolgimento dell’adozione”, Prospettive assistenziali, n. 86, 1989. Prima dell’entrata in vigore della legge 184/1983, i bambini venivano presi nel loro paese di origine da persone singole o da coppie, la cui idoneità all’adozione non era accertata da alcun ente. In Italia veniva semplicemente riconosciuta dalla Corte di appello la validità giuridica del provvedimento straniero di adozione (la cosiddetta “deliberazione”), senza prendere in considerazione le capacità educative degli adottanti.

(7) Cfr. la Repubblica del 28 aprile 1989.

(8) Cfr. la Repubblica del 19 aprile 1989: “Milano, storia della quindicenne di colore abbandonata in Tribunale: i genitori adottivi  la ripudiano”.

(9) Cfr. “Vergogna, i bimbi da adottare sfilano al mercato”, Oggi, n. 50, 6 dicembre 2000.

(10) Cfr. la Repubblica del 30 settembre 1992.

(11) Cfr. il Corriere della Sera del 26 marzo 1989.

(12) Fra le pubblicazioni concernenti le adozioni che hanno avuto esiti negativi per i minori segnaliamo il volume curato da Jolanda Galli e Francesco Viero, Fallimenti adottivi, Armando Editore, Roma, 2002 e l’articolo di commento di Gabriella Cappellaro “Considerazioni sui fallimenti adottivi”, pubblicato sul n. 148 di Prospettive assistenziali.

 

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