Prospettive assistenziali, n. 148, ottobre - dicembre 2004

 

Libri

 

MASSIMO DOGLIOTTI - ALEXANDRA BRAUN, Il trust nel diritto delle persone e della famiglia, Giuffrè Editore, Milano, 2003, pag. 284, euro 22,00

Questo volume raccoglie le relazioni presentate al convegno “Il trust nel diritto delle persone e della famiglia”, organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura - Ufficio formazione decentrata di Genova e dalla Facoltà di Giurisprudenza, dal Tribunale civile e penale, dall’Ordine degli Avvocati e dal Consiglio notarile di Genova, tenutosi a Genova il 15 febbraio 2003.

Si intende per “trust” l’insieme di beni mobili e/o immobili che il proprietario trasferisce alla gestione di un suo fiduciario (“trustee”), affinchè lo amministri per l’attuazione degli scopi definiti dallo stesso proprietario, che possono riguardare anche la cura di soggetti deboli.

I contributi contenuti nel libro affrontano in parte tematiche generali riguardanti il trust, fornendo un esame della operatività dell’istituto nell’ordinamento giuridico italiano, nonché un quadro completo dell’atteggiamento della giurisprudenza e della prassi amministrativa italiana.

La maggior parte degli scritti concernono più specificamente il trust quale strumento idoneo a fronteggiare varie vicende della famiglia. Sono stati esaminati i temi del trust nella crisi della famiglia, del trust per la tutela dei soggetti deboli nonchè del trust in funzione di alternativa a strumenti civilistici quali il fondo patrimoniale.

Alcuni contributi danno poi conto di alcuni casi in cui si fatto ricorso al trust nella prassi italiana.

Le relazioni, redatte sia da giuristi accademici sia da professionisti o magistrati, forniscono al lettore, oltreché spunti teorici generali e comparatistici anche indicazioni di natura professionale e operativa sull’istituto del trust, che costituisce oramai uno strumento frequentemente impiegato nella realtà professionale italiana.

Il libro comprende inoltre una Appendice, che riporta i più recenti provvedimenti giurisprudenziali italiani in materia di trust.

 

 

MARIO GIORDANO, Attenti ai buoni - Truffe e bugie nascoste dietro la solidarietà, Mondadori, Milano, 2003, pag. 222, euro 16,80

Negli ultimi tempi la beneficenza è diventata una vera e propria moda: imperversano partite del cuore, concerti di solidarietà, dischi della bontà, trasmissioni televisive che raccolgono fondi per i più svariati motivi.

In questo volume Mario Giordano svela i trucchi, le truffe e le bugie che si nascondono dietro la parola “solidarietà”.

Alcuni fatti. Torre Annunziata, gennaio 1999: «Dietro la beneficenza c’è la truffa». Inchiesta su 18 associazioni di assistenza a piccoli disabili, 98 indagati: raccoglievano i soldi con la foto di un bambino epilettico e la frase ad effetto (“Aiutaci a salvarlo”), ma i genitori del bambino non vedevano una lira. Diano Marina, giugno 1995: «L’elemosina ai bimbi? Un bluff». Denunciato un rappresentante: si spacciava per volontario e distribuiva ai negozianti cassette per le elemosine a favore dei poveri. Ma i soldi li intascava lui.

Impressiona la vicenda di Alice, una bambina che «deve subire il trapianto di polmone a Miami». In fretta e furia nel 1998 vengono raccolti 1 miliardo e 300 milioni delle ex lire. Ma l’ospedale di Miami non ha mai visto la bambina e non fa trapianti di polmone.

Anche la Chiesa è messa sotto accusa da Giordano: «Su 762 milioni di euro entrati nelle casse della Chiesa cattolica con l’8 per mille nel 2001, 323 (cioè il 42 per cento) sono stati utilizzati per esigenze di culto (riparazione di chiese, costruzione di nuove chiese, Tribunali ecclesiastici, ecc.). Altri 290 milioni di euro (38 per cento) sono stati destinati al sostentamento del clero. E 149 milioni di euro (il 20 per cento appena) sono stati destinati alla carità (e di questo al terzo Mondo solo 65 milioni, cioè meno del 10 per cento del totale)». Commenta l’Autore: «E allora perché zeppare gli spot di negretti che imparano a contare e possono finalmente mangiare? (....). La pubblicità vale più della carità?».

Giordano ricorda anche che «nell’inverno del 1980 la Croce Rossa italiana lancia una raccolta di fondi per il terremoto in Irpinia. Il 22 gennaio 1999, cioè diciannove anni dopo, sui conti correnti bancari dell’associazione risultano ancora depositati 715 milioni». E si trattava di una campagna per gli interventi di emergenza!

Impressionanti le notizie fornite da Mario Giordano in merito alla Fao: «nel 1996 il Governo italiano aveva stanziato per il vertice Fao le seguenti cifre: 18 milioni per affittare due fotocopiatrici, 324 milioni per l’affitto dei pullman, 600 milioni per l’affitto delle auto blu, 120 milioni per cene faraoniche da offrire ai delegati. Totale: 2 miliardi e 235 milioni per l’accoglienza».

Morale della questione. Come diceva George Bernard Shaw «I ricchi fanno la beneficenza, ma anche la beneficenza fa i ricchi».

 

RAINER ZOLL, La solidarietà - Eguaglianze e differenze, Il Mulino, Bologna, 2003, pag. 219, euro 12,80

L’Autore, docente di storia e sociologia dell’Università di Brema, analizza in profondità i significati e le posizioni manifestatesi in passato in merito alla solidarietà e presenti attualmente.

Dall’idea della difesa di esigenze individuali affini e dal concetto di legami rivolti alla tutela degli interessi materiali di persone e categorie ben definite, si è giunti alla considerazione delle situazioni di bisogno di coloro che non fanno parte del proprio gruppo di appartenenza familiare o sociale, compresi i cosiddetti “diversi”.

Un livello altissimo viene raggiunto, sul piano delle enunciazioni, durante la rivoluzione francese. L’Autore ricorda che «il 19 marzo del 1793 l’Assemblea nazionale dichiarò: “Ogni uomo ha diritto alla sua sussistenza attraverso il lavoro se è in grado di lavorare e a un aiuto gratuito se non è in grado di lavorare”».

Questo diritto, accolto tre mesi dopo come “debito sacro” nella Costituzione, purtroppo non fu mai messo in pratica.

L’affermazione di cui sopra viene ripetuta nella Costituzione italiana del 1948 in cui, dopo aver richiamato all’articolo 2 «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», precisa nel 1° comma dell’articolo 38 che «ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale».

Anche in questo caso, si tratta di una asserzione che finora il Parlamento italiano non ha voluto tradurre in diritti esigibili. Aveva la possibilità di farlo con la legge 328/2000, ma ha preferito inserire nel suddetto provvedimento una lunga serie di affermazioni senza alcun concreto contenuto operativo.

Negli scorsi decenni, una forma concreta di solidarietà è stata rappresentata in molti paesi europei dalle società di mutuo soccorso.

Attualmente, in Italia, numerosi sono i diritti fondamentali riconosciuti dalla legge.

Resta il problema della loro attuazione nei riguardi delle persone incapaci di autodifendersi a causa della loro età (minori con gravi difficoltà familiari o totalmente privi di sostegno da parte dei loro genitori d’origine o di altri congiunti) o a seguito di handicap molto gravi (ad esempio quelli di natura intellettiva) o di malattie invalidanti che provocano anche l’assoluta incapacità di tutelare le proprie esigenze, in particolare quelle vitali.

L’Autore nella presentazione di “dette tesi sulla solidarietà”, afferma che «oggi è necessaria la solidarietà con coloro che sono diversi, che sono stranieri, la solidarietà oltre i confini del gruppo, della comunità. Ci sono accenni in questa direzione, ma per ora si tratta solo di accenni. Si badi: la nuova solidarietà non rende superflua quella vecchia».

Da parte nostra confidiamo che questa “nuova solidarietà” non consista nella consolazione dei “diversi”, che in definitiva accentua le differenze e aumenta le distanze, ma nel riconoscimento effettivo dei fondamentali diritti personali e sociali.

 

MARINA COMETTO, Libertà di vivere. Testimonianza di vita vissuta, la Casa dell’Amico, Varese,  2003, pag. 54, euro 7,00

Poche persone conoscono realmente la realtà dei disabili gravissimi, quelle persone che a causa delle loro condizioni fisiche e/o mentali, non sono in grado, senza aiuto, di compiere gli atti quotidiani della vita come alimentarsi, pettinarsi, vestirsi, andare in bagno. Persone che magari hanno difficoltà a deglutire e ogni volta che mangiano rischiano di restare soffocate e non riescono a frequentare con un minimo di profitto la scuola. E poche sanno che cosa significa questa presenza così impegnativa per le loro famiglie, non solo per i genitori, che spesso si fanno carico in toto della loro assistenza, ma anche dei fratelli e delle sorelle che rischiano di non avere una vita sufficientemente serena e di vedersi privati di quelle attenzioni che finiscono per essere concentrate sul “figlio più bisognoso”.

Marina Cometto nel suo libro Libertà di vivere si propone di far cadere il velo di ignoranza che avvolge questa drammatica realtà e lo fa raccontando la storia di sua figlia Claudia, ora ventinovenne, affetta fin dalla nascita da gravissime patologie. Ci racconta dei primi mesi di vita in cui lentamente ha dovuto scoprire che nella figlia “qualcosa non andava”, dei suoi “viaggi della speranza”, quei tentativi che portano le famiglie di ragazzi disabili a impegnare ingenti risorse per raggiungere questo o quel centro, o per consultare questo o quello specialista famoso, nel tentativo, quasi sempre illusorio, di trovare una soluzione al proprio problema.

Sicuramente - si afferma nel libro - si potrebbe fare molto di più per rendere meno gravosa la vita di queste famiglie. Ed ecco che Libertà di vivere vuole essere anche un atto di accusa e uno stimolo per rivendicare un’attenzione molto più forte verso questi problemi sia da parte delle istituzioni che da parte dei singoli di modo che le famiglie possano sentirsi supportate da una società che impari a considerare come propri anche questi “figli specialissimi e diversi”, ma non per questo meno preziosi e bisognosi di amore.

Per ricevere la pubblicazione versare 7 euro sul ccp 13647250 intestato a Lisdha news, via Luini 5, 21100 Varese, specificando nella causale “Libertà di vivere”.

 

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