Prospettive assistenziali, n. 148, ottobre - dicembre 2004

 

LE EMERGENZE NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI

Carla ScarAfiotti, Elisabetta Ponte, Laura Corsinovi, Simonetta Bertolo, Mario molaschi *

 

 

Fin dalla prima previsione (legge 67/1988) delle Rsa, Residenze sanitarie assistenziali, Prospettive assistenziali ha sempre sostenuto che la loro caratterizzazione principale doveva essere sanitaria, allo scopo che fossero in grado di fornire le necessarie cure alle persone colpite da malattie invalidanti e da non autosufficienza ivi ricoverate.

In proposito, ricordiamo la proposta di legge regionale di iniziativa popolare “Riordino degli interventi sanitari a favore degli anziani malati non autosufficienti e realizzazione delle residenze sanitarie assistenziali” (il testo è stato pubblicato sul n. 90, 1990, di questa rivista) in cui era previsto che le Rsa  «sono presidi sanitari che assicurano prestazioni curative e riabilitative ad anziani malati non autosufficienti attuando la massima integrazione con le risorse familiari e sociali del territorio».

Dopo un troppo lungo periodo durante il quale in quasi tutte le zone del nostro Paese vennero negate le esigenze terapeutiche dei soggetti degenti presso le Rsa, finalmente si sta facendo strada la realtà delle cose come risulta dagli articoli “Riconosciute le esigenze sanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti dal Vescovo di Padova e da tre importanti enti privati” e “regolamento e progetto di gestione della Rsa Latour dell’Asl 8 del Piemonte; una struttura a valenza prevalentemente sanitaria di cura e di accoglienza” (Prospettive assistenziali n. 146, 2004).

Sotto il profilo tecnico-scientifico e operativo, le esigenze sanitarie primarie dei degenti nelle Rsa sono confermate dalla relazione presentata al convegno di Torino del 2-3 aprile 2004 “Cronicità e riacutizzazione nell’anziano: la gestione al domicilio e in ospedale” organizzato dall’Università degli studi di Torino e dal Gruppo piemontese di geriatria, relazione che riproduciamo con vivo interesse e soddisfazione ricordando ancora una volta l’illuminata azione svolta a favore dei vecchi malati (acuti o cronici, autosufficienti o non autosufficienti, guaribili o inguaribili) dal compianto Prof. Fabrizio Fabris e dalla sua équipe.

 

Introduzione

Molte patologie croniche che colpiscono gli anziani possono portare a situazioni di dipendenza, sia per problemi fisici (difficoltà di movimento legate a grave artrosi o esiti di fratture) sia per motivi psichici (demenza e altre malattie neurologiche), sia per entrambe le cause, come può accadere per l’ictus o per le demenze in fase avanzata. In tutte queste situazioni, il paziente ha bisogno di cure e di assistenza per alcune o per tutte le attività della vita quotidiana, e inoltre le malattie che hanno provocato la dipendenza possono avere frequenti riacutizzazioni, che richiedono interventi di emergenza, e talora il ricovero in ospedale.

Sarebbe auspicabile che ogni persona, anche se gravemente malata e non autosufficiente, potesse essere curata a casa, in un ambiente accogliente e sereno. Molti passi avanti sono stati fatti in questo senso negli ultimi decenni, con la diffusione di vari livelli di cure domiciliari. In Piemonte esiste la possibilità di ottenere un assegno di cura per mantenere a domicilio il paziente demente; l’assistenza domiciliare integrata (Adi), in collaborazione con il medico di base, consente di praticare cure sanitarie intermedie a casa. A Torino, nella zona delle Molinette, è attiva l’ospedalizzazione a domicilio, alternativa al ricovero ospedaliero nel caso in cui le condizioni familiari lo consentano.

La convivenza con una persona  non autosufficiente (in particolare se di età avanzata) è molto impegnativa; spesso il coniuge e anche i figli del paziente sono a loro volta anziani e con problemi di salute e spesso, dopo un periodo più o meno lungo di assistenza domiciliare o in varie strutture di degenza, molte persone non autosufficienti non hanno più la possibilità di essere seguite adeguatamente per esaurimento psico-fisico e non di rado economico del nucleo familiare.

La normativa sia nazionale che regionale prevede pertanto la presenza di strutture residenziali per anziani non autosufficienti, pubbliche o private in convenzione, denominate residenze sanitarie assistenziali (Rsa), che hanno come modello organizzativo prevalente la presenza di un direttore sanitario, in genere geriatra, che coordina l’intervento di medici di base, ognuno dei quali segue un nucleo di pazienti all’interno della Rsa. Questo modello gestionale non comprende interventi di emergenza, per cui la maggior parte dei pazienti con problemi acuti viene inviata in pronto soccorso e frequentemente ricoverata in ospedale.

 

Proposte dalla letteratura internazionale

Negli ultimi anni  sono comparsi molti contributi sulle principali riviste geriatriche internazionali, riguardanti la cura dei pazienti nelle strutture per anziani non autosufficienti (le “nursing homes”).

Come riassume Boockvar nel suo articolo (Jags, 2003), gli anziani residenti in struttura hanno un elevato rischio di sviluppare patologie acute, e negli Stati Uniti si sta consolidando sempre più la tendenza a curare gli eventi acuti in residenza per anziani, anziché inviare i pazienti in ospedale.

Le ragioni di questa scelta sono ben riassunte da Evelyn Hutt (Jags, 2002): il ricovero in ospedale ha costi elevati e crea disagio ai pazienti in quanto sconvolge i loro ritmi di vita, provoca stati confusionali e predispone alla comparsa di eventi iatrogeni, che sono più frequenti tra gli anziani fragili ospedalizzati.

Inoltre il ricovero in ospedale, con l’inevitabile allettamento e le sue conseguenze, comporta molto spesso una perdita da parte del paziente delle abilità residue (deambulazione, continenza, ecc), se ancora esistenti, che purtroppo rimangono compromesse in molti casi anche dopo il rientro in struttura residenziale (Binder, J Gerontol, 2003).

Molti gerontologi si stanno impegnando nell’identificazione delle più frequenti cause di ricovero in ospedale, per rafforzare le competenze dello staff sanitario delle residenze per anziani nella gestione di tali patologie. Ma per rendere fattibile e sufficientemente sicura la gestione dei pazienti acuti in struttura, come ricorda l’australiano Montalto (Aust Fam Physician, 2001), è necessaria un’équipe sanitaria in collegamento con l’ospedale. Le caratteristiche di base, necessarie per un buon funzionamento del servizio (Hutt, 2002) includono la possibilità ad effettuare trattamenti endovenosi e altre pratiche sanitarie di emergenza, la presenza di personale infermieristico adeguato per numero e preparazione tecnica e la disponibilità medico-infermieristica al lavoro di équipe.

 

Il modello organizzativo dell’Irv

L’istituto di riposo per la vecchiaia (Irv), come l’istituto geriatrico Carlo Alberto di Torino, è una struttura residenziale per anziani non autosufficienti che risale al secolo scorso, e la sua organizzazione interna è precedente all’elaborazione della normativa per le Rsa.

La struttura infatti è funzionalmente collegata all’ospedale Molinette (Dipartimento universitario di geriatria), che fornisce il personale sanitario, rappresentato da medici geriatri, che svolgono una parte dell’orario in Rsa e una parte in altri servizi del dipartimento, da infermieri e fisioterapisti con esperienza specifica in geriatria e da una dietista. L’ospedale di riferimento consente inoltre l’esecuzione di accertamenti di laboratorio e strumentali anche in urgenza e fornisce i farmaci e il materiale sanitario.  Il personale assistenziale è invece dipendente dal Comune di Torino.

Questo modello organizzativo consente la gestione della maggior parte delle emergenze sanitarie all’interno dell’istituto.

All’inizio del 2003 abbiamo effettuato una valutazione di tutte le chiamate in emergenza verificatesi all’Irv nel semestre precedente. L’impatto del fenomeno è riassunto nella tabella 1. Nel semestre analizzato, per tre ricoverati su quattro si è verificata almeno una chiamata in emergenza.

Molti pazienti, quelli più fragili e complessi dal punto di vista clinico, hanno registrato più eventi acuti e di maggiore durata, rispetto agli anziani meno problematici. Per 13 di essi le terapie acute sono proseguite fino al decesso, che avviene anch’esso normalmente in struttura, se possibile in presenza dei volti a cui il paziente era normalmente abituato.

Il ricovero ospedaliero è solitamente limitato alle emergenze chirurgiche e ortopediche che vengono gestite, in accordo con i colleghi dell’ospedale, mediante degenze ospedaliere brevi o brevissime, proseguendo poi le cure post-operatorie in struttura.

 

Commenti

Il modello organizzativo di Rsa funzionalmente collegata all’ospedale, o mediante un’équipe ospedaliera part-time, o mediante servizi di ospedalizzazione domiciliare in struttura, come nell’esempio australiano, ha il vantaggio di consentire la cura del paziente anche grave nel proprio luogo di residenza, evitando i traumi dell’ospedalizzazione. Si evita inoltre, specialmente nei periodi di epidemie virali o di patologie stagionali, il sovraccarico del pronto soccorso e dei letti ospedalieri. Infine, il costo medio della degenza in struttura è sensibilmente inferiore a quello ospedaliero.

Questa proposta organizzativa, come accennato in precedenza, è particolarmente efficace in presenza di anziani ad elevata fragilità e complessità sanitaria, che giustificano l’impiego del personale sanitario ospedaliero. Il concetto è stato ampiamente recepito dalle Uvg (Unità valutative geriatriche) del nostro territorio, che dispongono di strumenti di valutazione della fragilità e della complessità assistenziale e che ci stanno inviando pazienti sempre più selezionati in questo senso: nell’ultimo semestre, oltre l’80% dei ricoverati ha richiesto almeno un intervento di emergenza e sono aumentati ulteriormente i ricoverati con patologie subacute che richiedono un monitoraggio continuo, attualmente non realizzabile nelle strutture meno sanitarizzate.

Ci auguriamo che la condivisione della nostra esperienza possa suggerire la realizzazione di altre strutture residenziali idonee per la cura cronica di tali pazienti. Come sintetizza Ackermann (Geriatrics, 2001), la maggior parte dei problemi sanitari può essere gestita con successo in una nursing home, consentendo di migliorare la  qualità dell’assistenza al paziente anziano fragile, di ridurre il ricorso all’ospedale e di rendere il lavoro nelle strutture residenziali  più piacevole e gratificante.

 

 

Bibliografia

Boockvar KS, Lachs MS, Predictive value of nonspecific symptoms for acute illness in nursing home residents, J Am Geriatr Soc 51, 1111-5, 2003

Hutt E, Ecord M, Eilertsen TB et al, Precipitants of emergency room visits and acute hospitalization in short-stay Medicare nursing home residents, J Am Geriatr Soc 50, 223- 9, 2002

Binder EF, Kruse RL, Sherman AK et al, Predictors of short-term functional decline in survivors of nursing home-acquired lower respiratory tract infection, J Gerontol 58A, 60-7, 2003

Montalto M, Hospital in the nursing home. Treating acute hospital problems in nursing home residents using a Hospital in the Home model, Aust Fam Physician  30, 1010-2, 2001

Ackermann RJ, Nursing home practice. Strategies to manage most acute and chronic illnesses without hospitalization, Geriatrics 56(5), 37-44, 2001

 

 

 

Tabella 1 - Le emergenze in Rsa

(dati Irv giugno-novembre 2002)

 

q     339 eventi acuti in 116 pazienti (73% della popolazione esaminata);

q     185 eventi risolti con interventi non complessi, praticabili anche a domicilio;

q     154 eventi ad alta complessità di prestazioni (terapia endovenosa, prelievi in urgenza, emotrasfusioni, cateterismo vescicale in urgenza);

q     durata media degli eventi: 12 giorni;

q     decessi: 13 (11,2%);

q     ricoveri ospedalieri: 7 (durata media 5-7 giorni).

 

* Struttura complessa della Divisione universitaria dell’Azienda ospedaliera San Giovanni Battista della città di Torino, Ospedale Molinette.

 

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