Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002

 

Notiziario dell’Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale

 

 

 

CONSEGNATE ALLA REGIONE PIEMONTE ALTRE FIRME A SOSTEGNO DELLA PETIZIONE POPOLARE

Nel n. 135, 2001 di Prospettive assistenziali, avevamo segnalato che in data 21 giugno 2001 erano state presentate alla Presidenza del Consiglio della Regione Piemonte 7.458 firme a sostegno della pe­ti­zione popolare, il cui testo era stato integralmente pubblicato sul n. 133, 2001 della nostra rivista.

Comunichiamo ora che il 5 febbraio 2002 sono state consegnate altre 5.108 firme in occasione del presidio organizzato dal Csa davanti alla sede del Consiglio regionale piemontese anche per ricordare alle autorità che:

– l’anziano vive meglio a casa propria, ma per ora l’80% delle famiglie, che assistono a casa i propri congiunti anziani malati e non autosufficienti, oltre alla fatica fisica e psicologica, devono anche pagare tutte le spese infermieristiche e di assistenza;

– sono più di settemila gli anziani malati cronici non autosufficienti che aspettano da mesi il ricovero in una Rsa, residenza sanitaria assistenziale;

– le famiglie degli handicappati gravi continuano a vivere l’angoscia del “dopo di noi”, perché non hanno certezze per il futuro dei loro figli e temono che finiscano in istituto, anziché in piccole comunità alloggio di tipo familiare;

– nella petizione popolare sono contenute le altre richieste avanzate affinché siano prese in considerazione nella stesura del nuovo piano sanitario e della nuova legge regionale sull’assistenza.

 

 

Bozza di preambolo relativo al piano

dei servizi e degli interventi sociali

del comune di Torino

In occasione della consultazione indetta dal Comune di Torino in data 22 febbraio 2002 concernente il redigendo piano dei servizi e degli interventi sociali, il Csa ha predisposto la seguente bozza.

Fin dal 1976 il Comune di Torino (cfr. la delibera n. 1398 approvata dal Consiglio comunale in data 14 settembre 1976) com’è scritto nel suddetto provvedimento, ha perseguito nel campo dei servizi socio-assistenziali due obiettivi di fondo:

1) la «messa a disposizione dei servizi primari (asili nido, scuola materna e dell’obbligo, casa, trasporti ecc.) in modo da eliminare o ridurre le cause che provocano le richieste di assistenza». Nella citata delibera era, inoltre, precisato che «que­sta linea di intervento non riguarda ovviamente solo il Comune di Torino, ma anche la Regione e soprattutto una diversa politica nazionale»;

2) lo sviluppo dei «servizi alternativi, diretto cioè a soddisfare le esigenze reali evitando ogni forma di segregazione e di emarginazione, consentendo alle persone la permanenza nel proprio nucleo familiare o nella propria abitazione o comunque nel proprio contesto sociale». Pertanto, nel campo dei servizi socio-assistenziali, erano indicati come prioritari l’assistenza economica, l’aiuto domiciliare, gli affidamenti educativi di minori, gli inserimenti di handicappati adulti e di anziani, le comunità alloggio.

Analoghi principi erano contenuti nella legge della Regione Piemonte n. 20/1982 e lo sono nella legge n. 62/1995. Infatti, fra le attività di prevenzione del bisogno assistenziale (la cui competenza è affidata alla Regione stessa e a tutti gli enti interessati e non solo a quelli appartenenti al settore socio-assistenziale), sono precisati i seguenti settori di intervento: informazione, ricerca e progetti; soddisfacimento di esigenze socio-relazionali e abitative di persone e gruppi a rischio; promozione dell’inserimento lavorativo di soggetti in particolare situazione di debolezza, abolizione delle barriere architettoniche.

In attuazione alle citate disposizioni  il Comune di Torino da anni ha attivato l’inserimento di soggetti con handicap negli asili nido, nelle scuole materne, dell’obbligo e superiori, nonché nei centri di formazione professionale.

A seguito delle suddette iniziative di presa in carico dei soggetti con handicap da parte dei settori non assistenziali: istruzione (che gestisce anche il servizio di consulenza educativa domiciliare rivolto ai bambini con handicap fisici, sensoriali ed intellettivi), formazione professionale, lavoro, trasporti, lavori pubblici ecc., si sono realizzati numerose e positive attività di prevenzione del bisogno assistenziale e di sviluppo dei soggetti coinvolti. Fra l’altro si segnala l’assunzione presso normali aziende e cooperative di soggetti con handicap intellettivo di circa 400 persone.

Restano ancora molte cose da fare, ma l’esperienza dimostra la validità dell’azione di de-assistenzializzazione delle attività di competenza della sanità, della scuola, della formazione professionale ecc.

Nel campo della cura delle malattie, si è verificato, purtroppo, un processo inverso. In effetti, il concetto di integrazione socio-sanitaria è stato strumentalizzato per trasferire ai servizi socio-assistenziali una parte consistente delle competenze del Servizio sanitario nazionale.

Detto trasferimento non solo ha determinato oneri economici importanti per il Comune di Torino e per le persone interessate (anziani cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer e soggetti colpiti da altre forme di demenza, pazienti psichiatrici anziani ecc.), ma ha altresì comportato la perdita di diritti: le liste di attesa per l’accesso alle Rsa/Raf lo dimostrano.

Ne deriva l’esigenza di un profondo ripensamento in merito all’integrazione socio-sanitaria, ripensamento che dovrebbe essere avviato ridefinendo le funzioni dei settori socio-assistenziali e sanitario.

In conclusione, per la progettazione e gestione dei servizi socio-assistenziali del Comune di Torino, dovrebbero essere confermati i seguenti due caposaldi:

1) prevenzione dell’emarginazione sociale e conseguente promozione della messa a disposizione nei confronti di tutti i cittadini, compresi i soggetti più deboli, dei servizi sanitari, scolastici, formativi, abitativi e degli altri settori di intervento comunitario. Detta azione dovrebbe continuare a rivolgersi anche al lavoro, al fine di ottenere l’inserimento nelle normali aziende private e pubbliche dei soggetti con handicap, compresi quelli che hanno un rendimento inferiore alla media degli altri addetti, ma comunque valido per i soggetti stessi e positivo per le aziende;

2) sviluppo di tutti i servizi e gli interventi socio-assistenziali rivolti a favorire la domiciliarità.

 

 

Nota sugli uffici provinciali

di pubblica tutela

Riproduciamo la nota presentata alla Provincia di Torino il 19 novembre 2001 dal Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti.

 

La legge della Regione Piemonte n. 5/2001 ha affidato alle Province, fra l’altro, le funzioni amministrative per «l’istituzione dell’ufficio provinciale di pubblica tutela per l’esercizio di funzioni di tutore ad esse deferite dalle competenti autorità giudiziarie e per la consulenza a favore di altri soggetti individuati come tutori dalle autorità stesse».

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 414 del codice civile, le persone che totalmente e definitivamente non sono in grado di provvedere alla tutela dei propri interessi morali e materiali devono essere dichiarate interdette dall’autorità giudiziaria.

Le funzioni di tutore possono essere assegnate dall’autorità giudiziaria non solo ai congiunti o a terze persone, ma anche (art. 354 del codice civile) all’istituto in cui il soggetto è ricoverato o all’ente che lo assiste.

In entrambi questi casi c’è una evidente situazione di incompatibilità, in quanto il tutore svolge contemporaneamente le funzioni di controllore e di controllato.

Il Csa esprime, pertanto, una valutazione estremamente positiva in merito alla sopra citata disposizione della Regione Piemonte che elimina la sopra citata situazione di incompatibilità e confida nella sollecita istituzione dell’ufficio di pubblica tutela da parte della Provincia di Torino.

Poiché sono state segnalate dalla stessa Provincia di Torino difficoltà in merito agli aspetti economici e al personale da adibire, il Csa ricorda che nel trasferimento ai Comuni delle funzioni svolte dalla Provincia di Torino in materia di soggetti con handicap intellettivo, la Provincia stessa aveva trattenuto illecitamente una somma annuale di 15 miliardi.

Il Csa segnala nuovamente la necessità che la Provincia di Torino non svolga più compiti gestionali o promozionali in materia di anziani o di persone colpite da handicap e negli altri settori in cui non ha deleghe amministrative.

Ciò al fine di concentrare le risorse economiche e il personale nell’istituzione degli uffici di pubblica tutela e nelle altre attività assegnate alle Province da leggi nazionali e regionali.

 

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