Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002

 

 

INVECCHIAMENTO, MALATTIA E DISABILITÀ

barbara maero - fabrizio fabris (*)

 

 

Nei paesi industrializzati la popolazione anziana è in continua crescita. In particolare la popolazione che aumenta di più, in proporzione, è la popolazione di età più avanzata.

Negli ultimi anni l’invecchiamento della popolazione è divenuto un fenomeno molto temuto. È importante non drammatizzare questa tendenza, essendo l’invecchiamento un evento da molti desiderato. Inoltre gli anni di vita aggiunti sono almeno in parte liberi da malattia e disabilità, risultando così un incremento del periodo di autonomia del soggetto, e non un mero prolungamento della vita a scapito di un valido grado di autonomia. 

Nell’età avanzata si assiste ad un incremento della prevalenza di moltissime patologie, ciò implica che nel soggetto anziano si possa verificare con una certa frequenza l’accumulo di più affezioni croniche. Più anziano è il paziente e spesso più è elevato il numero di condizioni patologiche associate. Queste forme morbose spesso interagiscono e si complicano tra di loro.

L’autosufficienza, in ambito geriatrico, è la capacità dell’anziano di pensare e agire autonomamente; è un modo di adattarsi alle situazioni nuove e alle limitazioni che si possono incontrare nella vita quotidiana, mantenendo sempre la libertà di scelta. La non autosufficienza rappresenta il rischio principale dell’avanzare dell’età e dipende da una serie di fattori interferenti con la salute fisica, mentale, con la condizione economica ed ambientale.

La riduzione della autonomia funzionale in un soggetto precedentemente attivo o è sintomo precoce e sottile di una patologia non trattata, o può essere la manifestazione finale di una condizione di polipatologia. L’alterazione dello stato funzionale condiziona la qualità di vita e la sopravvivenza, aumenta il rischio di ospedalizzazione e la necessità di servizi di supporto sia domiciliari che istituzionali.

La salute dell’anziano non deve essere vista tanto in termini di assenza di patologia, quanto piuttosto come equilibrio funzionale. Il riconoscimento delle patologie è essenziale per definire il piano terapeutico, mentre la valutazione funzionale è fondamentale per identificare le necessità e la pianificazione degli interventi e dei servizi. Un calo progressivo delle riserve funzionali fa parte, come già detto, del processo di invecchiamento e coinvolge contemporaneamente vari settori. Per una corretta valutazione dello stato di autonomia del soggetto anziano è indicato un intervento multidisciplinare, caratteristico della valutazione multidimensionale geriatrica, mirato a quantificare i problemi medici, psicosociali e funzionali del singolo individuo.

In alcuni casi una singola patologia può non essere sufficiente per causare una condizione di disabilità, ma può determinare un incremento del rischio di un declino funzionale allorquando si sviluppi una nuova condizione morbosa.

L’insorgenza della disabilità fisica è quindi spesso un processo dinamico e progressivo, strettamente collegato al manifestarsi delle conseguenze di una o più patologie croniche sottostanti e all’interazione di queste con le modificazioni fisiologiche che si determinano con l’avanzare dell’età. La disabilità può però anche risultare dalla comparsa di alcuni eventi acuti nel decorso della patologia cronica (es. ictus).

Da un lato ritenere di godere di buona salute, mantenere relazioni sociali, fare esercizio fisico correlano un buono stato funzionale; dall’altro, l’ansia e la solitudine correlano spesso con bassi livelli di autonomia.

L’obiettivo che ci si deve prefissare è  l’accorciamento del periodo in cui si manifestano i sintomi e la disabilità. Si parla di “compressione della morbilità”, intendendo con questo termine il raggiungimento di un esordio ritardato della patologia cronica, in modo che non si determini solo un aumento della vita media, ma anche un periodo di vita libero da malattia di maggior durata. Una sostanziale riduzione della prevalenza della disabilità può essere raggiunta svolgendo un’azione preventiva. Ad esempio, l’eliminazione di un fattore di rischio quale il fumo di sigaretta che può causare più condizioni morbose, può influenzare in modo consistente il rischio di disabilità; così anche l’esercizio fisico appare protettivo per il mantenimento dell’autonomia funzionale. Anche la condizione socio-economica è un importante fattore predittivo di malattia e disabilità: i soggetti con un grado di istruzione più elevato e con un reddito maggiore risultano meno esposti.

Sono quindi molteplici i fattori di rischio che possono essere modificati. Il risultato di interventi efficaci sarà quello di incrementare la durata del periodo di spettanza di “vita attiva” (active life expectancy) (**). Alcuni autori  (2, 3, 4), sulla base di analisi e di proiezioni, sostengono che si stia assistendo ad una diminuzione della disabilità cumulativa nel tempo. Uno studio analogo ha messo in evidenza come le persone con migliore stato di salute e minori fattori di rischio presentino un periodo di disabilità, negli ultimi anni della loro vita, inferiore alla media (5), con inizio della disabilità ad un’età più avanzata, e livelli inferiori della stessa. Questi risultati suggeriscono che gli sforzi, nel soggetto medio, per ridurre i fattori di rischio in età giovane-adulta possono avere il risultato di posticipare l’insorgenza della disabilità e ridurne la durata.

Alcuni autori hanno cercato di quantificare la durata della “active life expectancy” (6); questo periodo varia ovviamente in base all’età del soggetto e anche in base al sesso:

 

Per gli uomini:

Età                     Aspettativa di vita         Aspettativa di vita attiva

                                    (anni)                                 (anni)

65 anni                14.44                        11.87

75 anni                  8.97                          6.44

85 anni                  5.15                          2.55

95 anni                  3.22                          0.64

 

Per le donne:

Età                     Aspettativa di vita         Aspettativa di vita attiva

                                    (anni)                                 (anni)

65 anni                18.57                        13.61

75 anni                11.70                          6.97

85 anni                  6.44                          2.25

95 anni                  3.65                          0.35

 

Alcuni studi sulla longevità e sullo stato di salute degli anziani hanno paragonato le modificazioni nella speranza di vita complessiva con le variazioni corrispondenti della speranza di vita libera da malattia. Hanno rilevato che la tendenza positiva nel prolungamento della vita media non è accompagnato da un analogo trend per quanto riguarda il periodo di vita in buona salute.

In molti casi, però, i modelli usati per misurare lo stato di salute di una popolazione nel tempo sono definiti con modalità favorevoli a conclusioni pessimistiche. Inoltre il ritardare l’insorgenza di una condizione di dipendenza è una delle possibilità per migliorare la spettanza di vita attiva. Allo stesso tempo non si deve tralasciare la possibilità, almeno entro certi limiti, del recupero dell’autonomia funzionale.

Molti studi mostrano come un certo numero di soggetti anziani disabili possa avere un miglioramento del suo stato funzionale. Ad esempio nello studio Epese (Established Populations for Epidemiologic Studies of the Elderly) il 18% dei soggetti con riduzione della funzione motoria, hanno mostrato un miglioramento nel tempo di questa funzione.

Tenendo in conto queste considerazioni e sulla base di analisi e di proiezioni, alcuni autori (2, 3, 4) sostengono che si stia assistendo ad una diminuzione della disabilità cumulativa nel  tempo.

Già da molti anni si è tentato di prevedere il numero di anziani disabili nel tempo al fine di pianificare le risorse sanitarie. Nel Regno Unito è stata fatta una stima della prevalenza di soggetti anziani cronici disabili (7):

• nel 1976 si calcolava che i soggetti disabili (***) sarebbero stati nel 1996 pari a 1.7 milioni e, nel 2051, a 3.5 milioni;

• applicando le tendenze del 1991 i soggetti disabili (***) sarebbero stati nel 1996 0.5 milioni e nel 2036 1 milione.

Quindi, sebbene l’incidenza della maggior parte delle patologie croniche e la prevalenza della disabilità aumenti con il crescere dell’età, i dati dimostrano che lo stato funzionale della popolazione è in miglioramento. Le proiezioni sul numero di soggetti disabili sono estremamente sensibili a piccoli cambiamenti nell’incidenza e nella prevalenza. Infatti la proporzione di soggetti, per ciascuna età, che si prevedeva disabile, si è dimezzata nel periodo 1976-1991 (7) (Fig. 1).

Anche Manton e collaboratori hanno rilevato un declino annuale della percentuale di soggetti disabili di circa l’1.1% (8) nella popolazione di soggetti di età superiore ai 65 anni.

Leveille e collaboratori hanno cercato di stimare la probabilità di raggiungere l’età avanzata e di non presentare disabilità prima del decesso (9):

– la probabilità per un uomo non disabile di 65 anni di arrivare a 80 anni e di non presentare disabilità nell’ultimo anno di vita è del 26%;

– la probabilità per una donna non disabile di 65 anni di arrivare a 85 anni e di non presentare disabilità nell’ultimo anno di vita è del 18%.

In questo studio il 49% degli uomini deceduti dopo gli 80 anni e il 30% delle donne decedute dopo gli 85 anni, non presentavano disabilità nell’arco dell’ultimo loro anno di vita. Inoltre Melzer e collaboratori, in uno studio pubblicato recentemente, hanno messo in evidenza come vi sia una notevole differenza nella durata del periodo di vita privo di disabilità a seconda delle condizioni economiche e socioculturali dei singoli soggetti (10).

Alcuni studi hanno dimostrato una diminuzione della prevalenza della limitazione funzionale. Freedman e  collaboratori hanno analizzato le variazioni della prevalenza di disabilità tra il 1984 e il 1993 in soggetti di età maggiore uguale a 80 anni (11) valutando alcuni parametri:

Tipo di limitazione funzionale            1984               1993

Vista                                     38.9%        29.3%

Cammino                              58.0%        50.1%

Portare pesi                           54.6%        43.1%

Salire le scale                        53.7%        45.3%

 

Vi è una netta riduzione della prevalenza di limitazione funzionale della popolazione anziana dal 1984 al 1993; il maggior guadagno si è verificato per i soggetti con più di 80 anni. La diminuzione annuale della prevalenza della disabilità varia dallo 0.95 al 2.3% nei soggetti  di età maggiore uguale a 65 anni.

Crimmins e collaboratori (12) hanno dimostrato una riduzione, dal 1982 al 1993, della prevalenza di disabilità dal 21.15 al 19.5% in soggetti di età superiore ai 70 anni, con una diminuzione annua di circa lo 0.7%.

Quindi, la prevalenza della disabilità aumenta con l’età, ma una sostanziale proporzione di soggetti che muoiono in età avanzata non mostrano un grado severo di disabilità nel loro ultimo anno di vita.

 

Bibliografia

Fried LP, Guralnik JM. Disability in older adults: evidence regarding significance, etiology, and risk. J Am Geriatr Soc 1997; 45:92.

Manton KG., Corder LS., Stallard E. Estimates of change in chronic disability and institutional incidence and prevalence rates in the US elderly population from 1982, 1984, AND 1989 National Long Term Care Survey. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci 1993; 48 S153-S166.

Nusserlder WJ, Mackenbach JP. Rectan­gularization of the survival curve in the Netherlands, 1950-1992. Gerontologist 1996; 36:773:782.

Rogers A, Rogers RG, Belanger A. Longer life but worse health? Measurement and dynamics. Gerontologist 1990; 30.640-649.

Vita AJ, Terry RB, Hubert HB, Fries JF. Aging, health risk, and cumulative disability. N Engl J Med 1998; 338:1035-1041.

Manton KG, Stallard E. Cross-sectional estimates of active life expectancy for the US elderly and oldest-old populations. J Gerontol  1991; 46: S170-S182.

Khaw KT. How many, how old, how soon?  BMJ 1999; 319:1350-1352.

Manton KG, Corder LS, Stallard E. Chronic disability trends in elderly United States populations: 1982-1994. Proc Nat acad sci USA  1997; 94:2593-2598.

Leveille SG, Guralnik JM, Ferrucci L, Langlois JA. Aging successfully until death in old age: opportunities for increasing active life expectancy. Am J Epidemiol 1999;149:654-664.

Melzer D, Mc Williams B, Brayne C, Johnson T, Bond J. Socioeconomic status and the expectation of disability in old age: estimates for England. J Epidemiol Community Health 2000; 54:286-292.

Freedman VA, Martin LG. Understanding trends in functional limitations among older Americans. Am J Public Health 1998; 88:1457-1462.

Crimmins EM, Saito Y, Reynolds SL. Further evidence on recent trends in the prevalence and incidence of disability among older Americans from two sources: the LSOA and the NHIS. J Gerontol 1997; 52B:S59-S71.

 

 

 

(*) Cattedra di geriatria, Università di Torino.

(**) Con il termine “Active life expectancy” si definisce il periodo di vita che un soggetto può “attendersi di vivere” libero da malattia cronica che implichi disabilità.

(***) Dipendenti in 4 attività dell’Adl.

 

 

 

Fig. 1 - Proiezioni per la popolazione di età >65 nel Regno Unito, 1996-2066, dipendente dal punto di vista funzionale, in base a stime di anni diversi.

(Modificata da Khaw KT, BMJ 1999)

 

 

 

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