Prospettive assistenziali, n. 149, gennaio - marzo 2005

 

 

L’INDENNITÀ PER IL CONGEDO PARENTALE DI CUI ALLA LEGGE 388/2000 DEVE ESSERE CALCOLATA SULLA RETRIBUZIONE DELL’ULTIMO MESE DI LAVORO

 

 

Il Tribunale di Torino, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 12362 del 12 marzo 2004, depositata in Cancelleria il 20 giugno 2004, ha riconosciuto il diritto del lavoratore in congedo parentale ai sensi della legge 388/2000, articolo 80, comma 2, a percepire una indennità giornaliera calcolata sulla base di tutte le voci ricomprese nella retribuzione dell’ultimo mese precedente al periodo di congedo.

 

Il fatto

Il signor V.B., genitore di una figlia handicappata in situazione di gravità, aveva presentato domanda di congedo ai sensi della legge 388/2000 per un periodo di un anno, successivamente protrattosi per ulteriori due mesi.

Durante tale periodo, pur avendo più volte sollecitato il datore di lavoro, un ente parastatale, a calcolare ed erogare l’indennità giornaliera spettante secondo la legge, si vedeva corrispondere somme mancanti di alcune voci fino ad allora sempre percepite e comunque presenti nella busta paga dell’ultimo mese lavorato.

 

Il ricorso

A fronte di tale comportamento ed in mancanza assoluta di risposta da parte del datore di lavoro, V.B. presentava ricorso presso il Tribunale di Torino.

In esso il ricorrente sosteneva che per il periodo di congedo parentale aveva diritto a percepire l’indennità prevista dall’articolo 80, comma 2 della legge 388/2000 e che la stessa doveva essere calcolata secondo quanto previsto dalla circolare esplicativa dell’Inps, n. 64 del 15 marzo 2001, rivolta alla generalità dei lavoratori e ai dipendenti dell’ente parastatale in questione.

Chiedeva, quindi, che gli venisse riconosciuta una indennità giornaliera da calcolarsi sulla base dell’ultima mensilità lavorata, comprensiva di tutte le voci riportate in busta paga comprese quindi le somme erogate quel mese a titolo di incentivo ordinario, di incentivo straordinario pari al rateo di tredicesima mensilità, corrispondente ad una indennità giornaliera di euro 91,30.

Calcolando quindi tale indennità per i giorni di congedo parentale fruiti, dedotte le somme effettivamente percepite, vantava una notevole differenza a suo favore e ne chiedeva l’erogazione.

La controparte affermava che il compenso incentivante non era espressamente citato dalla circolare dell’Inps. Sosteneva, inoltre, che il compenso incentivante è per sua natura legato alla produttività ed al rendimento e pertanto all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.

Contestava, infine, l’esattezza dell’ammontare della somma richiesta e formulava a sua volta un conteggio diverso pur tenendo conto dei compensi da erogare a titolo di incentivo.

           

La decisione del Giudice

Tenuto conto della richiesta del ricorrente tesa al ricalcolo della indennità da erogare nel caso di congedo parentale ai sensi della legge 388/2000 e ritenuta fondata la richiesta il Tribunale ha osservato che «l’articolo 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, stabilisce che l’indennità oggetto di causa deve essere corrispondente, da un punto di vista quantitativo, “all’ultima retribuzione”. Tale norma richiede pertanto, ai fini del calcolo del trattamento, che siano utilizzate tutte le componenti della retribuzione, a condizione che esse compaiano in quella da ultimo percepita dal lavoratore. Orbene, il compenso incentivante la produttività fa sicuramente parte della retribuzione in senso proprio, come ammesso dallo stesso (…) a pag. 2 della memoria, laddove richiama l’articolo 32 del contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto del 1995, a tenore del quale tale compenso fa parte del trattamento retributivo accessorio. Inoltre, il compenso incentivante la produttività è senza dubbio trattamento corrisposto al ricorrente nell’ultima retribuzione, come emerge dalla busta paga del febbraio 2001 prodotta dal medesimo, relativa cioè al mese immediatamente precedente quello di fruizione del congedo parentale, decorrente appunto dal 1° marzo 2001. Risultano pertanto presenti nella situazione concreta le condizioni di legge richieste ai fini dell’utilizzo del compenso incentivante la produttività nella base di calcolo dell’indennità spettante durante il congedo parentale».

Nella sentenza è altresì precisato che il datore di lavoro «sostiene a pag. 2 della propria memoria che, ciò nonostante, il compenso incentivante non potrebbe essere utilizzato ai fini del calcolo del trattamento oggetto di causa in quanto strettamente legato a fattori di produttività e rendimento, erogato in relazione all’effettiva presenza e, inoltre, non avente carattere di fissità, venendo attribuito solo dopo la verifica dei risultati conseguiti. Ad avviso del Tribunale tali circostanze non autorizzano però la conclusione dell’ente».

Prosegue la sentenza puntualizzando che «va richiamata la circolare Inps  n. 64 del 15 marzo 2001, prodotta dal ricorrente (…) relativa proprio ai congedi per gravi e documentati motivi familiari, ai sensi dell’articolo 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Al paragrafo 4 di essa, intitolato “Misura della prestazione”, si legge infatti quanto segue: “L’indennità è corrisposta nella misura dell’ultima retribuzione percepita e cioè quella percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo (comprensiva del rateo di emolumenti non riferibili al solo mese considerato, e cioè quelli relativi a tredicesima mensilità, altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi, ecc.).  Orbene, da  tale fonte integrativa si ricava che debbono essere utilizzate, ai fini del calcolo dell’indennità, tutte le componenti retributive, quali che sia la particolare modalità di fruizione, la denominazione, il sistema di erogazione. Rimane in tal modo confermato ulteriormente che l’indennità in questione deve essere computata tenendo conto anche del compenso incentivante della produttività, essendo del tutto pacifico che il lavoratore lo ha percepito con continuità, come emerge da altra busta paga in atti, quella del gennaio 2001 e che si trattava di un compenso aggiuntivo non legato a particolari modalità di espletamento della prestazione».

Pertanto il Giudice ha condannato il datore di lavoro a corrispondere a V.B. la somma di euro 6.204,58, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dovuta al momento del saldo ed a rifondere allo stesso V.B. le spese di causa liquidate di complessivi euro 1.300.

 

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