Prospettive assistenziali, n. 147, luglio - settembre 2004

 

 

UNA INIZIATIVA PARLAMENTARE ANTIDEMOCRATICA E CLIENTELARE A FAVORE DI CINQUE ASSOCIAZIONI DI TUTELA DEGLI HANDICAPPATI *

 

1. Il 30 giugno 2004 la Commissione affari costituzionali del Senato ha approvato in sede deliberante (il che presuppone un accordo con la minoranza) il testo unificato delle proposte di legge n. 1073 (Sen. Semeraro), n. 1095 (Sen. Bergamo, Zanoletti, Forte, Crerchi, Eufemi, Moncada, Gaburro e Gubert) e n. 1495 (Sen. Mancino, Battisti, Dentamaro, Petrini e Toia), concernente “Disposizioni sulle associazioni di tutela delle persone disabili”, che riportiamo integralmente.

«1. L’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (Anmic), l’Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (Anmil), l’Ente nazionale sordomuti (Ens), l’Unione nazionale dei ciechi (Uic) e l’Unione nazionale mutilati per servizio (Unms), di cui all’articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, esercitano nei confronti dei soggetti portatori di handicap fisico, psichico e sensoriale, ciascuno per la specifica categoria di propria competenza, l’attività di informazione, di assistenza e di tutela, con i poteri di rappresentanza di categoria e con le attribuzioni e prerogative garantite dagli articoli 7, 8, 9, 10 e 13 della legge 30 marzo 2001, n. 152. si applicano inoltre gli articoli 14, 15, 16 e 17, nonché, limitatamente ai contributi di cui all’articolo 13, l’articolo 18, comma 1, della stessa legge 30 marzo 2001, n. 152.

«2. Le altre associazioni nazionali per la tutela di disabili fisici, psichici e sensoriali erette in enti morali a norma degli articoli 12 e seguenti del codice civile con decreto del Presidente della Repubblica, che hanno i requisiti di cui all’articolo 2 della legge 30 marzo 2001, n. 152, possono esercitare le attività di cui al comma 1 del presente articolo, nel rispetto degli adempimenti, degli obblighi e delle condizioni previsti dallo stesso comma nonché dall’articolo 2, comma 1, dell’articolo 3, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, dall’articolo 4 e dall’articolo 6, commi 1, 2 e 3, della stessa legge 30 marzo 2001, n. 152».

Il testo, trasmesso dal Senato in data 7 luglio 2004, è attualmente all’esame della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati con il numero 5121. pareri sono stati richiesti alle Commissioni I, II, V, VI e XI della stessa Camera dei deputati, nonché alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. In sostanza, mediante il testo sopra trascritto, i Senatori e le loro forze politiche di appartenenza intendono inserire le suddette cinque associazioni (e, sia pur con minori privilegi, le numerose altre individuate dal 2° comma) fra i già sovrabbondanti istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001 n. 152 (1). Detti istituti beneficiano di rilevanti sovvenzioni non solo da parte dello Stato (i maggiori oneri per la finanza pubblica per il 2001 sono stati valutati in 54 miliardi delle ex lire dall’articolo 13, comma 13 della legge 152/2001), ma anche dalle Regioni e da Comuni.

Da notare che, ai sensi dell’articolo 18 della legge di cui sopra, le somme incassate dagli istituti di patronato a seguito di convenzioni stipulate con la pubblica amministrazione «non concorrono alla formazione del reddito» e non rientrano «tra quelle effettuate nell’esercizio di attività commerciali».

Mentre alle cinque associazione indicate nell’articolo 1 del testo sopra trascritto viene attribuito il potere di rappresentanza dei soggetti con handicap (compresi i non iscritti e, addirittura, coloro che non lo vogliono non condividendo le posizioni espresse), alle altre organizzazioni di cui al secondo comma viene concesso solamente di svolgere le attività di patronato. Come risulta evidente, l’iniziativa parlamentare ha lo scopo di favorire soprattutto le sopra citate cinque associazioni, di modo che esse acquisiscano una ancora maggiore influenza sui soggetti con handicap e realizzino entrate economiche più consistenti di quelle già attualmente molto rilevanti.

Un altro aspetto preoccupante è quello esplicitamente dichiarato nel disegno di legge presentato dal Senatore Mancino in cui si afferma che alle predette associazioni si vuole «conferire un ruolo attivo» poiché esse sono portatrici «in modo organizzato e coerente degli interessi delle categorie più deboli, in un contesto nel quale il proliferare del fenomeno associazionistico può determinare una frammentazione di interessi ed una moltiplicazione di interlocutori che sarebbero di ostacolo ad un organico e tempestivo intervento pubblico».

 

La crisi delle associazioni storiche

In realtà, le cinque associazioni beneficiarie dei notevoli vantaggi previsti nel testo approvato dal senato, sono da molti anni in una seria crisi di natura culturale e quindi ben difficilmente sanabile.

Negli anni ’70 risulta evidente il distacco delle linee operative perseguite dall’Ammic, dall’Anmil, dall’Ens, dall’Uic e dall’Unms rispetto alle esigenze reali, quando le forze sociali promuovono le note iniziative dirette all’inserimento sociale a tutti i livelli (scuola, abitazione, lavoro, ecc.) delle persone colpite da handicap fisici, intellettivi e sensoriali.

Contrapponendosi alle nuove idee, le principali associazioni operanti allora nel settore dell’handicap istituiscono una Commissione permanente. Ne facevano parte l’Opera nazionale invalidi di guerra, l’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, l’Associazione nazionale vittime civili di guerra, l’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, l’Unione nazionale mutilati per servizio, la libera Associazione mutilati e invalidi civili, quest’ultima strettamente legata all’Anmic.

Sconcertanti le conclusioni a cui era giunta la Commissione in quanto le proposte erano dirette all’esclusione sociale dei soggetti con handicap (2).

Infatti, dopo aver premesso che «la generalità dei cittadini invalidi costituisce nel suo complesso un insieme nettamente distinto del popolo italiano», la Commissione aveva affermato la necessità di «una radicale e completa riforma di struttura nel settore degli invalidi che, prescindendo dalla causa invalidante, sia attuata differenziando chiaramente i cittadini portatori di invalidità permanenti dai cittadini sani o incidentalmente malati». Pertanto, chiedeva «la delega dello Stato ad un ente di diritto pubblico di ogni azione di pubblico intervento, e quindi dell’istruzione e l’addestramento professionale degli invalidi,  del loro collocamento al lavoro, dell’assistenza sanitaria limitatamente agli esiti dell’invalidità permanente, di quella sociale, morale e giuridica e della cura e di ogni altra provvidenza che possa essere a loro rivolta». Infine, la Commissione voleva che l’amministrazione di questo ente di diritto pubblico fosse «espressione diretta ed esclusiva delle associazioni di categoria». La richiesta di strutture destinate esclusivamente non solo ai soggetti con handicap, ma anche distinte a seconda del tipo di handicap, era sostenuta anche dall’Ente nazionale sordomuti e dall’Unione nazionale ciechi.

Ci sembra che la proposta di isolare le persone con handicap dagli altri cittadini contrasti nettamente con le affermazioni del Senatore Mancino secondo cui le cinque associazioni sarebbero portatrici in modo «coerente degli interessi delle categorie più deboli».

Ricordiamo, inoltre, la vicenda giuridiziaria protrattasi dal 1965 al 1979 in cui era stato rinviato a giudizio e assolto il presidente nazionale dell’Anmic, con l’accusa di aver stipulato «con le associazioni tra gli industriali della Intersind e della Confindustria un accordo in base al quale, contro promessa di versamento della somma di 550 milioni, si impegnava a fare in modo che da parte delle associazioni tra invalidi si aderisse ad interpretazioni più favorevoli ai datori di lavoro della legge sul collocamento obbligatorio al lavoro degli invalidi civili e, sostanzialmente perché il termine posto per la entrata in vigore della legge venisse prorogato di ulteriori tre anni, impegnandosi allo scopo a non far pressione sugli uffici competenti per la copertura nelle aziende della percentuale obbligatoria di invalidi prima del decorso di tale termine» (3).

 

L’importanza delle piccole e medie associazioni

Come abbiamo già rilevato, nel disegno di legge presentato dal Sen. Mancino, che è la base del testo approvato dal Senato, si dà un giudizio estremamente negativo al «proliferare del fenomeno associativo» al quale viene attribuita la responsabilità di essere una possibile causa della «frammentazione di interessi» dei soggetti con handicap. A nostro avviso, è vero il contrario. Lo sviluppo delle associazioni di tutela dei soggetti con handicap è un dato positivo in quanto è la dimostrazione di una consapevole presa di coscienza da parte dei soggetti interessati e dei loro congiunti in merito alle esigenze ed ai diritti da attuare ed a quelli da conquistare.

È, altresì, estremamente importante sottolineare il sorgere di moltissime organizzazioni di interesse territoriale, in particolare a livello delle Asl e dei Comuni singoli e associati. Ciò dimostra che vengono sempre di più assunte iniziative a diretto contatto con gli enti tenuti a fornire i servizi più richiesti (scuola, sanità, casa, trasporti, assistenza, ecc.). Inoltre, sono numerose le associazioni di volontariato che operano per la promozione dei diritti dei soggetti con handicap, assumendo questo campo di azione nell’ambito di iniziative di più ampio respiro: tutela del diritto alle cure sanitarie di tutti i cittadini, compresi i soggetti con handicap; garanzia di un minimo vitale a tutte le persone, incluse quelle che non sono in grado di svolgere alcuna attività lavorativa proficua; abolizione delle barriere architettoniche; diritto ad una abitazione idonea, ecc.

D’altra parte l’esperienza dimostra che, nei riguardi dei bisogni vitali dei soggetti con handicap, le posizioni delle associazioni storiche che operano nel settore dell’handicap non sono coerenti con le necessità delle persone colpite da menomazioni.

A questo proposito, non è raro il sostegno elettorale assicurato da associazioni di handicappati a forze politiche  o a singoli candidati.

 

Poteri ingiustificati assegnati dalle leggi vigenti all’Anmic, all’Ens e all’Uic

In base alle vigenti disposizioni di legge, nelle commissioni preposte al riconoscimento dell’invalidità ed alla concessione delle pensioni, è riservato un posto ad un rappresentante dell’Anmic o dell’Ens o dell’Uic a seconda che venga presa in esame una persona colpita da invalidità civile o da sordità o da cecità. Si tratta di una ingerenza totalmente inaccettabile delle suddette associazioni: se il soggetto con handicap desidera avere un esperto che partecipi alla seduta della commissione in cui vengono valutate le sue menomazioni, dovrebbe avere il diritto di farsi rappresentare da una persona da lui personalmente scelta.

Essere colpiti da handicap non significa certamente essere incapaci di tutelare autonomamente le proprie esigenze ed i propri diritti.

La presenza dei tecnici delle associazioni di invalidi fra i componenti delle commissioni per l’accertamento dell’invalidità, non ha certamente evitato il proliferare dei falsi invalidi. Al riguardo riportiamo integralmente il testo della lettera inviata il 29 agosto 1994 dal Gruppo nazionale “Handicappati e società” ai Ministri Costa, Guidi, Maroni e Mastella: «In merito alla questione sollevata in questi giorni sugli abusi relativi alle pensioni di invalidità e alla piaga dei cosiddetti “falsi invalidi” tutti hanno scordato che vi sono organizzazioni che hanno favorito (e favoriscono) questa grave forma di truffa nei confronti dello Stato e dei veri handicappati.

«L’esempio più recente è l’accordo clientelare stipulato dal Governo Ciampi (Ministro Spaventa) con i Presidenti delle associazioni storiche degli invalidi: Anmic, Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, Ens, Ente nazionale sordomuti e Uic, Unione nazionale ciechi il 21.6.93 in base al quale dette associazioni hanno ottenuto l’esclusiva per l’istruzione delle pratiche di pensione e indennità (4).

«Ricordiamo che, in base ad una Convenzione stipulata con il Ministro dell’Interno, all’Anmic è corrisposta da parte dello stesso, la quota annuale di lire 49.990 per ciascun socio firmatario della delega a rappresentarlo.

«Infine, il Gruppo nazionale “Handicappati e società” da tempo ha presentato serie proposte di lotta ai falsi invalidi, ora reperibili in un unico testo che uniamo (5).

«Perché, dunque, non si comincia davvero a fare giustizia, senza colpire come finora spesso è accaduto, chi realmente ha diritto ad essere assistito?».

Dunque, sarebbe stato e sarebbe tuttora necessario che il Parlamento (o il Governo) avviassero un’indagine approfondita per colpire coloro che hanno la responsabilità di avere concesso la pensione non a un singolo soggetto (gli errori sono sempre possibili) ma a gruppi consistenti di falsi invalidi.

Inoltre, occorre tener presente che la legge quadro sull’handicap, la n. 104 del 1992, ha sanzionato il superamento della suddivisione dei soggetti con handicap per categorie giuridiche ed ha favorito l’attuale situazione di equilibrio fra i gruppi di base e le associazioni storiche.

 

Un’altra iniziativa clientelare

2. Nell’imminenza delle elezioni regionali, la Regione Piemonte ha emanato la legge 7 aprile 2000, n. 37, in cui all’Anmic, Anmil, Ens, Uic, Unms (guarda caso le stesse organizzazioni del testo approvato dal Senato il 30 giugno 2004!) non solo è «attribuito l’esercizio della rappresentanza e tutela degli interessi morali ed economici delle rispettive categorie di mutilati e invalidi», ma viene altresì stabilito che «gli enti strumentali della Regione, nei quali sono operanti organismi consuntivi, con l’entrata in vigore della presente legge, sono tenuti a richiedere agli organi regionali delle associazioni di cui all’art. 1 la nomina di un rappresentante».

Inoltre è previsto che «gli enti strumentali della Regione possono stipulare convenzioni con le associazioni di cui all’art. 1 per delegare ad esse lo svolgimento dei compiti e funzioni che la legge non attribuisce in via esclusiva alla pubblica amministrazione».

Immediata e ferma è stata la reazione delle numerose organizzazioni di base operanti in Piemonte, per cui finora la legge non è stata applicata.

Da notare che in precedenza la Regione Piemonte (analoga iniziativa è stata assunta dalle altre Regioni) aveva approvato la legge 41/1987 in base alla quale erogava ed eroga tuttora rilevanti contributi economici (62 mila euro nel 2003) alle organizzazioni che operano nel settore dell’handicap.

 

Conclusioni

Due sono le norme della Costituzione che dovrebbero essere tenute presenti dai cittadini ed in primissimo luogo dai Parlamentari:

2° comma dell’art. 4: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».

– 1° comma dell’art. 18: «I cittadini hanno il diritto di as­sociarsi liberamente, senza autorizzazione,
per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale».

Una corretta attuazione delle norme suddette e di quelle che stabiliscono la pari dignità sociale dei cittadini e la loro eguaglianza di fronte alla legge, dovrebbero vietare l’attribuzione ad alcune organizzazioni di vantaggi e privilegi rispetto alle altre.

Il Parlamento e il Governo dovrebbero, invece, favorire le libere scelte dei cittadini, ovviamente compresi i soggetti con handicap, per quanto riguarda gli obiettivi che intendono perseguire nell’individuazione delle loro esigenze e nella relativa promozione dei diritti. Dovrebbero pertanto essere evitate le concentrazioni di potere come prevede il testo approvato dal Senato, che speriamo venga respinto dalla Camera dei Deputati. Inoltre, detenere la tutela dei soggetti con handicap e la loro rappresentanza e, nello stesso tempo, avere propri incaricati nelle Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità e la concessione delle pensioni, significa istituire un vero e proprio monopolio, indiscutibilmente contrastante con i più elementari principi democratici. Infine, stabilire che le varie categorie dei soggetti con handicap (invalidi civili, invalidi del lavoro, invalidi per servizio, ciechi, sordi) devono essere rappresentate ope legis da uno specifico organismo costituisce un vero e proprio ritorno al corporativismo e rappresenta una gravissima violazione dei principi dell’uguaglianza e della non discriminazione (6).

Ricordiamo, altresì, che l’Anmic continua ad inviare comunicazioni scritte a casa di coloro che si rivolgono alle Commissioni per l’accertamento dell’invalidità, invitandole a presentarsi ai propri uffici per non meglio precisate “comunicazioni”. Contro questa procedura, che viola i più elementari principi di riservatezza e che ha l’evidente scopo di promuovere l’incremento dei soci, si è pronunciato il garante per la protezione dei dati personali fin dal 17 settembre 1997, parere ribadito in data 16 febbraio 2000. Purtroppo finora l’Anmic non ne ha tenuto conto e continua a inviare le sue “comunicazioni”.

Per far cessare l’abuso di cui sopra occorrerebbe che la Camera dei Deputati avviasse una indagine conoscitiva anche al fine di rilevare le responsabilità delle Asl sia per quanto concerne la trasmissione all’Anmic dei nominativi delle persone che presentano istanza alle Commissioni per l’accertamento di invalidità, sia in merito all’individuazione dei componenti delle suddette Commissioni responsabili di avere concesso la pensione di invalidità a soggetti che non ne avevano manifestamente alcun diritto.

 

 

* Ringraziamo Gianni Selleri, Presidente dell’Aniep, per la preziosa collaborazione fornita.

(1) Fra gli attuali numerosi istituti di patronato e di assistenza sociale, citiamo i seguenti: Inas-Cisl, Inca-Cgil, Ital-Uil, Acai - Associazione cristiana artigiani italiani, Acli - Associazione cristiana lavoratori italiani, Enapa - Ente nazionale patrocinio agricoltori, Enas - Ente nazionale di assistenza sociale dell’Unione generale del lavoro, Enasco - Ente nazionale di assistenza sociale per gli esercenti attività commerciali, Inpal - Istituto nazionale per l’assistenza ai lavoratori, Epaca - Ente di patronato e di assistenza per i coltivatori agricoli, Epasa - Ente privato di attività sociali e assistenziali, Inac - Istituto nazionale assistenza coltivatori, Inapa - Istituto nazionale di assistenza e patronato per gli artigiani.

(2) Cfr. “criterio unitario nell’assistenza”, “I diritti dell’invalido civile”, ottobre 1970 e “Tentativi per la definitiva esclusione sociale degli handicappati”, Prospettive assistenziali, n. 11/12, 1970.

(3) Cfr. “Sentenza di rinvio a giudizio di dirigenti di associazioni di invalidi”, Prospettive assistenziali, n. 21, 1973.

(4) Ci risulta che, a causa delle proteste verificatesi, l’accordo non sia stato attuato.

(5) Tratta dal documento “Quali rimedi contro i falsi invalidi” pubblicato sul numero 107, 1994 di Prospettive assistenziali.

(6) L’Anmic e le altre quattro associazioni storiche sostengono di essere in possesso del compito di rappresentare e tutelare tutti gli invalidi civili. Al riguardo, va osservato che l’articolo 115 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (6)16/1977 (decreto che ha valore di legge) stabilisce che gli enti di natura associativa elencati nell’allegato B comprendente anche l’Anmic, l’Anmil, l’Eas, l’Uic e l’Unms «continuano a sussistere come enti morali assumendo la personalità giuridica di diritto privato (…). Essi conservano la titolarità dei beni necessari allo svolgimento delle attività associative, nonché di quelle derivanti da atti di liberalità o contributi di associati». Dunque, in base al suddetto provvedimento, sono state abrogate le norme (vigenti quando le suddette organizzazioni erano enti di diritto pubblico) concernenti i compiti di rappresentanza e di tutela delle categorie di invalidi di loro competenza. Diventati privati, i suddetti organismi non hanno più le suddette funzioni di tutela e di rappresentanza, anche se a detti compiti fanno riferimento i decreti (che non hanno alcun valore di legge) emanati nel 1978, concernenti la perdita della loro personalità giuridica di diritto pubblico e la trasformazione in strutture private.

 

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