Prospettive assistenziali, n. 149, gennaio - marzo 2005

 

 

ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI: UNA VALIDA DELIBERA DELLA GIUNTA DELLA REGIONE PIEMONTE SULLA CONTINUITÀ TERAPEUTICA OSPEDALE-TERRITORIO

 

 

È stato realizzato un altro passo avanti in merito al riconoscimento effettivo del diritto alle cure sanitarie e socio-sanitarie degli anziani cronici non autosufficienti, dei malati di Alzheimer e delle persone colpite da altre forme di demenza senile.

Anche sulla base delle richieste avanzate dalle più importanti organizzazioni piemontesi che operano nel settore socio-sanitario (1), la Giunta della Regione Piemonte ha approvato in data 20 dicembre 2004 la delibera n. 72-14420 “Percorso di continuità assistenziale per anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti o persone i cui bisogni sanitari e assistenziali siano assimilabili ad anziano non autosufficiente”, che riportiamo integralmente.

La delibera in oggetto è estremamente importante in quanto:

- riconosce il diritto degli anziani e delle altre persone colpite da patologie invalidanti e da non autosufficienza alle cure sanitarie e socio-sanitarie;

- stabilisce gli interventi occorrenti per l’attuazione del suddetto principio;

- conferma la validità delle cure domiciliari, ma non impone alcun obbligo ai congiunti dei malati, riconoscendo  finalmente, anche se non in modo esplicito, che le cure devono essere fornite dal Servizio sanitario nazionale e dai Comuni.

 

Testo della delibera

Il decreto legislativo 502/1992 così come modificato ed integrato dal decreto legislativo 229/1999, e successive modificazioni, prevede all’articolo 3 septies, nell’ambito dell’Integrazione sociosanitaria,  la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilita­zione.

Significativi passi in avanti sono stati realizzati con la modifica al titolo V della Costituzione, legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001,  nonché con i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001.

Anche la nuova visione della transizione dalla “sanità” alla “salute” è fondata su principi essenziali per il Servizio sanitario, tra questi l’integrazione sociosanitaria.

Il piano sanitario nazionale 2003-2005 di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2003, nell’evidenziare il sostanziale cambiamento, richiama la necessità che, per essere efficace, è necessario attuarlo attraverso una produttiva cooperazione fra i diversi livelli di responsabilità, per
quanto di competenza, tra servizio sanitario ed enti locali.

Sempre il piano sanitario nazionale in specifico individua come “sfida” per il Servizio sanitario la continuità delle cure attraverso la presa in carico del paziente da parte dei servizi e delle istituzioni.

A tale scopo i servizi e le istituzioni devono divenire nodi di una rete di assistenza nella quale viene garantita al paziente l’integrazione dei servizi sociali e sanitari, nonché la continuità assistenziale nel passaggio da un nodo all’altro, avendo cura che venga ottimizzata la permanenza nei singoli nodi in funzione dell’effettivo stato di salute. Dovrà essere di conseguenza ridotta la permanenza dei pazienti negli ospedali per acuti e potenziata l’assistenza riabilitativa e territoriale.

Inoltre nell’ultimo decennio il Servizio sanitario nazionale si è orientato verso il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza dei servizi e delle prestazioni sanitarie mediante la realizzazione di progetti che prevedano anche l’integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali.

Considerato che gli indirizzi del Servizio sanitario nazionale includono nei livelli di assistenza i servizi e le prestazioni sanitarie che rispondono a necessità assistenziali rispettose dei principi della dignità umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse.

Considerato che le forme di assistenza presenti, volte a soddisfare le medesime esigenze, non sempre rispettano il principio dell’economicità delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità ed erogazione dell’assistenza, si identifica  la necessità di creare un sistema di rete di tutela attiva e di cura che integra le strutture territoriali secondo il principio della continuità di cura e del perseguimento di livelli di eccellenza.

Il sistema di rete si realizza anche attraverso la razionalizzazione delle risorse umane, tecnologiche ed economiche presenti, in modo tale da offrire ai cittadini in generale, ed in particolare a quelli appartenenti alle fasce deboli, percorsi di cura congrui e prestazioni qualificate, interconnesse ai bisogni emergenti di assistenza e deospedalizzazione.

In particolare l’attivazione di questo percorso e di modalità assistenziali territoriali risulta di nuova concezione dal punto di vista organizzativo e risponde alla duplice esigenza di ridurre da un lato il numero di ricoveri ospedalieri e dei costi elevati a questi connessi, di fornire dall’altro un tipo di assistenza appropriato ed efficace.

Il modello proposto  si esplica nella direzione di far accedere all’assistenza ospedaliera solo le patologie acute, che è razionale curare in quell’ambito, e di implementare correlativamente un’adeguata rete di assistenza territoriale, che si connoti come complesso di interventi socio-sanitari e assistenziali diretti a migliorare la qualità di vita del cittadino-paziente, umanizzando il trattamento sanitario, e per le forme di intervento assistenziale più elevato, a porsi come valida alternativa al ricovero ospedaliero.

Particolare attenzione va posta allo sviluppo del concetto di “continuità di cura” e all’integrazione socio-sanitaria e cioè a quell’insieme coordinato di attività ed interventi a termine, svolti da enti diversi, di carattere sanitario e socio-assistenziale a favore di persone non autosufficienti o temporaneamente non autosufficienti, quale servizio in grado di fornire ai cittadini risposte adeguate ai bisogni espressi.

Evidente quindi l’importanza che riveste la realizzazione di un percorso integrato di continuità assistenziale, mirato sulla persona e che ponga il cittadino-paziente al centro degli interventi garantendogli una cura continuativa e globale, senza cadute di efficienza e di qualità del servizio.

Dall’analisi della realtà esistente nel territorio regionale (area metropolitana e non) risulta:

- una diversità metodologica di comportamento organizzativo;

- una standardizzazione della risposta.

Da qui nasce l’esigenza di costruire un percorso con il duplice obbiettivo di:

- una uniformità metodologica di comportamento organizzativo;

- una diversificazione della risposta.

Si rende, pertanto, necessario individuare modalità condivise di raccordo fra ospedale e territorio, privilegiare la strategia dell’approccio globale, mettere in rete i servizi sanitari e sociali fra loro integrati in modo tale da garantire sia l’assistenza al malato sia il supporto necessario alla famiglia.

Il percorso di modalità assistenziale territoriale, di seguito esplicitato nell’allegato A, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, risulta di nuova concezione dal punto di vista organizzativo e risponde a  più esigenze ed in particolare:

- fornire un tipo di assistenza appropriato ed efficace, senza peraltro esimersi dallo studiare e/o evidenziare gli eventuali epifenomeni, che fino ad oggi hanno reso poco fluente il rapporto di continuità di cura fra i diversi soggetti e consentirne il loro superamento;

- ridurre il tempo di degenza media dei ricoveri ospedalieri, ottimizzando l’utilizzo delle  risorse umane ed economiche;

- ridurre il numero di ricoveri ospedalieri dei pazienti fragili, che accedono al pronto soccorso con problematiche sanitarie di lieve intensità in grado di poter essere efficacemente gestite in sedi diverse dall’ospedale per acuti, individuando un percorso ospedale-territorio in grado di dare la risposta idonea, efficace ed appropriata a tale tipologia di soggetti.

uno studio effettuato nei mesi a cavallo degli anni 2002-2003 presso l’Azienda sanitaria ospedaliera San Giovanni Battista di Torino su tutti i soggetti ricoverati nelle strutture complesse di medicina generale da parte delle assistenti sociali dell’Azienda ospedaliera, su mandato della direzione sanitaria, inerente le motivazioni di ricovero per soggetti anziani  non autosufficienti e/o con problematiche sociali, ha dimostrato che la pressoché totalità del campione esaminato si è presentato al pronto soccorso per un problema sanitario di recente insorgenza e di intensità assai variabile.

Per i pazienti, che si sono presentati al pronto soccorso, per i quali non esiste un’indicazione di ricovero appropriato e che risultano essere non inviabili direttamente al domicilio, è stato identificato un percorso diretto pronto soccorso-territorio in funzione dei criteri di inclusione di cui all’allegato B, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento. I posti letto di pronta accoglienza  per l’erogazione delle prestazioni necessarie devono essere precedentemente individuati  presso residenze sanitarie assistenziali od ospedali di comunità ed essere specificati nel protocollo d’intesa di cui all’allegato A, parte sostanziale del presente provvedimento. Tali posti letto dovranno essere aggiuntivi rispetto a quelli destinati alla residenzialità per anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti e la permanenza in tali posti letto non può superare i 7 giorni.

Il percorso è destinato anche ai pazienti ricoverati in reparti ospedalieri che siano  in condizioni di non autosufficienza, anche temporanea, e che necessitano di una presa in carico socio-sanitaria. Ciò comporta la concorrenza paritetica tra servizi socio-assistenziali e servizi sanitari in una logica di continuità assistenziale al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse territoriali. Tant’è che risulta centrale la capacità di attivare interventi ad elevata integrazione sociosanitaria in forma prevedibile e certa.

Nella individuazione delle diverse forme di sostegno  va privilegiato il principio di sussidiarietà, che comporta l’assunzione di responsabilità sempre a livello più vicino possibile al bisogno e più rispondente ad una valutazione di efficacia ed efficienza.

Con continuità assistenziale non si identifica una nuova struttura organizzativa, bensì una riorganizzazione o ristrutturazione dei servizi socio-sanitari esistenti, ponendo al centro di questi il cittadino con  i suoi bisogni. Enfatizzando così l’appropriatezza delle prestazioni socio-sanitarie in senso specifico, organizzativo e temporale.

In quest’ottica il ruolo del distretto-territorio si riappropria  della  sua primaria funzione di tutela come gestore dei servizi socio-sanitari.

Uno dei punti fondamentali del percorso è l’individuazione di una centrale operativa per il percorso della comunità assistenziale, come definita nell’allegato A parte integrante e sostanziale del  presente provvedimento, che nel rispetto dell’autonomia delle Aziende sanitarie locali potrebbe coincidere con quella delle  cure domiciliari,  così come definita dalla delibera 41-5952 del 7 maggio 2002 “Linee guida per l’attivazione del servizio di cure domiciliari nelle Aziende sanitarie locali della Regione Piemonte”, oppure altra struttura aziendale. A tale centrale operativa perviene la scheda di segnalazione (definita nell’allegato C parte integrante del presente provvedimento) dal pronto soccorso o dal reparto ospedaliero per via informatica o a mezzo telefax, alla quale deve dare riscontro di ricezione.

La rete del percorso di continuità assistenziale, nella quale viene garantita al paziente l’integrazione dei servizi sociali e sanitari è rappresentata da:

- pronto soccorso;

- reparti ospedalieri;

- medici di medicina generale;

- strutture residenziali socio-sanitarie (residenza sanitaria assistenziale in regime definitivo, residenza assistenziale flessibile in regime definitivo) e semiresidenziali;

- ospedali di comunità;

- alloggi supportati;

- strutture dedicate alla riabilitazione e alla lungodegenza;

- domicilio con rete parentale o caregiver (anche acquisito);

- cure domiciliari;

- ospedalizzazione a domicilio.

Per quanto riguarda il percorso svolto all’interno delle strutture residenziali socio-sanitarie lo stesso deve attenersi al modello organizzativo integrato, con relativa valorizzazione economica, stabilito nell’accordo tavolo congiunto Regione-territorio per l’applicazione dei Lea sull’area socio-sanitaria.

Il percorso di continuità assistenziale, nelle sue varie articolazioni, può avere una durata massima di 60 giorni ed è a carico del Servizio sanitario nazionale in base al suddetto accordo.

Il percorso, al termine della durata prevista, ove necessiti,  potrà trovare continuità attraverso l’utilizzo di altre risposte socio-sanitarie appropriate e disponibili quali:

- cure domiciliari in lungassistenza;

- interventi economici a sostegno della domiciliarità;

- semiresidenzialità;

- residenzialità.

Le direzioni programmazione sanitaria e  politiche sociali monitoreranno e valuteranno i dati individuati nell’allegato A alla voce “protocollo di intesa”.

Visto il parere non favorevole espresso dal Coresa nella seduta del 15 dicembre 2004 nonostante che nel testo siano state recepite le osservazioni dal medesimo formulate nella seduta del 10 novembre 2004;

visto il decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni;

visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001;

visto il decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2003;

tutto ciò premesso, la Giunta regionale, all’unanimità,

d e l i b e r a

– di approvare il percorso di continuità assistenziale, nelle sue articolazioni, per gli anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti o persone i cui bisogni sanitari e assistenziali siano assimilabili ad anziano non autosufficiente, come definito nell’allegato A, parte integrante e sostanziale del  presente provvedimento;

– di approvare i criteri di inclusione dei pazienti nel percorso diretto pronto soccorso-territorio, come definiti nell’allegato B parte integrante e sostanziale del  presente provvedimento;

– di approvare le schede di segnalazione, come definite nell’allegato C, parte integrante e sostanziale del presente provvedimento;

– di demandare alle direzioni programmazione sanitaria e  politiche sociali il monitoraggio e la valutazione dei dati individuati nell’allegato A alla voce “protocollo di intesa”;

– di dare atto che il presente provvedimento non comporta un onere a carico della Regione Piemonte.

 

 

Allegato A

 

PERCORSO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

 

Premesso che la presa in carico del cittadino non può essere interrotta da un sistema di rinvio alla valutazione  di altri servizi, ma deve essere immediata e consequenziale,  il  percorso  di continuità assistenziale si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi:

una uniformità metodologica di comportamento organizzativo;

• una diversificazione della risposta correlata al bisogno.

Il percorso deve essere appropriato rispetto ai bisogni identificati, prevedendo il ricorso ad uno o più tipi di intervento nel tempo, fra di loro articolati, nell’ottica di ottenere il massimo del recupero possibile dopo la perdita funzionale derivante da malattia acuta, rallentare il peggioramento della disabilità o della progressione della malattia cronica, mantenere significative relazioni interpersonali per evitare isolamento ed emarginazione.

La rete attraverso la quale si sviluppa il percorso, garantendo al paziente l’integrazione dei servizi sociali e sanitari, comprende:

• pronto soccorso;

• reparti ospedalieri;

• medici di medicina generale;

• strutture residenziali (residenza sanitaria assistenziale in regime definitivo, residenza assistenziale flessibile in regime definitivo) e semiresidenziali;

• ospedali di comunità;

• alloggi supportati;

• strutture dedicate alla riabilitazione e alla lungodegenza;

• domicilio con rete parentale o caregiver (anche acquisito);

• cure domiciliari;

• ospedalizzazione  a domicilio.

Per quanto riguarda il percorso svolto all’interno delle strutture residenziali socio.sanitarie lo stesso deve attenersi al modello organizzativo integrato, con relativa valorizzazione economica, stabilito nell’accordo tavolo congiunto Regione-territorio per l’applicazione dei Lea sull’area socio-sanitaria.

 

Al percorso si accede attraverso:

a) Il Pronto soccorso

Il medico che si trova in presenza di un paziente le cui caratteristiche rientrano nei criteri di cui all’allegato B:

• verifica la disponibilità di un posto letto di pronta accoglienza  per l’erogazione delle prestazioni necessarie presso residenze sanitarie assistenziali od ospedali di comunità, nei quali precedentemente sono stati individuati posti letto all’uopo dedicati, aggiuntivi rispetto a quelli destinati alla residenzialità per anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti, e attiva l’immediato trasferimento. La permanenza in tali posti letto non può superare i 7 giorni;

• compila la scheda di sintesi clinica del caso (allegato C). Tale scheda viene trasmessa per via informatica o a mezzo telefax alla centrale operativa  dell’Azienda sanitaria di appartenenza del paziente;

 

b) Il reparto ospedaliero

In presenza di un paziente che necessita di continuità assistenziale successiva al ricovero, il medico di reparto compila la scheda di sintesi clinica del caso (allegato C). Tale scheda deve essere trasmessa per via informatica o a mezzo telefax alla centrale operativa dell’Azienda sanitaria di appartenenza. È opportuno che ciò avvenga almeno tre giorni lavorativi prima della dimissione.

Il percorso può essere sviluppato:

• in strutture dedicate alla riabilitazione o alla lungodegenza;

• in struttura residenziale (Residenza sanitaria assistenziale in regime definitivo, Residenza assistenziale flessibile in regime definitivo, ospedali di comunità, alloggi supportati);

• al domicilio attraverso  le cure domiciliari o l’ospedalizzazione a domicilio.

Il percorso deve comprendere il progetto riabilitativo, clinico ed assistenziale, tempo di durata e criteri di verifica del raggiungimento degli obbiettivi.

Il percorso deve essere monitorato nei tempi e secondo le modalità nello stesso predefiniti, affinché venga sempre garantito un appropriato dimensionamento del servizio offerto rispetto all’evoluzione del bisogno della persona. Di conseguenza, qualora nel corso del progetto individuale si verifichi un miglioramento delle condizioni sanitarie, potranno essere attivati, anticipatamente rispetto alla durata prevista, i percorsi socio-sanitari successivi.

Il percorso può avere una durata massima di 60 giorni ed in questo lasso di tempo è a carico del Servizio sanitario regionale.

Se, nel piano di intervento definito, è previsto che il paziente debba essere trasportato in autoambulanza i costi derivanti sono a carico del Servizio sanitario regionale; a conclusione del  percorso socio-sanitario effettuato, l’eventuale  trasporto per il rientro al domicilio è a carico del cittadino.

Il percorso, al termine della durata prevista, ove necessiti, potrà trovare continuità attraverso l’utilizzo di altre risposte socio-sanitarie appropriate e disponibili quali:

• cure domiciliari in lungassistenza;

• interventi economici a sostegno della domiciliarità;

semiresidenzialità;

residenzialità.

 

Compiti e organizzazione della centrale operativa

Punto fondamentale del percorso è l’individuazione di una centrale operativa, che nel rispetto dell’autonomia delle Aziende sanitarie locali, potrebbe coincidere con quella delle cure domiciliari,  definita dalla delibera 41-5952 del 7 maggio 2002 “Linee guida per l’attivazione del servizio di cure domiciliari nelle Aziende sanitarie locali della Regione Piemonte”, oppure altra struttura aziendale.

 

I compiti sono:

recepire direttamente le richieste e/o le segnalazioni  sia dal pronto soccorso, per la categoria di soggetti descritta nell’allegato B, sia dai reparti ospedalieri, dando riscontro di ricezione;

• attivare l’unità di valutazione geriatrica per valutare le condizioni dei pazienti provenienti dal pronto soccorso e definire entro 7 giorni (da considerarsi compresi nei 60 giorni di presa in carico massima del Servizio sanitario regionale), l’eventuale successivo percorso;

• attivare l’unità di valutazione geriatrica per effettuare le valutazioni, entro tre giorni lavorativi dalla segnalazione, al fine di individuare congiuntamente con i medici ospedalieri e il medico di medicina generale il percorso da attuare per garantire la continuità assistenziale ai pazienti ricoverati;

• gestire il rapporto con i soggetti erogatori territoriali (servizio cure domiciliari, comuni/enti gestori, associazioni di volontariato…), medici di medicina generale e l’ospedale in modo proattivo e collaborativo;

• gestire il sistema informativo ed informatico, al fine di permettere all’Azienda sanitaria di effettuare un controllo di efficacia e di efficienza rispetto al progetto individuato;

• garantire un orario minimo da lunedì  a venerdì dalle ore 8.00 alle 17.00.

 

Protocollo di intesa

Per la gestione di entrambi gli accessi al  percorso (da pronto soccorso o da reparto ospedaliero) è necessario che siano stipulati protocolli di intesa tra Aziende sanitarie ospedaliere/Asl/Comune/Ente gestore o tra Asl/Asl/Comune/Ente gestore.

In tali protocolli dovranno essere individuate la rete, ivi compresi i posti letto di pronta accoglienza, e le risorse professionali ed economiche messe a disposizione del percorso.

Nel protocollo d’intesa devono essere altresì definiti:

• i criteri di inclusione del paziente per il percorso reparto ospedaliero/territorio;

• il monitoraggio e verifica sui seguenti dati:

• numero casi segnalati alla centrale operativa continuità assistenziale distintamente: pronto soccorso e reparti ospedalieri;

• numero e tipologia di risposte attivate dalle segnalazioni del pronto soccorso e dai reparti ospedalieri;

• correlazione tra diagnosi clinica, tipologia e tempi della risposta attivata;

• numero di soggetti che nei dieci giorni successivi alla dimissione da pronto soccorso hanno necessitato di ricovero ospedaliero per la stessa diagnosi;

• gradimento da parte di utenti e familiari.

 

 

Allegato B

 

CRITERI DI INCLUSIONE DEI PAZIENTI NEL PERCORSO DIRETTO

PRONTO SOCCORSO-TERRITORIO

 

Possono essere inclusi nel percorso di continuità assistenziale i pazienti anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti o persone i cui bisogni sanitari e assistenziali siano assimilabili ad anziano non autosufficiente:

• con autosufficienza compromessa in modo anche temporaneo;

• che si presentano in pronto soccorso con un problema sanitario che potrebbe essere gestito in modo efficace ed appropriato anche in sede non ospedaliera; con esclusione assoluta di criticità clinica attuale o potenziale;

• non rinviabili al domicilio per:

• problemi legati al paziente (ad esempio, impossibilità ad assumere correttamente la terapia);

• problematiche socio assistenziali od ambientali (paziente che vive solo; paziente che vive con un caregiver non affidabile, domicilio non adeguato ecc.);

• cure sanitarie non immediatamente attivabili al domicilio.

 

 

Allegato C

 

SCHEDA DI  SEGNALAZIONE DAL PRONTO SOCCORSO

 

Alla centrale operativa continuità assistenziale

Asl ___________________________________________________

 

Paziente ______________________________________________________________________________________________________________(cognome e nome)

nato il ____________________________________________________________ a __________________________________________________________________

residente a _____________________________________________________  via ________________________________________________________________

pervenuto al pronto soccorso il ___________________________  trasferito presso ______________________________________________

in data ___________________________________________________________ con diagnosi ___________________________________________________

Sintesi clinica _________________________________________________

Familiari di riferimento :      SI               NO  

(evidenziare la voce interessata)

Sig./Sig.ra ______________________________________________________ tel. _______________________________________________________________

grado di parentela ____________________________________________

Sig./Sig.ra ______________________________________________________ tel. _______________________________________________________________

grado di parentela ____________________________________________

Il medico di pronto soccorso dott. __________________________________________________________________

 

Data ______________________

 

Firma ___________________________________

(firmato in originale)

 

 

SCHEDA DI  SEGNALAZIONE DAL REPARTO OSPEDALIERO

 

Alla centrale operativa continuità assistenziale

Asl ___________________________________________________

 

Paziente ______________________________________________________________________________________________________________ (cognome e nome)

nato il ____________________________________________________________ a __________________________________________________________________

residente a _____________________________________________________  via ________________________________________________________________

ricoverato presso il reparto ospedaliero _______________   in data ____________________

dimissibile in data ____________________________________________ con diagnosi ___________________________________________________

Sintesi clinica _________________________________________________

Familiari di riferimento :      SI               NO  

(evidenziare la voce interessata)

Sig./Sig.ra ______________________________________________________ tel. ________________________________________________________________

grado di parentela ____________________________________________

Sig./Sig.ra ______________________________________________________ tel. ________________________________________________________________

grado di parentela ____________________________________________

Il medico del reparto ospedaliero dott. ______________________________________________________________________________________

 

Data ______________________

 

Firma ___________________________________

(firmato in originale)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1) Come avevamo segnalato negli editoriali dei numeri 137 e 138, 2002, di Prospettive assistenziali, preso atto delle possibili nefaste conseguenze delle disposizioni sui Lea (Livelli essenziali di assistenza), le seguenti organizzazioni di base: Avo (Associazione volontari ospedalieri), Consulta per le persone in difficoltà, Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti della Fondazione promozione sociale, Csa (Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base), Diapsi (Difesa ammalati psichici), Gruppo volontariato vincenziano, Sea Italia (Servizio emergenza anziani), Società di San Vincenzo de’ Paoli, Utim (Unione tutela insufficienti mentali) avevano costituito un comitato e promosso una petizione rivolta ad ottenere una applicazione dei Lea conforme alle esigenze ed ai diritti delle persone bisognose di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie. Le numerose firme raccolte, la posizione assunta dall’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) e dalla Lega delle autonomie locali, contro le contribuzioni imposte agli utenti ed ai Comuni dai Lea, le manifestazioni di protesta (presidi, volantinaggi, ecc.), gli articoli pubblicati in materia, i frequenti incontri avuti dal comitato promotore della petizione con le forze politiche e gli amministratori regionali e comunali, avevano indotto la Regione Piemonte (cfr. l’editoriale del n. 141, 2003) ad assumere a proprio carico per tutto il 2003 la totalità dei nuovi oneri economici previsti dai Lea. Successivamente la Giunta della Regione Piemonte ha istituito un apposito tavolo di trattativa sui Lea, al quale ha partecipato un rappresentante del medesimo comitato promotore, dei cui risultati riferiremo prossimamente.

 

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