Prospettive assistenziali, n. 145, gennaio-marzo 2004

 

 

HANDICAP: DUE ESEMPI DI COLLABORAZIONE TRA SCUOLA DI STATO E FORMAZIONE PROFESSIONALE

 

Nel n. 137, gennaio-marzo 2002, di Prospettive assistenziali, abbiamo affrontato il tema della formazione professionale e prelavorativa di coloro che sono colpiti da handicap intellettivo (1).

L’introduzione dell’obbligo formativo, ai sensi dell’art. 68 della legge 144/1999, assicura a nostro avviso maggiori opportunità di accesso ai percorsi formativi  anche per gli allievi handicappati.

Tuttavia, negli incontri che abbiamo realizzato con i dirigenti degli uffici handicap dei precedenti provveditorati della Regione Piemonte, in preparazione del convegno sul tema “L’orientamento degli handicappati intellettivi. Dall’integrazione scolastica all’inserimento lavorativo e sociale” (2), è emerso che per gli allievi con handicap intellettivo è indispensabile un’azione di orientamento ancora più mirata.

 Non ci si deve assolutamente accontentare che possano proseguire oggi nella scuola superiore fino al compimento del 18° anno di età, perché lo prevede la legge. È doveroso pensare anche a costruire quella che sarà la più probabile collocazione del giovane allievo nella società da adulto: al lavoro, se ne avrà le potenzialità, oppure in un percorso assistenziale.

Ci rendiamo conto che vengono in questo modo aumentate notevolmente le responsabilità degli insegnanti e, in specifico, degli insegnanti dedicati proprio alla funzione di orientare al dopo obbligo scolastico gli allievi e, aggiungiamo noi, anche i loro genitori.

è indubbio però che sono proprio gli insegnanti, che meglio conoscono l’allievo e le sue potenzialità, che possono aiutare la famiglia ad accettare che il figlio frequenti corsi formativi adatti e compatibili con le sue capacità, anche se non rispondono alle loro aspirazioni o, al contrario, sostenere i genitori troppo protettivi perché accettino di scommettere sulle potenzialità del figlio e sulla sua concreta possibilità di essere avviato al lavoro al termine del percorso scolastico e formativo.

Un altro problema con cui bisogna fare i conti è la difficoltà incontrata nell’attuare pienamente quanto previsto dal secondo comma dell’art. 68 della legge 144/1999, laddove prevede che l’obbligo formativo possa realizzarsi «in percorsi anche integrati di istruzione e formazione». In questo caso è un impegno aggiuntivo richiesto agli insegnanti della scuola superiore.

Come vedremo nel racconto delle due esperienze che riportiamo di seguito, per raggiungere gli obiettivi formativi i docenti non possono più limitarsi a svolgere il “programma scolastico”, ma devono reinventarsi un modello di insegnamento che sia a misura delle potenzialità dei loro allievi handicappati intellettivi e, fatto non di poco conto, accettare di integrare le proprie competenze e conoscenze con quelle della formazione professionale, che finora aveva viaggiato in parallelo con la scuola di Stato, senza mai incontrarsi.

Imparare a lavorare insieme, scuola e formazione, è la scommessa del futuro. Gli insegnanti non possono più essere esaustivi di tutti i bisogni dei loro allievi handicappati intellettivi, ma devono relazionarsi con altri sistemi di formazione e, sempre di più, anche con il territorio (servizi per l’inserimento lavorativo e servizi sociali).

D’altronde, diventare in un certo senso protagonisti del futuro dell’allievo, che si segue per tanti anni, dovrebbe essere un motivo di soddisfazione anche per l’insegnante. Se è vero che sono aumentate le richieste nei suoi confronti, è altrettanto vero che ne viene valorizzata maggiormente la professionalità e la capacità di agire concretamente nell’interesse dei suoi allievi.

A titolo esemplificativo riportiamo qui di seguito le esperienze realizzate da Antonio Cavallaro di Cuneo e da Paola Bodo di Biella, entrambi insegnanti in una scuola tecnica superiore.

 

L’ESPERIENZA REALIZZATA NEL CUNEESE (Prof. Antonio Cavallaro)

 

Premessa

In seguito alla sentenza della Corte costituzionale prima (215/1987), e alla legge 104/1992 poi, si assiste ad un progressivo aumento di studenti in situazione di handicap inseriti nella scuola superiore. D’altro canto, l’atteso elevamento dell’obbligo scolastico impone alla scuola superiore di prepararsi a ricevere in modo adeguato tutti i ragazzi handicappati, compresi quelli intellettivi; nei loro confronti, tuttavia, non può limitarsi a fornire un “parcheggio scolastico”, ma è tenuta ad offrire presupposti per una reale integrazione, sia pure nei limiti consentiti dalle potenzialità dei vari soggetti, come previsto dalla circolare ministeriale 262/1988 e dalla stessa legge 104/1992.

La normativa prevede esplicitamente che la finalità dell’inserimento non possa essere la semplice socializzazione e che si debba comunque mantenere un rapporto con le discipline, oggetto del corso di studi frequentato, per le quali ciascun docente curricolare deve esprimere una valutazione sia pur riferita al piano educativo individualizzato. Inoltre, l’attuale scuola superiore basata su apprendimenti teorici e su nozioni astratte, con lezioni frontali, con contenuti e metodologie poco stimolanti per il disabile, può non offrire concrete opportunità di sviluppo delle capacità residue, sia sul piano degli apprendimenti disciplinari, sia su quello dello sviluppo di abilità operative e pratiche.

La scuola, quindi, deve sentire l’esigenza di realizzare un “sistema formativo integrato”, poiché solo attraverso il coinvolgimento di altre agenzie educative del territorio è possibile intervenire in modo incisivo.

Realizzare un “sistema formativo integrato” significa attivare la strategia della connessione fra le istituzioni del territorio, in cui il riconoscimento ed il rispetto delle competenze altrui siano vissute non come invasione di campo o come sovrapposizione, e nemmeno come supplenza ma si traducano, invece, nella costruzione di relazioni, di strumenti e risorse per il raggiungimento degli obiettivi. Nella scuola nasce sempre più l’esigenza di orientare gli allievi portatori di handicap alla piena integrazione sociale, scolastica e lavorativa, ponendo la massima attenzione nell’individuare e valorizzare le potenzialità possedute dagli allievi.

Ciò è ancora più importante per chi, a causa del proprio handicap, dovrà scegliere più oculatamente degli altri i percorsi scolastici formativi successivi, in modo tale da raggiungere la preparazione necessaria allo svolgimento di attività lavorative che tengano effettivamente conto delle sue capacità e, in tutta la misura possibile, anche delle sue aspirazioni personali e attitudinali.

L’esperienza insegna che agli allievi, oltre gli interventi di scolarizzazione, è bene affiancare momenti più pratici, riferiti agli atti della vita quotidiana per mirare ad una maturazione complessiva della persona e cercare di sviluppare al massimo la sua autonomia. È ovvio, del resto, che per le persone con handicap i deficit e le relative compromissioni comportano difficoltà di vario grado nell’autonomia professionale e limitazioni nelle scelte personali. Tali difficoltà e tali limitazioni sono legate alle capacità dei soggetti di utilizzare tutte le proprie potenzialità, agli strumenti tecnologici disponibili e alla situazione familiare e sociale in cui la persona è inserita.

Dovrebbe essere, quindi, compito della scuola e dei servizi di territorio, aiutare la famiglia e l’alunno a tentare un percorso diverso da quello assistenziale soprattutto in tutti quei casi in cui vi siano potenzialità presenti che consentano di poter ragionevolmente contare su una pur ridotta capacità lavorativa. Tutto ciò nel rispetto dei principi stabiliti dalla Costituzione e dalla legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Nel rispetto dei principi normativi Scuola, Servizio inserimenti lavorativi di Saluzzo, Centro di formazione professionale di Verzuolo e Asl propongono di attivare un progetto sperimentale denominato Sarha (Sostegno ed aiuto a ragazzi con handicap).

 

Contenuti generali

Nell’ambito del territorio delle scuole superiori del Saluzzese si è individuata la disponibilità del Servizio decentrato per la formazione professionale di Verzuolo ad attivare, anche in collaborazione con il Servizio inserimenti lavorativi del Consorzio Monviso Solidale ed al servizio di neuro-psichiatria infantile (Npi) dell’Asl 17, una iniziativa che miri a mantenere il disabile nell’ambito della scuola scelta ma che, nel contempo, realizzi un progetto di formazione globale che abbia quale obiettivo quello di una integrazione sociale e lavorativa.

Questa ipotesi di lavoro, parte dal presupposto che il biennio iniziale della scuola di appartenenza abbia funzione orientativa (anche in previsione di un prossimo elevamento dell’obbligo scolastico) e che nel triennio si proceda alla formazione tecnico-professionale.

Nei primi due anni il Pei (Programma educativo individualizzato) dovrà essere strutturato in modo da consentire una reale verifica delle capacità residue sia sul piano delle possibilità di apprendimento sia su quello delle abilità operative. Ci sarà, quindi, uno stretto legame tra i docenti di classe, il servizio di Npi ed inoltre a partire dalla classe seconda si affiancheranno esperti della formazione professionale. Individuate le possibilità concrete dei singoli allievi, si definirà per ciascuno un percorso formativo personalizzato, la cui terminalità potrà essere diversa in relazione alle capacità intellettive di ciascuno.

In questa fase il lavoro didattico si svolgerà in modo integrato tra i due sistemi scolastici: Scuole di Stato e Centro di formazione.

La formazione teorica avviene nell’ambito della frequenza dell’istituto di appartenenza e ad essa si affiancheranno momenti di vera e propria “formazione professionale” da svolgere nei vari laboratori a disposizione della Scuola o direttamente in situazione operativa. Alla realizzazione di questi momenti, oltre al personale del Centro, concorreranno anche i docenti di sostegno.

Vengono quindi garantiti sia il processo d’integrazione, attraverso momenti di scolarizzazione comuni, sia una formazione individualizzata che, ottimizzando le capacità residue dei singoli soggetti, permette di dare a ciascuno una capacità lavorativa.

L’ultima fase prevede poi un periodo di stage “tutorizzato” in azienda dove, oltre al potenziamento delle mansioni apprese, il soggetto in situazione di handicap verificherà le proprie possibilità concrete di “reggere” un posto di lavoro. La durata delle varie fasi, indipendente rispetto al singolo anno scolastico, terrà conto del deficit intellettivo degli alunni e della variabilità di apprendimento da individuo ad individuo.

 

Destinatari del progetto

L’iniziativa è rivolta agli alunni con deficit intellettivo, con ritardi più o meno gravi d’apprendimento, inseriti nelle classi delle Scuole superiori che partecipano al progetto.

Il progetto iniziato nell’anno scolastico 1998-1999 termina nell’anno scolastico 2001-2002.

 

Finalità

Il progetto si prefigge di sviluppare una proposta educativo-didattica, che nell’ambito della frequenza della Scuola di Stato, consenta allo studente disabile di raggiungere, da un lato la maggior preparazione teorico-disciplinare possibile e dall’altro, una qualificazione professionale, che possa essere concretamente “spesa” sul mercato del lavoro.

Attraverso un lavoro integrato tra Scuole di Stato e Centro di formazione professionale (Cfp) sarà possibile:

– individuare le capacità residue, sia sul piano dell’apprendimento, sia sul piano delle abilità operative;

strutturare un percorso formativo che vede nell’ambiente Scuola il punto di riferimento per gli apprendimenti teorico-disciplinari di base e nel Cfp il momento di acquisizione e potenziamento delle capacità professionali;

– concretizzare, al termine del corso di studi, là dove sarà possibile in riferimento alla gravità dell’handicap, un inserimento lavorativo anche se in situazione protetta.

In tal modo, si potrà, al termine del quinquennio e a seconda del deficit intellettivo:

a) ammettere all’esame di maturità il disabile che, sia pure con un percorso diverso, abbia raggiunto gli obiettivi minimi richiesti dal corso di studi;

b) non ammettere il disabile alla maturità ma fornirgli una qualifica professionale “spendibile” sul mercato del lavoro, anche se di livello inferiore a quella formalmente rappresentata dal diploma;

c) non ammettere il disabile, nei casi più gravi, all’esame di maturità e non fornirgli alcuna qualifica professionale ma un attestato di frequenza.

 

Obiettivi

Orientare il ragazzo che intende sviluppare e migliorare le proprie potenzialità cognitive e operative in altri contesti formativi, in esperienze professionali, opportunità atte ad inserirlo in modo produttivo nei servizi dell’azienda.

 

Obiettivi intermedi

1. Individuare le capacità residue sia cognitive sia operative concrete (riferite alle mansioni specificate nel progetto);

2. verifica dei livelli di autonomia (di base, gestionali, sociali, ecc.);

3. affinare e potenziare le abilità necessarie allo svolgimento di mansioni precise;

4. addestrare il disabile all’uso di strumenti e macchine presenti nei vari servizi d’azienda;

5. ottimizzare gli apprendimenti disciplinari, orientandoli all’obiettivo professionale;

6. verifica dell’aspetto relazionale-comunicativo, sviluppare le possibilità di socializzazione, migliorando le sue capacità di relazione con persone estranee;

7. definire in “itinere” il grado di preparazione raggiungibile senza esprimere “giudizi definitivi” sulle reali capacità del singolo individuo, prima di avergli offerto tutte le opportunità di sviluppo e potenziamento delle proprie abilità cognitive ed operative.

 

Fase A: primo anno (200 ore, un quarto delle quali in stage)

Valutazione e orientamento

a) Valutazione e verifica delle capacità di apprendimento (lavoro d’équipe):

– conoscenza e nozioni disciplinari;

– procedimenti logici;

– comportamenti operativi idonei allo svolgimento di mansioni lavorative.

b) Programmazione di un percorso formativo individualizzato, di difficoltà variabile, mirato allo svolgimento di mansioni riferite ai seguenti profili professionali:

– aiutante di segreteria;

– aiutante manutentore di aree verdi.

c) Conoscenza del territorio e della sua realtà: pubblici uffici, banche, servizi sociali, uffici vari, ecc.

d) Ricerca nell’ambito delle aziende del territorio e degli uffici pubblici, della disponibilità per la realizzazione degli stages lavorativi.

Nel 1° anno, il gruppo dei docenti di sostegno, in collaborazione con gli operatori dei servizi socio-sanitari e con i Consigli di classe procederanno alla valutazione delle capacità e potenzialità, nell’ambito del sapere, saper fare, saper essere, elaborando nel dettaglio il profilo dinamico funzionale.

 

Fase B: secondo anno (200 ore, un quarto delle quali in stage)

Professionalizzazione generica

Formazione, nell’ambito di un curriculum personalizzato, in riferimento a:

a) Abilità generali (di competenza della scuola di appartenenza):

– acquisizione di un linguaggio funzionale: comprensione del messaggio verbale e sua produ­zione;

– capacità di lettura funzionale: decodificare parole ad alta utilità sociale e professionale per raggiungere il maggior grado di autonomia;

– abilità di scrittura funzionale: trasferire ad altri destinatari messaggi ed informazioni connesse con la propria persona, con situazioni note e, ove possibile, con ipotesi progettuali;

– capacità di comprensione di alcuni messaggi, riferiti allo specifico professionale, in lingua straniera;

– consolidamento dell’aritmetica funzionale: misurare il tempo e lo spazio, operare calcoli, risolvere problemi logici, conoscere l’uso, le funzioni e la gestione del denaro.

b) Abilità professionali (di competenza del progetto Sarha):

– abilità lavorative generali: competenze di base per le varie attività lavorative previste;

– abilità lavorative specifiche di settore.

c) Abilità integranti (di competenza di entrambi i corsi):

– uso corretto dello spazio pubblico;

– capacità di interrelazione nell’ambito dei rapporti interpersonali: saper ricevere una persona, saper fornire informazioni su richiesta, saper eseguire con precisione ordini;

– sapersi muovere, interagire nelle principali situazioni sociali: acquisto di prodotti, richiesta di informazioni in banca o in altri uffici, ingresso in luoghi pubblici.

 

Fase C: terzo e quarto anno (200 + 200 ore, un terzo delle quali in stage)

Professionalizzazione specifica e consolidamento delle competenze professionali in situazione lavorativa

In questa fase il disabile, verrà inserito in “situazione lavorativa” e, anche con l’aiuto del docente tutor, rafforzerà le sue capacità nell’esercizio della mansione, col preciso obiettivo di raggiungere il massimo di autonomia operativa possibile. Questo momento di “stage tutorizzato ha come scopo l’addestramento concreto all’uso delle macchine e degli strumenti necessari e il rafforzamento delle capacità relazionali e di adattamento all’ambiente.

Nell’ultimo anno il percorso si conclude attraverso uno stage monitorato nel quale l’allievo metterà a punto le conoscenze e le capacità sviluppate operando senza la presenza del tutor che si limiterà a monitorare dall’esterno ciò che avviene. In tal modo viene riprodotta la reale situazione di lavoro con possibilità di intervento per migliorare e modificare atteggiamenti sbagliati.

 

Ipotesi di lavoro

Il quadro orario settimanale di lezioni sarà quello di indirizzo e della classe di appartenenza dell’Istituto frequentato dall’allievo. A detto orario verrà sottratto un giorno settimanale per consentire le lezioni tecnico-pratiche-operative con gli insegnati del Cfp o per la partecipazione agli
stages.

All’inizio di ciascun anno scolastico l’Istituto di appartenenza, il Cfp, il Sil e Npi stipuleranno un apposito protocollo nel quale verranno definiti i momenti di frequenza presso gli Istituti o presso il Cfp o presso le aziende per gli stages.

La convenzione prevederà altresì le modalità di iscrizione presso la Scuola, presso il Cfp, nonché le modalità di raccordo didattico tra i diversi ordini di agenzie formative.

 

L’équipe tecnica di coordinamento

L’équipe è così composta:

– presidi dei vari istituti partecipanti;

– n. 2 insegnati di sostegno coordinatori (Prof. Enria Patrizia, Prof. Cavallaro Antonio);

– n. 1 insegnate di sostegno per istituto partecipante;

– n. 1 coordinatore del Cfp di Verzuolo (Sig. Bastonero Luca);

– n. 1 responsabile del Sil (Dott.ssa Dardo Maria Teresa);

– n. 1 rappresentante del servizio Npi (Dott.ssa Fagliano Cristina, psicologa).

L’équipe avrà le seguenti funzioni:

– garantire l’attuazione del progetto, curando l’integrazione fra formazione di base e formazione professionale;

– utilizzare eventuali fondi messi a disposizioni dagli Enti locali;

– proporre e curare il coordinamento e l’organizzazione formativa, in particolare per quanto concerne l’utilizzo delle strutture, delle attrezzature e del personale appartenente agli enti coinvolti nel progetto;

– definire il livello professionale in termini di competenza e professionalità raggiungibili dai soggetti in riferimento al loro deficit;

– analizzare in ingresso e in itinere, anche sulla base dei Pei, le caratteristiche cognitive, culturali e le capacità operative residue degli allievi;

– definire i livelli minimali per l’avvio alla “pratica operativa” finalizzata all’inserimento lavorativo;

– costituire sottogruppi di insegnanti, formatori e operatori per la progettazione degli itinerari formativi individualizzati;

– promuovere la formazione e l’aggiornamento degli insegnati, dei formatori e degli operatori coinvolti nel progetto;

– stabilire i criteri e le modalità di valutazione, in itinere e finali, delle abilità operative, anche al fine della definizione del profilo professionale.

 

Locali ed attrezzature

Le lezioni e le esercitazioni si svolgeranno a seconda degli orari che si stabiliranno nell’ambito della programmazione e a seconda delle capacità dei singoli soggetti verificate all’inizio e nel corso dell’anno attraverso valutazioni di équipe.

Per lo svolgimento delle lezioni potranno essere utilizzate le varie strutture in possesso delle scuole partecipanti, del Cfp, delle aziende che metteranno a disposizione le proprie strutture.

 

I consigli di classe del progetto Sarha

Ai consigli di classe dovranno partecipare un rappresentante di ogni agenzia formativa partecipante al progetto; eventuali accordi successivi saranno regolamentati da protocollo d’intesa.

L’équipe di coordinamento procederà:

– alla costituzione di una documentazione funzionale agli scopi e della valutazione nel tempo della stessa;

– alla definizione delle modalità e tempi degli interventi didattici nell’ambito del progetto;

– alla valutazione dell’allievo partecipante;

– allo scrutinio finale.

Ulteriori affinamenti saranno concordati e ratificati nel protocollo d’intesa.

 

Riepilogando

Alla data del 18 novembre 1998 risultavano iscritti al progetto Sarha 15 allievi provenienti da scuole diverse e ripartiti nei due corsi:

– aiutante manutentore aree verdi: 9 allievi;

– aiutante di segreteria: 6 allievi.

1° anno, sono stati ri-orientati 2 allievi, del corso Manutentore aree verdi, ad altre istituzioni dietro segnalazione alla famiglia da parte del gruppo di coordinamento.

2° anno, è stato inserito, con borsa lavoro a cura del Consorzio Monviso Solidale, un allievo presso una ditta locale operante nel settore assemblaggio di componenti elettronici. Si è verificato un ritiro di una allieva per gravi motivi di salute.

3° anno, sono stati inseriti con borsa lavoro a cura del Consorzio Monviso Solidale, tre allievi presso ditte locali.

4° anno, fine corso, hanno sostenuto gli esami e ottenuto la qualifica professionale, otto allievi.

 

Degli otto allievi qualificati nel giugno del 2002

– quattro sono stati inseriti nel mondo del lavoro in attesa di assunzione definitiva;

– una frequenta la classe quinta dell’Ipc;

– uno è in attesa di formalizzazione di una borsa lavoro (Cooperativa agricola);

– due, non residenti nel saluzzese, sono a carico di altre Asl.

Ad onor del vero, per gli allievi del corso di segreteria, è stato più semplice trovare una collocazione d’impiego perché la realtà locale presenta molte ditte in grado di gestire con semplicità un portatore di handicap.

Per gli allievi del corso aiutante manutentore di aree verdi, abbiamo riscontrato una decisa difficoltà di collocamento perché le aziende agricole e simili, non hanno possibilità di controllo e gestione di un portatore di handicap.

Soltanto una cooperativa agricola a fini sociali ha avviato l’iter per una borsa lavoro, finalizzata all’assunzione, per uno dei corsisti.

L’esperienza maturata e la nuova legge sull’impiego per i disabili, infatti, ci hanno indirizzati verso una nuova figura professionale (con presunta facilità all’impiego) nel progetto Sarha bis.

Per ulteriori informazioni circa il progetto si può far riferimento al Prof. Antonio Cavallaro presso l’Ipsaa “Umberto I”, Corso IV Novembre, Verzuolo (Cn), tel. 0175.86.226.

 

 

ESPERIENZA REALIZZATA NEL BIELLESE (Prof.ssa Paola Bodo)

 

L’Istituto professionale statale G. Ferraris di Biella, ha tre indirizzi: a) meccanico; b) elettronico; c) abbigliamento e moda. Come tutti gli istituti professionali, consente di conseguire una qualifica dopo tre anni ed un diploma dopo cinque. L’Ipsia, nel Biellese, è stato insieme all’istituto professionale per il turismo, “l’apripista” per l’inserimento e l’integrazione degli alunni in situazione di handicap. Negli anni passati accoglieva la quasi totalità degli alunni handicappati dopo la terza media.

Oggi le cose sono un po’ cambiate: altre scuole superiori stanno iniziando ad integrare ragazzi con handicap e promuovono progetti interes­-santi.

Sta di fatto che ancor oggi, il nostro istituto conta una popolazione scolastica con handicap abbastanza alta in proporzione al numero degli iscritti: quest’anno 13 ragazzi su 250 iscritti, a confronto dell’Itis, Istituto tecnico industriale statale dove gli allievi handicappati sono 10 su 2.000 frequentanti.

Il fatto di avere un certo numero di utenti, e di aver acquisito negli anni una certa esperienza in materia di handicap, ha fatto sì che venisse individuata proprio l’Ipsia come centro per poter attuare il corso di aiutante magazziniere pratico.

Il centro di formazione professionale Forum di Ivrea, che da anni collabora con l’istituto per i corsi di formazione-lavoro (corsi post qualifica, post diploma, corsi per lavoratori di grafica, meccanica, informatica), ha dato avvio a questo corso unitamente alla scuola superiore statale.

Gli obiettivi, i destinatari, le modalità di svolgimento e le materie svolte sono indicate nella scheda  che viene riportata più avanti.

 

Perché il corso di aiutante magazziniere pratico

È stato scelto questo tipo di indirizzo per dare l’opportunità ai ragazzi con handicap di trovare un concreto e reale inserimento lavorativo attraverso un’attività ben specifica in un ambiente ben delimitato, quasi familiare dove il lavoro viene svolto ancora “a misura d’uomo”, a differenza delle attività di reparto, dove ai lavoratori è posto l’obiettivo della quantità produttiva.

L’aiutante magazziniere pratico deve essere in grado di eseguire con diligenza i compiti che rispondono ad una serie di mansioni:

- pulire e riordinare i locali;

- curare e tenere puliti ed in ordine attrezzi e mezzi;

- eseguire a fronte di istruzioni chiare e dettagliate;

- controllare il tipo di merci in arrivo e partenza;

- sistemare, prelevare e scaricare gli oggetti;

- gestire documenti con l’utilizzo di mezzi telematici;

- utilizzare i mezzi idonei all’imballo ed al disimballo;

- riconoscere codici ed etichette;

- aiutare alla realizzazione dell’inventario;

- eseguire fattorinaggio esterno all’azienda.

Gli allievi con handicap intellettivo medio o lieve sono in grado di svolgere questi tipi di mansione. Anzi, alcuni di essi hanno particolare predisposizione all’ordine, alla pulizia ed alla cura delle cose, ad eseguire perfettamente le istruzioni.

 

Come sono stati organizzati gli stages

Prima di affrontare questo aspetto, è necessaria una breve premessa per capire come è cambiato il sistema lavorativo nel biellese ed anche in ambito regionale (si pensi alla crisi Fiat).

 

Industria

Purtroppo le aziende tessili biellesi, sono attualmente in una crisi profonda, le grandi come le piccole. Le grandi in passato avevano sempre accolto ragazzi con handicap, oggi li accolgono con grande difficoltà e sempre in numero minore (nonostante le agevolazioni  contributive).

Del resto la crisi del consumo, e conseguentemente della produzione, porta ad una riduzione della forza lavoro, ad un ristagno delle assunzioni e nel peggiore dei casi, alla cassa integrazione, ed in estremo alla chiusura dello stabilimento.

In questo clima è sempre più difficile individuare non solo posti di lavoro, ma anche stages per gli allievi con handicap intellettivo.

Le piccole e medie aziende, che potrebbero assorbire parte di questa forza lavoro, non hanno le risorse finanziarie per dedicare dei tutors da affiancare ai giovani con handicap.

La consueta domanda che hanno posto i vari responsabili del personale alla nostra richiesta di collocare un ragazzo in stage è stata: «Sono capaci a svolgere il lavoro? Ne avremmo effettivamente bisogno per sopperire ad esigenze produttive».

Non avevano assolutamente compreso il senso dello stage. L’azienda che collabora con la scuola nel progetto formazione-lavoro deve affiancare al ragazzo un tutor che con pazienza, tempo, dedizione prepari il giovane all’attività professionale

 

Artigianato

Nel passato gli artigiani biellesi (meccanici, elettricisti, termoidraulici, ecc.) accettavano ragazzi in situazione di handicap e spendevano energie per insegnare loro “il mestiere”.

Attualmente, le strutture medie di questi laboratori sono estremamente ridotte (composte prevalentemente dal titolare e dai propri familiari) e per legge non possono avere degli stagisti se non hanno almeno un dipendente a libro paga.

 

Commercio

Anche per il commercio vale lo stesso discorso dell’artigianato; un negozio per avere uno stagista deve avere almeno un dipendente.

Nell’ambito biellese, al momento è quasi una rarità, in una situazione di contrazione generale delle vendite (in particolare per le piccole strutture), trovare disponibilità allo stage.

Per tali ragioni abbiamo individuato nei “servizi” lo sbocco lavorativo e impostato le conseguenti attività formative mediante convenzioni con Comune, Provincia, Ospedale, Organizzazioni sindacali, Unione degli industriali, Case di riposo, Cooperative di servizi.

In queste strutture abbiamo trovato personale qualificato disposto a dedicarsi alla formazione degli allievi, ma non solo. In alcuni ambiti si è creato un valido rapporto di amicizia tra il tutor ed il ragazzo, al di là del rapporto professionale, che permane ancora oggi.

Nel biellese operano cooperative che offrono servizi in vari settori (depositi-trasporti, pulizie, magazzinaggio, piccoli laboratori di confezione) che si avvalgono di personale quasi esclusivamente con handicap intellettivo.

Il risultato ottenuto da queste strutture è altamente positivo, per cui possiamo dire che, almeno per l’immediato, la scuola biellese si orienterà nell’ambito dei servizi per creare opportunità di lavoro per gli allievi con handicap intellettivo.

 

Esiti degli stages

Dei dodici ragazzi frequentanti il corso, due con i requisiti di assunzione (maggiore età, dichiarazione di invalidità e conseguimento del diploma) sono attualmente assunti con esito positivo.

Sono stati confermati nella stessa azienda del settore (stranamente tessile) dove avevano attuato le 100 ore dello stage con le mansioni di aiutante magazziniere pratico.

Ciò è stato molto positivo, anche per la collaborazione avuta con i loro tutors che sono diventati i loro responsabili di reparto.

I tutors hanno fornito le indicazioni precise sulle mansioni, che i giovani da introdurre alla attività professionale, avrebbero dovuto svolgere. Questa opportunità ci ha dato modo di sviluppare temi specifici, coerenti con le esigenze dell’azienda e degli stessi giovani.

Tutti gli altri hanno avuto ottime esperienze con lo stage, ed avrebbero anche potuto iniziare una collaborazione professionale, ma stanno ancora completando il ciclo di studi con il raggiungimento della qualifica e del diploma.

È significativo che una ragazza (attualmente in quinta classe) stia svolgendo lo stage obbligatorio nella stessa  struttura dove ha svolto quello per il corso di aiutante magazziniere pratico e potrebbe essere riconfermata al termine del ciclo di studi con un’assunzione.

Questo corso regionale è stato progettato, organizzato e svolto dalla scuola.

Nel biellese è sicuramente l’unico esempio di corso di formazione professionale gestito da un istituto pubblico.

Ciò significa che gli allievi con handicap intellettivo hanno svolto le lezioni nello stesso ambiente scolastico e non in altre strutture; hanno avuto come docenti gli stessi docenti di sostegno, ognuno dei quali ha dato il proprio contributo di formazione professionale nell’insegnamento delle discipline del corso. Ad esempio l’insegnante con laurea in lettere, ha insegnato la materia relativa alla “comunicazione”.

In un suo articolo Andrea Canevaro afferma che «l’esperienza di questi ultimi anni è stato il superamento di limiti che sembravano assoluti».

È vero, mai come in questi ultimi anni si è lavorato molto in termini di educazione, di integrazione, di formazione al lavoro. Ma bisogna fare di più.

Si deve prendere come riferimento uno spot che tempo fa passava sui mass media: renderli “molto abili”.

La scuola deve fare la sua parte e con la scuola ogni organismo coinvolto nell’inserimento sociale e professionale, per far sì che l’allievo con handicap intellettivo trovi una propria collocazione nel mondo del lavoro perché solo così potrà avere pari considerazioni, pari dignità ed essere parte integrante della nostra società.

 

 

(1) Cfr. “Riflessioni e proposte per la rivalutazione dei corsi prelavorativi”, Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002.

(2) Cfr. Maria Grazia Breda, “L’orientamento degli allievi con handicap intellettivo: dall’integrazione scolastica all’inserimento lavorativo e sociale”, Ibidem, n. 142, aprile-giugno 2003.

 

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