Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

considerazioni sulla conferenza nazionale di arezzo riguardante il volontariato

maria grazia breda

 

 

 

Nei giorni 11, 12 e 13 ottobre 2002 ha avuto luogo ad Arezzo la IV Conferenza nazionale del volontariato, prevista dall’art. 12 della legge quadro 11 agosto 1991 n. 266. Grazie all’organizzazione del Centro di servizi del volontariato Vssp di Via Toselli 1, Torino, che ha messo a disposizione gratuita viaggio e soggiorno, ho partecipato  ai lavori del sabato e di parte della mattinata di domenica, in rappresentanza del Csa-Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino. Purtroppo non sono giunta in tempo per l’apertura dei lavori della conferenza svoltasi il venerdì pomeriggio, presente il Ministro per il lavoro e le politiche sociali On. Maroni.

 

Perché sono andata

La decisione di partecipare è stata stimolata dal titolo del quinto gruppo di lavoro che aveva per tema “Il volontariato a sostegno dei soggetti più deboli, con particolare riguardo al problema della non-autosufficienza”.

L’occasione sembrava propizia per distribuire a tutti i partecipanti (oltre un migliaio di persone) il volantino dal titolo un po’ provocatorio “Il volontariato deve agire contro l’emarginazione delle persone non autosufficienti”, che viene riportato integralmente qui di seguito, nella speranza di sollecitare il confronto con altre realtà italiane impegnate nella tutela delle persone in difficoltà.

Ovviamente, la conferenza era anche l’occasione per “tastare il polso” al mondo variegato delle associazioni di volontariato, capire se prevaleva ancora il concetto di carità-solidarietà sulla necessità di ottenere giustizia, anche se a scapito di conflitti con le istituzioni; verificare se, placata l’ondata di consenso a tutti i costi per ottenere  l’approvazione della legge n. 328/2000 di riforma dell’assistenza, vi fosse finalmente da parte delle associazioni  la volontà di impegnarsi per strappare adesso a livello regionale e locale diritti finalmente esigibili per chi è “inabile e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere” come recita il primo comma dell’art. 38 della Costituzione.

Ero anche interessata a capire se davvero il mondo del volontariato voleva “confondersi” con quello delle cooperative sociali nel cosiddetto terzo settore, annullando di fatto le sue specificità, prima fra tutte la gratuità delle prestazioni, che è l’essenza stessa del volontario.

Non ultimo, tenuto conto che nell’invito della conferenza i Ministri abbondavano, ed erano assicurate tanto la partecipazione del Ministro Roberto Maroni, come abbiamo già ricordato, quanto quella del Ministro alla salute Girolamo Sirchia, con gli altri volontari del Csa si è deciso di puntare su due problemi quanto mai attuali:

1) come i volontari possono intervenire per difendere il diritto alle cure sanitarie degli adulti e degli anziani malati cronici non autosufficienti;

2) quali iniziative dovrebbero essere attivare nei confronti di Governo e Regioni perché le famiglie dei soggetti in difficoltà, non siano tartassate dagli Enti locali, ma aiutate.

 

Che cosa è emerso dalla tavola rotonda “Dibattito sulle prospettive e l’evoluzione nel mondo del volontariato”

Alla tavola rotonda hanno partecipato i componenti dell’Osservatorio nazionale per il volontariato. Ognuno ha avuto a disposizione soltanto cinque minuti e, pertanto, praticamente da tutti è stata stigmatizzata negativamente l’organizzazione, perché, come già era accaduto nella precedente conferenza di Foligno, non ha riconosciuto uno spazio sufficiente di intervento per i protagonisti effettivi della conferenza, i volontari, scegliendo di privilegiare nella concessione del tempo Ministri, rappresentanti del Governo ed i cosiddetti “esperti”. Da parte mia osservo che in nessuno dei momenti assembleari al pubblico non è mai stata data la possibilità di intervenire.

Ciò premesso, forse anche “stimolati” dal volantino che era stato distribuito all’ingresso della sede della conferenza, dagli interventi dei rappresentanti dell’Osservatorio è emerso un profilo di volontariato che sembra far ben sperare. Vediamo, secondo l’ordine degli interventi, i passaggi più significativi dal mio punto di vista:

1) il volontariato si confronta con le istituzioni e, in questo momento, ravvisa l’urgenza di un impegno urgente per chiedere la modifica della finanziaria laddove si afferma che i livelli essenziali relativi all’assistenza sociale, previsti dalla legge n. 328/2000, sono condizionati dalle risorse disponibili. Il volontariato deve essere uno stimolo per le istituzioni dalle quali deve ottenere il rispetto dei diritti delle persone in difficoltà. Per ottenere diritti, sono necessarie risorse adeguate secondo il fabbisogno. È finito il tempo della carità! Il volontariato è entrato in una fase più matura, non può più fare a meno di rapportarsi con le istituzioni per la difesa dei cittadini più deboli, perché è dalle istituzioni che  i bisogni dei cittadini devono trovare una risposta concreta. Anche per questo nuovo rapporto con il territorio, il volontariato è passato dalle grandi associazioni a espressioni di singole associazioni, magari piccole, ma ben radicate nella realtà locale, capaci di entrare in relazione non solo con le persone in difficoltà, ma anche con gli enti locali per chiedere i servizi necessari. Il volontariato non deve rassegnarsi: deve lottare per la qualità della vita di chi è in difficoltà. La prima sfida è non accettare un mondo diseguale. Anziani non autosufficienti, persone in condizione di povertà, senza fissa dimora: bisogna trovare le risorse per tutelare i loro diritti.

2) Il volontariato deve essere indipendente economicamente, altrimenti rischia di essere ingabbiato dalle istituzioni. Da tempo si è acceso il campanello d’allarme sull’eccessivo utilizzo delle convenzioni e dei conseguenti rapporti finanziari di dipendenza con le istituzioni. È ancora volontariato gratuito in questi casi? Interroghiamoci: si è detto, perché molti si sono trasformati in “aziende” e hanno perso la gratuità che è l’essenza stessa dell’essere volontario. Bisogna tornare alle origini e a confrontarci di più rispetto ai nostri fini. Il volontariato deve lottare contro le cause che creano emarginazione. Il volontariato ha bisogno dello Stato, delle istituzioni e dei servizi. Non sostituisce né vuole sostituire lo Stato. Il volontariato non deve farsi rinchiudere nella nicchia dei “buoni”; deve agire per il cambiamento e perché diminuiscano i poveri. Bisogna fare politica, interessarsi dei bilanci comunali per orientare le scelte di chi amministra. Si deve coniugare solidarietà con giustizia e diritti delle persone. Mettersi a fianco delle persone in difficoltà e denunciare le carenze.

3) Il volontariato è cosa diversa dalle cooperative, anche se è forte il tentativo in atto di spingere e invogliare  il volontariato affinché si trasformi in gestore di servizi. Il volontariato deve invece mantenere la sua identità di risorsa etica, difendere lo Stato sociale e non mescolarsi non solo con il “profit”, ma anche con il “non profit”.

 

Che cosa è scaturito dai lavori di gruppo

Anche da parte dei gruppi di lavoro è arrivata una pesante critica agli organizzatori della conferenza, a partire dalla scelta assolutamente inadeguata degli spazi, ricavati all’interno del centro affari mediante dei divisori. Le sale così ottenute non erano però né sufficienti a contenere i partecipanti (mediamente 120-150 persone) e, soprattutto, non permettevano di ascoltare e comunicare tra i presenti, perché ogni gruppo era disturbato da quello adiacente.

Inoltre il tempo a disposizione (in pratica due ore) è stato giudicato del tutto insufficiente a qualunque approfondimento. È stato appena possibile scambiare qualche indirizzo, per tentare di approfondire in seguito eventuali conoscenze e interessi comuni.

Per parte mia osservo che i gruppi erano comunque già “preconfezionati”, in quanto non solo erano già stati decisi i conduttori, ma anche la traccia di lavoro su cui i partecipanti potevano solo più esprimere il loro consenso o meno.

Vista l’esiguità del tempo a disposizione, a fronte dell’altro numero dei partecipanti, il confronto è stato inesistente.

Per quanto riguarda i contenuti gli aspetti emersi, che  a mio parere sono stati i più significativi sono i seguenti:

a) nel gruppo che ha affrontato la modifica della legge quadro sul volontariato e il ruolo del volontariato nella società civile le richieste sono le seguenti: continuare a considerare la gratuità come elemento fondante del volontariato; usare tutta la fermezza che è necessaria per escludere ogni forma palese od occulta di retribuzione dei volontari;  introdurre nella normativa una forma di riconoscimento del volontariato di promozione dei diritti; contrastare una legge unica volontariato-terzo settore, perché il volontariato non deve essere confuso con l’impresa sociale. A questo proposito si chiede che siano soppresse tasse ingiuste come l’Irap e introdotta l’Iva sociale per le associazioni di volontariato;

b) per quanto riguarda gli aspetti che interessano il volontariato in relazione alle persone in difficoltà è emerso a mio avviso un dato preoccupante. Le associazioni di volontariato continuano a credere che la legge n. 328/2000 garantisca il diritto all’assistenza e chiedono all’attuale Governo di non condizionare i livelli essenziali relativi all’assistenza sociale alle risorse disponibili. Dimenticano (volutamente?) che è proprio il secondo comma dell’art. 22 della legge n. 328/2000 a stabilire che il livello essenziale delle prestazioni sociali è erogabile sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Perché queste stesse organizzazioni non hanno operato affinché la legge n. 328/2000 prevedesse l’obbligo del finanziamento per rendere esigibili i diritti concernenti le esigenze fondamentali di vita dei soggetti più deboli? Perché hanno accettato che si definissero solo delle “priorità” di intervento? Ha pertanto avuto buon gioco la Sen. Grazia Sestini nel sottolineare che nella finanziaria 2003 le risorse per il fondo sociale sono state mantenute e non ridotte;

c) infine nel gruppo che si è occupato di volontariato a sostegno dei soggetti più deboli, con particolare riguardo al problema della non autosufficienza le istanze presentate sono state molto più legate al miglioramento della condizione delle persone interessate, in particolare degli handicappati in situazione di gravità e degli anziani in difficoltà. È stato richiesto, per chi è handicappato in situazione di gravità, che sia riconosciuto il diritto all’assistenza mediante la copertura globale di tutte le esigenze della persona, secondo i suoi bisogni. Inoltre, in generale è stato rivendicato il rilancio delle attività di prevenzione in tutti i settori sociali per garantire l’accesso anche alle persone in difficoltà ai servizi a cui hanno diritto gli altri cittadini e il potenziamento dei servizi domiciliari con il riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle famiglie e l’erogazione di assegni di servizio alla persona.

Inoltre, sono state richieste comunità alloggio di tipo familiare per chi non può più restare a casa propria; la definizione di criteri per la definizione del diritto all’accesso alle prestazioni assistenziali; la previsione per i servizi assistenziali di risorse integrative e non sostitutive del Servizio sanitario nazionale; l’introduzione di una modalità per la certificazione del personale che opera nelle strutture a contatto con persone non in grado di difendesi in modo da escludere che soggetti fortemente disturbati siano in contatto con gli utenti non in grado di difendersi da abusi, violenze, maltrattamenti.

Per quanto mi riguarda osservo che non è stata accettata la richiesta da me esplicitata per ben due volte ai  conduttori del gruppo, con il sostegno di quasi tutti i presenti, di  chiedere al Ministro Maroni (che sarebbe stato presente durante l’esposizione delle sintesi dei lavori di gruppo) di dare attuazione al decreto legislativo n. 130/2000, così come richiesto nel volantino distribuito, per porre fine alle richieste illegali dei Comuni nei riguardi di familiari di assistiti maggiorenni. Sarà un caso che i conduttori fossero un rappresentante dell’Auser e uno della Caritas, che su questi temi - pur informati - finora hanno sempre taciuto?

 

Un’osservazione a proposito dei finanziamenti dei Centri di servizio

Tra il materiale in distribuzione ho trovato l’opuscolo “I centri di servizio per il volontariato in Italia: presenza, struttura e servizi”, Rapporto 2001, a cura del Gruppo ricerca del Collegamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato. Anche da una scorsa veloce si può evincere che le risorse a disposizioni dei centri di servizio (e dunque delle associazioni di volontariato) sono enormi.

Mentre le associazioni presenti al Centro Nord utilizzano complessivamente i fondi per il 70-75%, al Sud solo il 35% di tali risorse è effettivamente speso dalle associazioni di volontariato.

Tenuto conto che in gioco ci sono decine di milioni di euro a disposizione di ogni singolo centro di servizio, viene spontaneo pensare che l’interesse del cosiddetto “no profit” a “confondersi” con il volontariato sia dettato più che da scopi “solidaristici”, dall’interesse a poter usufruire di tali fondi.

Purtroppo, si è già verificato che alcuni centri di servizio abbiano finanziato senza alcun motivo valido progetti di cooperative sociali, trattate come se fossero associazioni di volontariato.

 

Conclusioni

Con una lettera aperta distribuita a tutti i partecipanti il Forum Interregionale del volontariato del Piemonte e della Valle d’Aosta ha avanzato precise richieste al Ministro Maroni perché non ci siano più conferenze del volontariato in cui il volontariato sia di fatto escluso sia dall’organizzazione che dalla partecipazione concreta.

Ecco i punti principali delle proposte che condividiamo e che dovrebbero essere assunti come principi da cui partire per l’organizzazione di un nuovo appuntamento:

1) il volontariato non accetta di essere rappresentato sia da “esperti” e “consulenti” sia dal no profit;

2) il volontariato non accetta di essere confuso con altre organizzazioni che “non vivono di gratuità” e gestiscono organici di personale e strutture da far invidia ad una media industria: le cosiddette holding della solidarietà;

3) il volontariato rivendica il diritto e la capacità di autogestirsi e di autorappresentarsi, il diritto di partecipare ed essere voce riconosciuta nei convegni, nei tavoli di progettazione, nei luoghi e negli organismi nei quali si decidono le politiche sociali;

4) il volontariato riconosce la dignità e la specificità di altri soggetti, ma ribadisce che la propria identità si colloca nel quarto settore del mondo dei valori etici, gratuiti, perché non quantificabili, ossia servizi offerti senza corrispettivo da persone non retribuite e pertanto estranee ad ogni logica di mercato.

Sarebbe interessante - e utile - che le associazioni di volontariato con il supporto dei Centri di servizio riuscissero a promuovere in piena autonomia incontri regionali sulle tematiche che quotidianamente affrontano.

Dallo scambio reciproco, pur mantenendo ciascuna organizzazione la propria identità, si potrebbero trarre vantaggi inaspettati dal confronto e dalla conoscenza reciproca del come si è operato a tutela dei diritti delle persone in difficoltà.

 

 

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