Prospettive assistenziali, n. 135, luglio-settembre 2001

 

Interrogativi

 

 

Per quali motivi il Comune di Torino ha concesso all’ente nazionale sordomuti parte della proprietà dell’ex ipab lorenzo prinotti?

 

Poco prima delle elezioni del maggio 2001, il Comune di Torino, su proposta dell’Assessore Lepri, ha concesso all’Ente nazionale sordomuti (Ens) l’uso di una parte consistente dei locali dell’ex Ipab Prinotti.

Perché ha scelto di favorire l’Ens, stabilendo di fatto che le altre associazioni non contano nulla?

Perché non ha tenuto conto che l’Ens rappresenta esclusivamente i propri iscritti?

Perché il Comune di Torino ha deciso di discriminare le altre associazioni di rappresentanza dei disabili, ivi comprese quelle dei sordi che non si riconoscono nell’Ens, come l’Unione silenziosi torinesi e la Fiadda (Famiglie italiane associate per la difesa dei diritti degli audiolesi), sezione di Torino e le organizzazioni di volontariato che operano per la tutela dei diritti dei soggetti con handicap, indipendentemente dal tipo di minorazione?

Infine, perché rafforza il potere di un ente privato al quale lo Stato, con il Dpr 616/1977, ha concesso in proprietà i beni necessari per la sua attività e nello stesso tempo calpesta la pari dignità delle altre organizzazioni di base che si occupano dei problemi di soggetti colpiti da sordità, comprese quelle che hanno sempre operato per l’effettiva integrazione sociale e lavorativa di tutte le persone handicappate?

La scelta fatta dal Comune è forse collegata con le lettere inviate dal Presidente della Sezione provinciale Ens di Torino ai soci per invitarli a votare l’assessore Lepri e, come Sindaco, l’On. Sergio Chiamparino?

Ricordiamo che, fin dal 1989, le 22 associazioni aderenti al Csa avevano chiesto alla città di Torino di realizzare all’interno del recuperato patrimonio dell’ex Ipab Prinotti, una mostra permanente degli ausili per i cittadini torinesi e piemontesi e per i disabili che desiderano conoscere gli interventi già disponibili per facilitare la loro vita e le novità introdotte (ad esempio provare un ausilio prima dell’acquisto, vedere una cucina adattata alla persona in carrozzina e così via).

Non esiste nella Città di Torino e nella Regione Piemonte nessun centro informativo pubblico (e quindi senza fini di lucro) dove la persona handicappata o l’anziano, abbiano la possiblità di potersi confrontare senza dover sottostare comunque a condizionamenti di ordine commerciale. Questa esigenza riguarda tutte le tipologie di minorazioni esistenti. Inoltre, il centro sarebbe stato utilizzato da tutti gli operatori che vengono a contatto con i cittadini handicappati (insegnanti, fisioterapisti, educatori) e avrebbe potuto svolgere un ruolo di aggiornamento professionale.

Come è evidente si tratta di un numero considerevole di persone interessate che avrebbero enorme interesse a poter fruire di un polo così attrez­zato.

L’ex Ipab Lorenzo Prinotti di Torino è la struttura ideale, perché è situato in zona centrale e facilmente raggiungibile da ogni parte della città e della regione; ha gli spazi idonei per ospitare una mostra permanente degli ausili e attrezzare di volta in volta aree di esposizione delle novità.

Che cosa intende fare il nuovo Sindaco di Torino, On. Sergio Chiamparino? Vuole rispettare le norme che prevedono che i patrimoni delle Ipab devono essere destinati a fini assistenziali o intende favorire l’Ens?

 

 

Il Cottolengo sa solo costruire istituti?

 

Da oltre cinquant’anni sono conosciuti i deleteri effetti della carenza di cure familiari, effetti che colpiscono le persone ricoverate in istituto, compresi quelli dotati di personale qualificato.

Inoltre, sono usciti due libri che segnalano le gravissime sofferenze patite dai ricoverati: si tratta dei volumi di Nunzia Coppedé, “Al di là dei girasoli”, Edizioni Sensibili alle Foglie, Roma, 1992 e di Emilia De Rienzo e Claudia De Figueiredo, “Anni senza vita al Cottolengo - Il racconto e le proposte di due ex ricoverati”, Rosenberg & Sellier, Torino, 2000.

Nonostante tutto, il Cottolengo ha deciso di costruire un nuovo istituto a Bucarest, per il ricovero di 150 soggetti con handicap.

La struttura comprenderà 3 piani, sarà lunga 120 metri e larga 16. Di fianco verrà costruito un altro edificio per il ricovero di 25 anziani.

Perché il Cottolengo non costruisce comunità alloggio di 8-10 posti come fa l’Associazione Papa Giovanni XXIII di Don Benzi?

Perché non prende in considerazione la dimensione familiare delle strutture d’accoglienza?

Che cosa ha fatto o intende fare per aiutare le famiglie d’origine e per proporre l’adozione e l’affidamento familiare a scopo educativo?

 

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