Prospettive assistenziali, n. 142, aprile-giugno 2003

 

 

la possibilità di non riconoscere il proprio nato: la situazione in europa

catherine bonnet (*)

 

 

Dovunque nel mondo, ogni anno, e fin dall’antichità, vi sono donne che non riconoscono il proprio nato al momento del parto. Tuttavia il più delle volte si usa il medesimo termine di “abbandono” per indicare due modi contrapposti del non riconoscimento del bambino:

la rinuncia a diventare la madre di un neonato, perché possa essere affidato a genitori adottivi;

l’abbandono del neonato sulla pubblica strada mettendo la sua vita a rischio  immediato di morte.

Nel secondo caso si tratta di un grave maltrattamento del bambino al momento della nascita, di un gesto che è quasi un infanticidio e che è punito dalle leggi penali.

Nel primo caso si tratta di un atto volontario di protezione della vita, che è stato legalizzato con la regolamentazione dell’accoglienza del bambino, del suo affidamento e della sua adozione.

Questa contraddizione nell’uso della parola “abbandono” contrasta con la necessità di comprendere i motivi in base ai quali ci sono donne che non riconoscono il proprio nato.

 

I - Capire le donne che scelgono di non riconoscere il proprio nato

Per molto tempo in Francia si è ritenuto che la mancanza di denaro fosse la causa principale del non riconoscimento del neonato.

Dopo aver osservato di quali aiuti sociali potevano beneficiare le donne in difficoltà economica al momento del parto, mi è stato impossibile continuare a rispondere ai figli adottivi venuti a consultarmi che la scelta della loro adozione alla nascita era motivato dalla mancanza di risorse economiche della loro genitrice.

Nel 1986 ho quindi proposto al Ministero della sanità di realizzare uno studio per il quale avevo elaborato le seguenti ipotesi: all’origine della scelta del non riconoscimento non vi sono ragioni economiche, ma cause essenzialmente psicologiche. Il settore “Ricerca e sperimentazione” del Ministero della sanità ha finanziato questa prima ricerca, dal novembre 1987 al 1989, sulle donne che partorivano nell’anonimato.

L’analisi dei loro colloqui ha dimostrato che in Francia le ragioni socio-economiche non rappresentavano la causa essenziale del non riconoscimento; esse erano invece di natura psicologica. La maggior parte di queste donne scopre di essere incinta tra il quinto e il nono mese di gravidanza perché rifiuta il proprio stato; la negazione della propria gravidanza è un sintomo di rischio. Infatti se perdura fino al parto, vi sarà il pericolo che la donna neghi la propria gravidanza. Presa dal panico, può allora abbandonare il neonato sulla pubblica strada subito dopo la nascita  o commettere atti violenti. Il bambino può quindi morire per incuria o per infanticidio.

La negazione della gravidanza può essere causata sia da abusi (sessuali, fisici, psicologici) subiti durante l’infanzia, sia da un concepimento conseguente ad uno stupro.

I risultati della ricerca hanno fornito ulteriori spiegazioni del fenomeno che veniva definito “abbandono”:

- il non riconoscimento è sovente una conseguenza degli abusi sessuali che hanno determinato la maternità e il parto;

- consegnare il bambino all’adozione può essere un modo per evitare la ripetizione della violenza sotto forma di abbandono sulla pubblica strada, di infanticidio e di altre forme di maltrattamenti protratti nel tempo;

- la scelta del parto segreto protegge dall’abbandono per strada e dall’infanticidio.

Tra il 1993 e il 1995 nove missioni umanitarie in Croazia e tre in Ruanda, con il compito di formare gli operatori che accolgono donne incinte vittime di stupri di guerra, hanno confermato le osservazioni raccolte precedentemente: negazione della gravidanza, comportamenti dissimulatori, ricerca dell’anonimato, infanticidio, ecc.

Dal gennaio al luglio 1996, a Parigi è stata aperta un’unità di cura per prevenire la violenza e l’incuria perinatale. Sono stati ascoltati due gruppi di donne incinte:

- donne responsabili di incurie o di violenze; i due terzi hanno confermato le rilevazioni della prima ricerca: negazione della gravidanza, dissimulazione delle loro condizioni, fantasie infanticide, infanticidi compiuti dalle madri;

- donne vittime delle violenze dei famigliari dopo l’accertamento della gravidanza.

Dall’analisi dei loro colloqui si è potuto constatare che la genitorialità impensabile, o talvolta, impossibile non riguarda soltanto le donne; anche alcuni uomini manifestano mediante comportamenti trascurati o violenti una genitorialità ca­rente.

In seguito altri studi sulla negazione della gravidanza e la violenza perinatale, sia in Francia che all’estero, hanno contribuito a portare alla luce il problema e a trasferirlo dalla competenza sociale a quella della sanità pubblica.

In seguito in Francia si è aperto un dibattito: si deve oppure no mantenere per sempre la scelta del segreto che ha prodotto al momento della nascita l’interruzione dei rapporti con la famiglia genetica?

 

II - Quali sono le possibilità del parto con la garanzia  dell’ anonimato?

In Europa la problematica del parto con la garanzia dell’anonimato è di vecchia data; tuttavia per quanto concerne gli aspetti sanitari, vi sono due modi di intenderla:

- una, prenatale, riguarda l’accoglienza con garanzia di anonimato delle donne incinte;

- l’altra, post-natale, è l’accoglienza anonima dei neonati, il sistema delle ruote per raccogliere i piccoli; è la prima modalità di  intervento apparsa nella storia.

Per molto tempo in Francia l’anonimato è stato considerato come una posizione ideologica,  malgrado l’evidenza delle osservazioni cliniche. Più recentemente altri Paesi sono pervenuti alle medesime valutazioni scientifiche: l’anonimato protegge i neonati dal rischio di essere abbandonati sulla pubblica strada o di essere uccisi alla nascita; sono state messe in atto varie modalità per consentire alle donne la scelta dell’anonimato.

 

A) In Francia vi sono due possibilità:

L’accoglienza anonima dei bambini dopo la nascita.

 Comparsa in Italia nel 787, il sistema della ruota si è diffuso in Francia nel XVIII e XIX secolo ed è stato legalizzato da Napoleone il 19 gennaio 1811. Scopo delle ruote era diminuire l’abbandono selvaggio dei neonati e le relative conseguenze. Ci furono degli abusi. Certi genitori deponevano i figli in una “ruota” del muro dell’ospedale e, dopo pochi minuti, si proponevano come famiglia nutrice a un’altra porta di quello stesso istituto. Fin dal 1848 gli avversari di quel sistema hanno proposto di sostituire la ruota con degli “uffici aperti” che avevano lo scopo di incoraggiare le madri a tenere il loro piccolo mediante l’elargizione di un aiuto economico. Ma lo spopolamento della Francia dopo la guerra del 1870 fece chiudere le ruote. Era più opportuno rinforzare il sostegno economico alla “madre” visto che erano numerosi i bambini abbandonati alla pubblica assistenza  che morivano per mancanza di rapporti affettivi. Il decreto imperiale del 1811 fu sostituito dalla legge del 27 giugno 1904 che sopprimeva la ruota e istituiva il servizio di assistenza ai bambini. Da allora il sistema della ruota non è mai più stato ripreso poiché era possibile partorire con la garanzia del segreto.

L’accoglienza segreta delle puerpere e la scelta dell’anonimato.

Fin dal Rinascimento in Francia, a Parigi presso l’Hôtel Dieu, si è praticata l’accoglienza nell’anonimato delle donne incinte. Nel XVIII secolo si è poi diffusa a Praga, a Vienna e a Roma. Un decreto legge del 28 giugno 1793, durante la Rivoluzione francese, ha autorizzato le donne ad affidare il neonato allo Stato in modo anonimo e gratuito. Proprio quel testo sembra aver ispirato quello adottato il 2 settembre 1941, durante la seconda guerra mondiale, nel momento in cui la Francia ha dovuto fare fronte alle conseguenze del conflitto nei confronti della maternità: l’aumento delle nascite illegittime e delle gravidanze causate da stupri. Dopo il 1992 i parlamentari francesi hanno legiferato sull’anonimato in tre riprese:

- l’8 gennaio 1993, in occasione del dibattito sulla legge relativa alla filiazione e al codice civile, il parto segreto è stato previsto nel codice civile;

- il 5 luglio 1996, in seguito al dibattito sull’adozione, si sono regolamentate le condizioni relative all’anonimato. Ogni donna che partorisce nel segreto, successivamente in ogni momento della sua vita, se lo vorrà, potrà rivelare la propria identità. Si è raccomandato che, in caso di parto segreto, le informazioni contenute nel dossier che può essere messo a disposizione del figlio alla sua maggiore età, non contenessero elementi relativi all’identità della donna;

- il 25 gennaio 2002 i parlamentari hanno adottato una legge sull’accesso ai dati personali che prevede la creazione di un organismo che assicuri la conservazione e la trasmissione dei dati concernenti le origini, pur nel rispetto della scelta dell’anonimato al momento del parto.

 

B)  Nei Paesi anglosassoni

Un netto aumento dei bambini abbandonati sulla strada alla fine degli anni ’90 ha suscitato
la reazione degli operatori socio-sanitari e dei
giuristi.

In Germania, in questi ultimi anni, 40 bambini all’anno sono stati abbandonati per strada. Due dozzine sono stati trovati morti. Per lottare contro queste esposizioni pericolose per la vita dei neonati, l’associazione Sterni Park ha inaugurato il 5 aprile 2000 in Baviera e poi ad Amburgo il primo contenitore elettronico per bambini, la “babyklappe”. È una forma moderna di ruota. Un contenitore trasparente è installato in un muro esterno dell’ospedale. Una culla termostatica permette di accogliere il bambino; non appena si depone il bambino il contenitore si riscalda.

 A disposizione della madre vi è in tampone per prendere l’impronta della mano del bambino per poterlo identificare in seguito. Può depositare una lettera di accompagnamento e può andare a riprendere il neonato entro 8 settimane presso l’associazione che lo accoglie. Non appena il bambino viene deposto nel contenitore, un segnale elettronico avvisa un’équipe che soccorre il neonato. Altri 23 contenitori simili sono stati installati nei più grandi centri della Germania, a Berlino, Hannover, Monaco, Essen, Colonia, ecc. Deporre il bambino è legale, mentre l’abbandono per strada è punito dalla legge.

Nella Svizzera tedesca la situazione è analoga, benché non ci siano statistiche. Gli operatori sanitari hanno preso coscienza del problema in seguito alla scoperta di un neonato nel centro ospedaliero universitario di Zurigo. Accanto al bambino sono stati trovati cibo, abiti e giocattoli. L’ospe­dale cantonale di Einsiedeln, vicino a Zurigo, ha inaugurato nel maggio 2001 una “finestra per bambino” (babyfenster) che si basa sullo stesso principio dei contenitori tedeschi. La madre biologica ha sei settimane di tempo per riprendersi il bambino e non è oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria. Il più delle volte le madri di questi bambini sarebbero giovanissime.

Anche in Austria sono stati installati due contenitori per accogliere i bambini rifiutati dopo  la nascita, sullo stesso modello dei precedenti; sono chiamati “nidi per bambini”. Poiché alcune donne incinte in difficoltà economiche hanno chiesto di partorire nel segreto prima di lasciare il neonato nel “nido”, nel giugno 2001 la Città di Vienna ha legalizzato il diritto di partorire anonimamente come possibile alternativa al “nido”.

In Inghilterra ricercatori delle Università di Oxford e di Warwick hanno intrapreso uno studio per meglio capire la situazione e trovare soluzioni di natura preventiva. Secondo le loro statistiche il numero dei bambini abbandonati per strada sarebbe in aumento e sarebbe passato da 7 nel 1975 a 56 nel 1997. Si sta cercando una soluzione per prevenire le situazioni nocive per i bambini.

Negli Stati Uniti l’aumento dei bambini lasciati in strada ha suscitato l’attenzione di molti servizi. Secondo il Dipartimento “Health and human services”, nel 1998 centocinque neonati, di cui 33 sono stati trovati morti, sarebbero stati abbandonati per strada a fronte dei 65 del 1991.

 Dato che raramente vengono rintracciate le responsabili dell’abbandono, gli operatori suppongono che il loro profilo sia simile a quello delle donne che, all’atto della nascita, commettono un infanticidio, chiamato negli Usa “neonaticidio”. Secondo le loro ricerche si tratta di donne per lo più giovani, che hanno negato la loro gravidanza, non si sono fatte aiutare, non hanno previsto alcunché per il figlio; sovente sono sole, emarginate e mantengono nascosta la gravidanza. Di solito queste gravidanze sono illegittime o frutto di violenza carnale.

Per cercare di proteggere la vita dei neonati, nel giugno 1999 in Texas il Governatore ha attuato una prima azione legislativa, la “House Bill 3423”. Questa legge è stata chiamata la “Safe Heaven Legislation” ed è poi stata adottata da 35 Stati.  Essa autorizza ogni madre che lo desidera ad affidare ai servizi di emergenza (ospedale, polizia, pompieri, servizi sociali) il neonato sotto anonimato, senza che ciò sia considerato un reato.

La legge  è stata ampiamente pubblicizzata. Molti bambini ne hanno tratto beneficio; l’abbandono per strada è diminuito, ma non è stato sradicato.

III - I vantaggi dell’assistenza prenatale

 

Il sostegno in caso di rifiuto della gravidanza

Quanto più precocemente sarà individuato il rifiuto della gravidanza, tanto più la donna avrà tempo di riflettere sulla decisione migliore per il bambino. Tenerlo o separarsene. Inoltre avrà il tempo per informarsi sul suo diritto di scegliere o meno l’anonimato. Ma la rinuncia a diventare la madre di un neonato suscita numerose reazioni emotive che sono fonte di svariate pressioni sulla decisione delle donne, soprattutto se si tratta di minorenni o di adolescenti che dipendono economicamente dalla famiglia. Le pressioni familiari sono sovente irrazionali. Ognuno crede di far bene esprimendo la sua opinione. Più la giovane starà in silenzio  o sembrerà indifferente, più le persone che le stanno intorno si sentiranno obbligate a decidere per lei. Qualunque sia l’età della minorenne, si tratta della sua vita. È indispensabile lasciarle il tempo per riflettere ed elaborare la sua decisione, al riparo da qualsiasi pressione. Talvolta, per indurla a tenere il bambino o a separarsene, la famiglia addurrà come pretesto la religione oppure l’origine sociale o culturale. La cosa più grave consiste nell’impedire a queste donne di assumere una decisione, soprattutto se sono minorenni, sia che si tratti di tenere il bambino, sia che si tratti di lasciarlo. È successo così che in Francia, prima dei risultati di questa ricerca, si siano verificati numerosi abusi, poiché non esisteva una reale comprensione del rifiuto della gravidanza. Alcune donne hanno riferito in che modo erano state costrette a tenere il bambino: il risultato è stato che non riuscivano né a guardarlo né a toccarlo; altre invece sono state obbligate a separarsene per non creare “noie” in famiglia. Queste donne manipolate non potranno che rivendicare, anni dopo, la loro condizione di vittime, soprattutto quando la decisione “rubata” ha avuto come conseguenza il parto segreto e l’adozione del bambino. Maggiore sarà il numero degli operatori competenti, e con maggiore competenza le donne potranno essere aiutate ad assumere la loro decisione con completa cognizione dei propri diritti e di quelli del bambino; inoltre, minore sarà il fenomeno delle ricerche dolorose. Anche gli operatori sono condizionati da pressioni sociali e dalle loro personali reazioni emotive. Se una donna sembra loro simpatica allora desiderano che riconosca il bambino; se gli appare meno simpatica allora tendono a preferire l’affidamento a genitori adottivi, come se questi fossero perfetti. Ogni situazione di aiuto è complessa; ogni vicenda è un fatto individuale. Per questo motivo viene consigliato di applicare schemi del tipo: 

 - il rifiuto della gravidanza deve portare all’adozione;

 - un bambino frutto di violenza carnale deve assolutamente essere adottato.

 L’aiuto prenatale a queste donne in difficoltà deve essere dato da un’équipe pluridisciplinare formata da:

- un (o una) assistente sociale per aiutare la donna in merito ai problemi relativi all’alloggio, al lavoro e alle risorse economiche;

- un (o una) neuropsichiatra infantile e un (o una) psicologo per comprendere i motivi del rifiuto della gravidanza al fine di affrontare questo problema indipendentemente dal futuro del bambino. Nel caso si ipotizzi l’adozione del bambino, occorre intervenire per consentire alla donna di superare il lutto;

- un (o una) giurista per aiutare la donna a riflettere sui diritti suoi e su quelli del suo nato, nonché in merito alla scelta del parto in condizioni di anonimato, alla protezione del bambino e alle conseguenze giudiziarie nei casi di violenza.

Riflettere sulle informazioni concernenti le origini

 Il periodo prenatale permette anche, in caso di progetto di adozione, di dare alla donna un tempo di riflessione per trasmettere informazioni sulla storia del bambino e sui genitori biologici: età, origine sociale, professione, nazionalità, aspetto fisico, malattie genetiche, informazioni mediche sulla gravidanza e sul parto. Da un primo archivio “vuoto” che faceva credere che solo la mancanza di mezzi avesse originato l’abbandono, una dovizia di informazioni fa decollare nuove ricerche. Queste suscitano dibattiti e controversie. È dunque ragionevole inserire nel dossier le informazioni raccolte, qualora il parto sia anonimo o no?

Dopo la decisione del segreto del parto e la scelta dell’anonimato, in base al Codice civile, paradossalmente in Francia si tende alla trasparenza. Ma a volere sapere tutto e trasmettere tutto, i dossier rischiano di avere effetti negativi sui bambini adottati.

È necessario insistere con domande ai genitori d’origine sulle circostanze del concepimento per poterle trasmettere ai loro nati?

Sarà necessario fare una foto del momento del concepimento di ogni figlio biologico per assicurare una precisa trasmissione delle sue origini?

Bisognerà annotare sul libretto sanitario dei bambini biologici l’origine violenta del loro concepimento (caso molto più frequente di quanto uno immagini) con il pretesto che è una condizione necessaria alla loro salute mentale?

IV -  Le resistenze della società

Malgrado i provvedimenti assunti in favore della protezione dei minori che non sono riconosciuti alla nascita, vi sono ancora molte resistenze in Francia. Perché fare differenze tra bambini biologici e adottati? L’adozione è ammessa, ma le differenti origini fanno ancora paura. I legami di sangue sono idealizzati come se il semplice fatto di portare in grembo un bambino e diventare madre preservasse il bambino dall’essere maltrattato.

Questo mito dei buoni genitori d’origine è stato sostenuto mediante interpretazioni parziali del mito di Edipo. Questo mito ha attraversato secoli di storia con la convinzione che un bambino abbandonato possa ritornare e rivoltarsi contro i  propri genitori d’origine.

Laio, padre di Edipo era un violentatore (aggressore sessuale). Mettendo al mondo il figlio, decise di lasciarlo in cima ad una montagna perché morisse. Fu grazie alla generosità di un pastore che Edipo è sopravvissuto essendo stato affidato ad una coppia sterile Polibio e Merobe. Questa coppia lo ha allevato senza informarlo delle sue origini. Venendo a sapere da un oracolo che rischiava di uccidere suo padre e di avere un rapporto sessuale con sua madre, Edipo lascia i suoi genitori adottivi misconoscendo  la sua qualità di figlio adottivo per proteggere il loro legame. Dopo la sua partenza incontra sul suo cammino un uomo violento, il suo padre d’origine, Laio. Lo uccide nel corso di una lite per difendersi, senza sapere che quell’uomo era il suo vero genitore. In seguito sposa sua madre Giocasta, anche qui ignorando che ella l’aveva messo al mondo.

La situazione è stata spesso capovolta disegnando Edipo come un mostro, un capro espiatorio nel momento in cui è il superstite di pubblico abbandono e poi un bambino adottato che ignora la sua condizione.

 

In conclusione

L’evoluzione dei costumi, i progressi scientifici e sociali non devono far perdere di vista il buon senso e la saggezza anche se l’interazione tra un bambino e i suoi genitori d’origine appare sempre più complessa. L’essenziale per ogni bambino non è tanto essere a conoscenza dei dettagli che hanno determinato il suo concepimento e la sua nascita, soprattutto se questi non sono altro che un insieme di obiettivi biologici, ma di essere protetto dalla nascita dal rischio di maltrattamenti, e successivamente di crescere nella sicurezza affettiva di una famiglia, sia essa biologica o adottiva.

Il contributo degli studiosi, lo sguardo attento della società e il lavoro dei legislatori sono necessari  per dare una migliore accoglienza a queste donne angosciate e ad accompagnarle, se questa sarà la loro scelta,  a non riconoscere il loro neonato proprio per proteggerne la sua vita futura.

Bibliografia

Bonnet Catherine, Geste d’amour,  Odile Jacob, Paris, 1990

Bonnet Catherine, Les enfents du secret,  Odile Jacob, Paris, Mai 1992

Bonnet Catherine, L’enfant cassé, Albin Michel, Paris, Mai 1999

 A Hambourg, “Une ‘boite à bébés’  pour abandonner les nouveaux nés”, Le quotidien du médecin, 13 marzo 2000

National Abandoned Infants Assistance Ressource Center, “Information related to discarded infants”, School of Social Welfare, U.C. Berkeley

Sito internet:www.babyfenster.ch

 

 

 

(*) Psichiatra infantile e psicanalista.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it