Prospettive assistenziali, n. 145, gennaio-marzo 2004

 

 

I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA SANITARIA: UNA VALIDA INIZIATIVA DELLE ORGANIZZAZIONI TORINESI DI VOLONTARIATO

 

 

Premessa

Nel mese di gennaio 2004 inizia in Piemonte l’applicazione dell’accordo sui Livelli essenziali di assistenza (Lea) intervenuto fra Regione Piemonte, Anci, Lega per le Autonomie locali, Consulta piccoli Comuni, Unione Province Piemontesi, Cgil, Cisl, Uil e Comitato promotore della petizione popolare. L’intesa riguarda per ora soltanto i servizi residenziali, semiresidenziali e le cure domiciliari per gli anziani cronici non autosufficienti e per le persone in situazione di handicap non avviabili al lavoro a causa della gravità delle loro condizioni fisiche e/o intellettive.

In primo luogo è bene chiarire che i Lea non sono nuovi diritti, ma il tentativo, purtroppo  riuscito, di trasferire a carico degli utenti e dei Comuni costi economici e responsabilità di cura che competono al Servizio sanitario nazionale anche nel caso di malati affetti da patologie croniche invalidanti e da non autosufficienza (1).

 

Un po’ di storia

Ricordiamo che appena è stato emanato il Dpcm, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza” (2), è stato costituito a Torino un Comitato presso la sede dell’Associazione volontari ospedalieri (Avo) di via San Marino 10, Torino (tel. 011-318876349) composto dalle seguenti associazioni: Associazione volontari ospedalieri (Avo), Servizio emergenza anziani (Sea), Unione tutela insufficienti mentali (Utim), Consulta per le persone in difficoltà (Cpd), Difesa ammalati psichici (Diapsi), Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (Csa), Associazione italiana malati di Alzheimer (Aima), Gruppo volontariato vincenziano, Società San Vincenzo de’ Paoli. Al Comitato hanno aderito il Forum per il Volontariato ed il Forum del Terzo Settore. Il suddetto Dpcm prevedeva (e prevede) la perdita del diritto soggettivo alle cure sanitarie gratuite (salvo ticket) per i cittadini affetti da patologie croniche invalidanti ed il loro trasferimento nell’area cosiddetta dell’integrazione socio-sanitaria dove è prevista la compartecipazione dell’utente/Comune al costo della prestazione ricevuta (ricovero in Rsa, comunità alloggio, centro diurno, assistenza domiciliare, ecc.)

In sostanza, adulti e anziani malati cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer, soggetti affetti da disturbi psichiatrici, malati di Hiv, persone con handicap in situazione di gravità, vengono “scaricati” nella fase cosiddetta di lungoassistenza al solo scopo di ridurre i costi del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, anche se in base all’art. 54 della legge 289/2002 (3) le prestazioni socio-sanitarie contenute nei Lea devono essere garantite dal Servizio sanitario nazionale, resta tutta da dimostrare l’esigibilità effettiva da parte del cittadino di tale diritto. Infatti, la persona che, per ottenere il ricovero in Rsa di un parente malato cronico non autosufficiente o la frequenza al centro diurno del figlio handicappato intellettivo in situazione di gravità, passa attraverso i servizi dell’integrazione socio-sanitaria (Uvg - unità valutative geriatriche per gli anziani e Uvh - unità valutative handicap per le persone che hanno una minorazione fisica e/o intellettiva), quasi mai ottiene immediatamente la prestazione richiesta, ma viene inserito in una lista d’attesa che può durare anche 18-24 mesi nel caso degli anziani cronici non autosufficienti, senza che Asl e Comune si ritengano obbligati ad erogare il servizio entro una data certa. Anzi, la posizione dell’utente all’interno della lista può subire variazioni a discrezione dell’istituzione, che non è neppure tenuta a fornire giustificazioni agli altri iscritti in attesa. Per molte prestazioni, inoltre, ci troviamo in assenza di norme che impongano a Comuni ed Asl l’istituzione dei servizi indispensabili. È il caso dei centri diurni per gli handicappati intellettivi o delle cure domiciliari sanitarie: come può il cittadino “esigere”, ad esempio, la cura a domicilio se la sua Asl non intende organizzare tale servizio?

Fortunatamente restano invariati i diritti sanciti dalle leggi nazionali vigenti, che sono state richiamate anche nell’accordo sui Lea. Pertanto, per i malati cronici non autosufficienti (adulti e anziani) ricoverati in ospedale o in case di cura convenzionate, è opportuno ricordare che le leggi vigenti prevedono la  facoltà di opporsi alle dimissioni da una struttura sanitaria (ospedale, casa di cura convenzionata) fino a quando non è assicurata dalla Asl di residenza la continuità terapeutica al proprio domicilio, oppure, quando questo intervento non è praticabile, fino al momento in cui non è disponibile un posto letto  in una Rsa convenzionata con il Servizio sanitario nazionale.

Sull’argomento ricordiamo che sono stati pubblicati recentemente due importanti opuscoli informativi distribuiti dalla Città di Nichelino e da quella di Grugliasco in Provincia di Torino (4).

Vediamo quale era lo scenario che si prospettava per i cittadini e/o per i Comuni al momento dell’entrata in vigore del Dpcm 29.11.2001 e quali potevano essere le conseguenze per i cittadini interessati dal provvedimento se la Regione Piemonte avesse applicato immediatamente le percentuali di costo ivi previste (vedi tabella 1).

 

La petizione popolare

L’Avo, associazione volontari ospedalieri, preso atto della drammaticità della situazione e delle gravi ripercussioni che potevano ricadere  su persone già duramente provate dalle loro gravi condizioni di salute, si è fatta immediatamente promotrice della costituzione di un comitato a cui hanno aderito le organizzazioni in precedenza citate. La prima azione del Comitato è stata la richiesta alla Regione Piemonte di non dare attuazione alle norme sui Lea per continuare a  garantire anche ai  cittadini piemontesi, affetti da malattie croniche invalidanti, il diritto alle cure sanitarie così come previsto dalle leggi nazionali vigenti (5).

Per sostenere tale richiesta, il Comitato ha promosso su tutto il territorio regionale una petizione popolare che ha avuto l’adesione di oltre 35 mila cittadini, enti, Comuni e Consorzi socio-assistenziali e, grazie a tale mobilitazione, si sono ottenuti un incontro con l’Anci Piemonte, Associazione nazionale dei Comuni piemontesi e un’audizione da parte della quarta commissione del Consiglio regionale del Piemonte.

In entrambe le occasioni, il Comitato ha ribadito con fermezza la richiesta ai rappresentanti delle istituzioni di non essere complici della riduzione dei diritti dei cittadini piemontesi colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza e del rischio delle loro famiglie di cadere sotto la soglia della povertà per gli oneri rilevanti di cui avrebbero dovuto farsi carico con l’applicazione dei Lea.

A fronte anche della mobilitazione del Comitato promotore, la Regione Piemonte ha sospeso l’applicazione dei Lea per la parte relativa all’integrazione socio-saniaria per il 2002 e il 2003.

 

Il dpcm 29 novembre 2001 diventa legge

Poiché l’art. 54 della legge finanziaria 289/2002, ha trasformato in legge dello Stato il Dpcm 29 novembre 2001, sono automaticamente decaduti i ricorsi presentati dai Comuni contro la legittimità del Dpcm stesso. L’art. 54 della legge finanziaria interessa l’area dell’integrazione sanitaria e quella socio-sanitaria e, nello specifico, le prestazioni contenute nell’Allegato 1, punto 1C.

Con lettera del 2 aprile 2003, inviata alle istituzioni (6), il Comitato promotore prende atto che si tratta di prestazioni che  il Servizio sanitario nazionale deve garantire, ma non manca di sottolineare tutta la sua preoccupazione per le gravi conseguenze che potrebbe avere la compartecipazione ai costi delle prestazioni, che la legge 289/2002 prevede a carico degli utenti e/o dei Comuni.

La posizione del Comitato promotore rimane immutata e si insiste perché la Regione Piemonte, nell’ambito della sua autonomia d’azione, limiti in tutta la misura del possibile gli oneri economici a carico degli utenti ammalati cronici non autosufficienti e dei Comuni.

 

I tavoli di lavoro

Mentre proseguono le iniziative del Comitato attraverso la raccolta delle firme, le azioni collaterali per darne diffusione e informare la cittadinanza, hanno luogo incontri e dibattiti nelle sedi politiche. Queste attività stimolano anche l’Anci Piemonte, la Lega delle autonomie locali e le Organizzazioni sindacali ad assumere una posizione più rivendicativa nei confronti della Regione Piemonte. Viene così respinta  dalle parti sociali la prima ipotesi di accordo presentata dalla Regione, che prevedeva l’applicazione delle percentuali nella misura stabilita dal Dpcm 29 novembre 2001. La Regione Piemonte è costretta a prendere atto del fronte comune venutosi a creare, in particolare tra le organizzazioni dei Comuni e le associazioni di volontariato, e decide di attivare dei tavoli di lavoro, al fine di approfondire i nodi che sono alla base del rifiuto della firma dell’accordo. Gli aspetti tecnici delle varie tipologie dei soggetti interessati dal provvedimento vengono quindi affrontati in due gruppi di lavoro, che hanno il compito di predisporre una proposta tecnica sulla base della quale si possa  giungere ad un confronto politico. Anche due rappresentanti del Comitato promotore della petizione popolare sono inseriti nei tavoli di lavoro tecnici e politici. Il Comitato promotore dei Lea ottiene così un riconoscimento formale da parte della Regione Piemonte di interlocutore politico alla pari degli altri rappresentanti.

Maria Grazia Breda, del Csa-Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, è designata dal Comitato promotore della petizione per il gruppo di lavoro tecnico incaricato di approfondire l’applicazione dell’art. 54 della legge 289/2002 per le prestazioni socio-sanitarie da erogare alle persone in situazione di handicap e per le cure domiciliari; Graziella Gozzellino della Diapsi, Difesa ammalati psichici, rappresenta il Comitato nel gruppo che affronta  la questione dei Lea per i pazienti psichiatrici e per i malati affetti da Hiv (7), Giuseppe Manzone, anche in rappresentanza del Forum del volontariato e del Terzo Settore, viene incaricato di seguire, con gli altri due rappresentanti, sopra indicati, gli incontri periodici del tavolo con gli Assessori all’assistenza e alla sanità in cui sono affrontati i nodi politici emersi dai tavoli tecnici.

I gruppi si incontrano con una frequenza quindicinale. Al termine di ogni incontro viene redatto un verbale che puntualmente i rappresentanti del Comitato trasmettono alle associazioni aderenti per concordare le istanze da inoltrare alla segreteria regionale dei tavoli di lavoro, affinché si prenda nota delle posizioni non condivise e delle proposte alternative suggerite. Al termine del confronto, sono elaborati due documenti, uno per ciascuna tematica. I rappresentanti del Comitato promotore non sono però soddisfatti e ritengono che molti dei punti nodali per i cittadini non siano stati sufficientemente affrontati, mentre in alcuni casi si è decisamente contrari alle decisioni assunte dalla maggioranza del gruppo (8).

 

Le richieste del Comitato promotore

Per tali ragioni si è ritenuto doveroso presentare un proprio documento (9) al tavolo politico del 17 settembre 2003, con il quale in sintesi si chiede alla Regione di:

1. chiarire qual è l’ente tenuto ad intervenire a seconda delle necessità del cittadino, affinché vi siano chiari diritti e doveri (10). In base alle leggi vigenti infatti il cittadino deve rivolgersi:

- all’Asl, nel caso di persona affetta da malattie croniche invalidanti;

- al Comune (singolo o associato) quando si tratta di una persona affetta da minorazioni fisiche, sensoriali e/o intellettive, che non hanno origine da una malattia;

2. garantire il diritto alle cure senza limiti di durata in ospedale o altra struttura sanitaria convenzionata, quando non è possibile provvedere a domicilio o non è immediatamente disponibile il posto in una struttura residenziale;

3. assicurare il diritto alle cure sanitarie domiciliari in ogni Asl;

4. prevedere il riconoscimento del volontariato infra-familiare stabilendo, quale rimborso forfettario delle spese vive sostenute, un contributo economico alle famiglie che accolgono un congiunto affetto da malattie invalidanti, fermo restando che le cure sanitarie domiciliari devono essere fornite gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale;

5. istituire l’assegno di cura per permettere ai malati cronici non autosufficienti – che vivono da soli – di potersi avvalere di una terza persona per gli aiuti di cui necessitano;

6. prevedere una compartecipazione alla retta alberghiera di ricovero presso Rsa, calcolata solo sulla situazione economica personale dell’assistito (anziani cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer, persone con handicap in situazione di gravità ricoverate in Rsa-Raf o comunità alloggio) come previsto dalle leggi vigenti;

7. individuare meccanismi di tutela per le famiglie monoreddito, affinché il coniuge che resta a casa, e dipende dalle risorse economiche del congiunto ricoverato, possa continuare a vivere dignitosamente e non sia costretto a versare tutta la pensione per pagare la retta all’assistito;

8. assicurare la gratuità della frequenza dei centri diurni attivati dalle Asl per i soggetti affetti da disturbi psichiatrici o Hiv e per i malati di Alzheimer;

9. mantenere in capo al Dipartimento di salute mentale dell’Asl la titolarità e la responsabilità del malato psichiatrico e non caricare sulla famiglia oneri per il pagamento di rette di ricovero.

 

Il presidio del 21 ottobre 2003

Nel corso dell’incontro del 17 settembre 2003 l’Assessore regionale all’assistenza (l’Assessore alla sanità era assente per problemi di salute) afferma che con la massima attenzione sarebbe stato esaminato il documento del Comitato promotore, ma non assicura nulla in merito alle richieste dei rappresentanti del Comitato contenute nel documento sopra menzionato. Non solo: il verbale successivo riferisce di un accordo raggiunto tra Regione e Anci, senza che i termini dello stesso siano stati dibattuti con i rappresentanti del Comitato.

Vivamente preoccupati per le ripercussioni che potevano esserci per i cittadini e consci del mandato ricevuto dalle 35 mila persone ed enti che avevano firmato la petizione, le associazioni aderenti al Comitato promotore hanno, quindi, indetto un presidio davanti al Consiglio regionale il 21 ottobre 2003 per coinvolgere anche le altre forze politiche sulla questione dei Lea.

A fronte del presidio, al termine del quale una delegazione del Comitato promotore è stata ricevuta dagli Assessori all’assistenza e alla sanità, dal Presidente della IV Commissione del Consiglio regionale e da molti rappresentanti dei Gruppi consiliari regionali, pur restando ferma la posizione della Regione in merito alla necessità di raggiungere un accordo entro novembre, è stato riaperto il confronto anche con il Comitato promotore e sono ripresi i lavori dei gruppi.

 

Che cosa abbiamo ottenuto

In data 19 novembre 2003 il Comitato promotore invia una lettera agli Assessori regionali con la quale prende atto che:

1. Per quanto riguarda le cure domiciliari è positivo l’impegno da parte del Servizio sanitario nazionale di garantire la copertura del 50 per cento del costo dell’assistenza domiciliare:  questo dovrebbe incentivare l’estensione delle cure domiciliari. Finora, infatti, solo pochi Comuni e Consorzi socio-assistenziali hanno attivato servizi domiciliari comprendenti anche il cosiddetto  “assegno di cura”. Pertanto, il Comitato promotore si riserva di verificare nei prossimi mesi se l’assegno di cura:

• sarà deliberato dalla Regione Piemonte in modo che sia accessibile a tutte le  persone affette da malattie croniche invalidanti, quando tale intervento permette che  possano restare presso il proprio domicilio;

se tale prestazione sarà erogata dall’Asl – come si chiede – e quali saranno i criteri
d’accesso;

• se l’assegno di cura sarà  erogato anche nel caso in cui la persona malata  cronica e non
autosufficiente sia accolta presso un proprio parente, indipendentemente dal reddito del nucleo familiare;

• se sarà riconosciuto al familiare che assicura direttamente  le prestazioni di assistenza alberghiera un contributo economico, a riconoscimento delle maggiori spese vive sostenute, anche in questo caso indipendentemente dal reddito del nucleo familiare.

A questo proposito il Comitato ha chiesto e ottenuto di essere informato in merito alle attività del gruppo regionale che ha il compito di predisporre una delibera sull’assegno di cura.

2. Per quanto riguarda i servizi per le persone handicappate è stata concordata una definizione della situazione di gravità  più ampia rispetto a quanto previsto dal Dpcm sui Lea, in modo da comprendere la copertura sanitaria della retta per tutti i soggetti che sono dichiarati inoccupabili
dai competenti servizi per il lavoro ed impedire, quindi, l’applicazione di costi onerosi agli utenti/Comuni così come era previsto dal decreto Sirchia. Sinteticamente possiamo dire che:

• per i soggetti affetti da minorazioni a cui si associano problemi sanitari complessi, che richiedono la presenza quotidiana di personale medico-infermieristico, il Servizio sanitario nazionale partecipa fino al 70% del costo della retta sia nel caso che le persone frequentino un centro diurno, sia che siano ricoverate in comunità alloggio o in strutture residenziali similari. Il rimanente 30% è a carico dell’utente/Comune;

• per i soggetti handicappati in situazione di gravità che frequentano i centri diurni assistenziali o sono ricoverati in comunità alloggio o in strutture similari,  la quota a carico del Servizio sanitario è del 60% del costo della retta; il restante 40% è a carico dell’utente/Comune;

• per le persone con handicap che frequentano i centri di lavoro guidato e strutture similari o sono ricoverati in gruppi appartamento, il costo della retta è a carico del Servizio sanitario nella misura del 50%, la parte rimanente è attribuita all’utente/Comune;

• è altresì prevista una maggiore compartecipazione da parte del Servizio sanitario nazionale (Asl) per le cure di cui può aver bisogno  la persona con minorazioni fisiche e/o intellettive ricoverata in comunità alloggio o in struttura residenziale similare, ad esempio, per l’acutizzazione di un problema sanitario già presente in forma cronica o l’insorgere di una malattia che richiede l’intervento di figure sanitarie non previste nell’organico della comunità alloggio. Le suddette prestazioni hanno anche lo scopo di assicurare le prestazioni sanitarie necessarie senza allontanare la persona dalla residenza che è la sua casa;

• è prevista per gli interessati e/o per i loro familiari e/o tutori la possibilità di ricorrere presso una Commissione regionale contro il parere delle Uvg e Uvh, nonché la facoltà di farsi rappresentare da un’associazione o da un perito di fiducia.

3. Per quanto riguarda i malati psichiatrici e i malati da Hiv  e per i minori con patologie invalidanti è temporaneamente sospesa l’applicazione dei Lea perché  non si è trovato un accordo. Il Comitato promotore continuerà a difendere la competenza sanitaria totale per questa tipologia di malati nell’ambito dei lavori del gruppo che si incontrerà fino al raggiungimento – se possibile – di un accordo.

 

Le nostre riserve e i problemi aperti

Bisogna attivarsi perché la Regione:

• vincoli le risorse che trasferirà alle Asl per la copertura delle prestazioni di integrazione socio-sanitaria, affinché le somme non siano utilizzate per scopi diversi da quelli stabiliti nell’accordo;

• vigili perché i Comuni e le Asl rispettino quanto previsto dall’art. 25 della legge 328/2000 e in particolare diano attuazione a quanto disposto dai decreti legislativi 109/98 e  130/2000, che per i soggetti con handicap in situazione di gravità e gli ultrasessantacinquenni non autosufficienti prevedono la partecipazione al costo delle prestazioni limitatamente alla loro situazione economica personale. Inoltre, le suddette disposizioni stabiliscono che per nessun motivo possono essere richiesti contributi economici ai parenti non conviventi di tutti gli assistiti. Su questo punto è stato chiesto che il gruppo regionale già attivato in materia (gruppo di lavoro sull’Isee, Indicatore della situazione economica equivalente) si raccordi periodicamente con i gruppi dei Lea;

• riconosca un contributo, quale rimborso forfettario delle spese vive sostenute dalle famiglie disponibili ad accogliere un soggetto affetto da malattia cronica e da non autosufficienza oppure da handicap in situazione di gravità, fermo restando che le cure sanitarie domiciliari devono essere gratuite;

• non siano richiesti oneri economici per la frequenza dei centri diurni per i malati di Alzheimer.

Nel corso dell’incontro del 26 novembre 2003, giorno della firma dell’accordo, si è chiesto e ottenuto che nel verbale venissero riportate le riserve che il Comitato promotore ha individuato come parti ancora da definire sulle quali è necessaria la vigilanza attenta nei prossimi mesi.

 

Come difenderci dai Lea

Tutti i punti elencati come riserve (e contenuti nei documenti che il Comitato promotore ha inoltrato alla  Regione) saranno oggetto di monitoraggio da parte dei rappresentanti del Comitato promotore, che chiedono la collaborazione dei cittadini e delle organizzazioni sociali, anche per poterle costantemente aggiornare sulle situazioni.

Intanto è bene ricordare che i malati cronici non autosufficienti ivi compresi i malati di Alzheimer, i malati psichiatrici e da Hiv ricoverati, come si diceva anche all’inizio della presente informativa, continuano ad avere il diritto esigibile alle cure sanitarie senza limiti di durata; pertanto, è possibile opporsi alle loro dimissioni da ospedali e da case di cura convenzionate, quando non sono praticabili le cure domiciliari o non è immediatamente disponibile un posto letto convenzionato in Rsa (11).

Per i malati psichiatrici non bisogna dimenticare che è sempre praticabile il ricorso alla Commissione regionale per contestare le rivalutazioni di persone dichiarate anziane o handicappate intellettive per il loro trasferimento in strutture assistenziali e per imporre quindi, oneri economici a carico dei ricoverati e, spesso, anche dei familiari. Per quanti sono in attesa di un ricovero in Rsa per il loro congiunto malato cronico e non autosufficiente, si rammenta che in base all’art. 54 della legge 289/2002, tale prestazione deve essere garantita dal Servizio sanitario nazionale. Pertanto è possibile intervenire con un’azione legale nei confronti dell’Asl inadempiente.

 

 

Tabella 1 - Alcuni esempi delle conseguenze per i cittadini dei livelli essenziali di assistenza

 

Tipo di prestazione                                                                       Costo mensile          Costo mensile      Percentuale sul

                                                                                                  della prestazione          per l’utente           costo totale

                                                                                                                                      e/o il Comune                  

                                                                                                           (euro)                      (euro)                                                          

                                                                                                                             

Interventi infermieristici e tutelari ai soggetti malati                                520                            260                     50%

Centri diurni per soggetti con handicap grave                                    1.450                            435                     30%

Centri diurni per soggetti con handicap  non grave                            1.450                         1.450                   100%

Strutture residenziali per soggetti con handicap grave                      4.200                         1.260                     30%

Strutture residenziali per soggetti con handicap privi

del sostegno familiare                                                                         4.200                         2.520                     60%

Strutture residenziali per soggetti con handicap non grave

con sostegno familiare                                                                       4.200                         4.200                   100%

Rsa (residenze sanitarie assistenziali) per adulti

o anziani non autosufficienti                                                               2.320                         1.160                     50%

Centro diurno per malati di Alzheimer                                                    930                            465                     50%

Strutture per malati psichiatrici a bassa intensità assistenziale         1.930                         1.160                     60%

Malati di Aids lungodegenti                                                                 2.630                            790                     30%

 

 

 

 

(1 ) Sulle questioni riguardanti i livelli essenziali di assistenza sono stati pubblicati su Prospettive assistenziali i seguenti articoli: “Una petizione per difendere le esigenze e i diritti della fascia più debole della popolazione dai truffaldini livelli essenziali di assistenza”, M. Perino, “I livelli essenziali di assistenza: riduzione della spesa sanitaria e nuove emarginazioni”, “Testo del decreto sui livelli essenziali di assistenza”, n. 137, 2002; “Enti pubblici e gruppi di volontariato contro il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui livelli essenziali di assistenza”, “Le inaccettabili iniziative concernenti gli adulti non autosufficienti colpiti da patologie invalidanti e le disastrose conseguenze dell’integrazione sociosanitaria: occorre ripartire dalle esigenze e dai diritti”, n. 139, 2002; “Alcune devastanti conseguenze dei livelli essenziali di assistenza”, n. 140, 2002; “Legge finanziaria e livelli essenziali di assistenza”, n. 141, 2003.

(2) Per la precisione il decreto suddetto era stato preceduto dal Dpcm del 14 febbraio 2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”, emanato in attuazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale” e successive modifiche e integrazioni.

(3) A seguito dell’art. 54 della legge 289/2002, le disposizioni del Dpcm del 29 novembre 2001, la cui natura era amministrativa, sono diventate legge.

(4) Gli opuscoli, pubblicati a cura dei Comuni di Nichelino e di Grugliasco, contenenti le informazioni necessarie per opporsi alle dimissioni da ospedali e case di cura, sono stati inviati a tutti gli abbonati a Prospettive assistenziali.

(5) Tale richiesta si fondava sul presupposto che il Dpcm del 29.11.01 era un atto amministrativo e non aveva valore di legge. Sulla base di questo principio il Comune di Nichelino ha presentato un ricorso al Tar del Lazio competente per territorio e, successivamente, altri Comuni hanno appoggiato l’iniziativa, ivi compreso in un secondo tempo il Comune di Torino.

(6) La lettera è inviata ai Ministri per la salute e per le politiche sociali, alla Regione Piemonte, ai Comuni singoli e associati, alle Asl, alle Province.

(7) Per quest’ultima tipologia di soggetti, i malati di Hiv, il Comitato si è avvalso anche del supporto di Bruna Moriondo, esperta delle comunità alloggio afferenti al Gruppo Abele, che era stata delegata a partecipare ai lavori del gruppo tecnico.

(8) I gruppi di lavoro erano composti da rappresentanti dei due assessorati alla sanità e assistenza della Regione Piemonte, rappresentanti sindacali, degli Enti locali (Comuni, Consorzi socio-assistenziali), delle Province e delle Asl e da un rappresentante del Comitato promotore per il gruppo sull’handicap e le cure domiciliari e un altro per la parte relativa ai malati psichiatrici. Tutti i verbali e le note integrative inviate dal Comitato promotore sono a disposizione su richiesta.

(9) Il documento integrale può essere richiesto alla Fondazione Promozione Sociale, tel. 011-812.44.69.

(10) L’importanza di stabilire l’ente titolare della prestazione nasce dall’esigenza di sapere chi è tenuto per legge ad intervenire al fine di poter avanzare le richieste di intervento all’organismo competente e di poter ricorrere, se necessario, anche in sede giudiziaria, per ottenere l’esigibilità del diritto.

(11) Per informazioni: 011-812.44.69, Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti della Fondazione promozione sociale. Notizie utili sono contenute sul sito www.fondazionepromozionesociale.it.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it