Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

Notiziario dell’Unione per la tutela degli insufficienti mentali

 

 

 

SOGGETTI CON HANDICAP INTELLETTIVO GRAVE: ORIENTAMENTO AL TERMINE DELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO

 

Le lotte hanno ottenuto alcuni risultati

Dagli anni settanta/ottanta in poi, le azioni portate avanti dai gruppi di volontariato e dalle famiglie più attente ai bisogni degli handicappati intellettivi hanno fatto sì che si sviluppasse una maggiore attenzione che nel passato ai problemi dell’handicap in generale.

Il loro impegno ha fruttato conquiste e miglioramenti non indifferenti. Ad esempio a Torino si sono ottenuti:

– inserimenti negli asili nido, scuole materne, elementari, medie e superiori con personale di sostegno;

– la realizzazione di centri diurni distribuiti nelle singole circoscrizioni della città ed aperti 5 giorni alla settimana per 40 ore;

– assunzioni in posti di lavoro pubblici e privati di oltre 500 giovani con handicap intellettivo e di circa 50 con handicap fisico e limitata autonomia;

– l’apertura di comunità alloggio che ha evitato l’isitituzionalizzazione fuori provincia quando non anche fuori regione e, in certi casi, favorito il rientro di coloro che erano stati ricoverati in istituti situati fuori dalla città di Torino.

 

Molti problemi restano aperti

Purtroppo però tutto ciò non è bastato. Infatti a tutt’oggi non vi sono diritti esigibili certi dopo l’obbligo scolastico/formativo. Anzi, ci sono molti segnali di regressione. I più gravi finiscono nella lista di attesa per un posto al centro diurno, i meno gravi non hanno certezze per l’inserimento nei corsi di formazione al lavoro e meno che mai in posti di lavoro. Per coloro che hanno genitori (se li hanno ancora) anziani, spesso anche malati, non sempre c’è la disponibilità in comunità alloggio. Per contrastare questa tendenza a tornare indietro, anzi per cercare di migliorare l’attuale situazione è assolutamente indispensabile che vi siano persone che seguano da vicino l’operato degli enti (comuni, consorzi di comuni, Asl, comunità montane) preposti a risolvere questi problemi esercitando di continuo le necessarie pressioni.

 

Il ruolo dei genitori

L’appello che oggi portiamo ai genitori di ragazzi che frequentano ancora la scuola è quello di invitarli a mettersi in contatto con altri genitori e soprattutto a non agire da soli ma appoggiandosi alle associazioni di tutela dei diritti.

Oggi lo stesso appello è rivolto a voi operatori della scuola, perché è indispensabile il vostro aiuto per raggiungere le famiglie e sostenerle nella ricerca dei servizi e delle opportunità che potranno trovare dopo la scuola dell’obbligo.

È necessario che i genitori, soprattutto quelli degli allievi in situazione di gravità che non potranno mai andare a lavorare, siano aiutati ad accettare la realtà dei limiti oggettivi dei propri figli, perché si rivolgano per tempo ai servizi sociali ed alle associazioni che possono sorreggerli ed aiutarli nelle loro legittime richieste. A diciotto anni è troppo tardi! Quando la famiglia si rivolge ai servizi sociali si trova sempre davanti una lista d’attesa e ne passa di tempo prima che abbia una risposta, perchè non ci sono diritti esigibili.

Mentre i genitori di un bambino handicappato che compie 6 anni si recano ad una scuola e sanno con certezza che, fatta l’iscrizione, lui avrà diritto a frequentare la sua classe, così non è per il centro diurno. D’altra parte, siamo tutti consapevoli che non si può parcheggiare all’infinito nelle scuole superiori un handicappato intellettivo in situazione di gravità. Per questo è importante che gli insegnanti riconoscano la valenza assistenziale che ha il centro diurno. Poiché, spesso è presentato alle famiglie come un ghetto, viene rifiutato. Il centro diurno invece è un luogo dove personale specializzato viene preposto ad assicurare attività ed iniziative adatte ai nostri figli; le attività non si svolgono esclusivamente all’interno del centro ma sono anche all’esterno. È un luogo dove, se i genitori sono attivi ed attenti, si può accedere e controllare cosa fanno i loro figli e le condizioni in cui sono tenuti.

La qualità - come per la stessa integrazione a scuola - dipende dal personale e dalle famiglie.

Soprattutto in base alla nostra esperienza, possiamo a ragione sostenere che, dove i centri diurni non ci sono o sono insufficienti, gli handicappati ricadono interamente sull’organizzazione familiare e, quando questa non è più in grado di sostenerne l’onere, finiscono molto prima in strutture residenziali.

Laddove i centri diurni esistono e funzionano a tempo pieno i ricoveri assistenziali sono minori e avvengono quasi sempre in età avanzata.

Quindi riteniamo importante aiutare le famiglie ad orientarsi verso i servizi esistenti, senza illusioni, per non avere poi delle frustrazioni.

Il lavoro importante degli insegnanti e tutto il processo dell’integrazione scolastica ha un senso se si garantisce, anche ai soggetti più gravi, la possibilità di restare il più a lungo possibile in famiglia. Oggi è il centro diurno assistenziale che può assicurare questo obiettivo, perché permette ai genitori di continuare una vita normale.

 

 

Discutibili le norme della legge finanziaria sui soggetti con sindrome di down

 

Sono frequenti i commenti all’art. 94, comma 3, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003) che stabilisce l’automatismo della dichiarazione di handicappati in situazione di gravità, come previsto dall’art. 3 della legge 104/1992, per le persone con sindrome di Down con la semplice presentazione del cariotipo (esame che descrive l’assetto cromosomico di una persona) e li esenta, quindi, da ulteriori successive visite e controlli. L’auto­maticità, però, e aggiungiamo noi per fortuna, non riguarda il riconoscimento dell’invalidità, per la quale la situazione rimane quella già esistente.

In altre parole, la persona con sindrome di Down continuerà, quando vi sono residue capacità lavorative, a poter essere inserita al lavoro anche in presenza del riconoscimento di handicap grave.

È anche vero che, quando un individuo viene dichiarato handicappato grave, ancorché non definito invalido al 100%, la via dell’inserimento lavorativo è più difficoltosa.

Riteniamo, inoltre, che la giustificazione del provvedimento non sia condivisibile, in quanto motivata dalla necessità di prevenire «la grave riduzione di autonomia di tali soggetti nella gestione delle necessità della vita quotidiana e i danni conseguenti».

Il che non è del tutto vero. Infatti, sono molte le persone con sindrome di Down che opportunamente stimolati e indirizzate sono inseribili al lavoro come, peraltro, è dimostrato da numerose esperienze attuate. In ogni caso il riconoscimento automatico ex legge 104/1992, art. 3, può essere utile ai fini dell’utilizzo dei permessi lavorativi previsti dall’art. 33 della medesima legge e/o delle agevolazioni fiscali.

Non si comprende, però, perché tale provvedimento sia stato preso solo per le persone con sindrome di Down. Esistono, purtroppo, altre malattie invalidanti, altrettanto comprovabili, che comportano una situazione di handicap grave che non sono state tenute in nessun conto (ad esempio: distrofia muscolare, sclerosi, lesione spinale).

 

 

Interdizione di minorenni con handicap intellettivo grave

 

I genitori di minori con handicap intellettivo grave possono avviare la procedura di interdizione tra il 17° ed il 18° anno di età.

Attivare la procedura in tale periodo consente di:

a) evitare che al compimento del 18° anno di età, allorquando il soggetto acquista capacità giuridica, non ci sia nessuno che possa operare legalmente e con pieni poteri per suo conto;

b) abbreviare i tempi necessari dal momento della segnalazione alla nomina del tutore;

c) non sostenere spese legali (non occorre l’assistenza di un avvocato).

Per attivare la procedura è necessario presentare un ricorso alla Procura del Tribunale per i minorenni competente per territorio.

Presso il Tribunale per i minorenni di Torino, Corso Unione Sovietica 325 - 10134 Torino (anche presso altri Tribunali esiste analoga sezione) l’interessato (il genitore) si deve presentare presso l’Ufficio rapporti con il pubblico (Urp) dove espone il caso al funzionario di Polizia giudiziaria il quale provvede ad indirizzarlo al magistrato incaricato.

Nel caso invece che l’interessato si rivolga all’Utim sarà consigliato ed assistito nella preparazione dei documenti necessari e nella compilazione del ricorso che dovrà poi essere consegnato al suddetto indirizzo. La procedura seguirà il normale corso previsto per tutte le interdizioni ed è prevista un’udienza presso il giudice ove occorrerà la presenza dei genitori e dell’interdicendo.

Per qualsiasi ulteriore informazione telefonare al n. 011.88.94.84 al martedì, giovedì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00.

 

 

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