Prospettive assistenziali, n. 136, ottobre-dicembre 2001

 

 

L’assistenza alle persone in difficoltà e il “dopo di noi” devono essere garantiti dai Comuni in base alle leggi vigenti

 

Dall’articolo del noto giurista Massimo Dogliotti “I minori, i soggetti con handicap, gli anziani in difficoltà… “pericolosi per l’ordine pubblico” hanno ancora diritto ad essere assistiti”, pubblicato sul numero 135, 2001, di Prospettive assistenziali, risulta che i Comuni sono obbligati, ai sensi degli articoli 154 e 155 del regio decreto 773 del 1931 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e del relativo regolamento (regio decreto 635/1940),  ad assistere i soggetti con handicap inabili a qualsiasi lavoro proficuo, nonché i minori e gli anziani in difficoltà che non abbiano i mezzi di sussistenza sufficienti per vivere (1). Dunque, se i soggetti con handicap e con limitata o nulla autonomia, i loro tutori e le associazioni costituite per la difesa delle loro esigenze e dei loro diritti lo vogliono, possono pretendere dai Comuni le prestazioni occorrenti per assistere coloro che non sono capaci di provvedere a se stessi. Pertanto, il “dopo di noi” può essere risolto.

È ovvio che, anche se la legge 328/2000 di riforma dei servizi sociali non prevede prestazioni assistenziali quali diritti esigibili, essi possono essere garantiti da leggi delle Regioni e delle Province di Bolzano e Trento o da delibere dei Comuni singoli o associati. Come l’esperienza dimostra, la miglior soluzione praticabile attualmente, nei casi in cui non sia possibile procedere ad un inserimento presso una famiglia, è la creazione di comunità alloggio di 8-10 posti al massimo di cui due potrebbero essere destinati a coprire le emergenze.Le comunità alloggio dovrebbero essere inserite in modo sparso nel vivo del contesto sociale (2).

Qualora i Comuni non intendano predisporre gli interventi occorrenti per i minori, per i soggetti con handicap e gli anziani in difficoltà e privi dei mezzi necessari per vivere, comprese le prestazioni al “Dopo di noi”, si può mettere in atto la procedura prevista dai regi decreti 773/1931 (art. 154 e 155) e 635/1940 (art. 278) (3) e cioè:

1. - segnalazione (da parte di chiunque), da effettuare con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, all’autorità di pubblica sicurezza (Carabinieri o Polizia) che l’inabile al lavoro (minore, soggetto con handicap, anziano) signor ………… abitante in ………… via ………… n. ……, sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, necessita di assistenza, precisando l’intervento richiesto;

2. - l’autorità di pubblica sicurezza deve, in base alle norme vigenti, diffidare i parenti tenuti agli alimenti affinché intervengano sul piano economico. I parenti possono ignorare la diffida senza subire conseguenze di qualsiasi genere (4);

3. - l’autorità di pubblica sicurezza chiede all’Asl di attestare la condizione di inabilità del soggetto interessato. L’attestazione deve, di norma, essere redatta nel termine di cinque giorni;

4. - l’autorità di pubblica sicurezza segnala la situazione al Sindaco del luogo in cui il soggetto si trova;

5. - il Sindaco è obbligato a provvedere direttamente (ad esempio mediante il ricovero in una struttura disponibile) oppure tramite i servizi socio-assistenziali comunali o consortili;

6. - la procedura suddetta può essere attivata anche quando l’inabile al lavoro può sostenere parzialmente le spese per il suo mantenimento.

Concludendo, in base alle citate norme di legge, predisposte nel periodo fascista per motivi di ordine pubblico, è oggi possibile, in assenza di altre disposizioni, pretendere dai Sindaci gli interventi assistenziali necessari per gli inabili al lavoro. Attualmente detti interventi dovrebbero consistere non nel ricovero presso istituti, ma in prestazioni rispettose della dignità delle persone (contributi economici, assistenza domiciliare, inserimenti familiari, accoglienza presso comunità alloggio, ecc.).

Precisiamo, inoltre, che in attuazione della legge 328/2000 e dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000, le leggi regionali e le delibere comunali potrebbero e dovrebbero eliminare l’intervento dell’autorità di pubblica sicurezza, stabilendo un percorso diretto fra il cittadino in difficoltà e l’ente tenuto ad intervenire.

 

 

 

(1) Ricordiamo che l’obbligo di provvedere ai minori può essere disposto dal Tribunale per i minorenni. Si segnala, altresì, che la legge 328/2000 non ha abrogato la legge 6 dicembre 1928 n. 2838 concernente gli interventi socio-assistenziali – ancora oggi obbligatori – rivolti ai fanciulli figli di ignoti, ai minori nati fuori del matrimonio, alle gestanti e madri in difficoltà. Inoltre, le Province sono tenute a fornire assistenza ai soggetti ciechi e sordi “poveri rieducabili” come definiti dal regio decreto 383/1934.

Ai sensi del comma 5 dell’art. 8 della legge n. 328/2000, le Regioni possono trasferire le sopraindicate funzioni socio-assistenziali dalle Province ai Comuni oppure – purtroppo – possono confermarle alle Province stesse o assegnarle ad altri enti locali (ad esempio a Consorzi fra i Comuni e Province).

(2) Il 1° comma dell’art. 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell’ambito delle disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate, di volta in volta, dalle Regioni stesse. Per tali interventi i requisiti soggettivi e oggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni». Pertanto le Regioni avrebbero dovuto e potrebbero ancora definire i criteri per la costruzione e assegnazione di appartamenti da destinare non solo a persone, ma anche a comunità alloggio per minori, handicappati adulti, anziani, malati psichici, ecc.

(3)  La semplice ma seria minaccia di ricorrere al regio decreto 773/1931 ha indotto il Cisa, Consorzio dei Comuni di Candiolo, Nichelino, None e Vinovo (Torino) ad intervenire. Cfr. “Come abbiamo procurato un ricovero d’emergenza a un nostro congiunto colpito da grave handicap intellettivo”, Prospettive assistenziali, n. 123, 1998.

   (4) L’inabile al lavoro è ammesso al gratuito patrocinio perché possa promuovere il giudizio sugli alimenti. Ogni decisione al riguardo spetta esclusivamente allo stesso inabile.

 

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