Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002

 

 

 

tre sentenze dalla parte degli utenti

 

 

Segnaliamo tre sentenze molto significative, i cui contenuti dimostrano che l’azione di Prospettive assistenziali, pur fra le notevoli difficoltà che si incontrano sempre quando si difendono le esigenze ed i diritti dei soggetti più deboli, continua a conseguire risultati positivi.

 

 

Decorrenza del pagamento della quota sanitaria a carico delle Asl (1)

Il Giudice Rossana Zappasodi del Tribunale di Torino ha condannato l’Asl 1 del capoluogo piemontese ad assumere a suo carico la quota sanitaria dovuta per il periodo dal 18 agosto al 9 dicembre 1997 per il ricovero nel reparto anziani non autosufficienti della signora E. P.

In data 20 maggio 1996, la suddetta signora è inserita in qualità di persona autosufficiente, presso l’Opera Pia Lotteri di Torino, previa sottoscrizione di un contratto da parte del figlio quale garante.

La stessa, a causa dell’aggravamento delle condizioni di salute, viene trasferita il 16 luglio 1997 nel reparto degli anziani non autosufficienti.

Due giorni dopo, l’Istituto presenta all’Asl 1 la richiesta di esame dell’Unità valutativa geriatrica (Uvg), il cui intervento è condizione indispensabile per l’assunzione a carico delle Asl della quota sanitaria.

L’Uvg si riunisce solo in data 4 dicembre 1997, dando parere positivo all’avvenuto trasferimento. Poiché la normativa della Regione Piemonte prevede che l’Uvg deve provvedere entro 30 giorni, il figlio della signora E. P. assume a suo carico la quota sanitaria solamente per il periodo dal 16 luglio al 17 agosto 1997.

L’Asl 1 sostiene, invece, di dover provvedere al pagamento della quota sanitaria solamente dopo che si sia reso disponibile un posto letto fra quelli convenzionati e cioè a partire dal 9 dicembre 1997.

Nella sentenza il Giudice osserva, in particolare, che dalla documentazione prodotta dall’Asl 1 non vi è alcuna notazione «in ordine all’esistenza o meno di un posto letto tra quelli convenzionati» prima della data di cui sopra.

Precisa il Giudice che «la rilevante circostanza di fatto, invece, che alla data del 18 agosto 1997 e fino al 9 dicembre 1997, non vi fosse disponibilità di posti letto convenzionati, avrebbe dovuto essere posta a base di un motivato diniego dell’autorizzazione richiesta nel termine prescritto di trenta giorni», aggiungendo che «proprio la delicatezza della circostanza imponeva il rispetto delle procedure di trasparenza previste per legge, sì da porre in grado la parte istante di impugnare tale diniego sulla base di verifiche circa la negata disponibilità dei posti convenzionati in relazione alla precedenza assegnata nella lista di attesa. Tale risulta, peraltro, la ratio della previsione del termine di trenta giorni che, diversamente opinando, sarebbe del tutto vanificata ed elusa».

Conclude il Magistrato sostenendo «le verifiche circa la effettiva esattezza dell’asserita indisponibilità di posti convenzionati, se non consentite nell’immediatezza, oltre che in violazione a tale dovere di trasparenza, non risultano poi facilmente ricostruibili a distanza di anni altera la natura e complessità degli elementi in fatto da esaminare».

 

I parenti di soggetti con handicap non sono tenuti a versare contributi per la frequenza di centri diurni

Con due distinte sentenze pronunciate in data 17 e 18 dicembre 2001, i Giudici Marco Casavecchia e Gianmarco Calienno del Tribunale di Tolmezzo hanno respinto le istanze avanzate dal Comune di Paularo (Udine) nei confronti dei signori L.F. e E.I. (2)

Nel primo caso la richiesta concerneva il rimborso al Comune di 6 milioni di lire per i servizi di assistenza psicopedagogica prestati ad un soggetto minorenne; nel secondo, la somma pretesa era di lire 14.400.000 e riguardava l’attività svolta dal Consorzio per l’assistenza medica e psicopedagogica per il trasporto e la mensa di un individuo maggiorenne portatore di handicap.

Molto interessanti ed applicabili a numerose altre situazioni sono le argomentazioni contenute nella sentenza del Giudice Calienno.

Secondo il Comune di Paularo l’obbligo del signor E.I. derivava dall’art. 7, secondo comma, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia che così si esprime: «Agli assistiti e alle persone tenute al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti può essere richiesto di concorrere al costo di determinate prestazioni, secondo criteri stabiliti dalle normative e dalle direttive regionali in relazione alle condizioni economiche dei soggetti e alla rilevanza sociale delle prestazioni».

Asseriva il Comune che, in base alla suddetta norma, il signor E. I. era tenuto alla contribuzione sia quale genitore di un soggetto beneficiario di servizi socio-assistenziali, sia quale titolare di redditi in misura tale da essere in grado di corrispondere una quota delle spese sostenute.

La richiesta del Comune è stata respinta poiché la disposizione della Regione Friuli-Venezia Giulia «ha come destinataria esclusiva la pubblica amministrazione, la quale, in forza di tale disposizione, non è obbligata, per evidenti ragioni di natura finanziaria, ad erogare gratuitamente determinate prestazioni socio-assistenziali (nella specie di trasporto e di mensa) in favore di assistiti che godano di redditi sufficienti secondo le normative e le direttive regionali ovvero che abbiano familiari in condizioni economiche analoghe». Pertanto, precisa il Giudice «ciò significa che qualora la pubblica amministrazione si determini di fornire a tali soggetti una prestazione non obbligatoria l’onere di contribuzione non può essere imposto unilateralmente all’assistito ovvero al suo familiare in forza dell’art. 7 citato in quanto tale disposizione non è immediatamente costituiva di obbligazioni pecuniarie a loro carico». Di conseguenza «è necessario che questi ultimi si vincolino preventivamente, nei confronti dell’ente erogante, in forza di contratto scritto da cui derivi una specifica e determinata obbligazione pecuniaria».

Nella sentenza è, inoltre, precisato che «in difetto di tale convenzione non può essere invocato dal Comune l’art. 433 del codice civile» in quanto «l’obbligazione alimentare prevista da tale norma ha natura personale»; il Comune non può nemmeno «in forza dell’art. 2900 del codice civile, surrogarsi al presunto debitore contro i soggetti elencati in modo tassativo dall’art. 433 del codice civile».

 

 

(1) La sentenza riguarda il ricovero di una anziana cronica non autosufficiente presso una struttura analoga alle Rsa e quindi con la quota alberghiera a carico dell’utente. Ferma restando la piena libertà di scelta dei soggetti interessati a dei loro congiunti di rivolgersi a strutture a pagamento, ribadiamo ancora una volta che gli anziani cronici non autosufficienti hanno il diritto esigibile delle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata.

(2) L’azione dei signori L.F. e E.I. è stata sostenuta anche dall’Anffas di Tolmezzo.

 

 

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