Prospettive assistenziali, n. 150, aprile - giugno 2005

 

 

PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE DI ROMA SUL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE DI UN ALUNNO CON HANDICAP GRAVE

 

 

i genitori di Paolo, con ricorso ex articolo 700 del codice di procedura penale, hanno citato in giudizio il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nonché l’istituto S. Nilo di Grottaferrata, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali ed extrapatrimoniali recati al loro figlio e morali da essi subiti in quanto genitori. La causa di tale richiesta è stata la mancata conferma, da parte del suddetto istituto, del numero di ore di insegnamento di sostegno minimo sufficiente affinché al minore non fosse negato «il diritto all’istruzione, alla salute ed all’inserimento scolastico (…) sancito dalla Costituzione italiana, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dalla legge n. 104 del 1992», come risulta nell’istanza presentata al Tribunale di Roma.

Difatti al piccolo, affetto da sindrome di Down con disturbo specifico dell’apprendimento, è stato concesso un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali pari a 7 sulle 40 complessive di frequenza scolastica: non solo non concedendo l’insegnante per l’intera durata dell’orario scolastico come prescritto dalla certificazione rilasciata il 20 dicembre 2004 dal servizio materno infantile dell’Azienda Usl Roma/H, ma addirittura riducendo del 50% il totale di ore di sostegno fissate in 14 nel precedente anno scolastico.

Il Ministero e l’istituto scolastico, col patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, avevano tentato di far arenare sul nascere l’iniziativa dei genitori del piccolo, eccependo l’inammissibilità della domanda e contestando la competenza del Tribunale ordinario in luogo di quello amministrativo. Invece il giudice G. Buonuomo del Tribunale di Roma ha respinto l’istanza d’inammissibilità del richiesto provvedimento d’urgenza precisando che, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204 «la cognizione dei diritti, che appartiene al giudice ordinario, può essere attribuita al giudice amministrativo solo (e nella misura in cui) essa costituisca un completamento della tradizionale tutela contro gli atti illegittimi dell’Amministrazione».

Per quanto riguarda l’ambito normativo di riferimento, il giudice l’ha ricostruito citando sia il precetto costituzionale (comma 3 dell’articolo 38) secondo cui «gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione», sia la legge 104/1992 in base alla quale (art. 3) «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione (…) ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e all’efficacia delle terapie riabilitative», sia l’articolo 2 della stessa legge 104/1992 che garantisce «il diritto all’educazione e all’istruzione delle persone handicappate nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado» da realizzare (articolo 13 ) «attraverso attività di sostegno che sono “garantite” mediante assegnazione di docenti specializzati nelle scuole di ogni ordine e grado».

Il giudice, dopo aver ricordato che le norme sopra citate sono «riprodotte nel decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297» e «completate dall’articolo 40 della legge 449/1997», afferma che «l’attribuzione al minore handicappato di un numero non adeguato di ore di sostegno didattico si risolve (…) nella ingiustificata compromissione di un fondamentale diritto dell’individuo portatore di handicap alla educazione e all’inserimento scolastico».

Il giudice ha, altresì, puntualizzato che, in base alle vigenti leggi sull’inserimento scolastico dei soggetti con handicap, l’autorità scolastica è «priva di qualsivoglia discrezionalità amministrativa almeno sino a che non alleghi e provi l’esaurimento delle risorse disponibili in organico e l’impossibilità di far ricorso alla deroga espressamente prevista dalla legge per soddisfare le esigenze derivanti dai casi più gravi».

Premesso che «il giudice è chiamato non già ad ordinare all’amministrazione uno specifico comportamento bensì, come ha rilevato la suprema Corte anche recentemente, a rimuovere “situazioni materiali riconducibili all’attività della pubblica amministrazione che ripresentino un contrasto con i precetti posti a salvaguardia di diritti soggettivi altrui”» (si veda al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, del 25 febbraio 1999 n. 1636), lo stesso giudice «accoglie il ricorso» e «dispone che il Ministero dell’istruzione, della ricerca e dell’università e la direzione didattica della scuola (…) assicurino al minore la presenza dell’insegnante di sostegno per non meno di quattordici ore settimanali (come previsto per l’anno scolastico 2003-2004».

La trattazione della causa nel merito è stata rinviata all’udienza del 23 giugno 2005.

 

 

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