Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

approvata la carta dei diritti del cittadino nel servizio sanitario piemontese

 

Redatta dalle sedi piemontesi di Cittadinanza attiva e del Tribunale per i diritti del malato, la Carta dei diritti del cittadino nel Servizio sanitario piemontese è stata approvata nel corso di una manifestazione che si è svolta a Torino il 14 giugno 2002.

Al documento, che riportiamo integralmente, ha aderito il Csa - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino, con l’impegno di continuare nella difesa del diritto alle cure sanitarie della fascia più debole della popolazione, in particolare dei soggetti con handicap, degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer, e con la speranza del coinvolgimento attivo dei promotori della Carta e di altre forze sociali.

La Carta dei diritti del cittadino precisa le linee guida (diritto all’informazione, alle prestazioni, alla qualità, ecc.) che dovrebbero essere rispettate dal Servizio sanitario piemontese (analoghe considerazioni valgono, a nostro avviso, per le altre Regioni).

I gruppi di base, quindi, dovrebbero verificarne la corretta attuazione da parte degli amministratori della Regione Piemonte e delle Asl, nonché degli operatori, intervenendo tutte le volte che alle suddette linee non viene assicurato adempimento adeguato alle esigenze del cittadino malato.

 

 

TESTO DELLA CARTA DEL CITTADINO NEL SERVIZIO SANITARIO IN PIEMONTE

 

1. Diritto al tempo

Ogni cittadino ha diritto a vedere rispettato il suo tempo al pari di quello della burocrazia e degli operatori.

I ritmi della organizzazione dei servizi sanitari sembrano valere molto di più di quelli dei cittadini e costituiscono troppo spesso un ostacolo all’esercizio del diritto alla salute.

I cittadini reclamando questo diritto, intendono rientrare in possesso del loro tempo, non accettando più di perdere ore di lavoro, denaro, impegni familiari, riposo e spazi di svago per fare le file, per ripetere esami e pratiche burocratiche, per aspettare il ricovero, la visita o la consegna della documentazione, per ritornare più volte sempre per la stessa cosa.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione ed alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* rendere più adeguati i centri unici di prenotazione che diano in tempo reale le disponibilità di tutti i servizi dell’Azienda sanitaria;

* istituire un servizio di informazione e prenotazione telefonica presso ogni presidio della Azienda sanitaria; procedere al ricovero, completando successivamente le pratiche di accettazione;

* ampliare il servizio di prenotazione presso i medici di medicina generale, le  farmacie, e i Comuni dove è possibile;

* garantire un servizio di triage adeguato nei Dea - Dipartimenti di emergenza e accettazione e nei pronto soccorsi;

* organizzare, nel caso di interventi chirurgici programmati, lo svolgimento degli esami necessari in regime ambulatoriale;

* consentire per alcuni servizi (radiologia, laboratorio di analisi, ecc.) lo svolgimento di esami senza prenotazione in fasce orarie predeterminate;

* garantire tempi di attesa per le prestazioni diagnostiche e specialistiche ridotti e comunque adeguati a rispondere alle esigenze di salute della popolazione, superando una situazione attualmente insopportabile ed a volte scandalosa.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* far aspettare anche una intera mattinata il paziente che deve essere ricoverato;

* obbligare a più file per ottenere una sola prestazione, sia essa una visita, la consegna di un referto, l’acquisizione di una autorizzazione, il rilascio od il rinnovo del libretto sanitario o l’assegnazione di medicinali e presidi;

* consentire la prenotazione solo presso gli sportelli dell’Asl;

* tenere aperti per poche ore al giorno uffici ed ambulatori;

* organizzare l’accesso alle visite ambulatoriali ed alle attività diagnostiche senza sistemi di prenotazione oraria, obbligando i cittadini ad iniziare le file all’alba senza le garanzie di poter effettivamente ottenere la prestazione.

 

Per noi cittadini il diritto al tempo significa infine:

* diritto di essere rimborsati con un bonus, da addebitare all’operatore responsabile, se la Azienda sanitaria non effettua la prestazione nel giorno indicato e con le modalità previste;

* diritto di essere avvisati telefonicamente in caso di spostamento della visita o del ricovero;

* diritto di accedere liberamente alla struttura che è in grado di effettuare la prestazione in tempo minore.

 

2. Diritto all’informazione

Ogni cittadino ha diritto a ricevere tutte le informazioni e la documentazione di cui necessita, nonché ad entrare in possesso di tutti gli atti utili a certificare in modo completo le sue condizioni di salute.

I cittadini piemontesi non sono adeguatamente informati e spesso devono attendere troppo per entrare in possesso della loro cartella clinica ed a volte la trovano incompleta o incomprensibile, il che li priva sia della possibilità di tutelare adeguatamente la propria salute, sia di curare i propri interessi in sede legale.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie nonché a tutti i soggetti pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* istituire in modo più capillare, uffici di relazioni con il pubblico capaci di fornire tutte le informazioni necessarie;

* attivare punti di informazione per i cittadini anche presso le strutture private, quali le farmacie, i laboratori di analisi, le case di cura;

* curare, avvalendosi della collaborazione delle organizzazioni dei cittadini, dei soggetti privati e degli operatori convenzionati (medici di medicina generale e farmacisti) la diffusione tramite opuscoli, fascicoli nei giornali, inserti di informazioni puntuali e tempestive circa le leggi che tutelano i diritti dei cittadini nel servizio sanitario nazionale;

* promuovere l’uso di strumenti informativi innovativi;

* assicurare la completa leggibilità di tutte le parti della cartella clinica, delle impegnative e delle prescrizioni in tutte le Aziende sanitarie;

* rilasciare la cartella clinica al paziente dopo non oltre 10 giorni e non oltre le 24 ore per i casi urgenti;

* realizzare le carta sanitaria informatica;

* realizzare la cartella clinica ed infermieristica sia a livello ambulatoriale  che di medicina generale.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* l’assenza in un servizio di luoghi, servizi, strumenti adibiti a fornire informazioni;

* l’omissione, in particolar modo da parte delle strutture private, di informazioni relative alle tariffe ed ai costi aggiuntivi delle prestazioni;

* la compilazione incompleta, non chiara, non aggiornata momento per momento, della cartella clinica da parte dei medici;

*  le cattive ed antiquate forme di conservazione e di archiviazione delle cartelle cliniche, che provocano frequenti smarrimenti;

* la mancanza di disponibilità a stilare le certificazioni richieste;

* l’abitudine di ostacolare la consegna di vetrini e lastre per consulti ed ulteriori accertamenti in altre strutture o anche nella stessa struttura;

* la mancanza o l’incompletezza della cartella infermieristica.

 

Per noi cittadini il diritto all’informazione ed alla documentazione sanitaria significa infine:

* diritto di ricevere la cartella clinica perfettamente compilata, anche per quanto riguarda trasfusioni, somministrazioni di emoderivati e vaccinazioni obbligatorie con allegati tutti i referti degli esami effettuati e, se richiesti, anche le radiografie, le ecografie, ecc.;

* diritto di ricevere in visione tutta la documentazione sanitaria prevista dalle leggi per le certificazioni;

*  diritto di acquisire comunque, in caso di dimissioni, una relazione medica (con diagnosi, terapia, prescrizioni di ulteriori esami diagnostici, ecc.) che permetta la continuità delle cure da parte di altri professionisti ed una breve relazione infermieristica che consenta la continuità assistenziale da parte degli infermieri territoriali rispetto ad obiettivi e/o modalità operative innovativi;

* diritto di conoscere anticipatamente le tariffe delle prestazioni a pagamento, intra moenia e private.

 

3. Diritto alla sicurezza

Chiunque si trovi in una situazione di rischio per la salute ha diritto ad ottenere tutte le prestazioni necessarie alla sua condizione ed ha altresì diritto a non subire ulteriori danni causati dal cattivo funzionamento delle strutture e dei servizi.

La sicurezza non è un lusso, ma un dovere prioritario del servizio sanitario nei confronti dei cittadini. I cittadini rivolgendosi ai servizi sanitari chiedono di essere curati, non subendo il rischio di ulteriori infermità e malattie evitabili.

Oggi sono ancora in troppi a perdere la vita ed a subire danni irreversibili per la disorganizzazione e le carenze del servizio sanitario. Non è altresì concepibile che la prevenzione delle malattie sia abbandonata alla volontà ed alle possibilità economiche di ogni singolo cittadino.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti pubblici e privati che erogano servizi, di:

* migliorare il servizio di emergenza sanitaria 118 e dei dipartimenti di emergenza, curando inoltre il collegamento per via telematica tra centrale operativa, ambulanze e rete di pronto soccorso di I° e II° livello e stabilire un corretto rapporto tra il numero dei posti letto per emergenze-urgenze (rianimazione, rianimazione neo-natale, unità coronariche, terapia intensiva) e abitanti in relazione alle specificità territoriali;

* realizzare, adeguare, collegare le unità spinali per l’assistenza a lesionati al midollo spinale e autorizzare le cure presso altre strutture anche all’estero;

* favorire tutti gli strumenti offerti dalla telemedicina, quali il telesoccorso, il cardiotelefono, il teleconsulto, ecc. per garantire su tutto il territorio regionale la possibilità ai cittadini di ottenere il miglior servizio possibile;

* aumentare secondo quanto previsto dalle norme vigenti il numero dei posti letto di riabilitazione ed i servizi riabilitativi ambulatoriali e domiciliari;

* riadeguare nel più breve tempo possibile il personale di assistenza infermieristica, personale Ota e Osa nei reparti in base alla verifica dei carichi di lavoro, soprattutto in considerazione delle situazioni ormai diffuse di alto rischio per l’assistenza, attraverso le scelte dei provvedimenti più adeguati ed in accordo con i Collegi infermieri e le Organizzazioni sindacali;

* promuovere le istituzioni della cartella infermieristica, quale strumento utile per migliorare il controllo sulla somministrazione delle terapie ed in generale sull’assistenza del malato;

* vigilare sul rigoroso rispetto di tutte le norme volte al controllo ed alla riduzione delle infezioni ospedaliere;

* promuovere attività di farmacovigilanza e la diffusione di informazioni sul corretto impiego dei farmaci da parte anche delle farmacie;

* effettuare la ripetizione di esami clinici e radiologici solo sulla base di effettiva necessità onde limitare gli effetti delle radiazioni ionizzanti e gli sprechi;

* garantire la gestione corretta dei rifiuti tossici nocivi ospedalieri.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* l’invio di ambulanze senza attrezzature adeguate alle necessità del caso;

* la ricerca improvvisata e senza coordinamento dei posti letto per malati in imminente pericolo di vita con relativi rifiuti, ritardi che possono costituire un rischio ulteriore per un paziente critico;

* la presenza di liste di attesa per operazioni chirurgiche o per esami diagnostici di alta specialità incompatibili con la sopravvivenza e comunque dannose per lo stato di salute;

* le carenze di funzionamento del servizio di guardia medica;

* la chiusura indiscriminata di servizi sanitari (ambulatori, reparti con annesso pronto soccorso, ecc.) e il mancato rafforzamento in determinati periodi dell’anno;

* la difficoltà di reperire il medico di medicina generale e di ricevere le visite a domicilio in caso di necessità;

* la riduzione dell’Adi e la mancata attivazione di tutte le figure professionali e l’integrazione con il sociale;

* la mancanza di servizi psichiatrici domiciliari;

* la carenza del servizio di pediatria di libera scelta al di fuori dei centri urbani;

* la lentezza delle autorizzazioni per i farmaci inno­vativi, non giustificata da motivi di sperimentazione.

Per noi cittadini il diritto alla sicurezza significa infine:

* diritto di accedere a trattamenti terapeutici che, a parità di efficacia, abbiano una minore invasività;

* diritto alla prevenzione per tutto il periodo della propria vita, con particolare riferimento alla prevenzione primaria, alla prevenzione e alla diagnosi precoce di patologie ad alta morbilità e mortalità con forte impatto sociale, quali i tumori, le malattie cardiovascolari, le epatiti, Aids, Mts (malattie trasmesse sessualmente), ecc.;

* diritto dei malati cronici all’accesso gratuito ai farmaci di documentata necessità, anche se non ancora in commercio in Italia;

* diritto a trasfusioni di sangue sicure;

* diritto a strutture di ricovero e cura che garantiscano la massima sicurezza ambientale e professionale.

 

4. Diritto alla protezione

Il servizio sanitario ha il dovere di proteggere in maniera particolare ogni essere umano che, a causa del suo stato di salute, si trova in una condizione momentanea o permanente di debolezza non facendogli mancare per nes-sun motivo e in alcun momento l’assistenza di cui ha
bisogno.

Se una società democratica si misura anche dalla sua capacità di sostenere i deboli, non può essere accettato che nella Regione Piemonte si limitino, come sta accadendo, le prestazioni dovute a categorie come gli anziani non autosufficienti, i malati cronici, i disabili, i non abbienti e i carcerati.

Nessuno deve essere lasciato solo, né essere escluso dall’esercizio del diritto alla salute. Risparmiare significa organizzare un sistema più razionale e più sicuro e non lesinare le cure a chi ne ha bisogno.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* garantire presidi sanitari consultando i malati cronici che ne fanno uso;

* curare e sostenere in maniera completa il malato cronico, anche per le complicanze che la malattia comporta;

* verificare l’utilizzo, in tutte le strutture dei  protocolli per la prevenzione e la cura delle piaghe da decubito, così come l’attuazione di linee guida per la cura e la riabilitazione degli anziani che subiscono la frattura del femore;

* adeguare le strutture deputate all’assistenza dei pazienti affetti da Aids al fine di garantire una continuità assistenziale articolata in interventi di assistenza domiciliare integrata, prestazioni ambulatoriali e di day hospital e ricoveri ospedalieri;

* garantire agli anziani non autosufficienti o parzialmente autosufficienti e a quelli con pluripatologie ad alto rischio di perdita dell’autosufficienza e in età avanzata l’accesso alle opzioni assistenziali per loro più opportune tra ospedalizzazione domiciliare, assistenza domiciliare integrata, day hospital geriatrico, centro diurno integrato, istituti di riabilitazione, residenza sanitaria assistenziale;

* applicare ai disabili le medesime garanzie previste per gli anziani;

* garantire assistenza certa e continuativa ai malati psichici onde evitare fenomeni di abbandono;

* assicurare ai malati mentali una rete articolata di servizi (centro di salute mentale, servizio psichiatrico di diagnosi e cura, strutture semi-residenziali, strutture residenziali, case famiglia) secondo gli standard previsti con orari e modalità idonei a fronteggiare anche le situazioni in cui vi è necessità di intervenire tempestivamente e con percorsi privilegiati nei pronto soccorsi.

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* rifiutare il ricovero ad anziani malati;

* fare attendere troppo per richieste di invalidità civile e di indennità di accompagnamento;

* acquistare ausili e presidi sanitari non idonei alle necessità;

* dimettere precocemente anziani o persone non autosufficienti senza offrire garanzie relative alla continuità assistenziale a domicilio;

* limitare le possibilità di assistenza e cura ai carcerati malati;

* eliminare i trasporti gratuiti per i malati oncologici, dializzati, ecc. che ne hanno necessità.

 

Per noi cittadini il diritto alla protezione significa concretamente:

* diritto di usufruire di una pluralità di servizi territoriali, domiciliari e residenziali e di non essere costretti a scegliere, come unica alternativa all’abbandono, il ricovero ospedaliero;

* diritto di usufruire durante il ricovero ospedaliero di tutte le attrezzature e le apparecchiature necessarie per la propria particolare condizione (materassi antidecubito, carrozzelle, ecc.);

* diritto, se carcerato, ad essere curato senza ritardi e senza restrizioni, dettati dallo stato di detenzione, e con la facoltà di avvalersi dell’assistenza di un centro per i diritti del malato;

* diritto dei malati di mente e dei disabili psichici di ricevere cure adeguate per ogni altra patologia di cui siano affetti, anche mediante il ricovero nel reparto di competenza;

* diritto di essere assistito da personale qualificato, in caso di inabilità temporanee o permanenti, nel corso di azioni quali il mangiare, il camminare, il lavarsi, il muoversi a letto senza obbligo di dover ricorrere a prestazioni a pagamento, sotto forma di badanze o assistenze private;

* diritto di accesso per i tossicodipendenti ad  un percorso terapeutico soggettivo.

 

5. Diritto alla certezza

Ogni cittadino ha diritto ad avere dal servizio sanitario la certezza del trattamento nel tempo e nello spazio a prescindere dal soggetto erogatore e a non essere vittima degli effetti dei conflitti professionali e organizzativi, di cambiamenti repentini delle norme, della discrezionalità nell’interpretazione delle leggi e delle circolari, di differenze di trattamento a seconda della collocazione geografica.

Non è possibile che un cittadino viva una situazione di costante incertezza circa i propri diritti nell’ambito delle prestazioni sanitarie. Tale incertezza riguarda l’uso e la gratuità dei farmaci e delle prestazioni specialistiche, le modalità per effettuare gli esami diagnostici, la modifica costante delle procedure per le autorizzazioni, le variazioni dei prezzi in vigore per i farmaci a pagamento, l’indeterminatezza degli obblighi degli operatori sanitari.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* far precedere l’entrata in vigore di nuovi provvedimenti quali ad esempio piano socio-sanitario, linee-guida, ecc. da una seria progettazione, dall’informazione e la consultazione preventiva dei cittadini (come previsto dalle normative vigenti), dalla formazione degli operatori che dovranno attuarle;

* porre sotto monitoraggio il processo di attuazione delle normative, al fine di garantire l’uniformità del trattamento per quanto riguarda in particolare l’assistenza, le prestazioni dovute ai malati cronici, le modalità di utilizzo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta, le modalità di accesso ai servizi pubblici e privati;

* produrre linee-guida che vincolino le Aziende sanitarie, gli operatori e i diversi erogatori del servizio ad adottare comportamenti chiari, limitando al massimo la discrezionalità del singolo;

* stilare in tempo utile i bilanci e rendere noti tempestivamente i consuntivi dell’azienda sanitaria;

* portare a conoscenza degli utenti le effettive competenze degli operatori cui si rivolgono, al fine di limitare gli arbitrii e di denunciare le mancanze;

* applicare i sistemi di sanzione per coloro che non attuano le normativa, che limitano arbitrariamente i diritti dei cittadini e che modificano da un giorno all’altro, a danno degli utenti, le modalità di erogazione dei servizi.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* far entrare in vigore, da un giorno all’altro, senza adeguata preparazione, norme e circolari che modifichino le modalità di erogazione di un servizio;

* emanare leggi, decreti e circolari che diano spazio ad ambiguità e quindi siano fonte di conflitti interpretativi tra aziende e operatori sanitari, tra servizio pubblico e soggetti privati, tra Aziende e Regioni, tra le diverse categorie professionali, a danno dei cittadini;

* non informare costantemente gli uffici, i servizi e gli operatori coinvolti dalle modifiche normative;

* occultare, talora anche sistematicamente, i possibili vantaggi di cui un cittadino può usufruire grazie alle normative vigenti;

* interrompere o limitare o accorpare improvvisamente  servizi, senza informazione, confronto e  senza preavviso;

* non garantire al cittadino uniformità di diritti su tutto il territorio regionale.

 

Per noi cittadini il diritto alla certezza significa infine:

* diritto di reclamare presso l’Azienda sanitaria o di ricorrere alla magistratura in casi di mancata e intempestiva attuazione dei provvedimenti a suo favore;

* diritto di essere consultati, ai sensi dell’art. 12 della legge n. 229/1999, in occasione di modifiche normative e regolamentari che incidano sulla erogazione dei servizi;

* diritto al preavviso di almeno un mese dall’entrata in vigore di leggi e provvedimenti che riguardano l’assistenza farmaceutica, protesica, le procedure di accesso ai servizi.

 

6. Diritto alla fiducia

Ogni cittadino ha diritto a vedersi trattato come soggetto degno di fiducia e non come un possibile evasore o un sospetto bugiardo.

È impossibile ottenere fiducia senza dare fiducia.

La mancanza di fiducia è fonte di sprechi e di cattiva qualità, e, soprattutto, obbliga il cittadino a dimostrare continuamente la sua condizione per poter accedere alle prestazioni a cui avrebbe diritto. Un diabetico è un diabetico per tutta la vita, così come è difficile che un paraplegico non abbia più bisogno di una carrozzella; un non abbiente anziano non cambia di colpo la sua condizione. Molto spesso, invece, per combattere gli abusi compiuti da alcune categorie di utenti con la connivenza degli stessi addetti ai servizi, si rende impossibile la vita anche ai cittadini ossequiosi delle leggi, che sono la maggioranza. Lo Stato, le Regioni e le Aziende sanitarie devono mettere al centro del servizio il cittadino, devono dargli credito, accordandogli lo status di un soggetto responsabile e interessato al buon funzionamento del Servizio sanitario.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* ridurre al minimo le procedure burocratiche per l’accertamento della cronicità e della invalidità, basandosi sulle evidenze cliniche e sulle autocertificazioni e attivando sistemi di controllo a campione;

* individuare parametri prestabiliti per il riconoscimento della invalidità, che impediscano il verificarsi di situazioni di discrezionalità e la sottovalutazione della condizione effettiva del cittadino.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* obbligare il cittadino, in caso di accertata cronicità, ad espletare più di una volta l’anno pratiche burocratiche per la certificazione del suo stato;

* far ripetere due/tre volte l’anno visite e analisi cliniche a chi ha bisogno di presidi medico-chirurgici;

* pretendere gli stessi accertamenti periodici da chi è affetto da malattie croniche irreversibili;

* ripetere nella struttura ospedaliera gli esami clinici già effettuati altrove senza giustificato motivo;

* adottare comportamenti contraddittori, o diversificati nelle diverse aree della Regione Piemonte.

 

Per noi cittadini il diritto alla fiducia significa infine:

* diritto di partecipare all’anamnesi, in pronto soccorso e in occasione di visite e ricoveri, attraverso la trasmissione delle proprie informazioni.

 

7. Diritto alla qualità

Ogni cittadino ha diritto di trovare nei servizi sanitari operatori e strutture orientati verso un unico obiettivo: farlo guarire e migliorare comunque il suo stato di salute.

Qualità significa soprattutto trovare servizi deputati a offrire il miglior trattamento possibile, e garanzie della continuità assistenziale. Come cittadini pretendiamo che medici e infermieri lavorino insieme rispettandosi a vicenda; che ogni servizio comunichi con l’altro accompagnando il percorso del paziente; che il medico ospedaliero collabori con il medico di medicina generale, che i medici non privilegino l’attività privatistica (anche intra-moenia) sacrificando le prestazioni a svantaggio di chi non può pagare; che siano previsti servizi di accoglienza e di informazione; che sia ridotto al minimo il carico burocratico per l’utente; che non siano abbandonati al caso i tempi di degenza o le attese per gli interventi; che sia prevista la verifica della qualità su tutti gli aspetti del servizio, da realizzare con la partecipazione delle organizzazioni dei cittadini.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* realizzare le conferenze annuali dei servizi,  a cui possano accedere anche i cittadini, ma che non abbiano il carattere di pura formalità e cattura di immagine;

* favorire una organizzazione delle attività non orientata per  obiettivi e per adempimenti;

* adottare il sistema delle dimissioni protette e della presa in carico del paziente sulla base di accordi tra medici specialisti ospedalieri e medici di medicina generale;

* attivare programmi integrati di gestione dei servizi, che valorizzino tutti i servizi sanitari e socio-assistenziali, pubblici e privati, accreditati per facilitare l’accesso;

* realizzare programmi di informatizzazione “intelligente”, che colleghino tutte le strutture e tutti i servizi e che registrino passo passo il percorso del cittadino nella sanità;

* utilizzare le apparecchiature sanitarie degli ospedali in maniera continua e razionale, sia per i ricoverati, che per gli utenti esterni;

* promuovere forme di controllo della qualità attraverso l’audit civico;

* adottare sistemi di monitoraggio e di controllo sistematico della qualità dei servizi, avvalendosi della partecipazione delle organizzazioni di tutela dei diritti dei cittadini andando ad approfondire tutti gli aspetti della qualità ed evitando le pure operazioni di “immagine” che non migliorano i servizi.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* la riduzione drastica dell’attività ospedaliera e ambulatoriale dalle 13 in poi e nei giorni di sabato e domenica e durante il periodo estivo;

* la conflittualità tra primario e primario, tra primari ed altro personale medico, tra personale medico e infermieri, tra reparti, ambulatori e amministrazione, tra medici di medicina generale e farmacisti e tra questi ultimi e le strutture pubbliche di prevenzione e di farmaco vigilanza;

* l’assenza di programmazione, di progettazione e di controllo per quanto riguarda la gestione dei servizi, del magazzino, l’acquisto di beni e servizi, la manutenzione delle apparecchiature e delle strutture.

 

Per noi cittadini il diritto alla qualità significa infine:

* diritto alla continuità assistenziale, dentro e fuori l’ospedale;

* diritto di partecipare, nel ruolo di monitori dei servizi, alla verifica della loro qualità;

* diritto di essere accolti nei servizi da personale preparato, disposto ad ascoltare le proprie esigenze e perfettamente informato;

* diritto di essere visitati domiciliarmente dal medico di medicina generale o dal pediatra, di poterli reperire ogni volta se ne abbia bisogno e di non dover pagare prestazioni dovute;

* diritto di usufruire di servizi nei quali sia garantita la circolazione delle informazioni tra il personale, la trasmissione “automatica” della documentazione sanitaria e il collegamento con i precedenti luoghi di cura nel pieno rispetto del diritto alla privacy.

 

8. Diritto alla differenza

Ognuno ha diritto a vedere riconosciuta la sua specificità derivante dall’età, dal sesso, dalla nazionalità, dalla condizione di salute, dalla cultura e dalla religione e a ricevere di conseguenza trattamenti differenziati a seconda delle diverse esigenze.

Generalmente un bambino, un anziano, un disabile, o uno straniero devono cercare di adattarsi agli standard già previsti nei servizi, senza che ci sia una particolare attenzione per la differenza della loro condizione. Diritto alla differenza vuol dire che le strutture sanitarie sono tenute ad adattarsi alle sue esigenze.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti ì soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* curare che, nell’ambito del sistema sanitario, si abbia una particolare attenzione ad assistere tutti coloro che, per motivi di età, lingua, di particolari condizioni di handicap, condizioni economiche disagiate hanno difficoltà ad accedere alle prestazioni erogate dai servizi sanitari;

* assicurare al genitori del bambino ricoverato in qualsiasi struttura la possibilità di assisterlo giorno e notte, predisponendo un apposito letto e permettendo loro di usufruire, anche a pagamento, della mensa dell’ospedale;

* garantire la presenza dei genitori a tutte le prestazioni, dal pronto soccorso, alle visite ambulatoriali, ai prelievi, ecc.;

* garantire ai bambini costretti a lunghi ricoveri, la possibilità di non interrompere la formazione scolastica;

* garantire ai bambini con malattie croniche, ambienti ospedalieri particolarmente confortevoli che rendano meno penosi i loro frequenti ricoveri (televisore, videoregistratore, videogiochi, ludoteche);

* prevedere, anche utilizzando la collaborazione di mediatori culturali per gli immigrati, strumenti informativi, di accoglienza e di facilitazione all’accesso alle prestazioni sanitarie per gli extracomunitari.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* collocare i servizi sanitari senza tener conto delle esigenze legate all’età e alle difficoltà anche momentanee di deambulazione (barriere architettoniche, ascensori insufficienti o rotti, ecc.);

* praticare o tollerare comportamenti  discriminatori nei confronti degli immigrati;

* non assicurare ai malati psichici ed ai tossicodipendenti l’accesso ai servizi, tramite la riduzione degli orari a loro dedicati e l’abbandono nei normali reparti di degenza;

* ostacolare la presenza dei genitori nei reparti di degenza  pediatrica e non;

* situare i servizi per l’interruzione volontaria della gravidanza accanto ai locali per le puerpere.

 

Per noi cittadini il diritto alla differenza significa infine:

* diritto del bambino a un percorso sanitario, nel quale il ricovero sia considerato un evento raro ed eccezionale;

* diritto del cittadino straniero ad essere assistito dal Ssn nel rispetto, per quanto possibile, della propria cultura e della propria religione;

* diritto del cittadino straniero di non essere ostacolato, per motivi burocratici legati alla mancanza di certificazioni sanitarie del paese di provenienza, nelle cure sanitarie;

* diritto della donna di vivere il parto come un evento naturale e non come una patologia, ma di essere assistita e monitorata costantemente, affinché la scelta del “parto naturale” non sia fonte di gravi conseguenze in caso di difficoltà impreviste.

 

9. Diritto alla normalità

Ogni cittadino ha diritto a curarsi senza alterare, oltre il necessario le sue abitudini di vita.

I cittadini hanno diritto di trovare i servizi di cui hanno necessità, salvo prestazioni eccezionali, senza doversi spostare per lunghe distanze e in orari scomodi per effettuare visite ed esami, per procurarsi farmaci e presidi sanitari, per ritirare la documentazione.

Non pretendiamo l’ospedale sotto casa, ma un ventaglio di opportunità di facile accesso in conformità con le esigenze di salute di tutti i cittadini.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie,  nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* garantire che l’accesso ai farmaci non sia ostacolata dalla residenza in zone disagiate o da procedure burocratiche;

* predisporre la possibilità,  in collaborazione con i servizi sociali, di consegna a domicilio agli assistiti di ricette per presidi sanitari, di ausili per invalidi civili, dei referti degli esami effettuati, di farmaci, anche da parte degli operatori convenzionati, nonché estendere l’effettuazione di prelievi e delle visite per l’accertamento della invalidità a domicilio;

* incrementare, anziché ridurre, l’istituzione di day hospital, di day surgery e di servizi dall’Adi alla ospedalizzazione domiciliare come alternativa al ricovero;

* facilitare l’accesso alla dialisi e a day hospital oncologici, alle terapie continuative, prevedendo servizi diffusi sul territorio, facilitazioni nei trasporti, orari flessibili; realizzare i posti letto previsti nei centri di riabilitazione e le residenze sanitarie assistenziali, tenendo conto delle esigenze del territorio e della necessità di non allontanare gli anziani dai propri luoghi di origine, eliminando e garantendo adeguati standard qualitativi di assistenza.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* ridurre i posti letto o chiudere gli ospedali, senza far crescere i servizi sanitari sul territorio;

* “deportare” gli anziani ed i malati psichici in case di cura di comuni lontani o addirittura in altre province;

* vincolare il ritiro dei farmaci e dei presidi sanitari per i malati cronici solo presso  presidi pubblici, con orari di apertura limitati e lontani dai luoghi di residenza;

* non garantire l’accesso alle farmacie ed ai medici di altre province o regioni nelle zone di confine (Liguria - Lombardia).

 

Per noi cittadini il diritto alla normalità significa infine:

* diritto di usufruire delle farmacie, non solo come luoghi di dispensazione di farmaci, ma anche come servizi territoriali integrativi.

 

10. Diritto alla famiglia

Ogni famiglia che si trova ad assistere un componente ha diritto di ricevere dal servizio sanitario il sostegno materiale necessario.

Troppo spesso si dimentica il contributo che le famiglie danno per supplire alle carenze del servizio pubblico e per integrare con proprie risorse ciò che non viene assicurato dal Servizio sanitario nazionale. Chiediamo che si riconosca alle famiglie, il ruolo che già svolgono in ordine alla cura della salute e all’assistenza dei più svantaggiati. Tale riconoscimento non deve significare una ulteriore delega alla famiglia delle cure assistenziali, bensì portare all’individuazione di forme credibili e non aleatorie di sostegno e di integrazione.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* istituire protocolli sull’assistenza domiciliare, al fine di definire standard di qualità che garantiscano effettivo sostegno alle famiglie;

* procedere alle dimissioni del paziente solo dopo aver concordato con le famiglie, con il medico di medicina generale e dove necessario con il servizio sociale, un programma integrato di assistenza per la prosecuzione delle cure domiciliari;

* garantire, anche attraverso la collaborazione del volontariato e di organizzazioni no profìt, agevolazioni e assistenza logistica per le famiglie dei ricoverati provenienti da lontano;

* prevedere il sostegno finanziario e un sistema di agevolazioni fiscali e di servizi per le famiglie che tengono in casa propri congiunti gravemente malati o con gravi minorazioni.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* negare il sostegno assistenziale a casa, o limitarlo a un intervento sporadico e comunque non risolutivo, rendendo di fatto necessario nel tempo l’impiego di infermieri privati a pagamento;

* rendere difficile l’accesso gratuito delle famiglie alla fornitura di strumenti e materiali per la cura del paziente a causa delle attese e delle lunghe procedure burocratiche;

* non prevedere un adeguato sostegno psicologico per le famiglie colpite da gravi e problematiche condizioni di un proprio congiunto;

* abbandonare le famiglie di pazienti ricoverati in rianimazione o nelle terapie intensive dopo interventi complessi a ore e ore di attesa, senza conforto, senza informazioni, senza spazi per soggiornare e senza sostegno di alcun tipo.

 

Per noi cittadini il diritto alla famiglia significa infine:

* diritto della famiglia ad essere supportata in modo adeguato;

* diritto del malato ad avere vicina la propria famiglia.

 

11. Diritto alla decisione

Il cittadino ha diritto, sulla base delle informazioni in suo possesso e fatte salve le prerogative dei medici, a mantenere una propria sfera di decisionalità e di responsabilità in merito alla propria salute e alla propria vita.

Il cittadino che si rivolge al servizio sanitario è oggi un individuo più attento, che tende ad assumere un ruolo sempre più attivo e consapevole circa la propria salute, avendo in mente un obiettivo più ampio di quello della guarigione, vale a dire una condizione più generale di benessere psichico e fisico. Non sempre però il servizio sanitario considera il cittadino completamente “adulto”. Le decisioni che attengono alla sua vita, al suo futuro, ma anche semplicemente alla cura vengono prese da altri, in nome dell’urgenza, di un male interpretato sapere professionale da condividere in pochi.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie,  nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* garantire, all’interno degli ospedali, la definizione di orari determinati per il colloquio dei medici con i pazienti e i loro familiari;

* organizzare le Consensus Conference, quale luogo per definire sulla base di un confronto tra medici specialisti, medici di medicina generale, organizzazioni dei cittadini e associazioni di malati, linee guida per l’applicazione, nella cura di una stessa patologia, di quelle terapie che, a parità di efficacia, garantiscano una migliore qualità di vita dei malati.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* fare firmare i moduli di consenso in merito alle cure e ai rischi connessi senza comunque informare il paziente, in maniera comprensibile e adeguata al suo livello culturale, della diagnosi, della prognosi, delle prospettive terapeutiche e delle loro conseguenze;

* visitare un paziente senza ascoltare attentamente quanto da lui riferito circa la sintomatologia accusata e senza fornirgli informazioni puntuali e comprensibili circa il suo stato di salute;

* ricorrere in modo sistematico alla coartazione della volontà del malato di mente;

* non informare i pazienti circa l’esecuzione di trattamenti dolorosi;

* ostacolare l’opportunità di libera scelta prevista dalla normativa per il medico di medicina generale, il pediatra, lo specialista e per la struttura da utilizzare.

 

Per noi cittadini il diritto alla decisione significa infine:

* diritto di essere informati in maniera comprensibile e adeguata al proprio livello culturale, della diagnosi, della prognosi, delle prospettive terapeutiche e delle loro conseguenze;

* diritto di non subire alcun atto diagnostico o terapeutico senza avere dato in precedenza un esplicito assenso;

* diritto del malato di mente a una sfera decisionale, anche nell’ambito dei trattamenti delle patologie psichiche;

* diritto di scegliere nell’ambito del servizio pubblico, secondo la normativa vigente sulla libera professione intramoenia, il medico e l’équipe di propria fiducia, senza comunque l’obbligo di ricorrere alle attività privatistiche;

* diritto di rifiutare l’accanimento terapeutico e le sperimentazioni non condivise;

* diritto di accesso alla terapia del dolore.

 

12. Diritto al volontariato all’assistenza da parte dei soggetti no profit e alla partecipazione

Ogni cittadino ha diritto a un servizio sanitario, sia esso erogato da soggetti pubblici che da soggetti privati, nel quale sia favorita la presenza del volontariato e delle attività no profit e sia garantita la partecipazione degli utenti.

Un servizio orientato alla qualità non può fare a meno dell’azione condotta dal volontariato e dal mondo del no profit, soprattutto in settori particolarmente difficili e onerosi come quello della cura e della riabilitazione dei soggetti deboli, né può prescindere dalla partecipazione dei cittadini. Questo è un discorso che riguarda tutti, sia il pubblico che il privato.

Ciò significa imparare a governare un sistema in cui una pluralità di soggetti di varia natura deve concorrere alla tutela dell’interesse generale alla salute. Analogamente, gli erogatori di servizi privati non possono pensare che tutto si possa regolare solo con la logica del profitto, senza dare niente in più ai cittadini, senza promuovere attività che abbiano come unico fine una maggiore attenzione alle esigenze dell’utente. Anche in questo caso, si richiede da parte dei soggetti privati una maggiore apertura al volontariato, alle imprese no profit e all’interlocuzione con i cittadini. Nel mondo variegato della cittadinanza attiva, dove tanta gente è disposta ad “adottare” i servizi di interesse collettivo, esistono esperienze che toccano ambiti quali il trasporto dei malati, la riabilitazione dei disabili, l’assistenza agli anziani soli, la tutela dei malati cronici, le comunità per tossicodipendenti e malati di Aids, la cura dei malati terminali, le comunità terapeutiche per malati di mente, l’autoaiuto per specifiche patologie, insieme con organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti. se è più chiaro comprendere il ruolo del volontariato diffuso, spesso non si capisce che cosa significhi oggi la partecipazione dei cittadini.

Ebbene, partecipazione vuol dire avere voce in capitolo sulle decisioni, controllare i risultati, tutelare quotidianamente gli interessi della collettività, accedere alla documentazione, interloquire con i responsabili nazionali, regionali e di azienda su questioni organizzative, di programmazione e di assegnazione di risorse, disporre di spazi propri all’interno delle strutture, contribuire alla formazione del personale, essere presenti e formulare proposte nelle sedi contrattuali e nelle convenzioni.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* stipulare protocolli di intesa fra Aziende sanitarie e organizzazioni di tutela per la realizzazione dei servizi di accoglienza, di informazione e di rapporti con il pubblico, nonché nei controlli di qualità, da parte delle Aziende sanitarie e dei soggetti privati;

* attivare un tavolo di concertazione permanente con le organizzazioni di tutela per la definizione di piani socio-sanitari, leggi, direttive regionali ed atti aziendali che incidano sulla salute dei cittadini;

* utilizzare in modo sistematico le informazioni raccolte dalle organizzazioni di tutela e dal volontariato ai fini del miglioramento dei servizi;

* sostenere le imprese no profit che offrono servizi socio-sanitari ed assistenziali complementari, nonché le organizzazioni di tutela dei diritti e di volontariato, attraverso l’offerta di spazi, di materiale, di copertura assicurativa e di strutture;

* attivare sistemi di controllo, di valorizzazione e di verifica della qualità delle attività svolte dal volontariato diffuso e dai soggetti no profit.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* ostacolare l’accesso ai servizi del volontariato diffuso e delle organizzazioni di tutela dei diritti;

* ritardare il rinnovo delle convenzioni, anche quando esse non prevedono oneri finanziari per regioni e aziende sanitarie;

* non rispettare le norme che regolano  la consultazione delle organizzazioni dei cittadini in occasione della definizione dei piani sanitari, della composizione dei bilanci, del varo di norme e circolari.

 

Per noi cittadini il diritto al volontariato, all’assistenza da parte di soggetti no profit e alla partecipazione significa infine:

* diritto di interlocuzione con i funzionari pubblici e le istituzioni preposte in materia di leggi e regolamenti sui servizi sanitari;

* diritto di accedere alla documentazione e alle informazioni circa la gestione dei servizi, sia nelle strutture pubbliche che in quelle private;

* diritto alla libera circolazione nelle strutture sanitarie, pubbliche e private, fatte salve esigenze di riservatezza;

* diritto di svolgere attività formative nei confronti del personale sanitario;

* diritto del personale sanitario a partecipare ad attività di volontariato e di tutela dei diritti, senza ricevere pressioni e intimidazioni da parte dell’amministrazione e dei superiori;

* diritto di negoziazione con le organizzazione dei lavoratori e con le amministrazioni relativamente alle modalità di svolgimento degli scioperi e alla contrattazione decentrata nel comparto sanità.

 

13. Diritto al futuro

Ogni cittadino, anche se condannato dalla sua malattia, ha diritto a trascorrere l’ultimo periodo della vita conservando la sua dignità, soffrendo il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza.

Gli anziani in gravi condizioni, i malati terminali, i malati di Aids in fase di malattia avanzata, hanno diritto al futuro.

Anche se tale futuro non può essere caratterizzato dalla salute e se sarà sicuramente limitato nel tempo, ciò non significa che esso debba essere segnato solo da sofferenza inutile, abbandono e disperazione.

Il Servizio sanitario, con il sostegno delle famiglie e delle organizzazioni di volontariato, ha il dovere di farsi carico di questi soggetti, non solo attraverso una generica protezione assistenziale, ma mettendo in campo tutti gli
strumenti idonei a consentire una esistenza e una morte serena.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* prevedere per tali malati non solo la cura, ma anche attenzioni particolari volte a preservare la loro dignità (riservatezza, pulizia, cure estetiche, cura nell’abbigliamento);

* favorire in ospedale la presenza di parenti, di amici e di personale volontario, nonché di locali adibiti a luoghi di ritrovo e di svago;

* consentire per tali soggetti la possibilità di uscire dal luogo di cura per alcune ore o per alcuni giorni senza perdere il posto letto;

* promuovere l’uso della terapia del dolore e delle cure domiciliari anche con l’aiuto delle associazioni di volontariato;

* formare il personale allo svolgimento di compiti di assistenza ai malati terminali;

* prevedere corsie preferenziali in caso di ricovero urgente di un malato affidato alle cure domiciliari;

* avviare la realizzazione di  strutture assistenziali specializzate per i malati terminali e  creare le migliori condizioni possibili di assistenza alla persona morente.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* ridurre l’assistenza ospedaliera o addirittura dimettere i malati terminali, senza garantire una dimissione protetta;

* affidare il malato ai familiari senza garantire un supporto e senza fornire informazioni sulle modalità di assistenza domiciliare;

* ostacolare la presenza di familiari e di personale volontario accanto al malato in ospedale;

* interrompere le cure, anche quando queste servono per alleviare il dolore.

 

Per noi cittadini il diritto al futuro significa infine:

* diritto di non subire l’accanimento diagnostico e terapeutico;

* diritto di non soffrire inutilmente, in presenza di possibili terapie palliative;

* diritto di non essere abbandonato al momento della morte;

* diritto ad avere corsie preferenziali per le pratiche burocratiche, onde evitare che il loro completamento arrivi quando non ce n’è più bisogno;

* diritto ad essere sempre considerato una persona, e non solo una malattia, anche negli ultimi giorni della propria vita;

* diritto di scegliere il luogo (la casa, l’ospedale, l’hospice) dove trascorrere le ultime fasi della propria vita.

 

14. Diritto alla riparazione dei torti

Ogni cittadino ha diritto, di fronte a una violazione subita, alla riparazione del torto ricevuto in tempi brevi e in misura congrua.

È scandaloso che un cittadino che abbia subìto danni a causa del comportamento degli operatori sanitari e della cattiva qualità della struttura non sia risarcito entro un arco di tempo accettabile e con una somma commisurata al torto subito.

È altresì inaccettabile che non solo non si applichi alcuna sanzione cautelativa nei confronti degli operatori indagati, ma che addirittura chi viene riconosciuto responsabile resti tranquillamente al suo posto, con pericolo per la salute di altri possibili pazienti.

Chi ha subito un torto vuole soprattutto veder riconosciuto l’errore “perché ad altri non succeda ciò che è successo a me”, come da anni usano ripetere coloro che si rivolgono al Tribunale per i diritti del malato.

Come cittadini pretendiamo che la lentezza della giustizia ordinaria non venga considerata un alibi dalle Aziende sanitarie e che presso ogni azienda sanitaria si attivino sistemi di tutela del cittadino.

 

Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:

* procedere alla creazione di un sistema di verifica e all’istituzione di una commissione conciliativa, composta da responsabili della direzione, cittadini, operatori, che si occupi di intervenire e di dirimere le controversie di minore entità;

* garantire la prosecuzione dell’applicazione della legge n. 210/1992 a scadenza indeterminata;

* dare vita, per i casi più gravi, a una commissione extragiudiziale di azienda, che abbia come obiettivi l’accertamento del danno, la sua quantificazione, nonché l’attivazione, di concerto con il direttore generale dell’azienda, dei sistemi sanzionatori nei confronti degli operatori o dei servizi coinvolti;

* non ostacolare la giustizia ordinaria nei casi in cui sia necessario il ricorso alla magistratura.

 

Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:

* il perpetuarsi di un atteggiamento omertoso da parte di non pochi operatori sanitari, nonché di associazioni professionali, che crea grandi difficoltà nella raccolta di dati e informazioni sui fatti avvenuti;

* la scarsa disponibilità, spesso proprio a causa della citata omertà, dei medici legali a redigere la perizia necessaria;

* l’onerosità delle stesse perizie e dell’assistenza legale, a fronte della difficoltà di ricorrere al gratuito patrocinio e all’inefficacia di tale istituto;

* il permanere di tempi lunghissimi soprattutto per il processo civile;

* la  discrezionalità con cui assicurazioni e tribunali procedono al calcolo del danno alla persona, che crea situazioni di incertezza per il cittadino e grandi difformità nella quantificazione del danno;

* la analoga discrezionalità in materia di riconoscimento del danno in caso di trasfusioni infette da parte delle commissioni previste dalla legge n. 210/1992 e successive modificazioni.

 

Per noi cittadini il diritto alla riparazione dei torti significa infine:

* diritto di ottenere giustizia tempestivamente, attraverso il riconoscimento del danno subito;

* diritto alla liquidazione del danno, senza attese dovute ai tempi burocratici;

* diritto di essere informati dall’azienda sanitaria circa le procedure e le modalità di composizione extragiudiziale;

* diritto di essere assistiti, per tutto il corso del procedimento, dalle organizzazioni di tutela dei malati.

 

 

 

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