Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002

 

Interrogativi

 

 

COME MAI IN LOMBARDIA BISOGNA PAGARE PER CURARE A CASA I PROPRI CONGIUNTI MALATI DI ALZHEIMER?

Pierre Moretti, sulla rivista Vivereoggi (n. 7/2001), descrive l’esperienza dei centri diurni integrati della Lombardia, in cui sono accolti malati di Alzheimer e altri soggetti colpiti da forme di demenza senile.

Chiarisce, giustamente, Silvano Carli del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia a proposito delle Rsa, residenze sanitarie assistenziali, che “è comunque evidente che per una persona anziana non è fisiologico terminare la propria vita in una casa di riposo” e che “è molto più naturale, quando possibile, concluderla all’interno del proprio contesto familiare”.

A sua volta Silvana Contegni, responsabile dell’Unità operativa anziani dell’Assessorato alla famiglia e alle politiche sociale della Regione Lombardia, osserva che il centro diurno “è un servizio alternativo al ricovero con la finalità aggiuntiva, fondamentale, di consentire la permanenza dell’anziano non autosufficiente all’interno della famiglia”.

Premesso che, come ripetiamo da anni, le cure sanitarie ai soggetti malati, compresi quelli colpiti dalla demenza senile, devono essere fornite gratuitamente dal servizio sanitario nazionale e non dai parenti, chiediamo all’Assessore alla sanità della Regione Lombardia per quali motivi i congiunti che volontariamente assumono il gravoso compito di provvedere a casa loro ai soggetti con la malattia di Alzheimer, invece di essere aiutati anche sotto il profilo economico, sono costretti, per l’utilizzo dei centri diurni, a versare rette giornaliere che vanno dalle 32 alle 60 mila lire? L’iniziativa della Regione Lombardia ha lo scopo di supportare le famiglie o quello di scaricare sulle stesse le persone colpite da patologie gravemente invalidanti?

 

 

PERCHÉ ITALIA CARITAS NON SOSTIENE IL DIRITTO DEGLI ANZIANI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI ALLE CURE SANITARIE?

Sul numero 7/2000 di Italia Caritas, Walter Nanni, dopo aver segnalato che “in Italia, il tasso di istituzionalizzazione degli anziani è molto basso rispetto a quanto rilevato in altri Paesi europei, in quanto gran parte del carico assistenziale ricade sulle spalle delle famiglie”, afferma che “nel delineare la copertura assistenziale e il sistema di servizi a favore della popolazione anziana, che già adesso si presenta varia e complessa, è necessario prevedere l’attivazione di servizi di sostegno alle famiglie che assistono gli anziani malati, disabili e non autosufficienti”. Perché Walter Nanni non dice che, essendo malati, gli anziani non autosufficienti devono da anni essere curati dal Servizio sanitario nazionale?

È giusto aiutare le famiglie, ma l’intervento prioritario non deve essere la cura degli anziani (e delle persone giovani o adulte) che sono colpite da patologie? Perché non informa i numerosi lettori (fra i quali la folta schiera degli attivisti delle Caritas diocesane) circa le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è obbligato a fornire?

 

 

quando apriranno gli occhi I sindacati dei pensionati?

“I Sindacati, da parte loro, devono abbandonare il mandato di obbedienza ai partiti per stare più vicino alle necessità e ai diritti di tutti i cittadini”.

Con queste parole Antonio Uda, Segretario generale della Federazione nazionale dei pensionati Cisl, ha concluso il convegno “Spesa sanitaria e tutela della salute degli anziani”, svoltosi a Roma il 15 novembre 2001. Possiamo sperare che - finalmente - i Sindacati dei pensionati aprano gli occhi e capiscano che gli anziani cronici non autosufficienti sono persone malate che devono essere curate dalla sanità, com’è previsto da tutte le leggi del settore, a partire dalla n. 692 del 1955?

 

 

DOVE VANNO A FINIRE I FONDI RACCOLTI DALLA CROCE ROSSA ITALIANA?

Un preoccupante articolo sulla destinazione dei fondi di solidarietà raccolti dalla Croce Rossa Italiana è stato pubblicato sul supplemento “Il Venerdì” de “La Repubblica” del 18 gennaio 2002, firmato da Attilio Giordano. Risulterebbe che “le ultime campagne di raccolta fondi hanno portato ad un esito paradossale”. Infatti “a Natale del 1999 sono stati raggiunti 1 miliardo, 231 milioni e rotti. E ne sono stati spesi altrettanti per pagare la campagna!”. Inoltre “nel settembre precedente, per il terremoto in Turchia, un caso simile: quasi 630 milioni raccolti e neppure una lira arrivata a destinazione”.

L’articolo segnala, altresì, che per la raccolta dei fondi la Croce Rossa Italiana ha “un contratto con una azienda di “mailing” di Milano, la Rapp-Collins, che è incaricata di organizzare queste campagne (inviando lettere ai sottoscrittori) e che, per questo lavoro, incassa il 33% di quanto raccolto”.

Un altro esempio è riportato nell’articolo de “La Repubblica”: “L’anno scorso si organizza una festa della Croce Rossa a Roma, sul genere di quelle patinate che, a Montecarlo, raccolgono miliardi di sottoscrizione. Bene: musica, champagne, abiti lunghi, diademi. Risultato: 6 milioni per i poveretti!”.

E ancora: “Già nel 1997 una serie di concerti di Amii Stewart per la Croce Rossa (dal pomposo titolo: “Dalla musica, la vita” in aiuto dei poveri d’Africa) raccolse poco più di 256 milioni di lire per una spesa di quasi 273 (119 alla suddetta cantante)”.

 

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