Prospettive assistenziali, n. 135, luglio-settembre 2001

 

Piattaforma presentata alla regione piemonte dal CSA

 

In base ai principi della “Scuola dei diritti” (1), il Csa ha presentato nel mese di novembre 2000 alla Regione Piemonte la piattaforma che riportiamo integralmente.

La piattaforma è stata predisposta prima della riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Pertanto le Regioni possono trasferire ai Comuni tutte le funzioni assistenziali ancora esercitate dalle Province.

 

Testo della Piattaforma

Premessa

Le iniziative del Csa sono da sempre tese a ridurre al minimo la necessità di interventi specifici di assistenza, nella convinzione che tutte le persone (e quindi anche coloro che si trovano in difficoltà personali a causa dell’età, della condizione fisica e/o intellettiva, della limitazione della loro autonomia) hanno in primo luogo diritto a usufruire dei servizi sociali predisposti per tutti i cittadini.

I settori del lavoro, della formazione professionale, dell’istruzione, della casa, del trasporto, della sanità devono, pertanto, prevedere interventi che includano risorse, personale, azioni volte a soddisfare le esigenze di tutti i cittadini che manifestano un bisogno in questo ambito.

Solo nel caso in cui risultino ancora insufficienti tali risposte, si deve intervenire con la messa a disposizione di interventi di assistenza, specifici per alcune limitate categorie di persone. Il Csa, a questo proposito, individua come aventi diritto all’assistenza le persone che, secondo quanto definito dal primo comma dell’art. 38 della Costituzione rientrano tra «gli inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere».

Per tali ragioni le nostre richieste sono rivolte in primo luogo agli Assessorati che sono competenti in materia di servizi sociali.

 

Assessorato al lavoro e formazione professionale

Iniziative per assicurare il diritto al lavoro sancito dalla legge 68/1999

1. È indispensabile provvedere al più presto all’emanazione degli atti di indirizzo del “Fondo regionale per disabili”, che dovranno tenere conto delle indicazioni di priorità di cui al decreto del Ministero del lavoro del 13 gennaio 2000, n. 9, che individuano nei soggetti con maggiori difficoltà di collocamento (e in particolare negli handicappati intellettivi e psichici) i soggetti da privilegiare con le agevolazioni previste dall’art. 13 della legge 68/1999.

2. Le risorse del fondo regionale vanno incrementate, oltre che con gli stanziamenti previsti dalla legge 68/1999, anche con finanziamenti propri della Regione, ad esempio attingendo alle risorse che sono state stanziate in precedenza con la legge regionale 28/1983 e con successive modifiche dalla legge regionale 22/1997. Si chiede altresì la presentazione di progetti nell’ambito delle iniziative Equal finanziate dall’Unione europea. In ogni caso l’Assessorato dovrà assicurare la copertura degli oneri necessari a garantire l’avvio al lavoro delle persone handicappate, per cui le risorse andranno calcolate sulla base delle segnalazioni dei Centri per l’impiego delle Province.

3. In attuazione di quanto previsto dall’art. 6 della legge 68/1999, l’Assessorato al lavoro, d’intesa con le Province ed i Comuni che afferiscono ai Centri per l’impiego, dovrà sostenere anche con la messa a disposizione di risorse proprie (oltre che quelle provenienti dallo Stato per l’attuazione della legge 68/1999) la realizzazione dei seguenti interventi indispensabili per la realizzazione del collocamento mirato:

– l’istituzione dei servizi per l’inserimento lavorativo indispensabili per la realizzazione del collo­camento mirato e il potenziamento di quelli esi­stenti con l’incremento di personale specializzato (tutor);

– la predisposizione di corsi di formazione per la preparazione del personale idoneo (tutor) all’accompagnamento della persona handicappata sul luogo di lavoro e per la valutazione delle sue capacità lavorative a supporto del Comitato tecnico dei Centri per l’impiego.

4. Per garantire il diritto al lavoro delle persone con handicap con maggiori difficoltà di collocamento a causa della limitazione della loro autonomia e della conseguente riduzione della capacità lavorativa, come ad esempio gli handicappati intellettivi, tenuto conto altresì che in ogni caso esse ricadrebbero inevitabilmente in percorsi assistenziali a carico della collettività in assenza di opportunità lavorative a cui hanno diritto di aspirare, si chiede la garanzia dell’avvio ogni anno di:

a) corsi di preparazione al lavoro per giovani con handicap intellettivo che, terminato l’obbligo formativo, necessitano di un’ulteriore formazione mirata all’assunzione in aziende pubbliche o private;

b) corsi di aggiornamento professionale per handicappati fisici adulti, iscritti nelle liste di collocamento, in possesso di titoli di studio deboli o privi del tutto di professionalità spendibili nel mercato del lavoro;

c) corsi di riqualificazione per persone che, in seguito a incidente e/o malattia, devono ricostruire una nuova professionalità per poter trovare un nuovo posto di lavoro.

Assolvimento dell’obbligo formativo

A. In attuazione dell’articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144 si chiede alla Regione Piemonte di prevedere il finanziamento dei servizi di sostegno per l’inserimento dei ragazzi in situazione di handicap nei normali corsi di formazione professionale e di tutti i corsi di formazione rivolti agli allievi con handicap che sono presentati in base alle preiscrizioni ed alla conseguente programmazione in rete delle attività formative e di escludere, pertanto, la modalità dell’appalto per questa tipologia di corsi. Le famiglie devono poter contare sulla certezza dei percorsi scelti, affinché i propri figli, che assolvono l’obbligo formativo, siano avviati regolar­-mente.

B. Si chiede all’Assessorato alla formazione professionale di rivedere – previa l’attivazione di un gruppo di lavoro con le istituzioni e le parti sociali interessate – l’organizzazione:

– delle attività di formazione professionale integrate con la scuola superiore, per evitare ogni riproposizione di percorsi separati agli allievi con handicap, garantendo l’adeguata attività di sostegno. Vanno adottate modalità di personalizzazione dei percorsi e offerti servizi di sostegno più mirati ai giovani con handicap intellettivo con capacità lavorative per i quali è ragionevole pensare ad un inserimento successivo nel mondo del lavoro. La formazione dovrebbe essere assicurata, oltre che con le normali attività integrate di socializzazione anche con l’attivazione e l’utilizzo di laboratori all’interno della scuola superiore e mediante attività esterne di tirocinio in azienda;

– dei corsi di formazione professionale di base nei quali hanno accesso, con adeguato sostegno, i giovani handicappati per i quali la famiglia sceglie la prosecuzione dell’assolvimento dell’obbligo formativo nei centri di formazione professionale pubblici e/o convenzionati;

– dei corsi prelavorativi per giovani con handicap intellettivo. I corsi prelavorativi sono realizzati mediante moduli da 800 ore ciascuno per tre anni, per un totale di 2400 ore di corso, con percorsi individualizzati, finalizzati all’autonomia personale e attività integrate nella scuola e/o esterne di socializzazione, frequenza a laboratori appositamente attrezzati a sviluppare l’autonomia e a migliorare le esperienze delle attività di tirocinio in azienda per un monte ore non inferiore al 60% delle ore del corso. Si richiede che a tali corsi possano accedere anche giovani ultradiciottenni che hanno assolto l’obbligo di istruzione o l’obbligo formativo;

– dell’accesso alle opportunità di lavoro previste con l’apprendistato anche per i giovani handicappati con capacità lavorative.

Le risorse per finanziare i corsi suddetti sono attinte, oltre che dai finanziamenti della legge 144/1999, anche dai fondi dell’Unione europea e con la messa a disposizione di fondi propri della Regione.

I corsi sono organizzati in modo da garantire il soddisfacimento della domanda rilevata tramite le pre-iscrizioni presentate dalle famiglie al termine del biennio della scuola superiore o a conclusione dell’obbligo formativo. Non sono pertanto ammesse le liste di attesa.

 

Assessorato all’istruzione

Si richiede:

– una nota chiarificatrice circa le nuove competenze assegnate agli Enti locali dal decreto legislativo n. 112/98, affinché siano garantiti il diritto allo studio e agli interventi relativi all’integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap, nelle classi comuni di ogni ordine e grado come sancito dalla legge 104/1992, art. 12, 13 e segg.;

– l’assunzione di idonee iniziative per promuovere e consentire l’inserimento prescolastico e scolastico degli handicappati, con particolare riguardo agli handicappati intellettivi gravi e gravissimi, e con problemi psichici gravi;

– l’assunzione delle funzioni in materia di asili nido, funzioni che non dovrebbero più essere svolte dall’assessorato regionale all’assistenza;

– il potenziamento dei progetti per l’integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap nell’ambito delle disposizioni per il diritto allo studio (legge regionale 49/1985, art. 7, ultimo comma, e art. 8). Tali progetti dovranno essere finalizzati in modo prioritario a sostenere gli interventi obbligatori dei Comuni e delle Province a favore degli allievi disabili più gravi mediante servizi di assistenza educativa per l’autonomia e la comunicazione (art. 13, comma 3 della legge 104/1992), di trasporto e assegnazione di strumenti informatici, ausili e ar­redi.

 

Assessorato ai trasporti

Alla Regione Piemonte si chiede:

– di dare attuazione a quanto previsto dall’art. 26, comma 1 e 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e dall’art. 4 (Competenze regionali) e dall’art. 14 (Disposizioni particolari) della legge 15 gennaio 1992, n. 21, al fine di garantire il diritto al trasporto delle persone disabili motorie anche con mezzi di trasporto non collettivi;

– di modificare ed adeguare alla normativa su indicata il Piano regionale dei trasporti, nonché i piani provinciali e dei bacini di trasporto, con particolare riferimento alla istituzione di servizi di trasporto individualizzati per quei soggetti che sono impossibilitati all’uso di mezzi pubblici di trasporto collettivo e/o di taxi;

– di rendere accessibili e fruibili ai disabili tutti i mezzi di trasporto pubblico collettivi. La concessione di contributi regionali per l’acquisto e il rinnovo dei mezzi pubblici di trasporto collettivi, è subordinata e finalizzata esclusivamente all’acquisto di mezzi di trasporto privi di barriere architetto­niche;

– che, nell’attesa dell’immissione in circolazione di mezzi pubblici di trasporto collettivi privi di barriere architettoniche, la Regione provveda ad ammettere e finanziare buoni taxi con validità su tutto il territorio regionale e per percorsi urbani, suburbani ed extraurbani, con l’emissione di documenti di viaggio alle stesse condizioni degli altri utenti fruitori dei mezzi collettivi, in relazione allo stesso tipo di percorrenza;

– di istituire un apposito capitolo di spesa per l’eliminazione delle barriere architettoniche e per la localizzazione degli impianti stessi delle stazioni o fermate dei mezzi pubblici di trasporto;

– che sia riconosciuta la validità delle tessere urbane di circolazione, rilasciate in ragione dell’invalidità, su tutti i percorsi suburbani o extraurbani effettuati anche da autolinee in concessione.

 

Assessorato al patrimonio

a) Creazione di un gruppo di lavoro sul problema dei pa­trimoni ex Ipab, ex Eca e degli altri enti assistenziali disciolti, in modo da prospettare soluzioni circa il loro utilizzo ai fini sociali.

b) Il gruppo suddetto dovrebbe inoltre prendere in esame il problema dei patrimoni delle Ipab privatizzate e proporre iniziative dirette a garantire la continuità del loro utilizzo a favore dei poveri.

 

Assessorato alla cultura, allo sport, al tempo libero

Si richiedono iniziative volte all’eliminazione delle barriere architettoniche dagli edifici pubblici e privati e dai mezzi di trasporto e l’incentivazione delle ristrutturazioni dirette alla eliminazione delle barriere architettoniche, in modo da garantire il massimo di fruibilità e di accesso anche alle persone con handicap fisici e motori.

Per gli handicappati intellettivi andrebbero promosse attività di volontariato civico finalizzate all’accompagnamento di questi giovani nelle attività di tempo libero d’intesa con le amministrazioni comunali.

 

Assessorato al personale

Viste le scoperture accertate, si chiede alla Regione Piemonte di provvedere all’assunzione delle persone handicappate di cui alla legge 68/1999, senza chiedere deroghe.

Si chiede altresì che, vista la facoltà di ricorrere alle convenzioni di cui all’art. 11 della legge succitata, la Regione predisponga l’utilizzo della chiamata nominativa per assumere soggetti handicappati con una riduzione della capacità lavorativa (fisici con limitata autonomia, handicappati intellettivi) e provveda al loro inserimento mediante il collocamento mirato.

 

Assessorato alla sanità

La normativa nazionale vigente prevede che gli anziani malati cronici non autosufficienti sono da considerarsi a tutti gli effetti persone malate e, come tali, aventi diritto a tutte le cure sanitarie, comprese quelle praticate da ospedali e strutture convenzionate (legge 692 del 4 agosto 1955; decreto ministeriale 21 dicembre 1956; art. 29 della legge 132 del 12 febbraio 1968; legge 180 del 13 marzo 1978; legge 833 del 23 dicembre 1978).

Pertanto si chiede all’Assessorato alla sanità:

1. di intervenire nei confronti degli ospedali per dare piena attuazione alle leggi vigenti, secondo cui gli anziani malati cronici non autosufficienti, non curabili a domicilio, non devono essere dimessi dagli ospedali e/o vanno trasferiti in case di cura convenzionate con il Servizio sanitario nazionale o in altre strutture sanitarie, come ad esempio Rsa, purché vicine al luogo di residenza in modo da assicurare ai familiari la possibilità di continuare ad essere vicini ai propri cari;

2. di provvedere alla unificazione degli interventi sanitari domiciliari (assistenza domiciliare integrata e ospedalizzazione a domicilio) assicurando almeno un servizio di cura a domicilio ogni 50.000 abitanti collegato agli ospedali del territorio. Dovrà anche essere prevista la possibilità di ricoverare l’anziano malato cronico non autosufficiente saltuariamente in idonee strutture sanitarie per consentire adeguati periodi di riposo alle persone che provvedono alle cure domiciliari. Al riguardo si ribadisce che:

a) l’attuale servizio di Adi, assistenza domiciliare integrata, non risponde alle esigenze degli ammalati gravi e/o cronici non autosufficienti, in quanto il medico di base ha la facoltà di accettare o meno di aderire all’Adi e quindi, anche, di impedire all’utente l’accesso al servizio; non sono garantite le visite e/o l’assistenza infermieristica nei giorni festivi e per tutti i casi in carico per almeno 8-10 ore al giorno, come invece è assicurato dal servizio di ospedalizzazione a domicilio (Oad);

b) gravissimo è il fatto che sovente con l’Adi sia garantito, altresì, l’invio al domicilio del paziente di un collaboratore domestico gratuito, anche nel caso di benestanti. L’assistenza pubblica, in base a quanto previsto dall’art. 38 della Costituzione, deve invece essere erogata solo a persone inabili al lavoro e sprovviste dei mezzi di sussistenza;

3. di individuare le procedure e i tempi necessari per il passaggio degli anziani cronici non autosufficienti dal comparto dell’assistenza sociale a quello della sanità, con l’assunzione della gestione sanitaria degli istituti di ricovero per non autosufficienti, delle Rsa e delle Raf (strutture da unificare). In considerazione delle patologie e delle condizioni personali degli ospiti anziani cronici non autosufficienti che vi sono ricoverati, le Rsa-Raf dovrebbero prevedere stanze a due letti comprensive di servizi interni, idonei ambienti di soggiorno e locali per socializzazione con persone esterne;

4. l’apertura in tutte le Asl di centri diurni sanitari per malati di Alzheimer.

5. Per quanto riguarda le iniziative nei riguardi delle persone handicappate con problemi sanitari le richieste sono le seguenti:

– estensione e potenziamento sul territorio regionale dei servizi di riabilitazione secondo quanto previsto dalla legge 595/1995 (1 posto letto ogni 1.000 abitanti);

– apertura di day-hospital e servizi di cura odontoiatrica per gli handicappati, con particolare riguardo a quelli intellettivi, negli ospedali del territorio;

– avvio di centri diurni sanitari con copertura di almeno 40 ore settimanali per soggetti ultraquattordicenni con disturbi di carattere psichiatrico e la creazione di comunità alloggio a valenza sanitaria con non più di 8-10 utenti. Tali servizi vanno istituiti in base alle mappe locali dei bisogni e le eventuali liste di attesa delle Asl;

– l’emanazione di una delibera regionale che renda omogenei i comportamenti delle commissioni mediche delle Asl preposte all’accertamento della capacità lavorativa, secondo quanto stabilito dal­l’atto di indirizzo del Consiglio dei Ministri del 13 gennaio 2000. Inoltre, per quanto riguarda i sog­-
getti con handicap intellettivo (o con limitata auto­nomia e/o difficoltà di comunicazione), si chiede che l’Assessorato alla sanità della Regione preveda la facoltà da parte dell’interessato – al momento della visita suddetta – di avvalersi della presenza del­l’operatore che lo ha seguito nel percorso formativo.

6. In merito alle problematiche dei minori sono necessari i seguenti provvedimenti:

a) emanazione di una circolare alle Aziende territoriali e ospedaliere, ai responsabili dei reparti di neonatologia e ostetricia degli ospedali del Piemonte, dei servizi consultoriali e dei servizi psichiatrici territoriali e dei Sert, per richiamare la necessità di una informazione corretta e mirata nei confronti delle partorienti in relazione alla situazione di rischio dei bambini in merito alla loro sopravvivenza e agli infanticidi tenendo presente che l’ordinamento giuridico garantisce alle donne tre diritti fondamentali:

– il diritto di riconoscere o meno il proprio nato, sia per le donne non coniugate che per le donne coniugate;

– il diritto all’anonimato e di non essere nominate nell’atto di nascita del bambino;

– il diritto all’informazione sulle disposizioni legislative e sulle forme di aiuto fornite dagli Enti locali, come recentemente richiamato dal provvedimento 13 luglio 1995 “Documento di linee guida per la realizzazione di interventi urgenti a favore della popolazione minorile” emanato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

Al riguardo potrebbe essere previsto un seminario di approfondimento.

 

Assessorato all’assistenza

1. Attuazione del decreto legislativo 112/1998 secondo le seguenti proposte:

a) definizione degli ambiti di intervento dei servizi sociali evitando che vengano creati servizi doppione in materia di casa, formazione professionale, lavoro, trasporti, cultura, tempo libero, ecc., con l’assunzione delle necessarie inziative affinché i vari settori (casa, scuola, lavoro, ecc.) intervengano anche nei confronti dei soggetti più deboli. Di competenza della sanità sono gli interventi e i servizi diretti ad anziani malati non autosufficienti, dementi senili, malati psichiatrici con limitata o nulla autonomia; spetta infine all’istruzione occuparsi di asili nido, anche allo scopo di integrarli con le scuole materne per quanto riguarda il personale, le strutture, gli orari, ecc.;

b) definizione dell’ambito dell’intervento dell’assistenza sociale, tenendo conto che il primo comma dell’art. 38 della Costituzione recita: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale». Pertanto, nella definizione dell’accesso ai servizi assistenziali, si dovrebbe tener conto non solo dei redditi ma anche dei beni mobili e immobili posseduti da coloro che richiedono gli interventi, così com’è previsto dal decreto legislativo 130/2000, con il conseguente finanziamento da parte della Regione dei soli servizi essenziali e non di quelli integrativi non indispensabili. Mentre le autorità nazionali, regionali e locali affermano continuamente di non disporre dei mezzi economici occorrenti per assistere le persone ed i nuclei familiari in situazione di bisogno (stimabili in via di larghissima approssimazione nel 2-3% della popolazione), numerosi sono i Comuni singoli e associati che, nell’ambito delle competenze dei “Servizi sociali”, istituiscono attività che non sono dirette a soddisfare esigenze vitali della popolazione, ma sono rivolte al miglioramento della qualità della vita di individui che conducono già un’esistenza discreta o buona. Ne deriva l’esigenza che la legge regionale 62/1995 sia integrata da norme in cui sia previsto che le suddette attività non sono né saranno comunque finanziate dalla Regione Piemonte e che esse potranno essere istituite solo dopo che gli enti gestori dei servizi socio-assistenziali abbiano garantito l’erogazione delle prestazioni individuate dalla legge regionale 62/1995, a tutte le persone e a tutti i nuclei familiari in difficoltà;

c) gestione associata dei servizi socio-assistenziali e modifica della legge regionale 62/1995. Com’è noto, in moltissime situazioni vi sono interventi che possono essere effettuati secondo modalità diverse per risolvere difficoltà personali e familiari. Ad esempio, può essere prevista l’assistenza domiciliare oppure può essere disposto un contributo economico. Inoltre, assai spesso, gli interventi devono essere modificati in base all’evoluzione della situazione della persona assistita e del suo nucleo familiare. Ne deriva la necessità, ormai riconosciuta da tutti, della predisposizione di una rete di servizi, e non solo di servizi a sé stanti. Condizione assolutamente indispensabile affinché la rete dei servizi possa funzionare in modo adeguato e tempestivo è l’unicità dell’organo di governo preposto all’erogazione dei servizi stessi. CIò premesso e tenuto conto delle disposizioni generali del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, il Consiglio regionale dovrebbe modificare la legge regionale 13 aprile 1995 n. 62 sopprimendo la possibilità che i Comuni, ad esclusione di quello di Torino, possano gestire direttamente le attività inerenti i servizi socio-assistenziali. Inoltre, sarebbe necessario che, fermo restando la gestione diretta da parte del Comune di Torino e delle Comunità montane i cui ambiti territoriali coincidono con quelli definiti dalla Regione per i servizi socio-assistenziali, venisse stabilito che in tutti gli altri casi deve essere previsto l’esercizio associato delle funzioni socio-assistenziali. Infine occorrerebbe che venissero definiti i tempi entro cui devono essere attuate le norme in precedenza proposte.

2. Attuazione del decreto legislativo 130/2000

Le richieste sono le seguenti:

– emanazione di una circolare regionale a tutti i Comuni perché diano attuazione alle norme introdotte dal decreto legislativo 130/2000 in relazione alle prestazioni sociali agevolate erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo con le opportune precisazioni per quanto riguarda gli handicappati in situazione di gravità e gli ultrasessantacinquenni non autosufficienti;

– superamento dell’attuale frammentazione fra interventi di competenza dei Comuni singoli e associati e quelli di competenza delle Province, tenendo conto della necessità di evitare una separazione degli interventi per i minori nati nel matrimonio (di competenza comunale) e nati fuori dal matrimonio (di competenza della Provincia) e della impossibilità quasi assoluta per i minori ex Onmi di individuare le competenze spettanti attualmente in base alle leggi vigenti ai Comuni e alle Province.

3. Funzioni da non assegnare alle Province

Non dovrebbero essere delegate alle Province, ma esercitate dalla Regione Piemonte (e ovviamente anche dai Comuni singoli e associati) le funzioni relative alla raccolta e all’elaborazione dei dati sui bisogni, sulle risorse e sull’offerta dei servizi del territorio, nonché quelle concernenti la rilevazione dei bisogni formativi degli operatori socio-assistenziali. Anche per quanto riguarda la programmazione socio-assistenziale, il Csa ritiene che essa debba essere predisposta mediante un confronto diretto fra la Regione e gli organi gestori dei relativi servizi senza alcuna competenza-interferenza delle Province o di altri enti.

4. Assegnazione ai Comuni delle residue competenze socio-assistenziali delle Province

a) Allo scopo di unificare gli interventi e di superare le attuali discriminazioni, la Regione Piemonte dovrebbe promuovere ed incentivare, anche sul piano economico, l’assegnazione da parte delle Province ai Comuni singoli e associati della gestione delle residue competenze provinciali in materia di assistenza alle gestanti e madri nubili e coniugate, ai figli di ignoti, ai nati fuori dal matrimonio, ai ciechi ed ai sordomuti poveri rieducabili, nonché quelle attribuite alle Province dalla legge di scioglimento dell’Onmi;

b) le funzioni concernenti l’assistenza alle ge­stanti alle madri nubili e coniugate in difficoltà, comprese le attività rivolte a garantire il segreto del parto delle donne che non intendono riconoscere i propri nati, ed i necessari interventi a favore dei neonati per almeno 60 giorni prima del trasferimento della competenza ai Comuni, dovrebbero essere assegnate al Comune di Torino, nonché ai Consorzi individuati dal Consiglio della Regione Piemonte.

5. Promozione del volontariato intrafamiliare

Allo scopo di incentivare la permanenza a casa loro dei soggetti con malattie acute o croniche e delle persone in difficoltà, la Regione Piemonte dovrebbe promuovere e finanziare il volontariato intrafamiliare:

a) da parte delle Asl per quanto riguarda i soggetti con malattie acute o croniche;

b) da parte degli enti gestori delle attività socio-assistenziali per quanto concerne gli individui maggiorenni aventi limitata o nulla autonomia a causa di handicap o per altri motivi.

Premesso che nessun compenso dovrebbe essere dato a coloro che praticano le varie forme di volontariato, dovrebbe essere prevista una somma da erogarsi rispettivamente dall’Asl o dall’ente gestore dei servizi socio-assistenziali al congiunto responsabile delle prestazioni di volontariato intra-familiare quale rimborso di tutti gli oneri sostenuti per il parente in difficoltà.

6. Sviluppo delle iniziative domiciliari alternative al ricovero di soggetti con limitata autonomia

Si chiede di destinare le risorse provenienti dalla legge 104/1992 e dalla legge 162/1998 solo per gli interventi destinati ai soggetti con nulla o limitata autonomia, che vivono a domicilio e che necessitano di servizi di aiuto alla persona e/o di assistenza domiciliare senza i quali dovrebbero ricorrere al ricovero in istituto. Le risorse che derivano dalle suddette leggi, potrebbero anche essere utilizzate per promuovere il riconoscimento del volontariato intra-familiare di cui al precedente punto 5. Gli interventi attualmente finanziati con queste risorse (progetto Ali, osservatorio, varie attività di cultura, tempo libero, assistenza scolastica, inserimento lavorativo...) dovranno essere trasferite ai rispettivi assessorati di competenza e non essere più finanziati dall’asses­sorato all’assistenza.

7. Azioni per il superamento del ricovero in istituto dei minori

a) Assunzione di un progetto specifico diretto al superamento, entro il 2001, dell’istituzionalizzazione dei minori, a partire dai piccoli (0-6 anni) che maggiormente risentono delle conseguenze negative del ricovero, attraverso il rilancio degli aiuti socio-economici ed educativi alla famiglia d’origine, degli affidamenti familiari, delle adozioni, e di piccole comunità di tipo familiare, inserite in normali case d’abitazione, per permanenze comunque temporanee. Per i minori della fascia di età 0-3 anni, sostituzione dell’inserimento in comunità (anche se breve), con l’affidamento “di pronto intervento” presso famiglie adeguatamente preparate e sostenute;

b) costante aggiornamento dell’anagrafe regionale dei minori istituzionalizzati, i cui dati devono essere forniti semestralmente alle istituzioni competenti (Giudici tutelari, Tribunali per i minorenni, Enti locali) ed associazioni e gruppi interessati e sua estensione alle strutture (istituti e comunità) a carattere psico-medico-pedagogico, in modo da avere aggiornata anche la situazione personale e familiare dei minori portatori di handicap, per individuare tempestivamente eventuali situazioni di abbandono (v. art. 9, legge n. 184/1983). Una famiglia per ogni bambino è il senso della nostra proposta;

c) incentivazione economica degli interventi degli enti gestori delle attività socio-assistenziali diretti alla promozione in particolare degli affidamenti familiari;

d) attuazione delle disposizioni della legge n. 476/1998 con la precisazione delle competenze degli enti gestori in materia di adozione di minori stranieri e italiani e la definizione delle modalità di informazione, formazione, valutazione e sostegno degli aspiranti genitori adottivi e previsione delle misure di supporto per le adozioni di minori con gravi problemi (ad esempio portatori di handicap, malati, ecc.);

e) prosecuzione degli interventi assistenziali e/o dell’affidamento oltre ai 18 anni d’età (v. ad esempio la delibera del Comune di Torino) nei confronti dei giovani che al compimento del 18° anno di età non hanno ancora raggiunto una loro autonomia anche economica;

f) revisione dei criteri per l’autorizzazione preventiva a funzionare per le strutture. Per i minori è rischiosa la previsione di comunità di “tipo sperimentale”, per le quali sono previsti standard minimi di personale e requisiti della struttura (v. la delibera della Giunta regionale n. 24-23032);

g) iniziative dirette ad incentivare il convenzionamento delle Province con i Comuni per la gestione unificata delle competenze assistenziali attribuite alle Province (v. precedente punto 4). Al riguardo si richiedono iniziative a livello regionale per garantire adeguati interventi socio-assistenziali necessari alle gestanti e madri e loro nati. Si chiede di promuovere un incontro Regione, Provincia, Comuni capofila, Tribunale per i minorenni, associazioni di tutela dei minori al fine di stabilire le modalità di raccordo e le informazioni necessarie per superare i problemi attuali.

8. Iniziative a favore delle persone con handicap intellettivo in situazione di gravità

La Regione deve impegnarsi a finanziare solo più comunità alloggio da 10 posti (8 posti più due di pronto intervento) per gli handicappati intellettivi in situazione di gravità e gruppi appartamento e convivenze guidate per handicappati intellettivi e fisici ma in possesso di un’autonomia sufficiente a permettere loro una vita meno dipendente. Gli alloggi devono essere inseriti in normali contesti abitativi e anche le comunità da 10 posti non devono essere accorpate tra loro. Sono inaccettabili le Raf, Residenze assistenziali flessibili, con 20-30 e più posti letto, anche se organizzate in nuclei da 10 posti.

Si chiede pertanto:

• l’istituzione ogni 30 mila abitanti di almeno un centro diurno, aperto 5 giorni alla settimana per non meno di 8 ore al giorno e di almeno 1 comunità alloggio, 1 gruppo appartamento e 1 convivenza guidata ogni 30 mila abitanti;

• l’eliminazione della richiesta del bagno assistito dalla Dgr n. 11-24370 del 14 aprile 1998, che impedisce la realizzazione di comunità alloggio in normali abitazioni, salvaguardando ovviamente la richiesta di un ambiente in cui sia possibile svolgere la funzione del bagno assistito;

• il ritiro della delibera 230-23699 del 22 dicembre 1997, che ha ridotto i tempi di presenza del personale qualificato in concomitanza con l’aggravarsi degli utenti per i quali alla fine si prevede una semplice badanza; si richiede pertanto il ripristino degli standard precedenti;

• il vincolo di una quota di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica da destinare a comunità alloggio, gruppi appartamento e convivenze guidate.

9. Istituzione da parte delle Province degli uffici di pubblica tutela

Attualmente (art. 354 del codice civile) la tutela delle persone dichiarate incapaci dall’Autorità giudiziaria può essere deferita all’ospizio in cui il soggetto è ricoverato, o ad un ente di assistenza (in genere il Comune) o all’Azienda sanitaria se si tratta di un soggetto malato. In tutti i tre casi suddetti si verifica una situazione di evidente incompatibilità, in quanto le funzioni di controllo spettanti al tutore sono assegnate allo stesso organismo che dovrebbe essere controllato in quanto gestore diretto o indiretto delle funzioni di assistenza o di cura. Per tali ragioni si chiede l’istituzione di un ufficio di pubblica tutela in capo alle Province (che devono preventivamente trasferire tutte le residue funzioni assistenziali ai Comuni).

L’ufficio di pubblica tutela avrà i seguenti compiti:

a) esercizio delle funzioni di tutore, curatore, amministratore di sostegno, amministratore provvisorio, assegnate dall’autorità giudiziaria;

b) prestazioni della consulenza sulle funzioni di cui alla precedente lettera a) alle persone ed alle organizzazioni che ne facciano richiesta;

c) promozione del volontariato singolo o organizzato al fine di incentivare la personalizzazione delle funzioni di cui alla precedente lettera a).

Le Province dovrebbero svolgere le funzioni di cui al precedente comma 1 mediante proprio personale e avvalendosi del volontariato.

La Regione Piemonte dovrebbe promuovere il trasferimento dai Comuni alle Province delle tutele e delle curatele, nonché delle funzioni di amministratore di sostegno o provvisorio, al fine di porre termine alla attuale situazione caratterizzata dallo svolgimento contemporaneo da parte dei Comuni delle funzioni di ente gestore e di ente controllore del proprio operato.

10. Vigilanza sul patrimonio delle Ipab

Si chiede alla Regione Piemonte di istituire una apposita Commissione, incaricata di svolgere una indagine conoscitiva allo scopo di accertare:

– il patrimonio mobiliare ed immobiliare delle Ipab che abbiano conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, i relativi redditi netti derivanti dalla sua gestione ed i proventi derivanti dalla sua alienazione o trasformazione sono destinati esclusivamente alle attività socio-assistenziali previste dallo statuto (art. 6, comma 2, legge Regione Piemonte n. 10/1991);

– l’eventuale estinzione o cessazione di attività di Ipab che hanno conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato;

– il rispetto delle prescrizioni inserite nei provvedimenti della Regione Piemonte concernenti il trasferimento ai Comuni ed alle Province dei patrimoni delle Ipab dichiarate estinte, prescrizioni che vincolano la destinazione dei beni e delle relative rendite ai servizi di assistenza sociale;

– l’ammontare dei patrimoni e dei relativi redditi delle strutture trasferite ai Comuni ed alle Province a seguito della estinzione degli enti pubblici assistenziali (Eca, Onmi, Enaoli, ecc.) ed il loro attuale utilizzo;

– la consistenza dei beni immobili e mobili e dei relativi redditi delle Ipab in attività e la loro odierna destinazione.

Scopo dell’indagine è la valutazione dei beni e dei relativi redditi destinati ai servizi socio-assistenziali, anche al fine della individuazione delle concrete possibilità di utilizzo per la creazione ed il funzionamento delle strutture mancanti o da ammodernare.

11. Regolamentazione degli appalti dei servizi a terzi

Si richiede alla Regione la regolamentazione degli appalti dei servizi alla persona, affinché siano tenuti in considerazione gli interessi e i bisogni degli utenti, con particolare riguardo alla salvaguardia della continuità educativa e/o delle relazioni affettive. Al riguardo, vi è l’urgenza che gli appalti privilegino gli aspetti qualitativi e siano pluriennali per garantire la continuità degli interventi educativi nei casi in cui l’appalto sia vinto da un ente diverso da quello precedente, soprattutto per quanto concerne i servizi rivolti ai minori e agli handicappati intellettivi. Si richiede, inoltre, di introdurre per tutti gli operatori dei servizi alla persona la valutazione dell’idoneità del personale, al fine di ridurre al minimo la presenza di persone con disturbi della personalità a contatto con soggetti sovente neppure in grado di protestare, anche in caso di violenze o abusi.

 

 

 

(1) Cfr. “A scuola di diritti. Come difendersi da inadempienze e abusi della burocrazia sociosanitaria”, di R. Carapelle e F. San­tanera, UTET Libreria, Torino, 1997.

La precedente piattaforma presentata alla Regione Piemonte è stata pubblicata sul n. 113, gennaio-marzo 1996, di Prospettive assistenziali.

 

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