Prospettive assistenziali, n. 144, ottobre-dicembre 2003

 

 

Specchio nero

 

 

I DIRITTI NON PREVISTI DALLA LEGGE 328/2000

 

Sul n. 3/2001 di Sindrome Down Notizie, quadrimestrale dell’Associazione italiana persone down, l’avv. Alessandro Nocco ha sostenuto che il 1° comma dell’art. 2 della legge 328/2000 sulla riforma dell’assistenza e dei servizi sociali riconosce «il diritto soggettivo dei cittadini, soprattutto i più deboli e disagiati, di beneficiare di prestazioni non solo di natura economica, ma più estesamente sociale» (1).

Di fronte a questa affermazione assolutamente infondata, il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, ha segnalato alla redazione della sopra citata rivista che «affinché i diritti siano esigibili, non è sufficiente quanto previsto dal 1° comma dell’art. 2 della legge 328/2000, poiché occorre che siano precisati anche le istituzioni obbligate a fornire le prestazioni, i contenuti degli interventi, le modalità ed i tempi relativi alla loro erogazione, i finanziamenti concernenti le spese di investimento e quelle di gestione» (2).

Apriti cielo! Come se le argomentazioni del Csa fossero veleno, l’avv. Nocco (cfr. Sindrome Down Notizie, n. 2/2003) dichiara che la sua interpretazione era «evidentemente orientante». Ma orientare verso qualcosa che non c’è, soprattutto se si tratta di diritti, non è una informazione fuorviante?

Nocco tenta di giustificare l’errore commesso asserendo che il Csa contribuirebbe «senza avvedersene, a fuorviare gli esiti applicativi, a esclusivo compiacimento di quanti i diritti dei cittadini più deboli non intendono sostenere e a esclusivo nocumento delle legittime pretese che gli stessi cittadini più deboli possano e debbano vantare».

Dunque, il Csa, dichiarando che - com’è vero - la legge 328/2000 non prevede alcun diritto, danneggerebbe i cittadini più deboli!

È il colmo dei colmi! Difatti, è, invece, vero il contrario. Il Csa informa correttamente i soggetti deboli e le organizzazioni che ne tutelano le esigenze ed i diritti, sulla necessità di aprire gli occhi, di non lasciarsi abbindolare dal truffaldino testo del 1° comma dell’art. 2 della 328/2000 e quindi di continuare a lottare perché una nuova normativa riconosca - finalmente - esigenze e diritti.

Il Nocco insiste nella sua distorta interpretazione della 328/2000 affermando che trattandosi di «legge quadro, legge cornice, come la scienza giuridica insegna, essa debba necessariamente  rinviare, per la estrinsecazione specifica del diritto e dei diritti, alle norme regionali e di dettaglio».

Aggiunge il Nocco: «È ovvio e lapalissiano come solo attraverso le diverse leggi regionali, ma ancora più precisamente, attraverso i singoli piani di zona, sanciti attraverso gli accordi di programma di cui all’art. 34 del decreto legislativo 267/2000, si concretino, si esplicitino e si definiscano i diritti soggettivi alle prestazioni e ai servizi, si descrivano le diverse forme e modi di atteggiarsi di tali diritti, ma pure come ciò possa e debba farsi in virtù del fatto che il medesimo diritto soggettivo, sia pure in astratto, sia stato fissato, quale principio-cardine della legge quadro 328/2000».

Premesso che non risulta che mai, nei secoli scorsi e attualmente, un diritto soggettivo e quindi esigibile, sia stato e possa essere fissato «in astratto», è assolutamente fantasioso ritenere che, sulla base delle norme della legge 328/2000, le disposizioni regionali debbano obbligatoriamente stabilire diritti azionabili.

La prova certa della nostra affermazione sopra riportata è fornita, come viene illustrato in un articolo di questo numero, dalla legge della Regione Emilia Romagna, attuativa della 328/2000, in cui non è riconosciuto nessun diritto esigibile.

L’avv. Nocco non tiene conto che anche la legge 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale era ed è una legge quadro o cornice che dir si voglia. Anch’essa delegava le Regioni alla definizione di norme attuative, ma prevedeva e prevede essa stessa diritti esigibili che le Regioni e le aziende sanitarie locali e ospedaliere sono tenute a rispettare.

Inoltre, non è assolutamente vero - come sostiene il Nocco - che nei piani di zona (il cui ambito di riferimento non è certamente il territorio nazionale) obbligatoriamente «si concretino, si esplicitino e si definiscano i diritti soggettivi alle prestazioni e ai servizi».

Purtroppo i piani di zona, come abbiamo precisato sul n. 137, 2002 di Prospettive assistenziali, rischiano di essere un miraggio, per il fatto che - come è finora avvenuto su tutti i documenti a noi noti - anch’essi non contemplano diritti esigibili, ma solo l’indicazione dei servizi e delle strutture che si intendono realizzare.

Al riguardo, aspettiamo che il Nocco ci segnali un piano di zona che contenga le norme in base alle quali i cittadini deboli possano pretendere dalle istituzioni il diritto alle prestazioni semplicemente elencate nella legge 328/2000.

 

 

ECCO COME IN UN OSPEDALE SI NEGA LA DIGNITÀ A UN ANZIANO

 

Riportiamo integralmente da la Repubblica dell’11 ottobre 2003 la lettera che reca le firme di Maria Vanella Bosca e Daniela Vanella.

 

Testo della lettera

Egregio sig. Ministro della sanità, siamo la moglie e la figlia di un signore anziano che doveva compiere 90 anni il 22 settembre, ma che è mancato due giorni prima. Proprio perché questo è l’anno dell’anziano vogliamo renderLa edotta di alcune vere mancanze da parte della Sanità. Il nostro congiunto soffriva di anemia acuta da alcuni mesi ed era egregiamente e amorevolmente curato dai medici e dagli infermieri dell’Ospedale Mauriziano di Torino.

Ogni settimana veniva infatti trasfuso in day-hospital rientrando alla sera a casa propria. Il giorno lunedì 15 settembre, in seguito ad una tosse che risultò poi essere polmonite, ebbe uno sbocco di sangue e chiamammo il 118.

Nonostante le nostre preghiere, fu portato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maria Vittoria dove nella notte lo seguirono con cure appropriate. La mattina seguente, però, prima della ora di visita, con una telefonata ci avvisarono del suo trasferimento all’Amedeo di Savoia.

Trovammo il nostro caro totalmente abbandonato (l’ingresso ai visitatori è concesso solo un’ora al momento dei pasti), il braccio sinistro era tutto gonfio per un prelievo eseguito la sera precedente con una fasciatura stretta come un gesso che fu poi sufficiente tagliare via; tremava per il freddo, ma alle nostre richieste di una coperta  ci fu risposto di cercare sopra gli armadi e che se non ne trovavamo avremmo dovuto farne a meno.

Inutile dire che alcuni infermieri interpellati rispondono in maniera sgarbata ed arrogante considerando ogni richiesta lecita una seccatura. Ciò che più ci ha inorridito, a parte la cronica assenza di un medico con il quale parlare (l’orario è solo dalle 12,30 alle 13,30 e non sempre lo si trova) è il fatto che i malati vengono cambiati solo ogni 4 ore.

In seguito alle proteste della moglie del vicino di letto ammalato di Alzheimer e non cosciente, il giorno seguente l’infermiere del mattino mise il catetere non solo a lui, ma anche al nostro congiunto, con la giustificazione che sarebbe stato asciutto e non si sarebbero formate più piaghe.

Peccato che come l’infermiere avrebbe dovuto sapere che con la sua malattia avrebbe da allora in poi provocato una continua emorragia! Sotto nostra responsabilità decidemmo il trasferimento all’Ospedale Mauriziano, ben sapendo che sarebbe mancato, ma almeno in maniera dignitosa e con la nostra presenza al suo fianco, poiché nel precedente ospedale, nonostante ci avessero esposto la gravità del caso non era stato rilasciato il permesso anche a una sola di noi di assisterlo durante il giorno, permesso improvvisamente accordato alla notizia del trasferimento.

 

 

GERMANIA: LE FALSE INFORMAZIONI SUGLI ANZIANI CREANO ODIO SOCIALE

 

In Germania, secondo quanto riferisce la Repubblica del 9 agosto 2003, è esploso un conflitto di figli e nipoti contro genitori e nonni. La nuova rivolta giovanile è mossa solo da interessi economici: i consistenti oneri relativi alla sanità e alla previdenza.

In una intervista al Tagesspiegel, il leader della gioventù democratica (Cdu) Philipp Missfelder ha affermato: «La sanità non può più pagare tutto per gli anziani. Non vedo perché le protesi agli 85enni debbano essere gratuite. In passato, era normale camminare sulle grucce».

Ad avviso di alcuni esperti, la brutale presa di posizione di Missfelder è la diretta conseguenza del continuo e fuorviante martellamento attuato dai mezzi di informazione di massa e dalle autorità che attribuiscono agli anziani la gravissima colpa di ammalarsi più dei giovani e di aver bisogno della pensione per poter vivere.

Le prestazioni sanitarie - come è ovvio - non possono né devono essere calcolate in modo uguale per tutti i cittadini. Non solo i vecchi, ma anche i giovani colpiti da patologie invalidanti devono essere curati senza accanimenti terapeutici, ma anche senza praticare l’eutanasia da abbandono.

Gli ex lavoratori hanno sborsato contributi per essere curati anche durante la vecchiaia; altri versamenti sono stati effettuati per le loro pensioni.

Questi fondi dove sono andati a finire?

Le televisioni ed i giornali italiani impareranno la lezione o continueranno ad affermare che gli anziani non sono una risorsa ma rappresentano una calamità sociale?

 

 

 

(1) Il primo comma dell’articolo 2 della legge 328/2000 è così formulato: «Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri individuati ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all’articolo 129, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112».

Dalla lettura della disposizione sopra riportata, emerge, con assoluta evidenza che le parole “hanno diritto” costituiscono semplicemente una enunciazione di principio, riferita alle persone che possono beneficiare delle prestazioni e dei servizi indicati nella legge 328/2000.

(2) Nella nota del Csa veniva anche ricordato che l’allora Sottosegretario del tesoro, On. Gianfranco Morgando, nella seduta del Senato del 18 luglio 2000 aveva chiarito che, ad esclusione delle erogazioni di natura pensionistica, le prestazioni previste dal disegno di legge n. 4641, ora legge 328/2000 «non formano oggetto di diritti soggettivi per cui l’entità delle stesse sarà determinato in relazione alle disponibilità del Fondo» e cioè degli stanziamenti che verranno definiti. Il Csa precisava, inoltre, che anche la dott.ssa Alfonsina Rinaldi, esperta dell’ex Ministro Livia Turco, nell’intervento svolto al convegno nazionale Inas “La nuova legge sull’assistenza: il ruolo del patronato nei servizi sociali integrati” (Roma, 7 marzo 2001) aveva riconosciuto che nella legge 328/2000 non ci sono diritti esigibili. In particolare aveva affermato quanto segue: «Io voglio sottolineare il concetto di effettività dei diritti. In questo punto è vero che c’è una contraddizione nella legge 328/2000. Il Parlamento ha adottato una legge dove non ha rinunciato al principio dell’universalità, ma in una serie di passaggi intermedi dichiara esigibili solo i diritti soggettivi legati agli assegni economici».

 

 

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