Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

GLI ASSISTENTI SOCIALI approvano LA CHIUSURA DEGLI ISTITUTI DI RICOVERO PER I MINORI

 

 

Sul n. 139, 2002, di Prospettive assistenziali avevamo riportato la presa di posizione dell’Anfaa contro il disegno di legge n. 791, primo firmatario il Sen. Girfatti di Forza Italia, presentato al Senato, che vuole eliminare il termine stabilito al 31 dicembre 2006 per la chiusura degli istituti di ricovero di minori, allo scopo di assicurare la prosecuzione a tempo indeterminato della loro attività.

Riportiamo ora il documento approvato dall’Or­dine nazionale degli assistenti sociali (1).

 

Gli assistenti sociali italiani sono impegnati da oltre cinquant’anni sul fronte della deistituzionalizzazione. In particolare hanno operato con continuità e coerenza in favore dei minori svantaggiati seguendo un preciso percorso e sensibilizzando le istituzioni preposte alla tutela e cura dell’infanzia rispetto alla necessità di garantire, in primo luogo, alla famiglia naturale idonee provvidenze e sostegno psico-sociale, in secondo luogo, di offrire al bambino le cure affettive di una famiglia sostitutiva attraverso l’affidamento temporaneo o l’adozione, in terzo luogo – e quale extrema ratio – di inserire il minore in una piccola comunità d’accoglienza strutturata sul modello e la misura della famiglia.

Da Bowlby in poi, e quindi dalla seconda metà degli anni ‘50, gli studi sulla deprivazione delle cure materne si sono moltiplicate e gli assistenti sociali si sono fatti interpreti e promotori di una nuova cultura dell’infanzia che privilegia la famiglia quale sede di relazioni costruttive per personalità armoniche e integrate, irrinunciabile strumento di inserimento sociale e garanzia di benessere psicofisico del bambino.

La successione di interventi normativi è stata ispirata da un’esperienza concreta dei professionisti del settore (assistenti sociali, pediatri, psicologi, pedopsichiatri) che qualifica quanto l’Italia ha realizzato e sta realizzando nel segno della sua tradizione.

Da decenni il nostro Paese è impegnato nel superamento degli istituti educativo-assistenziali i cui requisiti minimi sono stabiliti ai sensi dell’art. 22, comma 3, del D.p.r. 328/2001. i requisiti minimi strutturali organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale o semiresidenziale, disciplinati dal decreto del Ministero per la solidarietà sociale n. 308 del maggio 2001, all’art. 3, prevedono per i minori solo strutture di tipo familiare e comunità di accoglienza, gruppi appartamento con una capacità ricettiva massima di sei minori e con specifici requisiti organizzativi adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei minori. Risulta invece carente l’impegno delle Regioni per realizzare concretamente le strutture alternative.

Ed è per questo che la proposta di legge n. 791 ha suscitato perplessità e preoccupazione tra gli oltre 30.000 assistenti sociali italiani, che tramite il loro organo rappresentativo esprimono il loro dissenso.

Preoccupano l’ulteriore proroga che si vorrebbe concedere agli istituti e la loro legittimazione, ma anche sul piano pratico la loro trasformazione che taluno si accinge ad operare con l’apporto di qualche modifica strutturale in pseudo case-famiglia: a tal fine è necessaria una reale verifica prima di avallare modifiche meramente nominalistiche volte a eludere la questione sostanziale dei contenuti, dei modelli, dei rapporti.

Ciò richiama la responsabilità che grava sulle Regioni.

Varrà inoltre la pena di osservare che l’articolo 31 della Costituzione fa riferimento non agli innumerevoli istituti di ricovero o istituti educativo-assistenziali, secondo la denominazione adottata a partire dagli anni ‘60, che hanno caratterizzato l’intervento assistenziale per centinaia di anni in Italia, ma alle istituzioni pubbliche di tutela dei minori rappresentati all’epoca dall’Omni e dai brefotrofi cui competeva la tutela degli illegittimi, gestiti dalle amministrazioni provinciali.

Non di meno l’istituto “famiglia” è da considerarsi all’epoca come oggi il reale e fondamentale punto di riferimento per garantire la salute psico-fisica e l’inserimento sociale dei bambini e degli adolescenti.

L’Ordine nazionale degli assistenti sociali impegna i senatori firmatari della proposta ad un’attenta riconsiderazione e al possibile ritiro della proposta.

Chiede loro un concreto impegno in favore di una politica di sostegno alle famiglie svantaggiate e in favore dei loro bambini e segnala che la riduzione dei finanziamenti agli Enti locali segnerà un significativo regresso su questo versante e si tradurrà in sottrazione di interventi economici diretti, non meno che riduzione di servizi di sostegno psico-sociale.

Quest’Ordine, constatando lo scarso e comunque insufficiente impegno delle Regioni per porre in essere le strutture alternative di accoglienza che possono essere a ragione, in relazione ad una ben definita tipologia, definite “familiari”, nella motivata preoccupazione di un’interruzione di assistenza ai minori attualmente ospiti degli istituti e a quelli che nell’immediato possono avere necessità di accoglienza, sollecita interventi urgenti finalizzati allo scopo di realizzare strutture di accoglienza improntate al modello familiare ed inserite nel territorio e nella rete di servizi, che è prevista dalla legge 328/2000 e dal piano sociale nazionale, com’è nella tradizione che qualifica il nostro Paese.

 

 

(1) Il documento è stato inviato ai Senatori firmatari della proposta di legge n. 791, ai Capigruppo del Senato, al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e alle associazioni di tutela dei minori.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it